TAR Salerno, sez. I, sentenza 2017-07-31, n. 201701264
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 31/07/2017
N. 01264/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01037/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1037 del 2016, proposto da:
F M, in qualità di Amministratore Unico della Società Aemme S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati U C e F M, con domicilio eletto presso il loro studio in Salerno, via G. Lanzalone, n. 3;
contro
Comune di Sapri, in persona del Sindaco
pro tempore
, non costituito in giudizio;
Soprintendenza B.A.P. di Salerno ed Avellino, in persona del Soprintendente
pro tempore
, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, pure per legge domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n.58, presso la sua sede;
per l'annullamento
a) della nota prot. n. 10913 del 10 maggio 2016, successivamente notificata, in forza della quale la Soprintendenza B.A.P. di Salerno ed Avellino ha espresso parere contrario all'accertamento di compatibilità paesaggistica relativo ad opere di lieve entità, già autorizzate dal Comune di Sapri, realizzate a servizio del ristorante "Locanda Marinara da Attilio" sito in Sapri (SA) alla Via San Giorgio n. 6 contrada Pali;
b) della nota prot. n. 7119 del 25 maggio 2016, notificata in data 26 maggio 2016, in forza della quale il Comune di Sapri (SA), recependo il menzionato diniego della Soprintendenza, ha
negato alla ricorrente il rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica ordinando, contestualmente, la rimozione delle opere ed avvertendo che, in mancanza, l'Ente procederà all'acquisizione gratuita dell'area;
c) della circolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali n. 33 del 26.06.2009, con la quale sono state ammesse all'accertamento di compatibilità paesaggistica solo le tettoie ed altri interventi contenuti nel 25% dell'area di sedime del fabbricato;
d) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale, ivi inclusa la comunicazione di preavviso di rigetto
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2017 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 3 giugno 2016 e ritualmente depositato il 7 giugno successivo, la Sig.ra F M, in qualità di legale rappresentante della Società Aemme S.r.l., impugna la nota, meglio distinta in epigrafe, con la quale la locale Soprintendenza ha espresso parere contrario all'accertamento di compatibilità paesaggistica relativo ad opere varie, realizzate a servizio del ristorante "Locanda Marinara da Attilio".
La ricorrente premette che:
- il fabbricato, cui inerisce la predetta istanza, risalente al 1965, è posto in prossimità della spiaggia della baia di Sapri e si articola in due piani adibiti ad albergo, mentre al piano terra si trovano i locali riservati alla ristorazione;
- presentava, in data 26 giugno 2014, un'istanza tesa all'accertamento della compatibilità paesaggistica delle seguenti opere:
1. tettoia in legno antistante il ristorante che, come detto, era stata già assentita dal Comune;
2. serbatoi interrati collegati alle colonnine per l'erogazione carburanti (già assentite dal Comune ed anche dalla Soprintendenza nel 1972);
3. pergolato, costituito da una struttura in ferro di m. 7,17 X 4,20 ed altezza di m. 2,15;
- interveniva però il provvedimento di diniego del parere paesaggistico, odiernamente impugnato, al quale ha fatto seguito il diniego comunale e contestuale ordinanza demolitoria.
A sostegno del gravame, la ricorrente deduce, sotto distinti e concorrenti profili, i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere, lamentando quanto segue.
SUL PARERE NEGATIVO ALL'ACCERTAMENTO DI COMPATIBILITÀ PAESAGGISTICA:
1) nessuno dei motivi addotti dalla Soprintendenza sarebbe in grado di suffragare tale provvedimento, atteso che sarebbe stata omessa qualunque valutazione circa la compatibilità paesaggistica della tettoia senza che il giudizio possa essere parametrato su una circolare ministeriale priva di carattere normativo;infondate, oltre che inconferenti, sarebbero le perplessità espresse sulla liceità del fabbricato principale; i due piccoli manufatti che ospitano i sistemi tecnologici dell'impianto di erogazione del carburante sarebbero stati autorizzati a suo tempo dalla Capitaneria di Porto e, siccome qualificabili come volumi tecnici, non sarebbero ricompresi nel computo volumetrico;
SUL DINIEGO ESPRESSO DAL COMUNE E SULL'ORDINANZA DI DEMOLIZIONE:
2) il Comune avrebbe omesso di considerare che le opere sono state già autorizzate dallo stesso Ente, sulla base di atti mai annullati e pertanto tuttora validi ed efficaci;
Sul diniego all'accertamento paesaggistico postumo:
3) il Comune non avrebbe considerato che il parere della Soprintendenza, siccome espresso tardivamente, non ha portata vincolante.
Si costituisce la difesa erariale, al fine di resistere.
Non si costituisce, invece, ancorché ritualmente intimato, il Comune di Sapri.
