TAR Firenze, sez. II, sentenza 2021-05-04, n. 202100632

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2021-05-04, n. 202100632
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202100632
Data del deposito : 4 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2021

N. 00632/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00698/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 698 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Lega Italiana Protezione degli Uccelli - Lipu Birdlife Italia, Associazione Italiana World Wide Fund For Nature (Wwf) Onlus Ong, Ente Nazionale Protezione Animali E.N.P.A Onlus, Lav Lega Antivivisezione Onlus Ente Morale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato V S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. B V in Firenze, via Scialoia 67;

contro

Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ambito Territoriale di Caccia A.T.C. Firenze Sud, Eps Ente Produttori Selvaggina non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Federazione Italiana della Caccia, Federcaccia Toscana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Alberto Maria Bruni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo :

- della DGR 18 maggio 2020 n. 625 recante “Calendario venatorio regionale 2020-21” comprensivo di n.2 Allegati che ne costituiscono parte integrante e sostanziale, pubblicato sul BURT in data 27 maggio 2020 n. 22;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 28 agosto 2020 :

- della DGR 25 agosto 2020 n. 1181 recante “L.R. 20/2002: Stagione Venatoria 2020 - 2021 -Apertura anticipata della caccia”;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana e della Federazione Italiana della Caccia e della Federcaccia Toscana;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2021 il dott. N F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con Delibera di Giunta regionale n. 625 del 18 maggio 2020 la Regione ha approvato il Calendario Venatorio per la stagione venatoria 2020-2021 in applicazione dell’art. 18 della L. 157/1992 e della legge regionale 10 giugno 2002 n. 20.

Tale delibera è stata approvata previa acquisizione del parere dell’ISPRA, ai sensi di quanto previsto al 4°comma, art. 18, della predetta L. 157/92.

Con il presente ricorso, la Lega Italiana Protezione degli Uccelli –

LIPU

Birdlife Italia ONLUS, l’Associazione Italiana World Wide Fund for Nature (WWF) ONLUS ONG, l’Ente Nazionale Protezione Animali E.N.P.A. ONLUS e la LAV Lega Antivivisezione

ONLUS

Ente Morale hanno chiesto l'annullamento, previa sospensione, della predetta delibera.

Con in primo motivo le associazioni ricorrenti lamentano la violazione della Convenzione dell’AEWA - Colonna A della Tabella 1 dell’Allegato III;
la violazione della legge 6 febbraio 2006, n. 66;
la violazione dell’art. 7 della direttiva 2009/149/CE;
la violazione di giudicato cautelare e la mancata esecuzione della sentenza di questo Tribunale n. 848 del 30 giugno 2020;
tutto ciò in quanto la Regione, in violazione di quest’ultimi giudicati, avrebbe autorizzato il prelievo delle specie moriglione e pavoncella, disattendo sul punto, non solo il parere dell’Ispra, ma anche la nota del Ministero dell’Ambiente n.16169/PNM del 9 luglio 2019, in cui si rappresentava la nuova classificazione delle suddette specie, le quali, a seguito della valutazione di uno stato di conservazione sfavorevole di esse, erano state inserite nella Colonna A della Tabella 1 dell’Allegato III all’Accordo AEWA (rispettivamente nelle categorie 4 e 1b, che indicano le specie globalmente minacciate e che necessitano di protezione, per le quali la caccia non è consentita a meno che le specie non siano oggetto di uno specifico piano d’azione che preveda delle misure adattive di gestione e il contingentamento dei prelievi). Dunque, lamentano le ricorrenti che, come già accertato da questo Tribunale con riferimento al precedente calendario venatorio, nonostante la Commissione europea, con nota ARES(2019)3896523 del 19 giugno 2019, avesse chiesto agli Stati membri di sospendere la caccia al moriglione e alla pavoncella, e nonostante il Ministero dell’Ambiente, con la nota del 9 luglio 2019, avesse esortato la Regione a non inserire tali specie nei calendari venatori, quest’ultima avrebbe provveduto, anche in occasione dell’approvazione del nuovo calendario venatorio, ancora in senso opposto, in violazione degli obblighi internazionali e comunitari.

