TAR Pescara, sez. I, sentenza 2021-11-08, n. 202100469

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2021-11-08, n. 202100469
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 202100469
Data del deposito : 8 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/11/2021

N. 00469/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00127/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 127 del 2021, proposto da:
Comune di Santa Maria Imbaro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. F P F, con domicilio eletto in forma digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Associazione Tra Enti Locali - Patto Territoriale Sangro-Aventino, Ente Capofila Comune di Atessa, Sportello Unico Attività Produttive Sangro Aventino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Federica Ciciliani e L C, con domicilio eletto in forma digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comitato per la Salute e l’Ambiente Santa Maria Imbaro, in persona del legale rappresentante p.t.;

nei confronti

Arta Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Silvia Cococcia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, Vico Picenze, 25;
Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
A.s.l. n.2 Lanciano Vasto Chieti in persona del Direttore p.t.;

per l'annullamento:

dell'atto di conclusione del procedimento del 26.02.2021 emesso dall'Associazione tra Enti Locali Patto Territoriale Sangro-Aventino ente Capofila Comune di Atessa, della nota del 17.02.2021 emessa dall'Associazione tra Enti Locali Patto Territoriale Sangro-Aventino ente Capofila Comune di Atessa, del verbale della conferenza di servizi del 28.01.2021, emesso dall'Associazione tra Enti Locali Patto Territoriale Sangro-Aventino , di ogni atto e provvedimento anche non conosciuto, presupposto, connesso, collegato e conseguenziale.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione tra Enti Locali - Patto Territoriale Sangro-Aventino, Ente Capofila Comune di Atessa, dell’Arta Abruzzo e della Wind Tre S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2021 la dott.ssa R E I e uditi l’avv. F P F per il Comune ricorrente e l’avv. L C per l’amministrazione intimata;


FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso iscritto al n. 127/2021, il Comune di Santa Maria Imbaro, impugnava, chiedendone l’annullamento, l’atto di conclusione del procedimento del 26.02.2021 emesso dall’Associazione tra Enti locali Patto Territoriale Sangro Aventino, ente capofila Comune di Atessa, con cui veniva autorizzata la realizzazione di un nuovo impianto tecnologico di telefonia mobile Wind Tre s.p.a. denominato CH132 Mozzagrogna, all’esito della Conferenza di Servizi svoltasi in ottemperanza all’ordinanza cautelare n.340/2020 con cui questo T.a.r., nel ricorso iscritto al n.220/2020 intrapreso dalla Wind Tre s.p.a, ravvisando un arresto procedimentale nel parere negativo impugnato nell’ambito del procedimento ex art. 87 comma 6 d. lgs. 259/2003, accoglieva l’istanza cautelare ordinando all’amministrazione di concludere il procedimento previa convocazione di una Conferenza di Servizi ed assicurando l’apporto endoprocedimentale della società interessata.

A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:

1)Contrarietà all’ordinanza cautelare. Violazione di legge. Violazione dell’art. 14 ter e segg. della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto d’istruttoria e mancata ponderazione degli interessi del Comune di Santa Maria Imbaro, difetto di motivazione, nullità del procedimento;

La Conferenza di Servizi doveva costituire un momento di approfondimento tra le parti interessate garantendo alla società la possibilità di confrontarsi con l’ente per superare i rilievi ostativi emersi. In realtà è avvenuto il contrario, poiché, come risulta dal verbale, nessun confronto tra gli interessi contrapposti si è svolto, non sono state prese in considerazione le osservazioni presentate dal Comitato per la Salute e l’Ambiente di Santa Maria Imbaro, e nemmeno sono stati presi in esame i motivi del parere comunale;
con la conseguenza che la Conferenza si è conclusa con un mero rinvio ai pareri favorevoli di A.r.t.a. e A.sl., con una supremazia di voti ritenuta decisiva ai fini del provvedimento autorizzatorio, ed attraverso una mera operazione matematica sul riscontro della “maggioranza” dei voti favorevoli.

Nel caso della Conferenza di Servizi simultanea, come emerge anche dalle Linee Guida operative del 10.01.2013 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per adottare la determinazione conclusiva il responsabile del procedimento tiene conto delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti unici delle amministrazioni coinvolte, bilanciando, nell’esercizio del suo potere discrezionale, le ragioni manifestate in seno alla Conferenza, senza che sia prevista una votazione in cui si possano definire maggioranze e minoranze. La prevalenza delle posizioni non si determina con un calcolo prettamente numerico, ma deriva da una valutazione elastica basata sull’importanza e sulle ragioni di ogni parere acquisito (cfr Corte Cost. 179/2012). Nella Conferenza di Servizi impugnata la valutazione ed il bilanciamento degli interessi risultano completamente mancanti, dato che l’A.sl. non ha partecipato alla riunione e si è limitata a comunicare la conferma del suo precedente parere favorevole del 31.07.2020 espresso sulla base del parere dell’A.r.t.a. del 24.06.2020. Va rimarcato che la posizione prevalente era quella del Comune di Santa Maria Imbaro, che, non essendo dotato di un piano comunale e di un regolamento per la localizzazione degli impianti di telefonia mobile, non era in grado di valutare per l’impianto in discussione la ricaduta dei campi elettromagnetici sui siti sensibili, specie considerando che il progetto prevede l’ubicazione dell’impianto in una zona comunale destinata ad insediamenti commerciali ed in parte a destinazione residenziale, che l’art.8 comma 6 della legge quadro n.36/2001 modificata dalla legge 120/2020, riconosce ai Comuni nell’adozione dei regolamenti la facoltà di accorpare impianti in funzione del loro corretto insediamento urbanistico e nel rispetto della esigenza di minimizzazione delle esposizioni, e che il Comune con delibera C.C. n. 2 del 25.01.2021 ha dato avvio alla procedura per la redazione di un piano e di un regolamento per la localizzazione e l’installazione degli impianti nel territorio comunale, all’esito della quale avrebbe potuto valutare la compatibilità per l’insediamento di nuovi impianti.

