TAR Lecce, sez. I, sentenza 2016-01-12, n. 201600066

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2016-01-12, n. 201600066
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201600066
Data del deposito : 12 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00392/2010 REG.RIC.

N. 00066/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00392/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 392 del 2010, proposto da:
R B, rappresentata e difesa dall'avv. Nicolo' De Marco, con domicilio eletto presso D Anna Ponzo in Lecce, Via Schipa, 35;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza Per Beni Arche Paes. e Patr. Stor. Art. Etnoant. Prov.Di Le,Br,Ta, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Lecce, Via Rubichi 23;

per l'annullamento

del decreto della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l'Architettura e Arte Contemporanea, Servizio II, Tutela Patrimonio Artistico del 17.11.2009, notificato il giorno 11 gennaio 2010, avente ad oggetto ordine di ripristino, nei confronti della ricorrente, dello stato originario dell'immobile Palazzo Albano, in Fasano (Br), nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Per Beni Arche Paes. e Patr. Stor. Art. Etnoant. Prov.Di Le,Br,Ta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori Marco Palieri, in sostituzione di Nicolò De Marco, Giovanni Pedone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente è proprietaria di locali a piano terra di un immobile in Fasano con accesso dalla Via Mogavero, nei quali si conduce un esercizio di Bar-Pasticceria ed annesso laboratorio.

L'immobile in questione (noto come Palazzo Albano), sito nel centro storico del Comune di Fasano, con Decreto del Ministro dei Beni Culturali e Ambientali del 3 novembre 1989 è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della Legge 1.6.1939 n.1089.

Con istanza in data 8.09.1997, onde adeguarsi alle norme di prevenzione sicurezza ed antincendio, pena la chiusura dell'attività, la ricorrente chiedeva al Comune di Fasano l'autorizzazione ad aprire una porta di accesso esterna, delle dimensioni di mt. 2,00 di altezza e mt. 1,00 di larghezza del tutto uguale ad altra esistente sulla stessa facciata interna del Palazzo.

La Commissione Edilizia Comunale e l'ufficio tecnico con provvedimenti in data 17.10.1997 e 28.10.1997 esprimevano parere favorevole.

A seguito di sopralluogo degli agenti comunali in data 24.04.2006, il dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Fasano con ordinanza n. 79 del 17 maggio 2006, intimava alla ricorrente di "sospendere i lavori" consistenti nell'apertura della porta, invero lavori già realizzati dal 1998.

Con istanza diretta alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggio per la Puglia in data 19 maggio 2006, la ricorrente chiedeva che fosse espresso il parere di competenza.

Successivamente, in data 18.10.2006, la ricorrente, considerato che nessuna comunicazione in merito era giunta dalla Soprintendenza, chiedeva al Comune di Fasano, ai sensi dell'art. 33 comma 4 del T.U. dell'Edilizia, di provvedere autonomamente all'autorizzazione in sanatoria per i lavori ritenuti abusivi.

Considerata l’inerzia delle amministrazioni coinvolte nel procedimento l’odierna ricorrente diffidava la Sovrintendenza a provvedere in merito al rilascio dell'autorizzazione richiesta ai sensi dell'art. 22 comma 1 del D.L.vo 42/2004.

Il Comune di Fasano, con ordinanza n.140 del 31 ottobre 2006, notificata il 10 novembre 2006 ordinava alla ricorrente il ripristino dello stato dei luoghi "mediante rimozione delle opere descritte".

Tale provvedimento veniva impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Successivamente a tale provvedimento, in data 7 dicembre 2006, la ricorrente ha proposto al Comune di Fasano una ennesima istanza di autorizzazione in sanatoria facendo rilevare che, non avendo la Soprintendenza adottato alcun provvedimento nei successivi 30 gg. dalla diffida, doveva ritenersi maturato il silenzio assenso previsto dall'art. 22 del D.L.vo 42/2004.

Con nota prot. 8239 del 28 febbraio 2007, il Comune di Fasano si esprimeva sulla domanda in sanatoria del 7.12.2006, dichiarandosi incompetente a qualsiasi valutazione in assenza del parere della Soprintendenza chiarendo altresì che, per effetto della modifica intervenuta con l'art.2 del D.Lgs. 156/2006, decorsi i 30 gg. dalla diffida si maturava un silenzio-rifiuto, impugnabile dinanzi al Tar, e non più un silenzio assenso.

Con atto di diffida del 13 giugno 2007 notificato alla Soprintendenza, la ricorrente intimava l'Amministrazione statale a rendere il parere dovuto, sia sulla pratica edilizia pendente dal 1997, sia sull'istanza di sanatoria.

Considerata la perdurante inerzia dell’amministrazione statale, la ricorrente impugnava il silenzio rifiuto ed il Tar Puglia Bari con sentenza n.2763/07, dichiarava l'obbligo della Soprintendenza di provvedere in merito all'atto di diffida notificato in data 13.06.2007, mediante provvedimento "esplicito" ed entro trenta giorni.

Con nota prot. n.13889 del 21.12.2007, la Soprintendenza, avviando il procedimento sanzionatorio ex art. 160 comma 1 D. lgs. 22.01.2004 n.42, esprimeva parere negativo sulla istanza di sanatoria, rinviando in toto alla precedente nota n.702 dell'8.01.2007 con la quale, secondo il Soprintendente, l'Amministrazione aveva riscontrato in senso negativo le richieste di sanatoria, ordinando "il ripristino delle condizioni quo ante entro 15 gg. dal ricevimento della presente riferita ai portoni d'accesso dalla Via Mogavero e Via Pepe ed ad ottemperare all'ordinanza comunale n.140 del 31.10.2006 che si condivide".

