TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-07-13, n. 202000456

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-07-13, n. 202000456
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202000456
Data del deposito : 13 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2020

N. 00456/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00482/2019 REG.RIC.

N. 00485/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 482 del 2019, proposto da
N F, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;

contro

Comune di Matera, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Matteo Pugliese in Potenza, via Pretoria;

nei confronti

V I non costituito in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 485 del 2019, proposto da
V I, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Calculli, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;

contro

Comune di Matera, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Matteo Pugliese in Potenza, via Pretoria;

nei confronti

N F non costituito in giudizio;

per l'annullamento

quanto ad entrambi i ricorsi,

dei seguenti atti:

- dell’ordinanza del Comune di Matera, 000276 prot. n. 067296 del 27.8.2019, di sospensione dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi in località Serra Rifusa - Via degli Ausoni;

- ove occorra, della relazione tecnica, prot. n. 45331 dell’11.06.2019, del Settore Gestione del Territorio del Comune di Matera;

- di ogni altro atto e provvedimento comunque connesso, preordinato, istruttorio, conseguente, esecutivo, ancorché non conosciuto.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Matera;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2020 il dott. Paolo Mariano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con due distinti ricorsi, depositati entrambi in data 7/11/2019, i sigg.ri N F e V I, coniugi comproprietari di un immobile in costruzione sito in Matera, via degli Ausoni (località Serra Rifusa), hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe ed in particolare l’ordinanza, n. 276 del 27/8/2019, con cui il Comune di Matera ha ingiunto la sospensione dei lavori assentiti con segnalazione certificata di inizio attività del 17/3/2019 e la demolizione delle opere abusivamente realizzate.

1.1. Risulta in fatto quanto segue:

- in data 17/3/2017, la sig.ra Iacovone, comproprietaria delegata dal coniuge sig. Fiorentino, ha presentato presso lo sportello unico dell’edilizia (S.U.D.E.) del Comune di Matera una segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) relativa ad un progetto di demolizione (di un fabbricato preesistente, legittimato da condono edilizio) e ricostruzione, con delocalizzazione dei volumi e delle superfici in area antistante ai sensi della L.R. n. 25/2012;

- in data 6/6/2019, i tecnici comunali hanno svolto un sopralluogo all’esito del quale hanno accertato, come si evince dalla relazione prodotta in data 11/6/2019, consistenti violazioni della normativa edilizia. Segnatamente:

« (…) risulta realizzato un nuovo fabbricato costituito da strutture in c.a., solai in latero cemento in parte allo stato rustico ed in parte tompagnato, delle stesse dimensioni in pianta di quello autorizzato, mentre risultano realizzati in difformità due avancorpi costituiti da pilastri e coronamento di chiusura superiori in c.a.;
inoltre risultano predisposti sottotetti dichiarati in progetto inaccessibili con altezza interna che appare maggiore delle altezze autorizzate a mt.1,80 (non è stato possibile accedere al solaio sottotetto in quanto la scala di accesso non era stata ancora realizzata e non vi erano in loco attrezzature per potervi accedere).

Dalla puntuale verifica si accertava che il fabbricato oggetto della demolizione per far posto al nuovo fabbricato era ancora esistente ed intatto, come dimostrano le foto allegate, e che non era stato interessato dal cambiamento di destinazione di cui alla DIA del 27.01.2001 prot. n. 6046, si accertava inoltre che non avendo comunicato nella piattaforma ir1formatica (Sude) la data di inizio ai lavori, gli stessi devono intendersi in totale assenza di titolo abilitativo, non risultando oltremodo l'avvenuto assentito deposito dei calcoli strutturali, ai sensi delle vigenti leggi.

(…) Inoltre il fabbricato risulta localizzato nel Vigente Strumento Urbanistico (PRG 99), nella quasi totalità in Zona di Parcheggio Pubblico e nell'adottato Regolamento Urbanistico in Verde di livello locale »;

- tenuto conto delle risultanze istruttorie acquisite in loco , il Comune di Matera ha, quindi, adottato il provvedimento impugnato con cui, oltre a sospendere i lavori in corso, è stata ingiunta la demolizione del manufatto illegittimamente edificato in sostituzione di quello destinato a demolizione.

1.2. I due ricorsi sono affidati a molteplici motivi di doglianza, del tutto coincidenti fatta eccezione per la proposizione da parte del sig. Fiorentino di un’autonoma censura deducente l’illegittimità dell’ordine demolitivo nei suoi confronti, non essendo riscontrabile alcuna sua responsabilità nella commissione dei supposti abusi.

