TAR Roma, sez. IV, sentenza breve 2022-06-09, n. 202207550

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza breve 2022-06-09, n. 202207550
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202207550
Data del deposito : 9 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/06/2022

N. 07550/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05482/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5482 del 2022, proposto da
F D, rappresentata e difesa dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Ministero dell’Economia e delle Finanze;
- Comando Generale della Guardia di Finanza;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Antonio Zuli, Luca Musella, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della graduatoria finale di merito contingenti ordinario- relativa al Concorso per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 1409 allievi finanzieri – anno 2021- Determinazione n. 245926 del 3 settembre 2021, pubblicata in data 21 marzo 2022;
unitamente a ogni altro atto presupposto e/o consequenziale, ancorché sconosciuto, comunque lesivo dei diritti e degli interessi del ricorrente;

- del provvedimento del Comando Generale della Guardia di Finanza di cui al Prot. 0122617/2022 del 28 aprile 2022 notificato alla parte in pari data, avente ad oggetto il concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 1409 allievi finanzieri – anno 2021, il quale disponeva la conferma che la posizione del concorrente risultava correttamente definita secondo quanto stabilito dal bando di concorso


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2022 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. Espone parte ricorrente di aver presentato domanda di partecipazione al concorso in epigrafe, per i posti del contingente ordinario;
e soggiunge di aver superato, al momento della presentazione della domanda, i 26 anni di età.

A seguito dell’accertata idoneità, in esito al superamento delle previste prove concorsuali, nei confronti dell’interessata veniva adottato il provvedimento di esclusione, motivato in ragione del rilevato superamento del limite massimo di età, come incrementato per i soli periodi di servizio militare eventualmente prestati o in corso di svolgimento al 6 luglio 2017.

A fronte della disposta esclusione dalla selezione concorsuale, soggiunge la parte di aver sollecitato l’esercizio del potere di autotutela, da parte della procedente Amministrazione.

In relazione a tale istanza, interveniva il provvedimento – oggetto del presente gravame – con il quale la stessa Amministrazione, “ in relazione alla sua Istanza con la quale chiede l’annullamento, in autotutela, del provvedimento di esclusione della procedura reclutativa in oggetto per mancanza del previsto requisito dell’età anagrafica, … conferma che la Sua posizione risulta correttamente definita secondo quanto stabilito dal bando di concorso” .

2. La rilevata sussistenza dei presupposti indicati all’art. 60 c.p.a. consente di trattenere la presente controversia – portata all’odierna Camera di Consiglio ai fini della delibazione dell’istanza cautelare dalla parte ricorrente incidentalmente proposta – ai fini di un’immediata definizione nel merito.

Ben è a conoscenza il Collegio che, con atto depositato il 25 maggio 2022, parte ricorrente – la quale, incidentalmente rispetto all’atto introduttivo del giudizio, pur aveva chiesto provvedersi cautelarmente anche in sede monocratica – ha dichiarato di voler rinunciare ad “ogni istanza cautelare, sia monocratica che collegiale”; chiedendo, “altresì, la cancellazione della causa dal ruolo delle cautelari”.

Tale rinuncia, invero, non è idonea a privare l’adito giudice amministrativo del potere di disporre l’immediata definizione nel merito della controversia, ai sensi del richiamato art. 60 c.p.a.

Milita, in tale senso, l’orientamento più volte manifestato dal giudice d’appello, secondo il quale “il rito previsto dall’art. 60 c.p.a. non ha natura consensuale (Cons. St., sez. V, 15 gennaio 2018, n. 178) e … nemmeno la mancata comparizione delle parti costituite all’udienza cautelare può impedire al Collegio di trattenere la causa in decisione per emettere sentenza in forma semplificata (Cons. St., sez. III, 7 luglio 2014, n. 3453) ”.

Conseguentemente, “il principio dispositivo del processo e il potere di rinuncia alla domanda cautelare non possono … essere legittimamente invocati dalla parte per impedire al giudice l’esercizio del potere/dovere di definire il giudizio in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., laddove ve ne siano tutti i presupposti di legge, con inutile dilatazione dei tempi in un giudizio che, al contrario, potrebbe essere definito con una pronuncia immediata, contenente una sintetica motivazione” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045).

Orientamento, questo, che rinviene fondamento anche in più risalenti arresti della giurisprudenza d’appello, laddove è stata affrenata l’esistenza dei “presupposti per la definizione del giudizio con sentenza ex art. 60 cod. proc. amm., benché il difensore dell’appellante abbia dichiarato in camera di consiglio di rinunciare all’istanza cautelare”, in quanto “uniche cause ostative a tale definizione sono quelle … enunciate dalla disposizione del codice del processo ora citata, e cioè il difetto del contraddittorio e la non completezza dell’istruttoria, che spetta al collegio decidente apprezzare” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2015, n. 3718).

