TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-12-15, n. 202203643

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-12-15, n. 202203643
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202203643
Data del deposito : 15 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2022

N. 03643/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03014/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3014 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. F B, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia, domicilio fisico eletto presso l’ufficio dell’avv. D S sito in Palermo, via Sferracavallo n. 89/A;

contro

-l’Assessorato dei beni culturali e dell'identità Siciliana della Regione Siciliana, Dipartimento beni culturali e dell'identità siciliana, Servizio tutela 2, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
-la Riscossione Sicilia S.p.A., Agente della riscossione della provincia di Agrigento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Elisa Gullo, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

per l'annullamento

- della cartella di pagamento n. -OMISSIS- emessa da Riscossione Sicilia s.p.a. su incaricato dell'Assessorato BB.CC e dell'Identità Siciliana avente la causale "sanzioni per abusivismo edilizio in area tutela paesaggistica da anno 2002", recante l'intimazione di pagamento della somma di euro 17.962,04;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato per i Beni Culturali e l’Identità Siciliana;

Viste la memoria di costituzione della Riscossione Sicilia spa e la relativa documentazione;

Vista la memoria depositata dal ricorrente il 20 maggio 2022;

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione depositata dal ricorrente il 20 giugno 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del 17 novembre 2022, il dott. Calogero Commandatore e nessuno presente per le parti come specificato nel verbale;


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 18 novembre 2013 e depositato il 18 dicembre successivo, parte ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe.

Premesso che parte ricorrente, in data 28 febbraio 1995, ha depositato l’istanza prot. n. -OMISSIS- per ottenere la sanatoria relativamente al fabbricato sito a Lampedusa, -OMISSIS-.

In ragione di ciò, il 2 novembre 1998, la Soprintendenza ai beni culturali ha emanato il provvedimento n. -OMISSIS- nel quale ha rilasciato il nulla osta alla concessione in sanatoria. Inoltre, ha rilevato che in ragione della natura abusiva delle opere in questione – poiché realizzate senza il preventivo nulla osta della Soprintendenza – il mantenimento delle stesse deve essere subordinato al pagamento della indennità risarcitoria prevista dall’art 15 della legge n. 1497/39.

Successivamente, il Comune di Lampedusa con provvedimento n. -OMISSIS- del 7 maggio 1999 ha disposto il rilascio della concessione in sanatoria per le opere oggetto della richiesta formulata dal ricorrente.

In data 31 gennaio 2002 l’Assessorato ai Beni Culturali - tenendo conto della valutazione del danno compiuta dalla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Agrigento con la nota n. -OMISSIS- del 16 novembre 2001 pari al 6% del valore d’estimo dell’immobile - ha adottato il provvedimento n. -OMISSIS- decretando a carico della ditta -OMISSIS- l’obbligo di corrispondere la somma di 11.087,68 euro a titolo di indennità per il profitto conseguito dalla realizzazione delle opere abusive.

Parte ricorrente ha impugnato suddetti provvedimenti dinnanzi al Tar Sicilia - sede Palermo. All’esito del giudizio in questione, il Tribunale adito il 30 settembre 2002 ha emanato la sentenza n. -OMISSIS- dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

A seguito di ciò, con nota n. -OMISSIS- del 7 aprile 2011, l’Assessorato per i Beni Culturali –Dipartimento Beni Culturali e identità Siciliana ha chiesto all’odierno ricorrente il pagamento delle somme determinate nel decreto n. -OMISSIS- del 31 gennaio 2002 richiamando quale presupposto dell’intimazione l’adozione da parte del Tar Sicilia – sede Palermo della sentenza n. -OMISSIS- del 7 luglio 2010.

L’ente competente alla riscossione l’8 agosto 2013 ha notificato al ricorrente la cartella di pagamento n. -OMISSIS- per l’importo di 17.962,04 euro riguardante l’indennità pecuniaria prevista dall’art 167 del Dlgs. n. 42/2004.