I due coniugi, per il resto, hanno contestato:

- “ Violazione di legge (art. 7, 8, 9, 11 l. 241/90). Violazione del principio dell’anticipato contraddittorio e di contestazione. Violazione del giusto procedimento (art. 97 cost.). Violazione del principio del contraddittorio, dell’istruttoria principio di tipicità ”.

Il provvedimento sub iudice non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

- “ Violazione di legge (articolo 19, comma 6bis, della legge 241/1990;
art. 22 e 23 tued). Violazione di legge (art. 34 – 31 ed altri t.u. edilizia) ed eccesso di potere per omessa ed erronea considerazione
”.

I lavori di ricostruzione sarebbero tuttora assentiti con la S.C.I.A. del 17/3/2017, in assenza di atti inibitori di tale titolo.

- “ Violazione di legge (art. 31 t.u. edilizia 380/2001). Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (art. 3 l. 241/90). Violazione di legge (cd piano casa l. 25/2009 e ss.mm.ii. nelle sue esplicazioni anche in deroga a prg) ed eccesso di potere per omessa ed erronea considerazione. Violazione degli ulteriori referenti infra menzionati ”.

La L.R. n. 25/2012 (c.d. Piano Casa) consentirebbe interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici comunali vigenti, non potendo rilevare, dunque, la dedotta localizzazione dell’immobile in costruzione in Zona di Parcheggio Pubblico (del Vigente Strumento Urbanistico) e in Verde di livello locale (dell'adottato Regolamento Urbanistico).

Detta localizzazione, peraltro, non sarebbe stata puntualmente accertata.

Inoltre, l’area destinata a parcheggio pubblico avrebbe riacquistato capacità edificatoria a seguito della decadenza del relativo vincolo espropriativo. La destinazione urbanistica a verde impressa dall’adottato Regolamento urbanistico non sarebbe opponibile alle opere anteriormente autorizzate.

- “ Violazione di legge (art. 31 t.u. edilizia 380/2001). Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (art. 3 l. 241/90). Violazione di legge (cd piano casa L.R. 25/2009 e ss.mm.ii. nelle sue esplicazioni anche in deroga a prg) ed eccesso di potere per omessa ed erronea considerazione. Violazione degli ulteriori referenti infra menzionati. Violazione principio di proporzionalità, di conservazione, di bilancio, di tipicità. Ingiustizia manifesta. Omessa considerazione di presupposti. Forza maggiore ”.

Il provvedimento impugnato si fonderebbe anche sulla ritenuta omessa comunicazione di avvio dei lavori di ricostruzione, adempimento non necessario in caso di SCIA.

Inoltre, l’ordine demolitivo sarebbe sproporzionato rispetto alla violazione dell’obbligo di demolizione del fabbricato esistente. Peraltro, non sarebbero state adeguatamente valutate ragioni di forza maggiore giustificanti tale adempimento, quantomeno per il Fiorentino (l’occorrenza di un trauma fisico nel 2017 e la separazione personale dalla moglie nel 2018).

- “ Violazione di legge (tu edilizia (dpr 380 del 2001 e d.lgs. 301 del 2002, ivi compreso art. 31 erroneamente applicato;
l.u.). Eccesso di potere per erronea ed omessa considerazione dei presupposti di fatto, giuridici, normativi e per omessa ed insufficiente considerazione ed erronea qualificazione. Violazione di legge (art. 3 l. 241/90) ed eccesso di potere per difetto di motivazione
”.

Non sussisterebbe nessuna delle violazioni contestate.

Il deposito dei calcoli strutturali presso la Regione Basilicata sarebbe in realtà avvenuto.

I due avancorpi costituiti da pilastri e coronamento di chiusura superiore in cemento armato non costituirebbero un volume edilizio, trattandosi di elementi di decoro a carattere pertinenziale.

L’accertata presenza di sottotetti accessibili con scale (dichiarati in progetto inaccessibili) e con altezza interna maggiore di quanto progettato sarebbe viziata sotto più profili, in quanto non vi sarebbe stata alcuna misurazione in loco . Peraltro, ogni misurazione andrebbe effettuata a lavoro finito, non essendoci al momento né intonaco, né isolamento termico, né pavimentazione.

- “ Eccesso di potere e violazione di legge (t.u. edilizia) per omessa ed insufficiente istruttoria, per omessa considerazione di presupposti, omessa ed erronea qualificazione dell'opus. Violazione di legge (art. 31 tu edilizia) ”.

La sanzione demolitoria non sarebbe stata preceduta dal doveroso raffronto tra l’esistente e l’assentito.