Deve, per effetto, di quanto sopra riportato, escludersi che la rinuncia alla pronuncia cautelare, dalla parte ricorrente formulata in atti, privi il Collegio del potere di definire – immediatamente, e con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a. – la presente controversia, in presenza degli acclarati presupposti di legge.

Di quanto sopra informate le parti – così come della possibile, ancorché parziale, definizione della controversia stessa con pronunzia in rito, giusta quanto disposto dall’art. 73, comma 3, c.p.a. – il gravame si dimostra in parte inammissibile, ed in parte infondato.

3. Rileva, in primo luogo, ed in parte qua, l’inammissibilità del gravame, quanto alla impugnazione dell’atto recante diniego dell’esercizio del potere di autotutela, dalla parte sollecitato presso la procedente Amministrazione.

Tale atto, infatti, rivela connotazione meramente confermativa, rispetto alla precedente determinazione di esclusione.

Consolidato, quanto risalente insegnamento giurisprudenziale, evidenzia che “allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi”: escludendosi che possa “considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3207;
Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5977).

Ricorre invece l’atto meramente confermativo (non impugnabile), allorché l’Amministrazione si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5341, 27 gennaio 2017, n. 357, 12 ottobre 2016, n. 4214 e 29 febbraio 2016, n. 812;
Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2172).

Conseguentemente, riveste carattere meramente confermativo il provvedimento con il quale l’Amministrazione ribadisca la decisione assunta nell’atto precedente, senza alcuna rivalutazione degli interessi, né nuovo apprezzamento dei fatti;
l’adozione del quale non vale a far decorrere un nuovo termine di impugnazione, ove sia decorso il termine per l’impugnazione del provvedimento confermato e la relativa impugnazione è inammissibile per carenza di interesse (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. II, 15 febbraio 2021, n. 1379 e Sez. V, 7 gennaio 2021, n. 204).

Quanto alla vicenda all’esame, ricorre appunto la seconda delle indicate fattispecie, atteso che l’atto con il presente mezzo di tutela gravato non rivela il pregresso svolgimento di una rinnovata istruttoria, e, meno che meno, di una rinnovata valutazione della posizione del ricorrente, già definita con l’originario provvedimento di esclusione dalla selezione concorsuale di che trattasi.

Il ricorso, in parte qua, si dimostra, quindi, inammissibile.

4. La stessa parte ricorrente ha, ulteriormente, gravato la determinazione con la quale l’Amministrazione ha approvato la conclusiva graduatoria del concorso di cui trattasi.

4.1 A sostegno della dedotta illegittimità dell’esclusione – in via derivata rispetto alla quale, viene contestata la mancata inclusione nella graduatoria del concorso, come sopra gravata – parte ricorrente deduce i seguenti argomenti di doglianza:

Eccesso di potere per incongruità, illogicità, irragionevolezza, manifesta ingiustizia. violazione del C.O.M. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Violazione del canone di buona fede della correttezza e del principio del legittimo affidamento. Violazione dei criteri interpretativi del bando.

Precisa, in primo luogo, la parte che il bando relativo alla procedura selettiva de qua prevedeva (art. 2, comma 1, lett. a): “Requisiti e condizioni per l’ammissione al concorso”) quanto segue:

1. Possono partecipare al concorso i cittadini italiani che: a) abbiano, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di cui all’articolo 3, comma 1, compiuto il 18° anno e non abbiano superato il giorno di compimento del 26° anno di età. Il limite anagrafico massimo così fissato è elevato di un periodo pari all’effettivo servizio militare prestato e, comunque, non superiore a tre anni per coloro che, alla data del 6 luglio 2017, svolgevano o avevano svolto servizio militare volontario, di leva o di leva prolungato” .

La richiamata norma di bando sarebbe inequivoca nel disporre che il limite anagrafico massimo, così fissato, possa essere elevato di un periodo pari all’effettivo servizio militare prestato anche per coloro che svolgevano, o avevano svolto, servizio militare volontario, di leva o di leva prolungato successivamente alla data del 6 luglio 2017.

Conseguentemente, anche coloro che abbiano prestato servizio successivamente al 6 luglio 2017, avrebbero diritto di giovarsi del relativo periodo di servizio (compreso tra il 7 luglio 2017 e il giorno di presentazione della domanda), al fine di poter beneficiare del superamento del limite anagrafico massimo – seppure nel limite dei 3 anni – nel rispetto del principio di parità e non discriminazione.

4.2 Le censure, come sopra sintetizzate, sono infondate, come da questa Sezione già rilevato – con riferimento a controversie puntualmente sovrapponibili, in parte qua, rispetto al presente gravame – trattenute per la decisione alla camera di consiglio del 6 aprile 2022 e definite con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

Intende il Collegio, in proposito, integralmente richiamare il contenuto delle anzidette sentenze: e, per l’effetto, dare atto della infondatezza delle censure sotto tale aspetto dedotte.

5. Il ricorso, in parte inammissibile (cfr. sub 3) ed in parte infondato (cfr. sub 4.2) deve essere, quindi, respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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