In ragione di ciò, il ricorrente ha proposto ricorso per ottenere l’annullamento dei provvedimenti impugnati articolando le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 167 del d. Lgs. N. 42/2004;
Eccesso di potere per difetto d'istruttoria e travisamento dei presupposti - illegittimità derivata della cartella opposta;
Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990;
motivazione incongrua;
Eccesso di potere per illogicità manifesta;
Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà in termini;
Violazione dell'art. 28, comma 1, della legge 24 novembre 1981 n. 689 - prescrizione dell'illecito amministrativo e dell'intimazione di pagamento ingiunta con la cartella impugnata;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

Violazione e falsa applicazione dell'art.164 del decreto legislativo n. 490/99;
Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del decreto ministeriale bb.cc.aa. 26 settembre 1997;
Violazione e falsa applicazione del decreto inter assessoriale n. 6137 del 28.05.1999;
Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e dell'ingiustizia manifesta;
Eccesso di potere sotto il profilo dell'errata individuazione dei presupposti;
Eccesso di potere sotto il profilo della mancata congruità delle somme ingiunte e dell’erroneità della stima degli immobili.

L’Avvocatura di Stato si è costituita in giudizio per l’Assessorato per i Beni Culturali – Dipartimento dei Beni Culturali e identità Siciliana con atto depositato 13 gennaio 2014.

Con memoria del 17 gennaio 2014 la Riscossione Sicilia spa si è costituita in giudizio depositando documentazione.

In data 20 maggio 2022 parte ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha ribadito la fondatezza delle richieste formulate chiedendone l’accoglimento con vittoria di spese.

In vista della fissazione dell’udienza, inoltre, il 20 giugno 2022 ha depositato richiesta di passaggio in decisione senza preventiva discussione.

Alla pubblica udienza del 17 novembre 2022, nessuno presente per le parti come da verbale, la causa è posta in decisione.

Viene in decisione il ricorso avente ad oggetto l’annullamento della cartella di pagamento n. -OMISSIS- notificata l’8 agosto 2013 dalla Riscossione Sicilia spa, Agente della riscossione della provincia di Agrigento, su incarico dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Servizio tutela 2, per la causale “sanzioni per abusivismo edilizio in aree a tutela paesaggistica da anno 2002”, recante l’intimazione di pagamento della complessiva somma di euro 17.962,04.

In via preliminare occorre esaminare la censura sollevata dalla difesa della Riscossione Sicilia spa in ordine al difetto di legittimazione passiva del predetto ente.

In specie, sul punto si registrano delle oscillazioni giurisprudenziali in ordine al ruolo da attribuire all’ente addetto alla riscossione.

In specie, un primo orientamento ritiene sussistente il difetto de quo nei casi in cui i motivi di censura formulati nel ricorso attengono unicamente all'esistenza del credito e alla correttezza della sua quantificazione. (cfr. Tar Sicilia, Palermo, sez I 1 luglio 2022 n. 2146).

Un secondo orientamento esclude il difetto di legittimazione passiva dell’ente in ossequio ai principi enucleati dalla Suprema Corte (cfr. Cass., V, n. 22939 del 17 ottobre 2007, la quale fa seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite, n. 16412 del 25 luglio 2007) ritenendo che “a) nell’ipotesi di impugnazione della cartella di pagamento (o di altro atto esecutivo) la legittimazione passiva spetta certamente all’ente titolare del credito;
b) il contribuente può, tuttavia, proporre ricorso contro la cartella di pagamento (o altro atto esecutivo) evocando in giudizio a sua scelta l’ente creditore e/o l’agente della riscossione;
b) qualora sia evocato in giudizio solo l’agente della riscossione, questi deve chiamare in giudizio l’ente creditore, se non vuole rispondere dell’esito della lite (art. 39 del d. lgs. n. 112/1999, il quale dispone che il concessionario, nelle liti che non riguardino esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore, rispondendo, in mancanza, delle conseguenze della lite);
d) il giudice non è tenuto a disporre l’integrazione del contraddittorio in quanto nella specie non è configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario;
e) trattandosi di mera “litis denuntatio” e non di chiamata in causa del terzo, essa non necessita di autorizzazione da parte del giudice e può essere effettuata anche oltre il termine previsto per la costituzione in giudizio;
f) ciò in quanto, sebbene al contribuente sia attribuita la facoltà di evocare in giudizio il solo agente della riscossione, cionondimeno l’ente impositore resta, come già indicato, passivamente legittimato nella controversia (unitamente, come è ovvio, all’agente della riscossione)” (cfr. Tar Sicilia – Catania, sez III n. 2354 dell’ 11 ottobre 2019).

Ciò premesso, il Collegio ritiene di non condividere la tesi prospettata dalla difesa della Riscossione Sicilia sul difetto di legittimazione passiva dello stesso in quanto, nel caso di specie, le argomentazioni formulate dal ricorrente risultano direttamente correlate anche all’operato dell’ente riscossione.