- “ Violazione di legge ed eccesso di potere per lesione dei principi di conservazione dell'opus con, nel contempo, realizzazione dell'interesse pubblico ”.

La sanzione demolitoria confliggerebbe con il favor conservationis .

Né sussisterebbero i presupposti per addivenire, in ipotesi, a sanzioni acquisitive.

- “ Erronea considerazione dei presupposti di fatto e normativi. Violazione di legge (sotto il profilo della falsa ed erronea applicazione del t.u. edilizia d.p.r. 380/2001. Difetto di motivazione e di istruttoria. Perplessità. Travisamento. Sviamento. Illogicità ed irrazionalità manifeste ”.

Per le ragioni esposte, sarebbe illegittima anche la disposta sospensione dei lavori.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Matera, instando per il rigetto dei gravami.

3. Alla camera di consiglio del 20/11/2019 questo Tribunale ha respinto le domande di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, autonomamente proposte dai ricorrenti. Con ordinanze del 17/4/2020, il Consiglio di Stato ha definito gli interposti appelli cautelari, disponendo la fissazione dell’udienza di merito di entrambi i ricorsi.

4. All’udienza pubblica del 24/6/2020 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, in quanto strettamente connessi sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.

5.1. Sempre in limine , va respinta la richiesta di declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorsi in esame, formulata dai ricorrenti in ragione della presentazione dell’istanza di sanatoria relativamente agli abusi in questione (istanza su cui è intervenuto diniego tacito, impugnato con separati gravami).

Il Collegio, infatti, aderisce all’orientamento - prevalente nel panorama giurisprudenziale - secondo cui la proposizione dell'istanza diretta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria non comporta l'improcedibilità del ricorso proposto avverso l'ordinanza di demolizione, ma determina solo un temporaneo arresto dell'efficacia dell'ordine repressivo dell’abuso che, in caso di rigetto della sanatoria (in specie intervenuto), potrà riacquistare la sua piena efficacia (cfr. ex plurimis , Consiglio di Stato, sez. IV, 10/9/2018, n. 5293;
T.A.R. Campania, sez. II, 10/10/2019, n. 4823;
T.A.R. Liguria, sez. I, 5/10/2018, n. 780).

6. Nel merito, i gravami risultano infondati.

7. Va, anzitutto, respinto il motivo di ricorso con cui il sig. Fiorentino contesta la legittimità dell’ordine demolitorio nei suoi confronti, in quanto - come emerge dagli atti e come ammesso dalla parte - il deducente ha un titolo di proprietà sull’immobile in costruzione attinto dallo stigma sanzionatorio. L’acclarato status dominicale è rilevante nell’ottica applicativa dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, a mente del quale il proprietario va correttamente individuato come destinatario dell'ordine di demolizione e ripristino, in quanto soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso.

Ciò a prescindere dalla sua responsabilità nella commissione dell’abuso, in quanto il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di demolizione non è l'accertamento di responsabilità nella commissione dell'illecito, bensì l'esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l'ordine ripristinatorio, ossia il proprietario (in virtù del diritto dominicale), sia il responsabile dell'abuso sono legittimati passivi della sanzione reale del ripristino dei luoghi (cfr. ex plurimis , Consiglio di Stato, sez. II, 12/9/2019, n. 6147;
T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 10/3/2020, n. 355).

8. Ciò chiarito sotto il versante soggettivo, deve ritenersi che numerosi degli abusi in contestazione siano oggettivamente esistenti e giustifichino, per la loro natura e gravità, anche autonomamente intesi, la sanzione demolitoria irrogata.

8.1. Va, anzitutto, evidenziato che non è in contestazione l’obiettiva circostanza della mancata demolizione del fabbricato preesistente, oggetto del complessivo progetto demo-ricostruttivo, con delocalizzazione dei volumi e delle superfici, assentito con S.C.I.A. del 17/3/2017.

Ferma questa premessa fattuale, si osserva quanto segue:

- gli interventi di demolizione e ricostruzione con traslazione dell'area di sedime presuppongono, sotto il profilo tecnico, oltre che sotto il profilo logico, la previa demolizione dell'immobile preesistente, come chiaramente evincibile dalla relativa disciplina, sia quella generale (cfr. art. 3, co. 1, del D.P.R. n. 380/2001), sia quella speciale (cfr. art. 3 della L.R. n. 25/2009, recante “ Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell'economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente ”). Quest’ultima, in particolare, sancisce chiaramente che “ Negli interventi di demolizione e ricostruzione (…) l'inizio dei lavori di ricostruzione è subordinato alla dimostrazione dell'avvenuta demolizione dell'edificio esistente ” (cfr. art. 3, co. 5) e che “ Ove si proceda alla delocalizzazione delle volumetrie di cui al comma precedente, le aree di sedime e di pertinenza dell'edificio demolito devono rimanere libere da edificazione ” (cfr. art. 3, co. 5- quinquies );

