TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2010-09-21, n. 201017491
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N. 17491/2010 REG.SEN.
N. 01084/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso R.G. n. 1084\2009 proposto da C F, rappresentata e difesa dagli Avvocati Angelo D’Alessandro e C M, con cui è elettivamente domiciliato in Napoli, via del Parco Margherita n. 93 presso l’Avv. A C come da procura a margine della memoria di costituzione di nuovo procuratore depositata il 13 maggio 2010;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed Ambientali in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli presso cui domiciliano per legge in via A. Diaz n. 11;
il Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore, autorizzato a stare in giudizio come da deliberazione della Giunta municipale n. 246 del 5 marzo 2009, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, Gabriele Romano, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Municipio - Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale, come da procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. 3705 del 22 dicembre 2008, con cui il Servizio edilizia privata del Comune di Napoli ha dichiarato improcedibile l’istanza di accertamento di conformità relativa all’immobile sito in via Petrarca n. 70;
della nota prot. 28698 del 15 dicembre 2008 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Napoli e Provincia;
-di ogni atto presupposto e consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l'atto di costituzione in giudizio e le memorie del Comune di Napoli;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Viste le memorie depositate dal ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14/07/2010 il dott. Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 10 febbraio 2009 e depositato il successivo giorno 24, il sig. Fabio C ha impugnato il provvedimento prot. 3705 del 22 dicembre 2008, con cui il Servizio edilizia privata del Comune di Napoli ha dichiarato improcedibile l’istanza di accertamento di conformità relativa all’immobile sito in via Petrarca n. 70.
Quest’ultimo sorge in area soggetta a al vincolo paesaggistico imposto dal Decreto Ministeriale BB. AA. CC. del 24 gennaio 1953, e rientra nel Piano Territoriale Paesistico di Posillipo, da cui è assoggettato a “protezione integrale” (“zona PI”);esso, inoltre, sotto il profilo edilizio ricade in zona B, sottozona Bb (espansione recente) della Variante generale al Piano regolatore di Napoli approvata con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 323 dell’undici giugno 2004.
Per tale immobile il ricorrente aveva ottenuto il permesso di costruire n. 151 del 16 marzo 2006, relativo a lavori di recupero abitativo dei sottotetti e “ristrutturazione edilizia dell’intero immobile”, opere che sarebbero dovute consistere nella diversa organizzazione funzionale degli ambienti con la previsione al piano interrato di impianti e servizi, nel rifacimento dei solai intermedi con variazione delle quote, nella realizzazione di una loggia, nell’inserimento di un ascensore e nella modifica di scale preesistenti, nella variazione della posizione e del numero delle aperture, con installazione di nuovi infissi, nella sostituzione degli intonaci esistenti, nella realizzazione di un box interrato.
Per il progetto in questione il sig. C aveva ottenuto dalla competente Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici l’autorizzazione n. 11 del 13 gennaio 2006.
Nel corso dell’esecuzione dei lavori, tuttavia, il ricorrente aveva realizzato delle opere difformi da quelle di cui al progetto approvato, per le quali,in data 4 giugno 2008, aveva presentato una richiesta di permesso di costruire in variante, sulla quale in Comune non si era pronunciato.
Tali opere consistono –come è dato di leggere nell’istanza di accertamento di conformità edilizia e paesaggistica, poi presentata dall’interessato il 22 ottobre 2008- nella modifica dell’involucro del fabbricato mediante la traslazione dei volumi assentiti mediante diversi sagoma e sedime, nella modifica delle facciate esterne tramite variazione del numero, della posizione e delle dimensioni delle aperture, nella variazione delle quote dei solai intermedi, nella diversa distribuzione funzionale degli ambienti interni con opere di finitura ed impianti, nella diversa sistemazione degli spazi esterni.