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 comma 1 lett. g) del DM 17 ottobre 2007 n. 184, recante “ Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS) ”. In particolare, con riferimento alla specie del combattente, le ricorrenti lamentano il fatto che essa, non solo figurerebbe inserita fra le specie cacciabili in genere, in contrasto con il parere ISPRA che ne aveva raccomandato la sospensione del prelievo alla luce della forte flessione della sua consistenza numerica in numerosi siti chiave, ma anche che tale specie verrebbe resa di nuovo cacciabile pure nelle ZPS e nelle ZSC, a differenza di quanto verificatosi nel calendario venatorio della scorsa stagione.

Con il terzo motivo le associazioni ricorrenti lamentano la violazione degli articoli 7 e 18, commi 4 e 6, della legge 11 febbraio 1992 n.157, nonché il difetto di motivazione e d’ istruttoria, in quanto, con riguardo alla caccia alla tortora selvatica, nel parere reso dall’Ispra nel corso del procedimento di formazione del calendario venatorio, si era motivatamente indicato di escluderne la preapertura, ma ciò nonostante la Regione avrebbe provveduto autorizzando il prelievo della specie in preapertura, senza un’adeguata esposizione dei motivi per i quali aveva ritenuto di disattendere il parere.

La Regione Toscana si è costituita nel giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con successivi motivi aggiunti depositati il 28 agosto 2020 le associazioni ambientaliste ricorrenti hanno impugnato la delibera di Giunta regionale del 25 agosto 2020, n.1181, con la quale era stato autorizzato il prelievo in preapertura per la specie della tortora selvatica, per le giornate del 2 e del 6 settembre 2020.

Sono intervenute ad opponendum , la Federazione Italiana della Caccia e la Federcaccia Toscana associandosi alle conclusioni della Regione e formulando una preliminare eccezione d’inammissibilità del ricorso.

Con decreto presidenziale del 31 agosto 2020 - “ Rilevato che: - la DGR impugnata con i motivi aggiunti dispone di consentire i giorni mercoledì 2 e domenica 6 settembre 2020, dalle ore 6.00 alle ore 19.00 (ora legale), la caccia da appostamento alla specie tortora (Streptopelia turtur) su tutto il territorio a caccia programmata e nelle Aziende Faunistico Venatorie della Regione Toscana;
- tale apertura anticipata è stata prevista al punto 12 della parte dispositiva della DGR 625/2020 (“di stabilire che l'apertura anticipata della caccia nei giorni antecedenti alla terza domenica di settembre, verrà autorizzata e disciplinata con specifica Deliberazione successiva. Al fine di assicurare il rispetto dell’arco temporale di cui all’articolo 18 comma 2 della L. 157/1992 il calendario di caccia delle specie interessate dalla pre-apertura subirà una sospensione ovvero una anticipazione della data di chiusura di pari durata dell’arco temporale di apertura anticipata”);
- le raccomandazioni contenute nel parere Ispra e nella circolare del Ministero dell’Ambiente (docc. 2 e 3 di parte ricorrente) non sembrano integrare legittime ragioni per impedire l’apertura anticipata della caccia alla Tortora selvatica;
Rilevato, tuttavia che l’aver stabilito, nelle 2 giornate di preapertura della caccia da appostamento della specie tortora (Streptopelia turtur), il carniere giornaliero in 12 capi per giornata e per cacciatore, fermo restando il limite di carniere regionale fissato a 20 capi nel calendario venatorio regionale (DGR 625/2020), appare contraddittorio e immotivato rispetto alle determinazioni già assunte in sede di approvazione del Calendario venatorio per la stagione 2020-2021, in base alle quali il carniere giornaliero non dovrebbe essere superiore a 5 capi per cacciatore;
” - è stata sospesa l’efficacia della DGR 1181/2020, impugnata con i motivi aggiunti, nella parte in cui autorizzava “ il carniere giornaliero sulla specie tortora (Streptopelia turtur), in 12 capi per giornata e per cacciatore ”,

