TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-03-29, n. 202301997

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-03-29, n. 202301997
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202301997
Data del deposito : 29 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/03/2023

N. 01997/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02311/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2311 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

del decreto n. -OMISSIS- Cat A12 Imm 2018 del 2 novembre 2018 con il quale la Questura di Napoli ha respinto la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 marzo 2023 la dott.ssa M A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso all’esame, ritualmente notificato e depositato rispettivamente in data 7 giugno 2019, l’istante ha impugnato il provvedimento meglio in epigrafe individuato, recante reiezione dell’istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.

Il provvedimento di rigetto si fonda sul difetto di “certezza in ordine alla situazione abitativa, professionale, produttiva, commerciale e contributiva dell’istanza e sulla falsità delle dichiarazioni e documentazione prodotta”.

Il ricorrente espone in fatto che in data 18.5.2017 aveva presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, scaduto il 9.3.2017;
al momento di presentazione dell’istanza aveva dichiarato di svolgere attività di lavoro autonomo mediante una propria ditta individuale, di cui era titolare e rappresentante legale a far data del 29.12.2016, e di risiedere stabilmente nel Comune di -OMISSIS- (NA), in via--OMISSIS-;
tuttavia, all’esito delle verifiche disposte d’ufficio, era emerso che il ricorrente, a causa della riscontrata sua irreperibilità, era stato cancellato dei registri anagrafici del predetto comune e che la ditta a lui intestata risultava inesistente;
dai dati dell’Agenzia delle Entrate, Punto Fisco e ufficio Attività produttive, sarebbe risultato che l’attività imprenditoriale era priva di sede legale e non aveva prodotto alcun reddito per l’istante;
da ciò l’amministrazione ha ricavato il carattere elusivo e fraudolento dell’iniziativa imprenditoriale professata, formalmente istituita all’unico fine di consentire il rinnovo del permesso di soggiorno;
ciò si desumeva, peraltro, dalla data di costituzione e dalla forma (individuale) di impresa prescelta;
la P.A. si determinava, dunque, per il rigetto dell’istanza e, in assenza di ragioni per concedere il rinnovo, per il deferimento alla forza pubblica per l’accompagnamento coattivo alla frontiera, ex art. 13, comma 4, lett. C) d. lgs. 286/98.

Avverso il provvedimento de quo, è insorto il ricorrente, censurandone l’illegittimità con tre motivi di ricorso così rubricato:

1) Violazione delle regole di partecipazione al procedimento amministrativo. Necessaria rivalutazione della situazione complessiva del richiedente – Meritevolezza della istanza di conversione/rinnovo del permesso di soggiorno da lavoro autonomo a lavoro subordinato: secondo il ricorrente, la Questura avrebbe denegato il rinnovo del permesso di soggiorno senza preventivamente comunicare i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in violazione dell’art.10-bis della L.241/90;
all’uopo ha indicato specificamente le circostanze atte a confutare le risultanze istruttorie della P.A.: la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con una Cooperativa Sociale, a far data dal 2017, trasformato a tempo indeterminato il 24.1.2019 e la stipula, il primo febbraio 2019, di un contratto di locazione con durata quadriennale, avente ad oggetto un immobile sito nel Comune di -OMISSIS-, oltre alla richiesta del cambio di residenza, inoltrata il 22.2.2019, rimasta inevasa dall’Amministrazione;

2) Violazione D. lgs. 286/1998 - Difetto di istruttoria ed eccesso di potere – travisamento dei fatti: l’amministrazione procedente avrebbe illegittimamente desunto dalla formale irreperibilità del ricorrente l’assenza dei requisiti richiesti per il rinnovo del permesso di soggiorno;
per vero, ad un’indagine più approfondita, sarebbe emerso che l’interessato aveva effettivamente dimorato nel luogo in cui aveva dichiarato di risiedere, mentre l’assenza fortuita in occasione dei controlli disposti dalla pubblica autorità sarebbe dipesa dalla necessità di ottemperare agli impegni assunti con una società salernitana;
ivi, inoltre, avrebbe fissato la sede legale dell’impresa, ma di questa non avrebbero potuto esservi tracce sostanziali, trattandosi di in un’attività individuale di manutenzione e pulizia di giardini;
né l’irreperibilità avrebbe potuto considerarsi sintomo di disinteresse dell’istante all’esito della procedura, risultando lampante il suo interesse al rinnovo del permesso di soggiorno avendo prontamente comunicato la variazione di domicilio, come da documentazione depositata in atti;

