TAR Bologna, sez. II, sentenza 2022-07-27, n. 202200614
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Pubblicato il 27/07/2022
N. 00614/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00917/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 917 del 2016, proposto da
C B, rappresentata e difesa dagli avvocati G S e F B Zanelli, con domicilio eletto presso lo studio F B Zanelli in Bologna, via Mazzini n.19;
contro
Comune di Zocca, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Vanni in Bologna, via Farini n. 30;
nei confronti
S L, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dell'atto Prot. n. 8888/2016 del 30/8/2016 recante ad oggetto "Permesso di Costruire n. 31 presentato in data 3 novembre 2006 e rilasciato in data 14 novembre 2006", con il quale il Comune di Zocca richiedeva alla ricorrente il pagamento della somma di Euro 1.060,33 a titolo di mancato versamento dei Contributi di Costruzione e/o Diritti di Segreteria inerenti al Permesso di cui sopra e relativi alle opere di "ristrutturazione ed ampliamento di fabbricato civile in zona agricola- completamento lavori e variante in corso d'opera".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Zocca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2022, il dott. Umberto Giovannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La presente controversia ha quale oggetto l’accertamento dell’esistenza o meno di un debito della ricorrente nei confronti del Comune di Zocca (MO) per l’importo complessivo di €. 1.060,33 a titolo di mancato versamento di contributi di costruzione e diritti di Segreteria inerenti al Permesso di costruire in oggetto, rilasciato dal Comune alla odierna ricorrente in data 14/11/2006. Nel peculiare caso di specie, il Collegio è chiamato ad accertare se, a seguito del versamento del predetto importo a titolo di contributi di costruzione e diritti di Segreteria avvenuto (a mezzo di assegni bancari, con quietanza del Comune datata 26/9/2005 apposta sul titolo edilizio rilasciato alla ricorrente) nelle mani di un funzionario dipendente dallo stesso Comune che si è poi appropriato della relativa somma di denaro – sì da patteggiare successivamente in sede penale per il reato di “peculato” -, la ricorrente sia o no tenuta a corrispondere all’Amministrazione comunale quanto le viene imputato di non avere a suo tempo versato in tesoreria comunale. Come è noto, l’art. 1189 cod. civ., che riconosce efficacia liberatoria al pagamento effettuato dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, si applica, per identità di ratio sia all’ipotesi di pagamento effettuato al creditore apparente, sia all’ipotesi in cui il pagamento viene effettuato a persona che appaia autorizzata a riceverlo per conto del creditore effettivo, ove quest’ultimo abbia determinato o concorso a determinare l’errore del solvens , facendo sorgere nel soggetto in buona fede una ragionevole presunzione circa la rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’ accipiens (v. tra le altre: Cass. Civ., Sez. II, 13/9/2012 n. 15339). La norma deroga al principio generale stabilito dall’art. 1188 cod. civ., secondo cui il pagamento è liberatorio solo se effettuato al creditore o al suo rappresentante, ed è collegata all’istituto dell’apparenza giuridica, configurabile solo se l’apparenza risulti giustificata da circostanze univoche e concludenti riferibili al creditore, si da far sorgere nel debitore un ragionevole affidamento, esente da colpa, sull’effettiva sussistenza della facoltà apparente dell’ accipiens di ricevere il pagamento. Qualora venga fornita tale prova, di cui è onerato il debitore, incombe poi sul creditore l’onere di provare, a sua volta, che il solvens non ignorasse la reale situazione, ovvero che l’affidamento del medesimo fosse determinato da colpa.
In precedenti controversie similari a quella in odierna trattazione, ove lo stesso Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Zocca risulta avere incassato, senza averne titolo, quanto dovuto da quelle parti ricorrenti a titolo di contributi edilizi (contributi di costruzione e/o oneri di urbanizzazione relativi a titoli edilizi rilasciati dal Comune di Zocca) e ha poi distratto quelle somme a proprio profitto senza nulla versare, come avrebbe dovuto, presso la Tesoreria comunale, il T.A.R. ha accolto la suddetta tesi propugnata ora anche dalla odierna ricorrente, fondata, come si è detto, sull’art. 1189 Cod. civ. secondo cui: “Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede. Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il vero creditore, secondo le regole stabilite per la ripetizione dell’indebito”. I tali riferite decisioni, il T.A.R. ha valutato quale sussistente la buona fede del solvens nella vicenda in questione, sul presupposto che il privato debitore, proprio per la natura pubblica del soggetto che funge da controparte, ha valide ragioni per ritenere che il comportamento di quest’ultimo sia improntato a correttezza e al rispetto della legalità, tenuto anche conto della circostanza che, a norma dell’art. 180, comma 1del D. Lgs. n. 267 del 2000, “…la riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell’entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all’ente…” (v. T.A.R. Bologna sez. I, 28/8/2017 n. n. 596;20/5/2016 n. 537 e n. 538;sez. I, n. 380 del 2014). Per quanto riguarda l’aspetto relativo alla sussistenza di responsabilità del creditore nel determinarsi delle circostanze univoche e concludenti che hanno dato luogo all’insorgere della situazione apparente per il privato, il T.A.R. ha ritenuto condivisibile la tesi delle diverse parti attrici, incentrata sulla circostanza che, nel caso in esame, il comportamento illecito del funzionario comunale si sia svolta all’interno della sfera di sorveglianza dell’Amministrazione ed in occasione dell’esercizio dei compiti istituzionali a lui assegnati, con la conseguenza che l’omessa adozione di misure organizzative adeguate, e, quindi, l’insufficienza dei controlli, ha certamente favorito non solo la condotta ingannevole del funzionario comunale ma anche il legittimo convincimento del privato, qualificabile alla stregua di errore scusabile”, che lo stato di fatto rispecchiasse la realtà giuridica.