- l’adempimento demolitivo è, dunque, strettamente necessario per acquisire la disponibilità della volumetria da riedificare (cfr. ex multis , T.A.R. Campania, sez. II, 7/1/2020, n. 48);

- dall’omessa demolizione dell’edificio preesistente discende, dunque, il carattere abusivo dell’edificio ricostruito, poiché la relativa volumetria viene sviluppata ab integro in carenza di un’essenziale condizione di carattere legittimante.

Deve, pertanto, convenirsi con il Comune di Matera riguardo al carattere abusivo dell’intervento ricostruttivo in esame. Ciò a prescindere del profilo relativo alla mancata comunicazione dell’avvio dei lavori ricostruttivi, considerato che tale adempimento, su cui pure insistono numerose doglianze ricorsuali, non costituisce, per tutta evidenza, la ragione che fonda l’ordine demolitorio.

Né rilevano in senso contrario:

- gli addotti impedimenti di ordine personale e familiare asseritamente giustificativi della mancata demolizione del fabbricato preesistente, in quanto, come dianzi evidenziato, la consumazione dell’illecito in questione si fonda non già sulla mera omissione della parte demolitiva dell’intervento edilizio, ma sulla concorrenza di tale preliminare inadempimento con l’avvio del segmento ricostruttivo e, dunque, con l’utilizzo di volumetria indisponibile (profilo, quest’ultimo, evidentemente non scriminato da alcuna delle addotte giustificazioni);

- l’omessa adozione da parte del Comune di Matera di atti inibitori riguardanti la S.C.I.A. (con le forme e i tempi previsti dall’art. 19 della L. n. 241/1990), in quanto le illegittimità stigmatizzate con il provvedimento sub iudice non riguardano il contenuto del titolo abilitativo (nel qual caso soltanto sarebbe stato necessario inibirlo), ma le concrete modalità di esecuzione dell’intervento edilizio in fieri , il quale, per le ragioni esposte, si appalesa confliggente proprio con detto titolo (che, in parte qua , contemplava la previa demolizione del fabbricato preesistente).

8.2. Fermo quanto dianzi esposto, costituente di per sé idonea base decisoria, devono ritenersi comunque provate anche altre delle difformità in addebito.

8.2.1. Emerge per tabulas che, come accertato dal Comune di Matera, l’edificio in costruzione presenta due avancorpi costituiti da pilastri e coronamento di chiusura superiori in cemento armato, non previsti in progetto.

Tale circostanza non è contestata dai ricorrenti che, sul punto, si limitano ad escludere il carattere essenziale di detta difformità, asserendo la natura pertinenziale di tali manufatti (configurabili come volumi tecnici).

Sul punto, a confutazione della censura, si osserva che:

- ai fini della nozione di volume tecnico assumono valore tre ordini di parametri: il primo, positivo e funzionale, attiene al rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette;
il secondo ed il terzo, negativi, consistono, da un lato, nell’impraticabilità di soluzioni progettuali diverse (nel senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all’interno della parte abitativa) e dall’altro lato, in un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7/7/2020, n. 4358);

- va, dunque, esclusa la natura pertinenziale di un’opera quando, come risulta in specie dall’esame della documentazione fotografica versata in atti dal Comune di Matera, la stessa non si presenti completamente priva di una sua autonomia funzionale, anche potenziale, sia di ingombro rilevante (comportando un effettivo incremento volumetrico) e incida in modo significativo sui luoghi esterni, alterando la sagoma dell’edificio autorizzato e l'assetto del territorio (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. II, 8/11/2019, n. 2348);

- in ogni caso, è onere dell’interessato che assume il carattere pertinenziale di un’opera fornire adeguata prova, in specie non persuasiva, che la stessa presenti effettivamente dette caratteristiche (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 29/1/2015, n. 406).

8.2.2. Va condivisa anche l’accertata localizzazione del nuovo fabbricato in un’area non edificabile, poiché urbanisticamente vocata a “Zona di Parcheggio Pubblico” (nel vigente Piano regolatore generale) e a “Verde di livello locale” (nel Regolamento Urbanistico adottato).

Al riguardo, deve anzitutto ritenersi che tale profilo è persuasivamente evincibile sulla base delle evidenze cartolari prodotte dal Comune di Matera, che collocano graficamente l’immobile in costruzione entro una zona vincolata a fini generali (non essendo all’uopo necessaria alcuna misurazione).