3) Violazione dell’art. 18 (Copie autentiche) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) - inesistenza nullità e/o illegittimità del decreto del Questore per mancata attestazione di conformità all’originale dell’atto notificato;
l’atto impugnato sarebbe privo dell’attestazione di copia conforme all’originale e si ridurrebbe ad essere una mera fotocopia.

Si costituivano il Ministero dell’Interno e la Questura di Napoli rappresentando le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e chiedendo il rigetto del ricorso.

L’Amministrazione rappresentava, in particolare, come la condotta dell’istante, integrante fraudolenta dichiarazione di residenza e di lavoro autonomo e repentino cambio di residenza, sarebbe sovrapponibile al modus operandi di un’organizzazione criminale, oggetto di indagine da parte della Procura della repubblica di Napoli per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e che il locatore dell’immobile, con il quale l’istante avrebbe stipulato il contratto di locazione e in favore del quale avrebbe prestato attività lavorativa, sarebbe stato soggetto già noto alle forze di polizia per essere stato definito all’A.G. per il reato di cui all’art. 12, comma 5, T.U.I.

In data 3 luglio 2019, il Collegio, con Ordinanza n. 1071, respingeva l’istanza cautelare per ritenuta insussistenza del requisito del fumus boni iuris.

All’esito dell’udienza del 16 marzo 2023, tenuta da remoto in ossequio alle vigenti disposizioni processuali, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Va anzitutto disatteso il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la omessa comunicazione del preavviso di diniego, che non avrebbe consentito la doverosa partecipazione procedimentale.

L’omesso avviso, come risulta dal provvedimento impugnato, è dipeso dalla irreperibilità del richiedente, come risultante alla data del provvedimento impugnato (2 novembre 2018).

Solo successivamente, invero, l’istante ha comunicato un nuovo domicilio, ma tale comunicazione non avrebbe certo potuto essere utilizzata per innescare o riavviare un contraddittorio procedimentale chiuso in ragione della già intervenuta emanazione del provvedimento.

Il secondo motivo è, del pari infondato.

Al riguardo, vanno preliminarmente illustrate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione procedente a rigettare l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, quali l’irreperibilità del soggetto nel luogo in cui costui aveva dichiarato di risiedere e l’inesistenza dell’impresa presso cui avrebbe esercitato l’attività o, comunque, costituente domicilio fiscale della stessa.

Va innanzitutto precisato che l’istanza del ricorrente era intesa al rinnovo del permesso di soggiorno, detenuto per motivi di lavoro subordinato e scaduto alla data del 9.3.2017, per dichiarati motivi di lavoro autonomo.

Pertanto, il ricorrente, sul presupposto della valida instaurazione di un’attività di lavoro autonomo, il cui domicilio fiscale coincideva con la residenza, tale motivo ha posto a base dell’istanza di rinnovo.

Tuttavia, le risultanze delle indagini disposte dall’amministrazione procedente hanno escluso anzitutto la sussistenza del requisito alloggiativo.

Lo stato di irreperibilità dell’istante, al momento della presentazione della domanda, inevitabilmente fa inferire la contestata precarietà alloggiativa, incompatibile con le esigenze di sicurezza presidiate dalla richiesta del detto requisito, che si riconnettono, in apice, alla stessa possibilità dell’Autorità di P.S. di pianificare e svolgere i controlli d’istituto (cfr. TAR Campania, Napoli, VI, n. 604/2023;
Cons. di Stato, n. 6700/2021;
Cons. di Stato, III, n. 3344/2018).