Con nota prot. 28698 del 15 dicembre 2008, indirizzata al Comune di Napoli – Servizio edilizia privata (e non anche al ricorrente), la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per Napoli e Provincia ha espresso il parere di propria competenza sull’istanza di accertamento di conformità edilizia in questione, evidenziando che le opere abusive oggetto di istanza di sanatoria “si configurano quali appartenenti alla categoria edilizia della ristrutturazione, in quanto la dichiarata parità di volume e di superfici è ottenuta mediante la compensazione e la riduzione di alcune dimensioni generali dell’intero corpo di fabbrica”.
Pertanto, secondo la Soprintendenza, le opere realizzate in difformità dal progetto assentito non rientrerebbero nel disposto dell’art. 167, comma quinto, del d.lgs.n.42\2004, per cui l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Riferendosi alle considerazioni svolte dalla Soprintendenza, quindi, il Comune di Napoli, con il provvedimento segnato in epigrafe, ha negato al ricorrente l’accertamento di conformità edilizia, rilevando a sua volta che, al di fuori dei casi previsti dall’art. 167, commi IV e V del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’autorizzazione paesaggistica per le opere già realizzate in zona vincolata non può essere rilasciata a sanatoria.
Il sig. C impugna gli atti in questione sulla scorta dei seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, degli articoli 146 e 159 del d.lgs.n. 42\2004, vizio del procedimento, eccesso di potere difetto d’istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento, contraddittorietà, perplessità: la previsione dell’art. 146 del Codice sarebbe stata erroneamente applicata dalle Amministrazioni procedenti, in quanto sarebbe stato vigente, al momento dell’adozione degli atti impugnati e sino al 30 giugno 2009, il regime transitorio di cui all’art. 159 dello stesso decreto 42\2004 (effetto dell’art. 38 del DL 207\2008);inoltre,l’intervento operato in variante al progetto assentito non rientrerebbe nella categoria della ristrutturazione edilizia;pertanto, avrebbe dovuto essere applicato l’art. 146, XII comma, che prevede l’autorizzazione paesaggistica a sanatoria.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 DPR 380\2001, degli articoli 146 e 167 d.lgs. n. 42\2004, eccesso di potere per difetto d’istruttoria e dei presupposti, vizio del procedimento, carenza di motivazione, sviamento dalla funzione tipica: il provvedimento negativo emesso dalla Soprintendenza avrebbe travalicato le competenze di quest’ultima, indulgendo in considerazioni di ordine strettamente edilizio, di esclusiva competenza del Comune;inoltre, le opere realizzate non integrerebbero la rilevata ristrutturazione edilizia, dato che la variante abusiva prevedrebbe i medesimi volumi e le medesime superfici che il progetto assentito: per tale ragione si imporrebbe l’applicazione dell’art. 167 comma IV del d.lgs. n. 42\2004, e la conseguente possibilità di sanare le opere dal punto di vista paesaggistico.
3) Violazione e falsa applicazione del DPR 380\2001, degli articoli 146 159 d.lgs. n. 42\2004, vizio del procedimento, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, violazione L. 241\190, difetto di motivazione ed istruttoria, sviamento dalla funzione tipica: il Comune avrebbe, inoltre, violato gli obblighi partecipativi contemplati dagli articoli 7 e 10 bis della L. 241\1990 e dall’art. 159 del Codice.
4) Violazione e falsa applicazione del DPR 380\2001, degli articoli 146 167 d.lgs. n. 42\2004, eccesso di potere per difetto d’istruttoria e dei presupposti, vizio del procedimento, carenza di motivazione, sviamento dalla funzione tipica, travisamento dei fatti: le opere non rientrerebbero nel concetto di ristrutturazione edilizia.
Il ricorrente ha concluso per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione cautelare.
Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio, contrastando il ricorso con due memorie, e chiedendone il rigetto.
Anche l’Amministrazione statale intimata si è costituita in giudizio, ma non ha svolto difese scritte.
Il ricorrente ha depositato tre memorie, con cui ha illustrato i motivi d’impugnazione.
