TAR Roma, sez. V, sentenza 2023-01-30, n. 202301557
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Pubblicato il 30/01/2023
N. 01557/2023 REG.PROV.COLL.
N. 13039/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13039 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocato R G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier n.36;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
- del provvedimento della Direzione Generale del Personale e delle Risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, prot. GDAP n. -OMISSIS- ad oggetto “Corso per l’accesso alla qualifica del Ruolo maschile e femminile degli Ispettori del Corpo di polizia penitenziaria che avrà inizio il prossimo 10 settembre 2018” e suoi allegati prospetti, dai quali si evincono i posti/sedi disponibili per il personale vincitore del concorso;
- dell’art. 14, co. 7 del bando di “concorso interno per titoli di servizio ed esame, consistente in una prova scritta ed in un colloquio, a complessivi 643 posti (608 uomini e 35 donne) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria”, indetto con P.D.G. del 03.04.2008 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 11 del 15.06.2008 nella parte in cui riserva la conferma dei vincitori nella sede di appartenenza “compatibilmente alla dotazione organica” così creando disparità di trattamento tra il personale appartenente alla medesima amministrazione;
nonché per il risarcimento dei danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 27 gennaio 2023 il dott. F Efante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti hanno adito l’intestato TAR chiedendo l’annullamento degli atti, di cui in epigrafe allegando, a tal fine, che con P.D.G. del 3 aprile 2008 veniva indetto il concorso interno per titoli di servizio ed esame per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria, pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 11 del 15 giugno 2008, successivamente elevato a 1232 posti (1009 uomini e 223 donne). Essendo in possesso dei requisiti, partecipavano regolarmente alla suddetta procedura concorsuale, che tuttavia si concludeva con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 11 del 6 febbraio 2018 della graduatoria definitiva del concorso, ossia quasi 10 anni dopo la pubblicazione del bando.
Premesso che il grave ed abnorme ritardo era conseguenza esclusiva della totale inerzia dell’Amministrazione penitenziaria, la quale, immotivatamente, aveva ritardato lo svolgimento dell’iter concorsuale, evidenziavano che il citato ritardo non solo gli aveva cagionato un rilevante danno economico, da quantificarsi in relazione al mancato adeguamento del parametro stipendiale alla corrispondente qualifica di ispettore, alla mancata progressione in carriera e possibilità di partecipare a concorsi interni per le superiori qualifiche, ma anche la perdita della possibilità di essere riconfermati nella sede di provenienza, come previsto dal bando.
In ragione di quanto sinteticamente esposto deducevano i seguenti i motivi di gravame:
1) “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 della carta dei diritti fondamentali. violazione degli artt. 3, 51 e 97 cost. violazione e falsa applicazione di legge (artt. 1 e ss. l. n. 241/1990, ivi compreso l’art. 2 bis;artt. 25 e 28, d. lgs. n. 443/1992;d.m. 20.11.1995, n. 540;art. 11, d.p.r. n. 487/1994, d. lgs. n. 165/2001;d.m. 21.07.1998, n. 297). violazione e falsa applicazione di legge (artt. 25 e 28, d. lgs. n. 443/1992). violazione dei principi del giusto procedimento, economicità e celerità di esperimento delle procedure concorsuali. eccesso di potere per disparità di trattamento. difetto di presupposto. illogicità ed irrazionalità manifesta. Perplessità ” atteso che in conformità alle previsioni del bando di concorso doveva essere garantita a tutti i vincitori del concorso la possibilità di rientro in sede e non già solo ad alcuni. I ricorrenti avevano infatti deciso di aderire a tale procedura tenendo conto delle dotazioni organiche in quel momento vigenti mentre;viceversa, nelle more dello svolgimento della procedura concorsuale, durata più di 10 anni, l’Amministrazione aveva stravolto i presupposti perché attraverso la modifica normativa medio tempore della pianta organica era venuta meno la possibilità per gli stessi di essere confermati nella sede di appartenenza. Se invece la procedura concorsuale fosse terminata nel rispetto del termine di giorni 780 previsto dal D.M. n. 540/1995 tale duplice lesione, economica e di sede, non si sarebbe determinata;
2) “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 della carta dei diritti fondamentali. violazione degli artt. 3, 51 e 97 cost. violazione e falsa applicazione di legge (artt. 1 e ss. l. n. 241/1990, ivi compreso l’art. 2 bis;artt. 25 e 28, d. lgs. n. 443/1992;d.m. 20.11.1995, n. 540;art. 11, d.p.r. n. 487/1994, d. lgs. n. 165/2001;d.m. 21.07.1998, n. 297). eccesso di potere per disparità di trattamento. difetto di presupposto. illogicità ed irrazionalità manifesta. lesione della par condicio. ingiusta riserva di favore per l’amministrazione penitenziaria ” attesa l’illegittimità della clausola del bando di cui all'art. 14, co. 7 nella parte in cui condizionava la sede di assegnazione alla dotazione organica senza tenere conto del citato termine di cui di cui al D.M. 20.11.1995, n. 540;
3) “ in via subordinata: violazione di legge ed eccesso di potere per ingiustizia manifesta e carenza di motivazione – diritto dei ricorrenti all’indennità di trasferimento “ nella parte in cui con il provvedimento impugnato il Direttore generale del Personale e delle Risorse del DA rappresentava ai corsisti che la loro eventuale prima assegnazione ad una sede diversa da quella di provenienza non avrebbe comportato la corresponsione di alcuna indennità. La giurisprudenza amministrativa aveva infatti avuto occasione di precisare che la corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 1 della L. n. 86/2001 andava esclusa solo nelle ipotesi di non riconducibilità dei trasferimenti nell’ambito di quelli d’autorità (TAR LAZIO RM – SEZ. I, 13.11.2008 n. 10109), e che si era in presenza di un trasferimento d’ufficio ogniqualvolta il trasferimento ad una diversa sede di servizio sia teso prioritariamente a soddisfare l’interesse dell’Amministrazione di appartenenza, non assumendo rilievo a tal fine la presenza di dichiarazioni di assenso o di disponibilità al trasferimento di sede o l’indicazione di preferenze di sede da parte del personale interessato (TAR LAZIO RM – SEZ. II ter – 26.X.2009 n. 3267/2010).