Con ordinanza emessa all’esito della camera di consiglio dell’8 settembre 2020, il Collegio – “ Ritenuto:- quanto all’autorizzato prelievo delle specie moriglione e pavoncella, che il relativo motivo di gravame sia fondato, richiamata al riguardo la recente sentenza della Sezione n. 848/2020 (punto 3.3) avente ad oggetto l’impugnazione del Calendario venatorio regionale 2019-20, con la conseguenza che l’efficacia della delibera impugnata con il ricorso principale deve essere sospesa nella parte in cui si consente la caccia alle suddette due specie;
- quanto all’autorizzato prelievo della specie combattente, che la Regione Toscana abbia ammesso la cacciabilità della specie in aree diverse dalle ZSC e dalle ZPS e con limitazione del periodo della caccia e del numero di capi cacciabili, e dunque in modo da poter adeguatamente salvaguardare le esigenze di protezione della specie fatte valere dalla ricorrente, con la conseguenza che per tale parte l’istanza cautelare non possa essere accolta;
- quanto all’istanza di sospensione dell’efficacia della DGR 1181/2020, impugnata con i motivi aggiunti, nella parte in cui autorizza “il carniere giornaliero sulla specie tortora (Streptopelia turtur), in 12 capi per giornata e per cacciatore”, che debba essere dichiarata la sopravvenuta carenza d’interesse, essendosi la Regione successivamente adeguata alle indicazioni contenute nel decreto presidenziale del 31 agosto 2020 n. 451 limitando il carniere giornaliero a 5 capi per cacciatore;
” – ha sospeso gli effetti della delibera impugnata con il ricorso principale nella parte in cui si consentiva la caccia alla pavoncella e al moriglione.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica, tutte confermando le rispettive difese, e la Regione e le intervenienti sollevando eccezione d’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse anche del ricorso principale, essendosi la stagione venatoria 2020-2021 ormai conclusa, con perdita di efficacia del calendario venatorio impugnato.

All’udienza del 28 aprile 2021 i difensori delle parti hanno discusso oralmente la causa come da verbale in atti, quindi il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.1. Preliminarmente, come già osservato da questa Sezione con la sentenza n. 848 del 30 giugno 2020, l’eccezione, formulata dalla Federazione Italiana della Caccia e da Federcaccia, d’inammissibilità del ricorso principale per difetto di legittimazione ad agire o d’interesse delle associazioni ambientaliste ricorrenti, deve essere disattesa, essendo evidente che quest’ultime sono pienamente legittimate ad agire, anche in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi, a protezione della fauna selvatica, in base agli artt. 13 e 18 della L. n. 349/1986, mentre rientra nell’ambito della delibazione sul merito del ricorso stabilire se l’esigenza di conservazione del patrimonio faunistico e di rispetto del principio di precauzione sia nel concreto garantita dal calendario faunistico venatorio regionale oggetto d’impugnazione e se il parere non vincolante dell’ISPRA, nelle parti che interessano il presente giudizio, sia stato o meno trascurato dalla Regione senza un’adeguata motivazione.

1.2. Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso per motivi aggiunti, essendosi la Regione successivamente adeguata alle indicazioni contenute nel decreto presidenziale del 31 agosto 2020 n. 451, limitando per la tortora il carniere giornaliero a 5 capi per ciascuna giornata e per cacciatore nel rispetto del limite stagionale di 20 capi, e ciò con D.G.R. n. 1198/2020 che ha comportato la perdita di efficacia dell'originario provvedimento impugnato con i motivi aggiunti.