Con ordinanza n. 632\2009 del dodici marzo 2009 è stata respinta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
Alla pubblica udienza del 14 luglio 2010 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. – E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del provvedimento con cui il Comune di Napoli ha dichiarato improcedibile l’istanza di accertamento di conformità per le variazioni apportate dal ricorrente in corso d’opera per l’immobile sito in via Petrarca n. 70, variazioni che, per essere state qualificate ristrutturazione edilizia (sulla scorta di quanto rilevato nel parere della Soprintendenza B.A.P. di Napoli del 15 dicembre 208, pure impugnato), non hanno potuto beneficiare della autorizzazione paesaggistica, necessaria al rilascio del titolo edilizio in quanto l’immobile sorge in una zona coperta da vincolo paesaggistico integrale.
Il ricorso è infondato,e va respinto.
Non può essere condiviso il primo motivo, che muove dal presupposto per cui, alla data di adozione del provvedimento comunale impugnato, sarebbe stato ancora possibile il rilascio di autorizzazioni paesaggistiche dopo l’esecuzione delle opere da sanare, in quanto sarebbe stata esclusa l’applicazione dell’art. 146, XII comma, del d.lgs. 42\2004.
Secondo il ricorrente, sarebbe stato, invece, applicabile il regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggisitica dettato dall’art. 159 del d.lgs. 42\2004 nel testo risultante dall’art. 4\quinques del D. L. 97\2008, nel testo risultante dalla legge di conversione n. 129 del 2 agosto 2008.
Tali assunti non possono essere condivisi.
1.1 - La norma da ultimo citata disponeva, effettivamente, al primo comma, che, fino al 31 dicembre 2008, il procedimento rivolto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica fosse disciplinato secondo il regime transitorio dettato al medesimo ariticolo, e che la disciplina dettata al capo IV si applicasse anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2008 non fossero ancora stati conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione.
E’ bene aggiungere, per completezza, che, successivamente, il su riportato comma è stato modificato dall'articolo 38, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 e poi, ancora, dall'articolo 23, comma 6, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, che hanno differito il termine ivi previsto dapprima sino al 30 giugno 2009, e poi sino al 31 dicembre 2009.
Tuttavia deve osservasi che, come è noto, la legittimità del provvedimento amministrativo deve essere valutata secondo i presupposti di fatto e di diritto vigenti al momento della sua emanazione (Consiglio Stato , sez. VI, 03 settembre 2009, n. 5195;sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458;sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 7770).
1.2 - La ricostruzione del quadro normativo applicabile alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio si delinea, pertanto, nei sensi che seguono.
Il provvedimento di “improcedibilità” dell’istanza di sanatoria, impugnato dal ricorrente, è stato emesso il 22 dicembre 2008, sicchè la versione dell’art. 159 che qui deve venire in considerazione è quella sopra riportata, introdotta dalla legge n. 129 del 2 agosto 2008 (la successiva modifica normativa, come detto, è stata apportata dal D.L. 30 dicembre 2008 n. 207).
Orbene, il quinto comma di quella versione dell’art. 159 disponeva che “si applicano le disposizioni di cui all’articolo 146, commi 1, 2 e 4”.
Ed il richiamato quarto comma dell’art. 146, relativo all’autorizzazione paesaggistica, già prevedeva (nel testo risultante dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63) che, fuori dai casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, l'autorizzazione non potesse essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.
Non ha rilievo nel caso in esame, pertanto, il richiamo operato dal ricorrente all’inapplicabilità del comma XII del citato art. 146, che il legislatore aveva operato nella precedente versione del quinto comma dell’art. 159, risultante dall’art. 26 del d.lgs. n. 157 del 2006, e che non figura nella versione della norma applicabile alla fattispecie.
In definitiva, la disciplina transitoria invocata dal ricorrente disponeva che il capo IV del Codice dei beni culturali e del paesaggio-e quindi anche l’art. 146- si applicasse anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2008 (poi 31 dicembre 2009) non fossero conclusi;escludendo, di converso, l’applicazione di quel capo per i procedimenti terminati alla data di riferimento
Ma, ripetesi, il quinto comma dello stesso art. 159 sottrae alla logica della (più permissiva) disciplina transitoria alcuni commi dell’art. 146, tra cui il quarto, che, come detto, anche nel corso del regime transitorio vietava le autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria per gli interventi non elencati dall’art. 167, comma IV.