Il Tribunale ritiene peraltro che – riguardo alla peculiare vicenda contenziosa in esame – debba essere necessariamente mutato l’indirizzo come si è detto fin qui seguito da diverse pronunce emesse sia dalla Prima Sezione sia dalla Seconda Sezione, tenuto anche conto di quanto deciso dal Consiglio di Stato Sez. II, con la sentenza 30/11/2021 n. 7964 con la quale è stata annullata la prima pronuncia di questo T.A.R. (n. 380 del 4/4/2014) che ha deciso il leading case della peculiare vicenda in questione. Con la predetta sentenza i Giudici di Palazzo Spada hanno in sintesi ritenuto che in capo al debitore che aveva pagato i contributi urbanistici direttamente al funzionario comunale, rivelatosi poi infedele, avendo quest’ultimo trattenuto per sé gli assegni bancari ricevuti dai richiedenti il titolo edilizio al comune di Zocca, non sussistessero quelle circostanze univoche per ritenere il debitore liberato dai propri obblighi di pagamento nei confronti della civica amministrazione, con conseguente insussistenza dei presupposti per l’applicazione, nel caso di specie, dell’art. 1189 Cod. civ..
La motivazione contenuta nella citata sentenza del Consiglio di Stato che questo Tribunale, melius re perpensa, ritiene del tutto condivisibile è incentrata sul fatto che, nello specifico caso dei contributi urbanistici, la disciplina pubblicistica che li governa non consente, se non in casi eccezionali (nel caso dei pagamenti al comune di Zocca in questione certamente non ricorrenti) che detti contributi siano pagati con modalità diverse dal versamento diretto in tesoreria, con la conseguenza che in alcun modo il debitore poteva invocare il legittimo convincimento di avere pagato detti contributi all’effettivo creditore, trattandosi di pagamenti effettuati a mezzo di assegni bancari la cui quietanza sovente era costituita da una sorta di ricevuta pagamento apposta su un documento interno denominato “scheda oneri” con impresso il generico timbro “pagato” e sottoscritta con firma illeggibile da un presunto funzionario comunale, e mai di versamenti di contributi urbanistici comprovati mediante rilascio di regolare attestazione di pagamento rilasciata dalla Tesoreria del comune di Zocca.
La menzionata vigente disciplina pubblicistica in materia stabilisce infatti che l’attestazione dei pagamenti da effettuarsi alla Pubblica Amministrazione sia fatta esclusivamente tramite ricevuta rilasciata dal competente servizio di Tesoreria, con previsione avente valenza di principio generale, come dimostrato dal fatto che essa opera per i versamenti da effettuarsi sia all’amministrazione statale (art. 54 del R.D. n. 2440 del 1923;artt. 278 lett. d), 287 e 407 del R.D. n. 827 del 1924) sia alle amministrazioni comunali (art. 29 Regolamento comunale di contabilità) (V. Cons. Stato sez. II, n. 7964 del 2021 cit.).
Di qui, pertanto, la piena condivisibilità delle considerazioni e delle conclusioni a cui è pervenuta la Seconda Sezione del Consiglio di Stato, circa la non applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 1189 Cod. Civ.. Considerazioni e conclusioni che risultano ulteriormente rafforzate dalla disamina dell’elemento psicologico nei diversi protagonisti della vicenda in questione, posto che, oltre a quanto già detto sull’inesistente legittimo affidamento del solvens , mentre da un lato non vi è alcun dubbio sul grave comportamento doloso e penalmente rilevante del funzionario, dall’altro lato non è dato rilevare, nella peculiare vicenda esaminata e tenuto conto di detto articolato disegno criminoso perpetrato dal funzionario comunale al fine di appropriarsi, con modalità ingannevoli, di somme spettanti alla civica amministrazione, l’esistenza di alcuna attività di controllo, tra quelle previste dall’ordinamento, da ritenersi in grado di evitare l’accaduto (v. Cons. Stato sez. II n. 7964 del 2021 cit.).
Per quanto sopra esposto, il ricorso è respinto.
Sussistono, tuttavia, giustificati motivi per compensare, tra le parti, le spese di lite, tenuto conto del radicale mutamento di indirizzo giurisprudenziale di questo Tribunale riguardo alla principale questione esaminata.