Si costituiva in giudizio, mediante deposito di mera memoria di stile, l’amministrazione resistente.
All’udienza straordinaria di smaltimento del 27 gennaio 2023, la causa, come in verbale, veniva chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti di cui oltre.
In primo luogo deve rilevarsi, quanto alla domanda principale di annullamento degli atti impugnati con riferimento al preteso “diritto” dei ricorrenti all’assegnazione delle sedi in organico sussistenti nel rispetto dei limiti temporali normativamente previsti per la conclusione della procedura selettiva in questione ( id est , primo motivo di ricorso), che i posti ai quale fare riferimento in sede di assegnazione nell’ambito del lavoro alle dipendenze con la pubblica amministrazione sono sempre e solo quelli previsti, invero, al momento della assegnazione medesima, non potendo cioè avere la partecipazione ad una procedura alcun effetto c.d. prenotativo: l’organico delle pubbliche amministrazioni, infatti, di per sé un istituto giuridico in divenire quanto al numero e alle sedi di assegnazione.
Ciò anche nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, il mutamento di consistenza dell’organico sia imputabile anche al ritardo colposo dell’amministrazione medesime nella conclusione della procedura selettiva: tale ultimo aspetto, invero, assume rilievo non già sul piano del “rispristino” in forma specifica (ossia nell’assegnazione delle sedi previste in sede di bando o in un momento successivo purché “ragionevole”, cui aspiravano originariamente i ricorrenti al momento della scelta ) ma solo in punto di risarcimento economico del danno provato e subito.
Il ricorso, viceversa, deve essere accolto quanto alla domanda di annullamento oggetto del secondo motivo di gravame - con il quale la nota è impugnata nella parte in cui dispone che all’atto dell’assegnazione non sarà corrisposta l’indennità di trasferimento - considerato che nel caso in disamina si trattava di un concorso interno, per cui non si era in presenza della costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, ovvero di una novazione, ma di una progressione nella carriera, per cui essendo gli eventuali trasferimenti disposti per soddisfare esigenze dell’Amministrazione,
spetta l’indennità di trasferimento ai sensi dell’art. 1 della legge n. 86/2001.
Sul punto vi è infatti giurisprudenza amministrativa per la quale l'indennità di trasferimento deve essere riconosciuta nel caso di passaggio di grado per effetto di concorso riservato al personale militare ovvero di concorso parzialmente riservato a condizione che il vincitore fruisca della riserva, mentre la predetta indennità non deve essere riconosciuta nel caso in cui il passaggio di grado avvenga per concorso pubblico ovvero senza valersi della riserva (Cons. Stato, III, 22.10.2002, n. 2432).
Ne consegue, sul punto, che l’amministrazione resistente deve essere condannata al pagamento dell’indennità di trasferimento, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 86/2001, nei confronti dei ricorrenti effettivamente “trasferiti”.
Alla stessa stregua, il ricorso deve essere accolto quanto alla domanda risarcitoria, nei seguenti limiti.
Quanto alla domanda risarcitoria, infatti, deve condividersi – ai sensi dell’art. 74 c.p.c, secondo cui “ Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme ” – l’orientamento già espresso sulla medesima fattispecie da codesto T.A.R. con la sentenza n.8157/2022.
Correttamente nella detta sentenza l’adito T.A.R. afferma :“ Il comportamento tenuto dall’amministrazione appare invero contrario ai termini di durata delle procedure concorsuali normativamente previsti, evocati da parte attrice, quali innanzi tutto, quello di cui al Decreto Ministeriale 20/11/1995 n. 540 (come modificato dal D.M. 07/11/1997 n. 488) recante il Regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativamente ai procedimenti di competenza degli organi dell'Amministrazione della Giustizia. Nella parte della tabella relativa al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è stabilito il termine di 780 giorni, qualora i candidati siano fino a 50.000, per l'intero procedimento concorsuale (comprendente “predisposizione bando concorso, meccanizzazione dati, esame istanze e preparazione decreti esclusione candidati, nomina Commissione esaminatrice, espletamento procedure concorsuali e graduatoria di merito”).Appare a tal proposito conferente anche il riferimento all’art. 11 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, che al comma 5, prevede che: “Le procedure concorsuali devono concludersi entro sei mesi dalla data di effettuazione delle prove scritte o, se trattasi di concorsi per titoli, dalla data della prima convocazione. L’inosservanza di tale termine dovrà essere giustificata collegialmente dalla Commissione esaminatrice con motivata relazione da inoltrare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, o all’amministrazione o ente che ha proceduto all’emanazione del bando di concorso e per conoscenza al Dipartimento della funzione pubblica”.
Detta disposizione del d.P.R. n. 487 del 1994 è da ritenersi espressione di un principio generale, secondo cui la durata delle operazioni concorsuali deve essere contenuta entro termini predeterminati e comunque ragionevoli, la cui violazione è senz’altro valutabile ex art.