Il primo motivo, in conclusione, va respinto.
2 – Tanto premesso, è adesso necessario delibare la questione (che è anche alla base del secondo e del quarto motivo di ricorso) per cui, secondo la prospettazione del ricorrente, gli interventi in variante rispetto al permesso di costruire originariamente ottenuto dal sig. C non integrerebbero una ristrutturazione edilizia, in quanto, a seguito di essi, i volumi e le superfici dell’immobile risulterebbero sostanzialmente pari a quelli previsti nel progetto assentito.
Su tale dato fattuale il ricorrente costruisce due assunti:
a) le Amministrazioni procedenti avrebbero dovuto applicare l’art. 167, IV comma, lettera a) del Codice, per cui rientrano tra gli abusi “minori”, suscettibili di autorizzazione paesaggistica ad opere iniziate, gli interventi edilizi che “non abbiano determinato creazioni di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” (secondo motivo);
b) in ogni caso, i medesimi interventi andrebbero qualificati come restauro o risanamento conservativo (quarto motivo).
Tali assunti non meritano condivisione.
2.1 - - E’ pacifico tra le parti che –come si legge nel provvedimento soprintendentizio impugnato- la dichiarata parità di volumi e superfici nell’immobile a seguito delle varianti non assentite è stata ottenuta mediante “la compensazione della riduzione di alcune dimensioni generali dell’intero corpo di fabbrica, come dichiarato nella relazione tecnica integrativa”.
Correlativamente, il provvedimento comunale impugnato – in ciò non smentito dalle censure appuntate su di esso dal ricorrente- afferma, tra l’altro, l’esistenza di una “modifica dell’involucro del fabbricato mediante la traslazione dei volumi assentiti con diversa sagoma e sedime”.
L’esame degli elaborati progettuali e della relazione descrittiva versati in atti dal ricorrente conferma l’intervenuta modifica della sagoma del fabbricato nello “stato di variante” rispetto allo “stato assentito”: si vedano, in particolare, l’allegato “15 h”, relativo al piano terra e pag. 12 della relazione esplicativa, da cui si evince chiaramente che la sagoma del fabbricato è stata modificata al medesimo piano primo, nonchè al piano sottotetto.
La sagoma del fabbricato, in definitiva, nello stato successivo alla realizzazione delle opere in variante si presenta modificata rispetto a quanto era previsto nel progetto assistito dal permesso di costruire.
A fronte di tale, pacifico, dato di fatto, le asserzioni di parte ricorrente in ordine all’ascrivibilità degli interventi al novero di quelli “minori”, suscettibili di rientrare nel campo applicativo dell’art. 167 comma IV del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non possono essere condivise.
Tale disposizione non menziona espressamente la categoria giuridica della ristrutturazione edilizia, positivamente delineata dall’art. 3 del T. U. dell’edilizia n. 380\2001;essa, invece, richiama testualmente, alla lettera c) (unica tra le categorie di intervento edilizio individuate dal suddetto corpus normativo) la diversa nozione di “manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
Alle lettere a) e b), dunque, il legislatore si è astenuto dal ricomprendere nell’eccezionale regime degli interventi suscettibili di autorizzazione paesaggistica in corso d’opera altre categorie richiamate dal T.U.;ha preferito, invece, precisare quale possa essere la materiale consistenza degli interventi che possono accedere a tale, più favorevole regime, menzionando, rispettivamente, quelli che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, nonchè quelli che abbiano visto l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica.
L’utilizzo di tale tecnica normativa, per cui alle lettere a) e b) non v’è stato –diversamente che alla lettera c)- richiamo testuale alle note nozioni positive in cui sono suddivisi gli interventi edilizi, non appare casuale.