Né il ricorrente, neppure nella presente sede giurisdizionale, ha evidenziato concreti elementi che potessero seriamente confutare la tesi sostenuta dalla P.A. circa l’inesistenza di una residenza stabile, coincidente con il domicilio fiscale dell’impresa autonoma che avrebbe fondato il rinnovo del permesso di soggiorno, alla data di presentazione dell’istanza e nel corso del procedimento concluso con il provvedimento di diniego.

Per un verso, invero, la documentazione esibita a sostegno dell’allontanamento, che si qualifica temporaneo, dalla dimora dichiarata in sede procedimentale, in quanto pretesamente giustificata da motivi di lavoro (contratto di lavoro subordinato con società con sede in-OMISSIS-(SA)), non può sconfessare gli esiti dei sopralluoghi effettuati in loco dagli agenti operanti di polizia, che attestano che l’istante non solo era assente ai controlli ma era addirittura soggetto sconosciuto nell’area indicata;
verso tale conclusione convergevano anche gli accertamenti disposti dall’Ufficio Anagrafe del Comune di -OMISSIS- che, per l’effetto, disponeva la cancellazione dell’istante dai registri anagrafici;
né l’istante ha aliunde dimostrato l’effettività della dichiarata residenza.

Per altro verso, occorre rilevare che il cambio di residenza (dal Comune di -OMISSIS- a quello di -OMISSIS-), che il ricorrente richiama per superare le sopra indicate emergenze e che costituirebbe sopravvenienza idonea a superare le contestazioni sollevate, come risultante dal contratto di locazione ad uso abitativo dell’1-2-2019, versato in atti, e dalla comunicazione di variazione della residenza (in data 22 febbraio 2019), non vale a riscontrare la sussistenza di una univoca situazione abitativa.

Si tratta, invero, di fatti (che sarebbero) sopraggiunti all’adozione del provvedimento (si ricorda, risalente, al 2 novembre 2018), mai rappresentati né conosciuti dall’Amministrazione procedente, né esistenti al momento di presentazione della domanda e neppure alla data di emanazione del diniego, in quanto tali irrilevanti ai fini dell’esito del procedimento medesimo (Tar Campania, Napoli, VI, n. 1244/2023;
CGARS, n. 814/2022). Si tratta dell’applicazione, diffusamente condivisa, del principio generale tempus regit actum, secondo il quale la legittimità del provvedimento amministrativo deve essere valutata con riferimento al momento della sua adozione, senza tener conto delle sopravvenienze (cfr. TAR Lazio, sez. I - ter, n. 335/2023), che, al più, potrebbero costituire ragioni per richiedere la riapertura del procedimento e il riesame della situazione ma non già per invalidare, ex post, le determinazioni legittimamente assunte dall’Amministrazione.

Peraltro, il rappresentato cambio di domicilio neppure elide la ulteriore contestazione relativa alla sostanziale inattività dell’impresa dichiarata;
neanche nel corso del presente giudizio il ricorrente ha dimostrato la effettività del lavoro autonomo dichiarato (e presupposto del richiesto rinnovo), che, di fatto, non è mai stato esercitato, posto che alcun reddito, proveniente da tale attività, è stato giammai dichiarato.

E piuttosto, il ricorrente ha dovuto, nel corso del presente giudizio, sostanzialmente invocare una sorta di nuova conversione del titolo di soggiorno (ancora, da lavoro autonomo, come richiesto con l’istanza originaria, esaminata dalla P.A., a lavoro subordinato), che mai è stata ritualmente prospettata all’Amministrazione se non dopo l’emanazione del diniego e che, evidentemente, non può assurgere a motivo di illegittimità del diniego opposto.