La conclusione della Conferenza di Servizi e la conclusione del procedimento autorizzatorio sono prive della necessaria motivazione, dato che l’amministrazione procedente non può decidere appiattendosi sulla esistenza di un parere, anche se proveniente da amministrazioni portatrici di interessi sensibili. Il concetto di posizioni prevalenti non è prettamente numerico, ma consiste in una valutazione elastica sull’importanza e sulle ragioni di ogni parere acquisito, necessaria specie nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi e sia doverosa un’adeguata ponderazione delle esigenze contrapposte. Nel procedimento non è stato comunque considerato che il Comune di Santa Maria Imbaro ha una specifica zona FE Attrezzature Tecnologiche per l’allocazione delle strutture, sicché il provvedimento impugnato è illegittimo poiché affetto da eccesso di potere.

2) Violazione dell’art. 14 ter comma 6 della legge n.241/1990, violazione dell’art.11 della legge regionale Abruzzo n.45/2004, violazione della legge regionale Abruzzo n.64/1998, nullità del procedimento;

Poiché l’art.7 della legge regionale Abruzzo n.64/1998 dispone che l’A.r.t.a. ed i dipartimenti di prevenzione delle A.sl. esercitano in modo coordinato ed integrato le funzioni di controllo ambientale e di prevenzione collettiva sia ambientale che sanitaria, e l’art. 20 della legge n.64/1998 prevede che i Comuni e le A.s.l. per le funzioni di controllo ambientale devono avvalersi dell’A.r.t.a., ne consegue che nella specie l’A.s.l. e l’A.r.t.a. potevano esprimere un unico parere imputabile all’ente con competenza prevalente.

3)Difetto di motivazione e d’istruttoria, illegittimità ed erroneità del parere A.s.l. del 27.01.2021, violazione di legge in relazione all’assenza dell’A.s.l. alla Conferenza di Servizi, Incompetenza assoluta, Nullità del procedimento;

Il parere favorevole del 31.07.2020 espresso dall’A.sl. risulta privo di istruttoria e di motivazione. Inoltre la mancata partecipazione dell’A.sl. alla Conferenza di Servizi le ha impedito di partecipare al confronto tra le parti interessate ed ancor più di esprimere il suo parere alla luce delle argomentazioni di dissenso esposte dal Comune.

Il parere in questione risulta palesemente illegittimo ed affetto da incompetenza assoluta.

4) Vizio del procedimento, eccesso di potere per travisamento di atti e fatti, difetto d’istruttoria e di motivazione;

La legge regionale Abruzzo n.45/2004 attribuisce la competenza esclusiva dell’approvazione del progetto al Comune, per cui al S.u.a.p. compete la mera trasmissione della pratica all’ente locale. Nella specie il S.u.a.p. si è limitato a convocare la Conferenza di Servizi senza informare ai sensi dell’art. 89 comma 3 d.lgs. 259/2003 il Ministero o altro ente delegato per il caso di scavi, né verificare l’inoltro della documentazione di cui all’art. 13 comma 5 della legge regionale Abruzzo n.45/2005 da parte del titolare della rete, né ha verificato i limiti di cui all’art. 4 comma 2 della legge regionale 36/2001, e le conseguenze dell’incompletezza della documentazione ai sensi dell’art. 92 comma 7 del d.lgs. n. 259/2003.

Le argomentazioni poste dal Comune a base del parere contrario non hanno ricevuto alcuna critica né controdeduzione.

5) Violazione dell’art.8 comma 6 della legge n.36/2001 ed art.8 della legge regionale Abruzzo n.45/2004, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione;

L’art.8 comma 6 della legge n.36/2001 e l’art.8 della legge regionale Abruzzo n.45/2004, dispongono che, in attesa dell’adozione del regolamento proprio, il Comune ha diritto di adottare ulteriori misure specifiche e quindi anche la sospensione del procedimento a mente dell’art. 5 comma 1 della stessa legge.