Alla pubblica udienza del 20 giugno 2017, il ricorso, sulle conclusioni delle parti costituite, è trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
Conviene premettere alla disamina delle censure articolate in ricorso il testuale tenore del quadro motivazionale che connota l’impugnato parere dell’organo soprintendentizio, il quale, nell’esprimersi in senso contrario all’accertamento di compatibilità paesaggistica per le opere eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica, osserva quanto segue:
“ pur avendo l'interessata fornito alcune integrazioni e chiarimenti in ordine allo stato dei luoghi esistente, si evidenzia che l’autorizzazione rilasciata dal Responsabile dell’U.T.C. N. 45110 del 25/05/10 relativa alla costruzione della tettoia è evidentemente illegittimo per la mancata acquisizione della prescritta autorizzazione paesaggistica per cui tale struttura è del tutto priva di idoneo titolo abitativo ai fini paesistici;
- pur prendendo atto delle rettifiche nella rappresentazione della tettoia, la proposta di ridurre la superficie non può essere accolta" in quanto tale intervento non consentirebbe comunque di rientrare nei limiti fissati dalla circolare ministeriale n. 33/2009,atteso che nell’area di sedime utilizzato per la verifica del rapporto del 25% è stato incluso un ampio porticato preesistente avente una superficie di oltre 40 mq;inoltre si evidenzia che, nemmeno con le osservazioni pervenute, è stata attestata'/comprovata la liceità del fabbricato principale di cui la tettoia costituisce pertinenza;- per i due casotti impianti si ribadisce che trattasi di strutture che, per quanto di ridotta consistenza planovolumetrica, sono comunque dotate di superficie utile e volume, per cui non possono neanche in astratto essere ammesse all’accertamento di compatibilità paesaggistica;- la prevista rimozione della pedana e del pergolato dalla copertura dello scatolare in c.a. non consente comunque di ritenerlo sanabile, poiché, si ribadisce, trattasi di una struttura autonoma e parzialmente interrata, con un volume ed una superficie chiaramente percepibili;la documentazione integrativa non ha chiarito la liceità paesistica della parte terminale del pontile assentita con C.E. N. 147103 del 0g/06/03, ne è stata prodotta la principale documentazione tecnico amministrativa allegata a tale titolo abilitativo ”.
Trascorrendo al merito delle articolate censure se ne deve ravvisare, come anticipato, l’infondatezza.
Parte ricorrente, nell’avversare l’interposto diniego, lamenta, in primo luogo, che la tettoia, già autorizzata dall’Amministrazione comunale, non sarebbe stata oggetto di alcuna valutazione sul piano del suo effettivo impatto paesaggistico, vieppiù necessaria per la sua modesta consistenza. Il rilievo, col quale si contesta l’adeguatezza motivazionale dell’atto, non coglie nel segno, dovendosi in primo luogo rilevare che l’opera edilizia qualificabile in termini di tettoia (così è menzionata nella stessa istanza) assume autonoma rilevanza edilizia, tanto da essere attratta, come questa Sezione (sentenza, 09 agosto 2016 n. 181) ha già avuto di affermare, nell’alveo applicativo del regime del permesso di costruire.
Non si configura il lamentato difetto motivazionale alla luce dello stesso tratto testuale dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, si sensi del quale l’istanza di autorizzazione paesaggistica è stata presentata, che cosi statuisce: “ L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati… ”. Ne consegue che i criteri di riferimento che presiedono alla disamina delle domande di autorizzazione postuma investono la rilevanza plano-volumetrica delle opere, a prescindere da ogni apprezzamento delle stesse sul piano della fruibilità estetica. Sulla portata della norma de qua nell’assetto ordinamentale, si osserva in giurisprudenza (T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 27 marzo 2017, n. 1645) che “ La previsione di cui all'art. 167, comma 4, d.lg. n. 42 del 2004 assume un indubbio carattere restrittivo e di rigore sanzionatorio. Tale carattere, ancorchè vada a scapito della facoltà edificatoria connessa al diritto di proprietà, viene decisamente in ossequio all'esigenza di elevare e potenziare il livello effettivo di salvaguardia del bene paesaggio, assistito da protezione di rango costituzionale. In altri termini, il legislatore italiano ha intenzionalmente differenziato la disciplina in materia di accertamento postumo di conformità degli interventi effettuati in assenza o in difformità dal titolo, a seconda che il bene da tutelare sia l'ordinato assetto del territorio per i profili urbanistici ed edilizi ovvero per i profili attinenti la tutela del paesaggio. Invero, la conformità postuma è sempre possibile nel primo caso, anche qualora sia presente un incremento di volumi o delle superfici (art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001);risulta al contrario inammissibile nel secondo caso, qualora vi sia da presidiare il paesaggio. Questa scelta del legislatore non appare censurabile per contrasto con i principi costituzionali della ragionevolezza e della parità di trattamento nonché per quelli dell'ordinamento comunitario, perché si muove su un piano di coerenza con l'accentuato profilo costituzionale dell'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio. La necessità di difendere al massimo livello il paesaggio impone una soluzione legislativa che, nei