Nel testo della lunga nota, però, il Soprintendente chiariva che le opere della ricorrente consistevano nella demolizione a piano terra di portoni sulla Via Mogavero e Via Pepe,di cui si chiedeva il ripristino, e che dette opere erano dannose ad arbitrarie in quanto "hanno alterato il corretto ed originario rapporto dimensionale dell'apertura e la tipologia originaria dell'immobile".

Con ricorso al Tar Puglia Sede di Lecce n.177/08 I sez. la ricorrente ha impugnato tutti questi atti della Soprintendenza, ivi compresa, con motivi aggiunti, la nota n.702 dell'8.1.2007 (doc. n.19), facendo rilevare l'evidente travisamento dei fatti, giammai avendo essa demolito alcun portone.

Con sentenza n.1819 del 19.06.08 il Tar Lecce accoglieva il ricorso, rilevando che la Soprintendenza, "con tutta evidenza ha affrontato non l'abuso commesso dalla B, ma gli abusi molto più consistenti commessi dalla sig.ra R M (proprietaria dei piani superiori) e consistenti nella radicale modificazione mediante eliminazione dei "rosoni" in pietra preesistenti dei portoni esistenti sulle vie Mogavero e Pepe... In definitiva la nota 18 gennaio 2007 n. 702 è stata emessa sulla base di una errata percezione della realtà e deve pertanto essere annullata;
l'annullamento si estende anche alle successive note 13 dicembre 2007 n.13523 e della nota 21 dicembre 2007 n.13889 che richiamano in funzione motivazionale il precedente pronunciamento della Soprintendenza".

Con Decreto della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l'Architettura e Arte Contemporanea, Servizio II, Tutela Patrimonio Artistico del 17.11.2009, notificato il giorno 11 gennaio 2010, l'Amministrazione Centrale, su proposta della Soprintendenza di Lecce, intimava alla ricorrente entro 120 gg. dalla notifica, la reintegrazione dello stato originario dell'immobile in via Mogavero, preannunciando in caso di inottemperanza la esecuzione in danno.

Con ricorso notificato in data 4.3.2010, l’odierna ricorrente chiedeva l’annullamento, previa sospensione cautelare, del Decreto anzidetto, nonché di ogni altro atto connesso presupposto o consequenziale rispetto a quello impugnato.

La ricorrente articolava le seguenti censure:

Violazione del giudicato ed elusione della Sentenza al TAR Bari n. 2763/07 nullità dell'atto ex art. 21-septies L. n. 241/90;
Violazione e falsa applicazione dell'art. 36 o 33 T.U. edilizia;
Violazione del giusto procedimento.

Si è costituito il Ministero intimato resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione in quanto infondato.

Con ordinanza n. 228/2010, questo Tribunale accoglieva l’invocata istanza di misure cautelari in considerazione delle ridotte dimensioni dell'intervento e della possibilità che il ripristino avvenga a valle della decisione del merito del ricorso, senza che ciò possa costituire pregiudizio per gli interessi rilevanti nella vicenda.

Nelle more del giudizio di merito, con nota del 21 marzo 2013 prot. n. 10981, l'Ufficio tecnico del Comune di Fasano, a seguito della dichiarazione di improcedibilità del ricorso straordinario con il quale era stata impugnata l'ordinanza n. 140/2006, intimava alla ricorrente di eseguire l'ordine di ripristino di cui al citato provvedimento.

Con ricorso al Tar Lecce n. 803/2013 la ricorrente impugnava detto provvedimento, sostenendo ovviamente che l'ordinanza n. 140/06 del Comune di Fasano non poteva essere eseguita in assenza di un provvedimento in merito all'istanza di sanatoria.

Con sentenza n. 73 del 10 gennaio 2014, questo Tar ha accolto detto ricorso.

All’udienza pubblica del 10 dicembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’eccesso di potere per travisamento ed errore di fatto, difetto di istruttoria e perplessità ed illogicità della motivazione, disparità di trattamento e sviamento, è fondato.

Infatti, la motivazione per cui sarebbe stato imposto il ripristino, nel provvedimento impugnato deriva dal fatto che "a seguito di detto intervento il bene culturale di che trattasi ha subito un danno, perché la nuova porta interrompe l'equilibrio del prospetto di via Mogavero, in quanto realizzata a poca distanza dal portoncino principale, la cui lettura viene così alterata, modificando il ruolo centrale del detto manufatto al piano terra dell'immobile vincolato".

Tale motivazione appare illogica in quanto il "portoncino principale, la cui lettura viene così alterata, modificando il ruolo centrale di detto manufatto", è stato profondamente ed irrimediabilmente modificato da un precedente abuso ad opera di altro soggetto. Con la sentenza 1819/08, questo Tribunale aveva, infatti, già riscontrato la commissione di “abusi molto più consistenti” commessi dalla proprietaria di piani superiori dell’edificio e consistenti nella “radicale modificazione (mediante eliminazione dei rosoni in pietra preesistenti) dei portoni d’accesso esistenti sulle vie Mogavero e Pepe (…) Del resto, l’errore commesso dalla Soprintendenza è ben evidenziato dalla documentazione fotografica depositata in giudizio da parte ricorrente che evidenzia come, sul prospetto dell’edificio insistente su via Mogavero, siano presenti, a distanza di pochi centimetri, il portone d’ingresso a Palazzo Albano preesistente (e radicalmente modificato (…) e un nuovo ingresso realizzato ex novo dalla B (…).”

Appare, dunque, evidente che la Soprintendenza ha adottato un provvedimento sulla base di considerazioni relative ad una situazione di fatto radicalmente mutata e, quindi, inidonee a costituire legittima motivazione del provvedimento adottato.

Per le motivazioni suesposte il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

La particolarità della vicenda trattata consente la compensazione delle spese di lite.

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