Il Comune, nel dare avvio, con delibera C.C. n.2 del 25.01.2021, alla procedura per la redazione di un regolamento e di un Piano antenne, ha chiesto all’autorità procedente la sospensione del procedimento per 90 giorni, e la richiesta è stata illegittimamente denegata con la nota del 17.02.2021 emessa dall’Associazione tra Enti Locali Patto territoriale Sangro-Aventino ente capofila Comune di Atessa.

6)Violazione dell’art.11 della legge regionale Abruzzo n.45/2004, per mancata presentazione da parte di Wind del Programma annuale delle installazioni fisse da realizzare, eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti legittimanti il rilascio dell’autorizzazione, violazione dell’art.3 della legge n. 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione;

Ai sensi dell’art. 11 della legge regionale 45/2004 il Comune rilascia le autorizzazioni a seguito della presentazione da parte dei gestori di rete per telefonia mobile del Programma annuale delle installazioni fisse da realizzare dandone notizia alla cittadinanza, e, nella specie, la Wind non ha presentato detto programma che costituisce presupposto fondamentale per il rilascio dell’autorizzazione, con la conseguenza che è mancato il procedimento di coinvolgimento dei titolari/portatori di interessi pubblici o privati legittimati alla presentazione di osservazioni all’interno del procedimento di approvazione.

7) Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria sotto altro profilo, violazione dell’art. 3 della legge n.241/1990 ed eccesso di potere per difetto di motivazione;

Non è sufficiente la motivazione del parere sanitario per mero rinvio per relationem al parere A.r.t.a..

Sulla base di tali motivi concludeva per l’accoglimento del ricorso, previa riunione con il giudizio iscritto al n.220/2020 r.g., con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Con memoria del 15.04.2021, si costituiva l’Associazione tra Enti locali- Patto territoriale Sangro Aventino, Ente capofila Comune di Atessa per opporsi al ricorso sostenendo che nella specie trova applicazione l’art. 87 del Codice delle Comunicazioni di cui al d.lgs. 259/2003 a tenore del quale l’approvazione, adottata a maggioranza dei presenti, sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole amministrazioni, e tale disposizione deroga alla disciplina ordinaria della Conferenza di Servizi come delineata dalla legge n.241/1990, per cui correttamente la decisione era stata adottata con la maggioranza delle posizioni favorevoli. Aggiungeva che comunque il parere del Comune era privo di fondamento poiché: la zona FE ai sensi dell’art. 33 n.t.a. non contempla impianti di telefonia mobile, la destinazione D2a non è ostativa all’installazione dell’impianto quale opera di urbanizzazione primaria, la disciplina regionale impone l’assunzione di un duplice parere A.sl. e A.r.t.a., non emerge da alcuna norma la necessità dell’apporto alla Conferenza del Comitato locale per la salute e l’ambiente che non è intervenuto nel procedimento, il Comune non ha il potere di sospendere la realizzazione degli impianti in attesa della adozione del regolamento, e l’onere di presentazione del programma annuale da parte dell’operatore sorge solo a seguito della adozione del regolamento comunale. Concludeva quindi per il rigetto del ricorso con vittoria di spese e competenze di lite da attribuirsi al procuratore.

In data 19.04.2021 si costituiva l’A.r.t.a. Abruzzo ed eccepiva la genericità del ricorso rispetto al parere favorevole del 16.06.2020 reso ante operam, salvi i controlli successivi, da cui emergeva il rispetto del limite di esposizione di cui all’art. 3 comma 1 del d.p.c.m. 8.07.2003, dei valori di attenzione e obiettivi di qualità di cui all’art. 3 comma 2 e 4 d.p.cm. 8.07.2003, con la precisazione che è di esclusiva pertinenza dell’A.r.t.a la valutazione dei rischi connessi all’esposizione ai campi elettromagnetici, la quale è tenuta a rilasciare il parere per l’attivazione della struttura ed al monitoraggio del rispetto dei limiti stabiliti con legge dello Stato. Opponeva inoltre che, ai sensi dell’art. 7 della legge regionale n.64/1998 istitutiva dell’A.r.t.a. e della tabella allegata, nei casi di esercizio coordinato con l’A.sl. delle funzioni di prevenzione e controllo ambientale, la responsabilità del procedimento compete al soggetto che ha la competenza prevalente e l’altro vi concorre per gli aspetti di sua competenza, e che la partecipazione alla Conferenza di Servizi non deve essere necessariamente fisica ma può avvenire anche con note scritte. Deduceva inoltre la completezza dell’istruttoria, poiché si era accertato che nel raggio di almeno 200 metri dal sito di insediamento non sono presenti impianti di altri gestori, e che il contesto insediativo è di tipo suburbano con scarsità di insediamenti produttivi e residenziali. Concludeva quindi per la declaratoria di reiezione del ricorso con ogni conseguenziale pronuncia anche in ordine alle spese di giudizio.