1.3. Mentre, in risposta all’eccezione di sopravvenuta improcedibilità del ricorso principale sollevata dalle associazioni venatorie e dalla Regione nelle memorie conclusive, il Collegio ritiene che, sebbene si siano esauriti gli effetti del calendario venatorio impugnato, debba prevalere l’esigenza di tutela della parte ricorrente e la soddisfazione del suo interesse all'accertamento giudiziale dell'illegittimità degli atti impugnati, a mezzo di una pronuncia di principio sulle singole censure, al fine di correggere ed indirizzare l’operato futuro dell’amministrazione, che in questa materia viene annualmente rieditato, con la conseguente materiale difficoltà di concludere il giudizio prima della scadenza del calendario venatorio oggetto di impugnazione.

Né vale richiamare la sentenza d’improcedibilità del Consiglio di Stato, sez. III, n. 2484 del 2021, resa sull’appello alla sentenza di questo Tribunale, n. 848 del 2020, relativa al precedente calendario venatorio.

Infatti, il rischio di denegare tutela giurisdizionale non poteva concretizzarsi in quel giudizio di appello, dove il giudice ha invece ritenuto prevalente l’esigenza di non pregiudicare l’odierna decisione, da parte di questo Tribunale di primo grado, sul nuovo calendario venatorio.

2. Passando a scrutinare il merito del ricorso principale, con il primo motivo le ricorrenti lamentano l’illegittimità del calendario venatorio perché ha ricompreso tra le specie cacciabili anche il moriglione e la pavoncella.

Il motivo non può che essere giudicato fondato alla luce del precedente specifico di questa Sezione (sentenza n. 848 del 30 giugno 2020) relativo all’impugnazione del calendario venatorio della stagione 2019-2020, dove si era chiarito che la necessità della sospensione della caccia delle specie moriglione e pavoncella deriva dal fatto che le specie citate sono state di recente inserite nella colonna A, della Tabella 1, dell’allegato III, dell’Accordo internazionale AEWA sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori in Eurasia ed Africa. Tale accordo, sul piano internazionale, è entrato in vigore il 30 maggio 2006 e, per l'Italia, a norma dell’art. XIV dell’Accordo e della legge di adesione 6 febbraio 2006, n. 66, è entrato in vigore il 1° settembre 2006. Con la suddetta sentenza si è osservato come l’adesione a tale accordo internazionale ponga allo Stato Italiano l’obbligo di adozione di tutte le misure di conservazione degli uccelli acquatici e dei loro habitat, specie di quelli maggiormente minacciati, e che la necessità di adempiere a tale obbligo prevalga sulle scelte compiute nel calendario venatorio dalla Regione, qualora tali scelte contrastino o mettano in pericolo la conservazione delle specie.

Alla suddetta nuova classificazione consegue il divieto di prelievo (fra le altre) delle due specie della pavoncella e del moriglione, a meno che queste non siano oggetto di uno specifico piano d’azione a livello nazionale che preveda delle misure adattative di gestione e il contingentamento dei prelievi.

D’altro canto, la Commissione Europea, con la nota del 19 giugno 2019, in qualità di organo dell’UE, parte anch’essa dell’Accordo AEWA, avvisando circa gli esiti dell’ultimo “Meeting delle Parti”, ha invitato gli Stati membri a sospendere il prelievo venatorio di queste specie, richiamando l’art. 7 della “Direttiva Uccelli” laddove si prevede che il prelievo degli uccelli non deve contribuire ad un peggioramento del loro stato di conservazione, e contestualmente invitando gli Stati membri ad avviare ogni azioni utile per favorire il recupero delle popolazioni valutate.

Allo stato, dunque, l’assenza di specifici piani d’azione nazionale per le specie summenzionate fa sì che il prelievo venatorio non possa considerarsi sostenibile anche ai sensi dell’art. 7 della Direttiva Uccelli e delle collegate linee guida sulla caccia.

Tali conclusioni sono state recentemente condivise dal T.A.R. del Veneto, con la sentenza della prima Sezione, del 16 dicembre 2020, n. 1263, che ha affrontato più dettagliatamente la questione, offrendo una precisa risposta anche alle suggestive obiezioni nei medesimi termini articolate dalla Regione e dalle intervenienti ad opponendum nel presente giudizio.