La formulazione dell’art. 167 del Codice, rubricato “Ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria”, è coerente con l’intento del legislatore di superare il più permissivo regime precedente, e di consentire l’accertamento in corso d’opera della compatibilità dell’intervento non assentito con il vincolo, unicamente per determinate opere, ritenute insuscettibili di agire quali detrattori del vincolo stesso.
Tra tali interventi non può essere ricompresa la costruzione dell’edificio con una sagoma ed un’area di sedime parzialmente differenti da quelle previste nel progetto precedentemente assentito (e ritenute compatibile con il vincolo), sebbene a parità di volumi.
E’ infatti evidente che la mera parità numerica (si vuole qui intendere –come il ricorrente nelle sue censure- la parità in termini di metri cubi realizzati) tra due edifici non comporta, di per sé sola, che entrambi i manufatti risultino compatibili con il vincolo paesaggistico insistente sull’area in cui essi sorgono: invero, la sagoma e la posizione dell’edificio determinano la forma del medesimo ed il modo in cui esso si inserisce nello spazio: elementi certamente rilevanti in relazione all’inserimento del manufatto nel contesto vincolato.
Questo T.A.R. ha già avuto modo di affermare che la necessità di interpretare le eccezioni al divieto di rilasciare l'autorizzazione paesistica in sanatoria previste dall'art. 167 comma 4, d.lg. n. 42 del 2004 in coerenza con la ratio dell'introduzione di tale divieto, induce a ritenere che esulano dall'eccezione prevista dall'art. 167 comma 4, lett. a), gli interventi che abbiano contestualmente determinato la realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi;e che, di converso, siano suscettibili di accertamento della compatibilità paesistica interventi insuscettibili di incidere sul vincolo, quali i soppalchi, i volumi interrati e i volumi tecnici (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 03 novembre 2009 , n. 6827).
E che, quindi, qualora si tratti di opere che comportino modifiche della sagoma, in assenza di nulla osta paesistico conseguito prima dell'attività edificatoria, non può essere inoltrata un'istanza di accertamento di conformità, posto che l'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146, l. n. 42 del 2004 non può essere rilasciata in sanatoria dopo la realizzazione dell'opera (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 02 marzo 2010 , n. 1235).
2.2 - Discende da quanto sopra che, ove si voglia rispondere al quesito se gli interventi integranti la nozione di ristrutturazione edilizia possano rientrare nel campo applicativo dell’art. 167, IV comma, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non sarà possibile aprioristicamente sussumere nella fattispecie astratta l’intera categoria prevista dal T.U. sull’edilizia, ma dovrà aversi riguardo al concreto atteggiarsi dell’intervento, dovendosi ritenere che il richiamo del legislatore agli interventi “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”, possa riportare alla categoria in questione solo se intesa non oltre il concetto di demolizione e fedele ricostruzione.
Ossia alle ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria, superficie e sagoma dell'edificio preesistente, di cui fa menzione anche il legislatore regionale campano (per sottoporle a semplice d.i.a.) all’art. 2, comma I, lettera B della L.R. 19\2001.
Ma non certo agli interventi che portino ad un organismo edilizio anche in parte diverso dal precedente, quale quello operato dal sig. C.
Pertanto, la censura del secondo motivo legata all’applicabilità dell’art. 167, comma IV, lettera a) del d.lgs. 42\2004 va respinta.
2.3 – Merita reiezione anche la censura di sviamento dalla funzione tipica adombrato dal ricorrente all’inizio del secondo mezzo, in quanto non risulta che la Soprintendenza, nel qualificare quale ristrutturazione edilizia l’intervento in variante, abbia invaso le competenze proprie dell’Amministrazione comunale.
Al riguardo è sufficiente precisare che l’indagine sulla consistenza dell’intervento da parte dell’Autorità statale preposta al vincolo è operazione necessaria, in quanto logicamente preliminare alle determinazioni di competenza della stessa Soprintendenza come delineata dall’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
L’organo ministeriale, invero, proprio al fine di valutare la possibilità di applicare il regime di cui al quarto comma della disposizione, doveva necessariamente verificare in che cosa si fosse realmente concretata la variazione rispetto al progetto assentito.