La società Wind Tre s.p.a. costituitasi con memoria del 19.04.2021 deduceva l’infondatezza del ricorso sui seguenti rilievi:

-la competenza al rilascio dei provvedimenti autorizzativi di impianti di telefonia mobile nella specie è stata attribuita dal Comune all’Associazione tra Enti locali che, tramite il S.u.a.p., acquisisce i pareri delle amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti nel procedimento;

- come riconosciuto nella nota prot. 3869 del 26.04.2020 del responsabile dell’ufficio tecnico comunale il parere comunale riguarda solo la compatibilità urbanistica mentre il rilascio dell’autorizzazione è demandato al S.u.a.p.;

-la motivazione del parere contrario del Comune è illegittima poiché l’art. 33 n.t.a. per le zone FE non contempla tra gli interventi realizzabili gli impianti di telefonia mobile che comunque sono compatibili con qualunque destinazione, e poiché non è consentito sospendere l’esame delle istanze di autorizzazione in attesa della adozione di atti di normazione secondaria;

- l’A.r.t.a., per la partecipazione ai lavori della Conferenza, come da relativo verbale del 28.01.2021, ha riesaminato la documentazione con simulazioni di controllo, ed ha ricostruito i campi elettromagnetici confermando il parere già rilasciato ed escludendo rischi di cumulabilità stante la distanza di 3km dall’impianto più vicino;

-il provvedimento finale è espressione del giusto bilanciamento delle ragioni manifestate nel corso della Conferenza, in conformità alle Linee Guida operative della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

-non sono attinenti all’impianto progettato le disposizioni di cui all’art. 89 comma 3 del d.lgs. n. 259/2003 che riguarda gli scavi all’interno dei centri abitati e dell’art.13 comma 5 della legge regionale n.45/2004 quale disposizione afferente la mappa degli impianti già installati al momento della entrata in vigore della normativa e nei successivi 180 giorni;

-l’art. 11 della legge regionale n.45 cit. è inapplicabile in assenza di preventiva programmazione da parte del Comune;

- il Comune non dimostra che l’intervento progettato possa dare nocumento alla salute, il che resta comunque escluso dalle misurazioni di campo effettuate;

Sulla base di tali motivi instava per il rigetto del ricorso principale con vittoria di spese, diritti ed onorari di liti da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

Alla pubblica udienza di discussione del 29.10.2021 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Nel giudizio si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento del 26 febbraio 2021 con cui l’Associazione tra Enti locali del Patto Territoriale Sangro-Aventino, nel recepire l’esito del verbale del 28.01.2021 della Conferenza di Servizi decisoria ex art. 14 della legge n. 241/1990 e 87 del d.lgs. n., 259/2003, convocata in ottemperanza all’ordinanza cautelare di questo T.a.r. n.340/2020, dava atto dell’esito favorevole all’installazione dell’impianto di telefonia mobile denominato CH132 Mozzagrogna di cui all’istanza presentata in data 18.11.2019 dalla controinteressata Wind Tre s.p.a..

La convocazione della Conferenza di Servizi in esame è conseguita all’accoglimento da parte di questo T.a.r. dell’istanza di sospensione cautelare avanzata dalla società controinteressata nel connesso giudizio iscritto al n. 220/2020, portato in decisione alla odierna udienza pubblica e deciso separatamente, che è stato instaurato avverso la nota prot. 3976 del 24.06.2020 con cui il Comune di Santa Maria Imbaro aveva espresso parere negativo sull’istanza in argomento. Con l’ordinanza cautelare n.340 cit. questo T.a.r., sul rilievo che il parere negativo impugnato sembra aver comportato un arresto procedimentale rispetto al disposto di cui all’art. 87 comma 6 del d.lgs. 259/2003 - a tenore del quale nel caso in cui un’amministrazione interessata abbia espresso motivato dissenso il responsabile del procedimento convoca una conferenza di servizi - ordinava alla competente amministrazione di concludere il procedimento garantendo altresì l’apporto procedimentale della società istante sui rilievi ostativi emersi.

In ottemperanza alla predetta pronuncia cautelare, come evincesi dagli atti di causa, con nota prot. n. 11240 del 4.12.2020 è stata convocata la Conferenza di Servizi decisoria in modalità simultanea, sincrona e telematica ex art. 14 ter della legge n.241/1990, e, alla riunione del 28.01.2021, alla presenza tra gli altri del Sindaco, del responsabile del Servizio tecnico comunale del Comune di Santa Maria Imbaro e del responsabile dell’A.r.t.a Abruzzo, si dava atto della conclusione dei lavori “con gli esiti della maggioranza dei voti favorevoli” derivanti dal parere positivo dell’A.s.l.02 Lanciano Vasto Chieti pervenuto con atto prot. 0007761U21-CH del 27.01.2021, del parere favorevole dell’A.r.t.a. a fronte del parere negativo del Comune di Santa Maria Imbaro.

2.1 Ciò premesso in fatto, il ricorso è fondato e merita accoglimento con riguardo al motivo con cui il Comune lamenta che la determinazione adottata in sede di Conferenza di Servizi sia intervenuta sul riscontro della “maggioranza” delle posizioni espresse ed in assenza di motivazione e bilanciamento dell’opposto interesse fatto valere dal Comune istante che aveva reso parere contrario.