In particolare, secondo le difese di quest’ultime, la modifica degli allegati dell’Accordo AEWA avvenuta nel 2018, non sarebbe idonea a produrre alcun effetto giuridico all’interno dell’Unione Europea e segnatamente nei confronti dell’Italia, con la conseguenza che i calendari venatori, i quali continuano a consentire la caccia al moriglione e alla pavoncella, sono legittimi dato che tali specie sono a tutt’oggi ricomprese tra quelle cacciabili dalla direttiva 2009/147/CE e dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e tenuto conto che un atto amministrativo non può essere ritenuto illegittimo ove, come in questo caso, sia conforme alla normativa nazionale e comunitaria.

Più nello specifico, secondo la Regione e le intervenienti, la modifica degli allegati all’Accordo AEWA del 2018 non sarebbe stata ancora resa operativa a livello comunitario in quanto la Commissione europea avrebbe posto una riserva sulla modifica che non sarebbe stata ancora ritirata;
in base a tale riserva, si dovrebbe ritenere che l’Unione europea non si consideri vincolata dall’Accordo AEWA e che quindi il prelievo di tali specie possa continuare negli Stati membri.

Inoltre, un’eventuale esclusione delle specie dall’elenco di quelle cacciabili di cui all’art. 18, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, potrebbe avvenire solo mediante l’esercizio dei poteri previsti dal comma 3 del medesimo articolo, secondo cui la variazione dell’elenco delle specie cacciabili, in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali, è effettuato con uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Secondo la parte resistente e gli intervenienti, fino al momento dell’eventuale adozione di tale decreto, deve ritenersi che le Regioni abbiano la facoltà di non escludere le due specie dall’elenco di quelle cacciabili.

Con riferimento a tali profili, il T.A.R. Veneto, ha del tutto condivisibilmente osservato che:

<<…il problema sollevato dal Ministero dell’Ambiente con le note del 9 luglio 2019 e del 7 aprile 2020, con cui le Regioni vengono esortate a non includere tali specie nei calendari venatori, attiene alla necessità di agire nel rispetto della normativa comunitaria - con particolare riferimento alla direttiva 2009/147/CE ed alla guida interpretativa alla caccia redatta dalla Commissione europea - nonché degli obblighi internazionali dell’Italia, con riguardo ad una disciplina di carattere sovranazionale che si occupa dello stato di conservazione di specie migratorie, la cui cacciabilità deve tener conto di una pluralità di fattori e di tendenze non circoscritte al solo livello locale…In secondo luogo è necessario soffermarsi sugli emendamenti all’allegato 3 dell’Accordo approvati dall’Unione Europea.

La decisione (UE) 2019/1917 del Consiglio dell’Unione Europea del 3 dicembre 2018 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 297/5 del 18 novembre 2019, afferma al quinto considerando che:

è opportuno stabilire la posizione da adottare a nome dell'Unione in occasione della settima riunione della conferenza delle parti con riguardo agli emendamenti proposti in quanto la risoluzione avrà carattere vincolante per l'Unione e sarà tale da incidere in modo determinante sul contenuto del diritto dell'Unione, in particolare sulla direttiva 2009/147/CE ”;

ed infine stabilisce che:

La posizione da adottare a nome dell'Unione in occasione della settima riunione della conferenza delle parti dell'accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori afro-euroasiatici è riportata di seguito.

L'Unione approva gli emendamenti all'allegato 3 dell'accordo presentati dall'Uganda e stabiliti nel progetto di risoluzione 7.3 della settima riunione della conferenza delle parti dell'accordo, riguardanti le nove specie seguenti: edredone comune (Somateria mollissima), smergo minore (Mergus serrator), moriglione (Aythya ferina), beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), pavoncella (Vanellus vanellus), pittima minore (Limosa lapponica), pittima reale (Limosa limosa), piovanello maggiore (Calidris canutus), e totano moro (Tringa erythropus) ”.