Con riferimento, poi, al secondo motivo addotto a sostegno del rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, ossia la insussistenza della dichiarata attività di lavoro autonomo, occorre premettere che il permesso di soggiorno per motivi di lavoro costituisce una particolare forma di permesso di soggiorno, che richiede, evidentemente, la dimostrazione dell’effettività del suo svolgimento, e prima ancora, come detto, il possesso di un’abitazione idonea, che vale anche, in difetto di altra indicazione, come domicilio fiscale dell’impresa.

Orbene, l’Amministrazione procedente, a seguito di una complessa attività istruttoria, ha accertato, come detto, l’insussistenza dell’attività lavorativa (di lavoro autonomo) dichiarata dal ricorrente.

Per vero, verificata l’iscrizione presso la Camera di Commercio della ditta individuale per la cura e manutenzione del paesaggio, intestata all’istante, ha accertato, sulla base delle interrogazioni delle banche dati delle competenti agenzie, l’assenza di qualsiasi operazione attribuibile alla predetta impresa e significativa di una sua reale capacità produttiva.

Il ricorrente, a fronte delle circostanziate contestazioni, non ha fornito elementi utili a dimostrare lo svolgimento della specifica attività, a prescindere dalla redditività della stessa (come ad esempio, acquisto di materiali o strumenti), ma si è limitato a depositare gli atti attestanti la percezione di reddito proveniente, però, da attività di lavoro subordinato, neppure essa assistita, però, da idonee certificazioni.

Con ciò ulteriormente dimostrando che l’attività di lavoro autonomo, originariamente dichiarata e costituente il presupposto per richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, non poggiava in realtà su alcun elemento fattuale;
la sede originariamente dichiarata (coincidente con quella anagrafica e costituente, nello specifico, domicilio fiscale, rilevante per la corretta allocazione dell’attività di impresa) è risultata inesistente, quella che si deduce successivamente occupata non è mai stata sede di attività di lavoro autonomo, comunque giammai svolto;
deve dunque concludersi che non risultavano, né risultano tuttora, i presupposti per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo così come richiesti.

Il dichiarato cambio di residenza (per vero non riconosciuto da nessuno degli uffici competenti;
non il Comune di -OMISSIS-, per esempio) e la dichiarata sopravvenienza di redditi da lavoro dipendente avrebbero potuto, al più, costituire titolo, nella sussistenza degli ulteriori presupposti, per richiedere la conversione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo in quello per motivi di lavoro subordinato;
ma, occorre evidenziare, il ricorrente non ha mai richiesto detta conversione, che l’autorità procedente neppure poteva dunque d’ufficio autorizzare sulla base di circostanze di cui fosse venuta a conoscenza dopo l’emanazione dell’atto di diniego.

Infine, nel provvedimento impugnato non è affatto contestata l’assenza di un reddito adeguato al rinnovo del titolo di soggiorno, quanto piuttosto la provenienza di quel reddito dall’effettivo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo (cfr. TAR Campania, VI, n. 751/2023);
ma risulta conclamato che non sussistessero affatto i requisiti richiesti per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, dal che l’ufficio ha del tutto legittimamente denegato l’istanza.

Privo di pregio è infine il terzo motivo che prospetta la “nullità” dell’atto notificato in copia non dichiarata conforme.

Si tratta, invero, di mera irregolarità, che non inficia la legittimità dell’atto, che, esibito in giudizio, è del tutto conforme a quello notificato dall’istante e da esso impugnato (cfr., ex pluris, TAR Campania, Napoli, n. 1316/2019 e 973/2022;
TAR Veneto, III, n. 1334/2022;
TAR Molise;
n. 52/2022).

Il ricorso deve, per i motivi sopra esposti, essere rigettato.

Agli atti risulta una richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (allegata al ricorso), finora non esaminata né dalla competente commissione né dal Collegio.

La stessa deve essere respinta, tenuto conto della infondatezza del ricorso, fatta palese fin dalla pronuncia cautelare, e dunque evidente anche in sede di cognizione sommaria, oltre che dalle più articolate ragioni di merito sopra illustrate.

La natura della controversia consiglia la compensazione delle spese di giudizio inter partes.

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