2.2 Sul punto con riferimento al computo della maggioranza va innanzitutto esclusa la condivisibilità dell’assunto di parte ricorrente secondo cui non sarebbe stata riscontrabile una maggioranza per la mancata partecipazione del soggetto responsabile dell’A.sl. convocata. Va al riguardo evidenziato che nel verbale del 28.01.2021 l’amministrazione procedente ha dato atto dell’acquisizione del parere dell’A.sl. convocata, di cui si è tenuto conto nella decisione finale e che la mancata partecipazione fisica alla riunione non inficia il computo della maggioranza delle “presenze” dal momento che il rappresentante dell'amministrazione può anche non essere fisicamente presente nella conferenza purché il parere sia riversato nella stessa. Del resto tale conclusione è coerente con la disciplina dell’istituto che intende per acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano presenziato o che partecipando non abbiano espresso le proprie posizioni, sicchè a fortiori, sarebbe incongruente non tener conto di posizioni legittimamente espresse tramite atti formali tempestivamente pervenuti anche se non espressi tramite partecipazione diretta in sede del responsabile unico designato.

2.3 Nella specie l’amministrazione procedente, nell’adottare la determinazione impugnata, ha fatto applicazione dell’art. 87 comma 7 del d.lgs. 259/2003 recante Codice delle Comunicazioni, che, nella versione vigente ratione temporis prima delle modifiche apportate dal d.l. n.77 del 31 maggio 2021, e nella sua formulazione letterale, in relazione all’esito della Conferenza di Servizi, stabiliva che l’approvazione “adottata a maggioranza dei presenti” sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole amministrazioni.

La norma sul punto, con cui si prevedeva l’approvazione del progetto “con la maggioranza dei presenti”, ed attualmente espunta dal d.l. n.77/2021 cit., contrasta all’evidenza con lo schema procedimentale fatto proprio dalla legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo che all’art. 14 quater, nella versione vigente e modificata a partire dalla riforma di cui al d.lgs. 127/2016, prevede l’approvazione sulla base della decisione sulla base delle “posizioni prevalenti”.

Come noto, la Conferenza di Servizi, nata come istituto facoltativo nella legge 241/1990, a partire dalla legge n. 340/1990 ha assunto connotazione obbligatoria, nel senso che essa è sempre indetta tutte le volte che l’amministrazione debba acquisire intese, pareri o nulla osta;
inoltre, a partire dalla legge 15/2005, è stata introdotta la possibilità di indirla anche quando intervenga il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

Rispetto alle modalità di assunzione delle decisioni in Conferenza di Servizi l’originario “principio dell’unanimità” delle posizioni, è stato progressivamente ridimensionato in un primo momento a partire dalla legge n.127/1997 con cui sono stati introdotti meccanismi correttivi del dissenso, poi con la legge n. 340/2000 che in caso di dissenso consentiva all’amministrazione procedente di concludere il procedimento sulla base della “maggioranza delle posizioni espresse”, e, da ultimo, con la legge 15/2005 il criterio quantitativo è stato superato stabilendosi che l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento “valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenuto conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede” con la previsione di meccanismi sostitutivi per l’ipotesi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili.

2.4 Ciò posto, ad avviso del Collegio, la previsione “maggioritaria” di cui all’art.87 comma 7 risale all’originaria formulazione del d.lgs. 259 dell’1.08.2003, coeva a quella della legge n. 214 cit., e, contrariamente a quanto sostenuto dalla società controinteressata, non è frutto di una precisa scelta legislativa volta a derogare la disciplina generale sul procedimento amministrativo, ma piuttosto di un deficit di coordinamento da parte del legislatore. Le modalità di adozione della determinazione finale in sede di conferenza di servizi costituiscono espressione di un principio di ordine generale che in quanto sopravvenuto alla originaria previsione normativa è destinato a prevalere in virtù del principio secondo cui lex posterior derogat priori.

La modifica normativa di cui al d.lgs. n.127/2016 delle modalità di conclusione della conferenza di servizi risulta in linea con la configurazione dell’istituto quale modulo procedimentale di raccordo e di semplificazione tra amministrazioni, nel cui ambito, deve restare assicurato il rispetto delle prerogative e competenze di ciascun ente deputato ad esprimere le proprie determinazioni, e fermo restando l’effetto non paralizzante sulla decisione finale dell’eventuale avviso contrario espresso da un’amministrazione partecipante.

A tale risultato non può pervenirsi attraverso il mero conteggio numerico del numero di presenze e del numero di pareri espressi in senso favorevole all’approvazione del progetto.

Ciò in quanto la vincolatività anche nei confronti dei componenti dissenzienti degli effetti giuridici di una decisione presa a maggioranza assimila l’istituto più ad un organo collegiale che ad un modulo procedimentale.