Per comprendere la ragione per la quale si sia pronunciato il Consiglio dell’Unione Europea, massimo organo decisionale dell’Unione composto dai rappresentanti dei Governi di tutti i Paesi membri, è utile il richiamo alla decisione del Consiglio del 18 luglio 2005 relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, dell’accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori afro-euroasiatici (2006/871/CE), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 345/24 dell’8 dicembre 2006.

Questa decisione, all’art. 3, prevede che la Commissione Europea sia autorizzata ad approvare a nome della Comunità in modo autonomo gli emendamenti agli allegati dell’accordo, limitatamente ai soli emendamenti che siano coerenti con la normativa comunitaria in materia di conservazione degli uccelli selvatici e dei loro habitat naturali e che non implichino modifiche di detta normativa. In caso contrario l’approvazione degli emendamenti deve essere autorizzata dal Consiglio dell’Unione Europea e qualora un emendamento agli allegati non sia attuato nella normativa comunitaria entro la scadenza del termine di 90 giorni previsto dall’articolo X, paragrafo 6 dell’Accordo, la Commissione formula una riserva in relazione a tale emendamento.

Ciò è quanto è avvenuto nel caso in esame in cui, dato che gli emendamenti non erano coerenti con la normativa comunitaria, la Commissione ha chiesto al Consiglio dell’Unione Europea di indicare la posizione da esprimere nella settima riunione della conferenza delle parti dell’Accordo, e pur approvando gli emendamenti, ha dovuto esprimere una riserva sul piano tecnico per problemi attinenti all’ordinamento interno e non in relazione al loro contenuto, in quanto tali modifiche richiedono un aggiornamento della direttiva Uccelli che non è possibile attuare entro il termine di novanta giorni dalla data di adozione dell’emendamento da parte della conferenza delle parti.

Ciò tuttavia non significa che, come sostengono la Regione e gli intervenienti, l’Unione Europea abbia espresso obiezioni circa l’esistenza di un cattivo stato di conservazione a livello internazionale di queste specie. Al contrario, deve ritenersi che, avendo approvato gli emendamenti, l’Unione Europea abbia condiviso nel reciproco scambio tra le parti dell’Accordo la necessità di porre in essere delle azioni a loro tutela.

In questo contesto deve essere letta la nota della Commissione Europea ARES(2019)3896523 del 19 giugno 2019, in cui, pur dando atto che si tratta di specie incluse tra quelle cacciabili in base agli allegati della direttiva 2009/147/CE, viene affermato che, anche a normativa invariata, è comunque doveroso per gli Stati membri perseguire l’obiettivo di assicurare la tutela delle specie in declino a cui tende l’emendamento all’Accordo AEWA approvato anche dall’Unione Europea, secondo le seguenti modalità.

La base giuridica per la tutela viene individuata nell’art. 7, paragrafo 4, della Direttiva Uccelli, il quale stabilisce che gli Stati membri devono accertare che l’attività venatoria delle specie cacciabili di cui all’allegato II “ rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2 ”, e nella norma da ultimo richiamata la quale, a sua volta, stabilisce che gli Stati membri devono adottare “ le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative ”.

La nota della Commissione Europea per attuare gli emendamenti all’Accordo si richiama pertanto al documento “ Guida sulla Caccia ai sensi della Direttiva Uccelli ”, redatto dalla stessa Commissione, il quale prevede che la caccia delle specie in declino “ non può per definizione essere sostenibile a meno che non faccia parte di un piano di gestione correttamente funzionante che coinvolga anche la conservazione dell'habitat e altre misure che rallenteranno e alla fine invertiranno il declino ”, e su questa base dispone la sospensione della caccia fino a che non vengano sviluppati degli appositi piani di gestione.

L’affermazione contenuta nella nota del Ministero dell’Ambiente del 28 maggio 2020 circa il rischio dell’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea in caso di mancata sospensione della caccia al moriglione e della pavoncella, contrariamente a quanto affermano la Regione e gli intervenienti, risulta corretta.