confronti degli interventi edilizi sine titulo, abbia carattere fortemente dissuasivo se non punitivo – sanzionatorio ”. Da tutto ciò consegue che l’onere motivazionale ben può dirsi soddisfatto attraverso il mero riferimento all’incidenza plano-volumetrica delle opere sanande, stante il suo carattere ineluttabilmente ostativo ai fini del rilascio del titolo sospirato, senza che sia necessaria l'effettuazione di apprezzamenti discrezionali di sorta circa la compatibilità paesaggistica dell’intervento sul piano estetico – naturalistico. Parte ricorrente critica anche il diaframma motivazionale che richiama la circolare n. 33 prot.n. 6074 del 26/06/09, lamentandone il difetto di rilevanza normativa e quindi l’estraneità alla griglia dei criteri valutativi. Questa Sezione (09/06/2015, n. 1359) ha per vero avuto modo di rilevare che tale circolare costituisce “ espressione di un potere ministeriale di mero indirizzo interno, privo di efficacia precettiva autonoma e non vincolante per i giudici ”, ma, osserva il Collegio, trattasi di un atto che, a fronte della formula di legge sì fortemente restrittiva, ha una ricaduta applicativa in senso favorevole, in quanto tollera una sia pur limitata incidenza volumetrica invece esclusa dalla norma. La censura risulta quindi nemmeno suffragata dal necessario profilo d’interesse, operando la circolare, di cui si contesta la cittadinanza giuridica, in bonam partem . Parimenti inammissibile risulta il rilievo, parimenti sollevato nell’ambito del motivo in esame, col quale si avversa il passaggio motivazionale che pone in evidenza il legame motivazionale intercorrente tra la tettoia in questione ed il fabbricato principale, e ciò per la natura plurimotivata dell’atto impugnato. Tale passaggio argomentativo funge, infatti, da mero corollario rispetto al nucleo motivazionale impingente sull’impatto plano-volumetrico delle opere, in grado quindi di sorreggere ex se la determinazione impugnata. Il motivo in esame è, per tali ragioni, da respingere.
Infondata è anche la censura con la quale si lamenta la illegittimità dell’impugnato parere in relazione all’impianto di erogazione carburanti e ai casotti per la loro natura di volumi tecnici. Il Collegio ritiene, infatti, di condividere l’orientamento giurisprudenziale prevalente (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 luglio 2015 n. 3289;T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 28 maggio 2015 n. 1219;T.A.R. Liguria, Sez. I, 26 marzo 2015 n. 345;T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 23 gennaio 2014 n. 218;Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013 n. 4079) ad avviso della quale “ il vigente art. 167, comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (anche interrati): il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno... Del resto, avvalora questa conclusione la stessa lettera della norma in discorso che, nel consentire l'accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai « lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati »: non è quindi consentito all'interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146, per ammettere fattispecie, letteralmente e senza distinzione alcuna, escluse ”. Ne consegue che la mera destinazione dei manufatti in questione ad alloggiamento di impianti tecnologici, sì da assumere la qualificazione di volumi tecnici, non comporta l’esclusione della loro rilevanza volumetrica ai fini dell’applicazione della norma de qua .
Destituite di fondamento sono anche le censure indirizzate avverso il susseguente ordine demolitorio, dovendosi – in primo luogo – rilevare il carattere doveroso della sanzione irrogata ad opera dell’Autorità comunale, conseguendo ineluttabilmente al contestuale diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica dell’intervento. Non assumono, quindi, il rilievo auspicato in ricorso i provvedimenti autorizzativi a suo tempo rilasciati dal Comune, inerendo questi al profilo urbanistico invece che paesaggistico, che autonomamente sottende l’impugnata ordinanza.
Nemmeno fondata è l’ulteriore censura, con la quale si lamenta, richiamando un preciso orientamento giurisprudenziale al riguardo, che l’interposto diniego fa leva sul previo parere soprintenditizio, del quale ne postula indebitamente la vincolatività. Invoca quindi la ricorrente un effetto degradatorio a parere non vincolante in conseguenza della sua tardività (siccome emesso in data 26 maggio 2016) rispetto al termine di 90 giorni previsto dagli artt. 167, comma 5, e 181 comma 1 quater D.Lgs. n. 42/2004, decorrente nel caso di specie dalla presentazione dell’istanza del 26 giugno 2014. Orbene, osserva il Collegio che, in disparte l’effettiva riconducibilità dell’evocato effetto degradatorio al decorso del termine di legge per l’adozione del parere paesaggistico, l’Amministrazione comunale ha mostrato di aderire al pronunciamento soprintendentizio, invece che recepirlo acriticamente, avendo espressamente “ ritenuto (di) condividerlo ” in sede motivazionale dell’impugnato diniego. E’ pertanto da escludere, in radice, la fondatezza del rilievo in esame.
Tanto premesso, il ricorso è del tutto infondato e pertanto va respinto.
Le spese di giudizio, secondo il canone della soccombenza, sono da porre a carico della ricorrente in favore del costituito Ministero. Nessuna determinazione va assunta, invece, nei riguardi del Comune di Sapri, non essendosi costituito in giudizio.