Di tale operazione la Soprintendenza ha dato conto nella motivazione del provvedimento impugnato, in cui il richiamo alla categoria della ristrutturazione edilizia vale, ad un tempo, a descrivere sinteticamente il risultato delle opere (così come mediante il richiamo alla compensazione tra volumi e superfici), nonchè ad escludere la fattispecie dal campo applicativo della lettera c) della norma, che richiama unicamente le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Non essendovi stata, pertanto, invasione alcuna della sfera di competenza comunale, anche tale censura va respinta.
3. – Neppure sussistono le violazioni delle regole procedimentali da parte del Comune, che il ricorrente denuncia con il terzo motivo.
3.1 – In primo luogo, non è stata violato dall’Amministrazione comunale il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi: sebbene, infatti, la determinazione adottata dal Comune in esito all’istanza di accertamento di conformità dell’interessato si concluda con un dispositivo di “improcedibilità”, risulta evidente dall’intera motivazione dell’atto che esso integra un vero e proprio diniego, in quanto basato unicamente sulla circostanza di fatto legata all’assenza dell’indispensabile parere di compatibilità con il vincolo paesaggistico da parte della Soprintendenza.
3.2 – In secondo luogo, il Comune non ha violato l’obbligo di comunicare al ricorrente l’avvio del procedimento di diniego, in quanto quest’ultimo era stato attivato proprio dall’istanza di accertamento di conformità depositata dal sig. C in data 22 ottobre 2008
3.3. – Nè, infine, a fronte della natura vincolata dell’atto di diniego adottato dal Comune –che era tenuto ad osservare il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza in ordine all’impossibilità di adottare un postumo parere di compatibilità paesaggistica- si rileva violazione dell’art. 10 bis L. 241\1990 da parte della Civica amministrazione.
E’ noto, infatti, che l'adempimento di cui all'art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241 consente all'interessato di addurre elementi che arricchiscono il patrimonio conoscitivo dell'Amministrazione, instaurando un contraddittorio finalizzato al migliore contemperamento dell'interesse pubblico con quello di cui è portatore;la norma non prevede, invece, un mero simulacro formale, la cui violazione sia opponibile anche quando l'omissione non abbia inciso in alcun modo sulla formazione della volontà dell'Amministrazione stessa e nemmeno sulle possibilità di difesa dell'interessato (Consiglio Stato , sez. V, 29 dicembre 2009 , n. 8831).
Occorre precisare che, diversamente da quanto deduce il ricorrente, la natura non vincolante del parere del Soprintendente, di cui si legge nel V comma dell’art. 146 del d.lgs. 42\2004, non riguarda la fattispecie in esame, bensì la diversa fattispecie del procedimento “a regime” e non posteriore alla realizzazione delle opere, in cui la competenza a provvedere sull’istanza di autorizzazione paesaggistica è demandata dalla legge alla Regione.
Il terzo motivo,in conclusione, deve essere respinto.
4. – Infine, è privo di fondamento l’ultimo mezzo, con cui parte ricorrente assume che le opere oggetto di istanza di accertamento di conformità (e di compatibilità paesaggistica postuma alla loro realizzazione) rientrerebbero nel novero di quelle qualificabili quali “restauro e risanamento conservativo.
Si è detto in precedenza come, in realtà, le opere in variante abbiano determinato alcuni mutamenti della sagoma e dell’area di sedime del fabbricato: così che essi, all’evidenza, non possono certo rientrare fra quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili, e che comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio (art. 3, comma I, lettera c) del D.P.R. n. 380\2001).
Si deve aggiungere che la censura in esame non coglie,comunque, nel segno laddove mira alla sussunzione della fattispecie nell’ambito applicativo dell’art. 167, comma IV, del d. lgs. 42\2004, in quanto tale norma, alla lettera c), non va oltre l’indicazione delle meno incisive categorie rappresentate dalla manutenzione ordinaria e straordinaria, e non menzione il restauro ed il risanamento conservativo.
5. – In conclusione, il ricorso va respinto siccome infondato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.