Inoltre, non è affatto condivisibile la tesi secondo cui il rispetto di detti vincoli sarebbero derogato dalla disciplina regionale che sorregge l’intervento edificatorio in esame (cfr. art. 3 della L.R. n. 25/2009).

Invero, fermo restando che detta normativa contempla l’eventualità che il rinnovamento e la sostituzione del patrimonio edilizio possa avvenire “ in deroga agli strumenti urbanistici comunali vigenti ” (cfr. art. 3, co. 1), deve ritenersi che la divisata attitudine derogatoria non ha carattere generalizzato (come erroneamente opinato dai ricorrenti), ma afferisce, secondo quanto desumibile dall’impostazione tipizzante dell’art. 3 cit., soltanto ad alcuni specifici profili, quali le superfici autorizzabili (cfr. co. 1, 2, 3 e 4), la modifica delle sagome e delle tipologie, nonché la loro diversa distribuzione nell'ambito del lotto di pertinenza (cfr. co. 5).

Né, in coerenza con quanto stabilito dall'art. 14 delle preleggi, sono ammissibili interpretazioni estensive o analogiche della fattispecie.

D’altra parte, proprio con riferimento al profilo - qui rilevante - della compatibilità urbanistica dell’intervento di ricostruzione, l’invocata disciplina prevede che “ Sono consentiti interventi di delocalizzazione di volumetrie esistenti in ambito urbano verso zone che siano compatibili e/o complementari con quelle di partenza ” (cfr. art. 3, co. 5- septies ), postulando, dunque, la necessaria attitudine edificatoria della zona in cui viene allocato l’immobile da ricostruire.

Ciò posto, va respinta anche l’ulteriore censura a mente della quale l’area su cui è stato localizzato il manufatto in contestazione avrebbe riacquistato vocazione edificatoria in ragione della decadenza “ dell’eventuale vincolo preordinato ad esproprio ” funzionale alla realizzazione di parcheggi pubblici.

Invero, costituisce ius receptum che i vincoli apposti in sede di piano regolatore generale ai fini della zonizzazione delle aree hanno natura conformativa e non espropriativa, anche in caso di destinazione a parcheggio pubblico (cfr. T.A.R. Liguria, sez. II, 17/1/2020, n. 45), e dunque non sono soggetti a decadenza e hanno validità a tempo indeterminato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 31/8/2018, n. 5125). D’altra parte, non vi è alcuna prova che su detta area sia stato effettivamente apposto, come asserito dai ricorrenti, un vincolo espropriativo poi decaduto, essendo la stessa formulazione della relativa doglianza del tutto perplessa e dubitativa (si parla, come evidenziato, di “ eventuale vincolo ”).

Quanto sopra rende non rilevante, ai fini del decidere, la contestazione relativa all’ulteriore vincolo di zona (Verde pubblico) impresso dall’adottato Regolamento urbanistico comunale.

8.2.3. Stante il carattere assorbente delle riscontrate difformità (alcune delle quali riguardanti l’edificio nel suo complesso), si può soprassedere dallo scrutinio degli ulteriori profili di censura relativi, de minimis , ai sottotetti (e alle modalità con cui ne è stata accertata l’accessibilità), nonché all’invio presso gli uffici regionali dei calcoli strutturali riguardanti l’intervento costruttivo.

8.3. I descritti abusi integrano violazioni essenziali della normativa urbanistico-edilizia.

Tali inosservanze giustificano, anche autonomamente intese, la sanzione demolitoria prevista dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001.

Detta misura, contrariamente a quanto censurato, si fonda proprio sull’accertamento del carattere sine titulo di quanto edificato;
valutazione che, per quanto detto, si presenta del tutto condivisibile sia in punto di istruttoria, sia in punto di motivazione.

Né può rilevare la dedotta sproporzione della sanzione irrogata, considerato che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce, notoriamente, manifestazione di attività amministrativa doverosa (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen., 17/10/2017 n. 9;
sez. II, 13/6/2019, n. 3971) e che la valutazione circa la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria spetta all'Amministrazione nella, successiva ed autonoma, fase esecutiva del procedimento (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 30/3/2020, n. 2160).

Infine, stante il richiamato carattere vincolato del provvedimento sub iudice , è del tutto pacifico che la sua adozione non debba essere necessariamente preceduta dalle garanzie partecipative di cui all' art. 7 della L. n. 241/1990, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 21- octies , co. 2, della medesima legge.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, i ricorsi in esame vanno respinti in quanto infondati.

10. Le spese di lite di entrambi i giudizi seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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