La natura di organo collegiale della conferenza traeva spunto dalla considerazione della possibile applicazione delle regole di funzionamento del collegio e, specificamente, del principio maggioritario tipico di questo, questo nell’ottica dell’assimilazione della conferenza ad un Collegio istituzionale, anomalo e straordinario, da cui poteva discendere come possibile la compatibilità tra principio maggioritario del collegio e produzione di provvedimenti unitari, “risultanti dalla fusione delle valutazioni delle diverse amministrazioni”.

Una siffatta assimilazione è stata tuttavia esclusa dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 62/1993, ha affermato che la Conferenza di Servizi non può essere assimilata ad un organo collegiale pena la violazione del principio di predeterminazione delle competenze in base alla legge posto a salvaguardia delle prerogative degli organi partecipanti. La Conferenza di Servizi riveste difatti pacificamente un ruolo di coordinamento tra enti ed uffici per la migliore valutazione contestuale e comparativa di tutti gli interessi pubblici, e nella riforma del 2016, è stato esaltato il livello di semplificazione con la degradazione degli apporti decisionali in pareri e la concentrazione del potere decisionale nelle mani dell’amministrazione procedente.

La Conferenza, quindi, non si identifica dunque con un nuovo organo separato dai singoli partecipanti, non trattandosi di organo collegiale oppure di un ufficio speciale della pubblica amministrazione. Infatti, il collegio può avere una presenza necessaria ed una presenza eventuale, ma mai una presenza non definita (come la conferenza di servizi);
mancano poi nella conferenza di servizi regole rigide di funzionamento tipiche del collegio come il quorum strutturale, dove può essere sempre richiesta la verifica ai fini dell’adunanza, e l’esistenza di uno statuto o di una serie di norme che andassero a disciplinare stabilmente l’andamento e la funzionalità dell’istituto conferenziale.

L’esito della Conferenza di Servizi rappresenta una decisione pluristrutturata idonea a sostituire nell’ottica di semplificazione tutti i procedimenti contemplati dall’iter ordinario di approvazione.

In definitiva, la conferenza di servizi consiste soltanto in un modulo procedimentale e organizzatorio, ossia in un metodo di azione amministrativa per la gestione di procedure complesse. Pertanto, la stessa non altera le regole che presiedono alla competenza amministrativa e, quindi, l'avviso espresso in tale sede dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti è dunque pur sempre imputabile a ciascuna di esse.

Sul giudizio di prevalenza il Consiglio di Stato, con la sentenza 4374/2014, ha escluso che esso possa basarsi sul numero degli assensi ed ha affermato che la prevalenza deve appurarsi in ragione della rilevanza degli interessi alla cui tutela sono preordinate le amministrazioni dissenzienti. Ciò in quanto la Conferenza di Servizi è un procedimento di coordinamento tra pubbliche amministrazioni gerarchicamente ordinate ed all’amministrazione procedente compete accertare quali e quanti degli interessi pubblici rappresentati in Conferenza possano incidere sulla determinazione finale.

3. Ciò premesso, nella specie, l’applicazione del criterio maggioritario secco basato sulla maggioranza delle posizioni espresse in seno alla Conferenza di Servizi, oltre a violare il criterio della prevalenza delle posizioni, inteso quale norma di principio, si è tradotta altresì in un deficit di motivazione, dal momento che manca nel provvedimento impugnato alcuna esplicitazione delle ragioni per cui siano state privilegiate le posizioni espresse dall’A.r.t.a. e dall’A.sl. rispetto a quella contraria opposta dal Comune ricorrente.

In presenza di un vizio di natura non formale quale il deficit di motivazione, nonché di un provvedimento di natura discrezionale, la riscontrata illegittimità dei provvedimenti impugnati, contrariamente a quanto eccepito dalla società controinteressata non è sanabile ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990.

L’obbligo di motivazione assume difatti rilievo sostanziale quale attuazione del principio di trasparenza, buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, e la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 non può essere degradata a mero vizio di natura formale, specie con riferimento agli atti che costituiscono esercizio di potere discrezionale ove l’amministrazione è tenuta ad esplicitare l’iter logico giuridico posto a base della decisione attraverso la espressione delle modalità di valutazione comparativa degli interessi in gioco onde supportare la ragionevolezza logicità e coerenza della scelta compiuta.

4. Del pari fondato si appalesa il ricorso laddove contesta il deficit di istruttoria e di motivazione del parere reso dall’A.s.l..

4.1 Circa le modalità di espressione del predetto parere non può tuttavia sostenersi che l’esercizio coordinato tra A.s.l. ed A.r.t.a. delle funzioni di controllo ambientale e prevenzione avrebbe richiesto la espressione di un parere unico imputabile all’ente con competenza prevalente dal momento che l’assunto contrasta con l’impianto normativo vigente nella specifica materia.