Infatti l’Accordo AEWA, dal punto di vista dell’ordinamento comunitario, è un accordo che appartiene alla categoria degli accordi c.d. “misti”, a cui aderiscono, per le parti di competenza, sia l’Unione Europea che i singoli Stati membri. Si tratta di accordi in cui, essendo entrambi parti contraenti, il dovere di leale cooperazione deve garantire un’azione coordinata per la loro esecuzione.

La Corte di Giustizia ha rimarcato che in questi casi deve essere tutelato l’interesse dell’Unione a che i propri Stati membri rispettino gli impegni assunti in forza dell’Accordo a cui essa stessa ha aderito, e che si adoperino per un’applicazione effettiva ed uniforme dello stesso, con conseguente responsabilità in caso di inadempimento (cfr. CGUE, cause riunite C-392/98 e C-300/98, Parfums Christian Dior SA c. Tuk Consultancy BV, sentenza del 14 dicembre 2000, punti 36 e 38;
CGUE, causa C-239/03, Commissione c. Francia, sentenza del 7 ottobre 2004, punti 29 – 31;
CGUE causa C-104/81, Hauptzollant Mainz c. Kupferberg, sentenza del 26 ottobre 1982, punti 12-13).

In questo senso la mancata adozione di adeguate forme di tutela delle specie del moriglione e della pavoncella a seguito della loro inclusione tra le specie oggetto di tutela ai sensi della Accordo AEWA può costituire inadempimento di obblighi e del dovere di lealtà discendenti dall’appartenenza all’Unione Europea.

Deve inoltre essere precisato che l’Italia ha autonomamente ratificato l’Accordo AEWA con legge 6 febbraio 2006 n. 66, e sotto questo profilo la mancata adozione di adeguate forme di tutela di queste specie protette in base all’emendamento approvato potrebbe costituire anche una violazione dell’Accordo e quindi, nei limiti in cui sia configurabile, un illecito internazionale.

La Regione, in ciò confortata dalle associazioni venatorie intervenienti, sostiene tuttavia che non spetti a lei dare applicazione all’Accordo internazionale, ma che debba attivarsi semmai il Presidente del Consiglio dei Ministri che in merito ha una competenza esclusiva ai sensi dell’art. 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157. Tale norma prevede che la variazione dell’elenco delle specie cacciabili in conformità alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali, è effettuata con uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le Regioni ritengono che, fino al momento dell’eventuale adozione di tale decreto, deve ritenersi consentito alle stesse di non escludere le due specie dall’elenco di quelle cacciabili previste dal proprio calendario venatorio (in tale senso si è pronunciata la Commissione politiche agricole della Conferenza Stato Regioni nella riunione del 19 luglio 2019 … omissis ).

Questo ordine di idee non può essere condiviso.

La disposizione di cui all’art. 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che riserva al Presidente del Consiglio dei ministri la competenza a dare attuazione alle direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali, è stata adottata nel 1992 in un contesto istituzionale del tutto diverso da quello attuale, in cui alle Regioni era preclusa una diretta attuazione della normativa comunitaria (solo con l’art. 13 della legge 14 aprile 1998, n. 128, è stata consentita alle Regioni a statuto ordinario l’immediata attuazione delle direttive) e degli accordi internazionali, ed in cui il Governo con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri svolgeva la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività delle Regioni ponendo vincoli anche all’esercizio della potestà legislativa regionale ai sensi dell’art. 3, commi secondo e terzo, della legge 22 luglio 1975, n. 382, e dell’art. 4 del D.P.R. 24 luglio 1977, n 616. Che il potere prefigurato dall’art. 18, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sia espressione e retaggio storico della ormai non più vigente funzione di indirizzo e coordinamento svolta dal Governo nei confronti delle Regioni, lo si ricava anche dal testo dei due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che hanno modificato l’elenco delle specie cacciabili, ovvero i

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