Ed infatti, rispetto agli impianti di trasmissione dei segnali per le telecomunicazioni, la tutela della salute pubblica contro l’inquinamento elettromagnetico è rimessa alla competenza ed alle verifiche dell’A.r.t.a. per quanto concerne il rispetto delle soglie indicate nei decreti attuativi della L. 36/2001, e la compatibilità elettromagnetica degli impianti, ed all’A.s.l. per quanto concerne l’impatto sanitario sulla salute pubblica delle emissioni e la valutazione del suo potenziale rischio in relazione anche all’igiene edilizia del territorio. E comunque la circostanza che l’art. 11 comma 3 della legge regionale 7 comma 1 della legge regionale n.64/1998 istitutiva dell’A.r.t.a. rimetta alla medesima ed ai Dipartimenti di prevenzione delle A.s.l. l’esercizio in modo “coordinato ed integrato” delle rispettive funzioni di controllo ambientale e di prevenzione collettiva che rivestano valenza sia ambientale (di pertinenza dell’A.r.t.a), sia sanitaria (di pertinenza dell’A.s.l.), non equivale a sostenere che le rispettive determinazioni debbano confluire in un provvedimento unico, trattandosi di verifiche e valutazioni orientate da finalità diverse, e quindi ad esiti potenzialmente indipendenti.

Di qui l’illegittimità dei pareri dell’A.s.l. quello del 31 luglio 2020 e il parere confermativo del 27.01.2021 impugnati che risultano motivati tramite mero rinvio per relationem al parere dell’A.r.t.a. in assenza di alcuna autonoma valutazione dell’impatto della stazione radio base sulla salute pubblica nell’area di interesse.

5. Destituiti di fondamento si appalesano gli ulteriori profili di illegittimità del procedimento.

5.1 La configurazione della Conferenza di Servizi quale modulo di raccordo procedimentale utile a far confluire in un unico procedimento l’apporto delle più amministrazioni coinvolte nel rilascio di un atto ampliativo, esclude che l’eventuale partecipazione di soggetti privati, portati di interessi collettivi o diffusi, debba comportare l’onere per l’amministrazione procedente di dover riscontrare motivatamente le ragioni per cui intenda discostarsi da eventuali osservazioni, al pari di quanto richiesto per le determinazioni adottate dalle pubbliche amministrazioni competenti. Nel giudizio di bilanciamento teso a far emergere le posizioni c.d. prevalenti non è contemplato l’obbligo di riscontrare altresì le posizioni di soggetti privati intervenuti a vario titolo nel procedimento, dal momento che la valutazione comparativa richiesta dalla norma è solo quella che intercorre tra gli interessi non sempre convergenti delle varie amministrazioni convocate e competenti ad esprimere le proprie rispettive determinazioni.

5.2 Del tutto inconferente risulta il rilievo teso a sostenere l’incompetenza del S.u.a.p. nell’adozione della determinazione conclusiva sul presupposto che la legge regionale Abruzzo n.45/2004 attribuisce la competenza esclusiva all’approvazione del progetto al Comune. Il motivo trascura di considerare che la normativa di cui al d.p.r. n. 160 del 2010 nel concentrare in capo al S.u.a.p. la gestione del procedimento unico per il rilascio di atti autorizzatori relativi allo svolgimento di attività produttive, non esautora le competenze e le funzioni demandate per legge agli altri enti od organi deputati o preposti all’adozione di atti inerenti interessi pubblici a vario titolo coinvolti nel procedimento. Come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale (cfr. da ultimo, Corte Cost. 21.01.2010 n. 15), lo Sportello Unico costituisce una sorta di “procedimento dei procedimenti”, ovvero un iter procedimentale unico in cui confluiscono e si coordinano atti ed adempimenti, rientranti nella competenza di Amministrazioni diverse, ma tutti richiesti dalla normativa vigente affinché l’esercizio dell’attività ovvero l’impianto produttivo possano essere legittimamente realizzati. In questa prospettiva, quelli che in precedenza erano provvedimenti autonomi, ciascuno dei quali adottato con un procedimento a sé stante, diventano “atti istruttori” finalizzati all’adozione dell’unico provvedimento conclusivo, costituente titolo per la realizzazione dell’intervento richiesto. Dal punto di vista procedurale, quindi, la responsabilità dell’intero procedimento è trasferita allo Sportello Unico che trasforma, in forza di un collegamento funzionale, i singoli procedimenti gestiti da Amministrazioni diverse in fase endoprocedimentali di un procedimento unitario. Esso costituisce pertanto l’unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva e fornisce, altresì, una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento. In sostanza la normativa dello Sportello Unico si è limitata ad introdurre esclusivamente un modello procedimentale, ossia uno strumento di raccordo tra le Amministrazioni competenti a determinare la decisione finale e a consentire di concentrare in una sola struttura la responsabilità dell’unico procedimento. L’art. 4 comma 2 del d.p.r. n. 160/2010, in tema di funzioni ed organizzazione del S.u.a.p., costituisce una norma di raccordo tra le funzioni del Suap e quelle degli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal Comune interessato deputate al rilascio di atti autorizzatori, nulla osta e pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, ma non stravolge la distribuzione delle competenze fra i vari organi. L’adesione del Comune all’Associazione intimata peraltro esclude che il S.u.a.p. al termine dei lavori della Conferenza dovesse rimettere la pratica all’amministrazione comunale dal momento che nel sistema della Conferenza di Servizi la determinazione conclusiva viene adottata dall’autorità procedente che nella specie coincide con il S.u.a.p..

La censura va pertanto disattesa.

5.3 Non si comprende quali riflessi inficianti sulla legittimità dei provvedimenti impugnati avrebbe l’inottemperanza all’onere del gestore di informare il Ministero o altro ente delegato della “effettuazione di scavi all’interno del centro abitato” trattandosi all’evidenza di un adempimento che non esplica effetti diretti sulla legittimità del procedimento ma che si appalesa funzionale all’inserimento dell’intervento in un archivio telematico allo scopo di agevolare la condivisione dello scavo e la coubicazione dei cavi tra più operatori.

5.4 Non merita condivisione il motivo sub 5) secondo cui al Comune dovrebbe essere riconosciuta la prerogativa di ottenere la sospensione dei procedimenti autorizzatori in attesa dell’adozione di un regolamento e della approvazione di un piano antenne.

Nella specie, la sospensione di tradurrebbe nell’adozione di una misura di salvaguardia atipica il cui meccanismo è incompatibile con i procedimenti di autorizzazione per l’installazione di nuovi impianti di telecomunicazione elettronica previsti e disciplinati dal d.lgs. n. 259/2003.

Ed infatti, l’art. 12 comma 3 del d.p.r. n. 380/2000, che prevede espressamente la possibilità di sospendere il procedimento “in caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati”, è una previsione che, come si è innanzi chiarito, è destinata ad operare rispetto agli interventi edilizi che determinino una trasformazione del territorio suscettibile di rendere irrealizzabili le previsioni del piano in corso di adozione. Una siffatta finalità non è ravvisabile rispetto agli impianti di installazione delle stazioni radio base che in nessun caso possono assimilarsi a costruzioni edilizie e rispetto alle quali non si pone un profilo di compatibilità con la destinazione di zona poiché astrattamente compatibili, quali infrastrutture di pubblica utilità, con qualsiasi destinazione di zona. Le stazioni radio base sono all’evidenza strutture in nulla assimilabili alle costruzioni edilizie dal momento che sono realizzate tramite impianti che, per esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza, tramite strutture metalliche, pali o tralicci, talora collocate su strutture preesistenti, su lastrici solari, su tetti, a ridosso di pali o di preesistenti costruzioni o manufatti. In sostanza gli impianti di telefonia mobile non possono essere assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura.

La scelta del legislatore di inserire le infrastrutture di reti di telecomunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica.

Di conseguenza, il Piano di Antenne alla cui adozione sarebbe strumentale la misura impugnata differisce sostanzialmente dal potere di pianificazione urbanistica, in quanto, l’art. 8 ultimo comma, della legge n. 36/2001 rimette ai Comuni esclusivamente la determinazione di criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. E tale prerogativa non può certo tradursi nel potere di sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche.

La sospensione consisterebbe in una “misura di salvaguardia atipica” e pertanto inammissibile, innanzitutto poiché applicata al di fuori dei casi tipici previsti dalla legge, ed inoltre in quanto volta ad introdurre un arresto procedimentale nella definizione del procedimento autorizzatorio attivato dalla società ricorrente inibendone sine die la conclusione. Nella normativa di settore il potere sospensivo del procedimento è previsto nell’unico caso di cui art.87, comma 5, d.lgs. cit - estensibile anche al procedimento semplificato di cui all’art.87 bis - che assegna all’Ente locale la sola possibilità, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell'istanza, di richiedere il rilascio di dichiarazioni e l'integrazione della documentazione prodotta, implicitamente escludendo ulteriori ipotesi di sospensione (per giunta sine die).

Allo stesso modo la legge sul procedimento amministrativo n.241/1990 all’art. 2 comma 7 consente la sospensione dei termini del procedimento amministrativo per esigenze istruttorie per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, mentre l’art. 21 quater consente la sospensione della esecutività di un provvedimento già emanato solo per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario.

5.5 Nemmeno coglie nel segno la sostenuta violazione dell’art. 11 L.r. n. 45/2004 secondo cui: “al fine di coordinare ed autorizzare le installazioni di impianti per la telefonia mobile, i gestori dovranno presentare, entro il 31 ottobre di ogni anno, il programma di installazione”. A ben vedere un siffatto onere può ritenersi esigibile dai gestori solo se ed in quanto il Comune abbia posto in essere tutti gli atti propedeutici, ossia gli atti funzionali alla localizzazione degli impianti, il che nella specie non è avvenuto, con la conseguenza che non possono farsi ricadere sul privato le conseguenze di un ritardo e inadempienza addebitabile all’amministrazione.

In definitiva, da quanto sopra esposto consegue l’accoglimento del ricorso nei limiti sopra specificati e, in esecuzione della presente decisione, l’amministrazione procedente sarà tenuta a riattivare il procedimento al fine di pervenire ad una determinazione conclusiva in aderenza ai termini di cui alla presente decisione.

In relazione alla peculiarità delle questioni trattate ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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