Nel merito, il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità della pretesa avanzata dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità Siciliana affermando che l’amministrazione ha agito sulla base di errati presupposti di fatto. In specie, il decreto assessoriale n. -OMISSIS- del 31 gennaio 2002, posto alla base della cartella di pagamento, viene argomentato facendo riferimento alla sentenza n. -OMISSIS- emessa dal Tar Sicilia – Palermo il 7 luglio 2010.

Inoltre, il ricorrente ha contestato la pretesa creditizia sia sotto il profilo qualitativo, asserendo l’intervenuta prescrizione, sia quantitativo in considerazione della sproporzione della stima disposta dalla Soprintendenza di Agrigento con nota n. -OMISSIS- del 16 novembre 2001.

Il ricorso risulta fondato e, dunque, deve essere accolto.

Sul punto occorre premettere che la controversia oggetto del presente giudizio involge il dibattito giurisprudenziale che attiene alla natura giuridica della misura indennitaria prevista dall’art 167 del D.Lgs. n. 42/2004. In particolare, una prima tesi – richiamata dalla difesa del ricorrente – qualifica l’indennità in termini di sanzione amministrativa cui va applicata la disciplina sancita dalla legge n. 689/1981. In base a detta normativa, ai sensi dell’art 28, la misura indennitaria soggiace al termine di prescrizione quinquennale.

Tale tesi ha trovato l’avallo in diverse pronunce anche di questa Sezione (v. sentenza n. 2895 del 25 ottobre 2012;
sentenza n. 1336 del 27 aprile 2021). Tuttavia, non si ignora che recentemente ha trovato affermazione una linea interpretativa difforme, secondo la quale la “sanzione” ex art. 167 cit. avrebbe natura risarcitoria-ripristinatoria o indennitaria e, perciò, alla stessa non potrebbero applicarsi i precetti di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (cfr. Cons. St., II, 30.10.2020, n. 6678;
Cons. St., IV, 31.8.2017 n. 4109 Cons. St., VI, 20 ottobre 2016, n. 4400).

Il Collegio precisa che, a prescindere dalle valutazioni in ordine alla natura sanzionatoria dell’indennità de qua, l’individuazione del termine di prescrizione risulta comunque ancorato al quinquennio in ragione del principio generale desumibile dall’art 2043 cc.

Sul punto è opportuno evidenziare che, con le sentenze n. 95 del 9 febbraio 2021 e n. 532 del 14 giugno 2021, il C.G.A. è pervenuto, comunque, alla conclusione dell’applicabilità dell’istituto della prescrizione quinquennale, senza fondarla sull’art. 28 della l. n. 689/1981, bensì sulla natura di fatto illecito (lesione inferta al paesaggio) “a monte”, formale o sostanziale, riconducibile allo schema tipico dell’art. 2043, c.c.: è stato infatti spiegato che “Una volta che la competente amministrazione abbia deliberato la compatibilità esercitando la propria lata discrezionalità tecnica investente il profilo della non rilevante compromissione del paesaggio ed il quantum che costituisce alternativa all’obbligo del ripristino, pur sempre inizierebbe a prescriversi il diritto della stessa a pretendere il pagamento della somma suddetta”.

Sulla scorta di ciò, si ritiene che il termine di prescrizione della pretesa indennitaria ex art 167 del d.lgs. n. 42/2004 è quinquennale.

Dunque, superato tale aspetto problematico, la questione da esaminare attiene al momento in cui comincia a decorre il termine di prescrizione.

Sul punto è stato altresì precisato che: “a) sino al momento del rilascio del permesso di costruire in sanatoria nessun termine prescrizionale della pretesa ex art. 167 può decorrere;
b) lo stesso inizia a decorrere a partire dall’avvenuto rilascio del condono” fermo restando che “negli eccezionali casi normati dall’art. 25, della legge regionale della Sicilia del 10 agosto 2016 n. 16 nella parte in cui richiama l'articolo 182, comma 3 bis, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in cui il nulla osta della Soprintendenza (ed annesso, discrezionale, giudizio di compatibilità) sopravvenga al provvedimento di concessione in sanatoria, il dies a quo di maturazione della prescrizione non potrebbe che coincidere con l’esercizio della valutazione da parte dell’Autorità preposta al vincolo paesaggistico” (Tar Sicilia – Palermo, sez I, 25 ottobre 2021, n. 2895).

In specie, per quanto riguarda l'individuazione del dies a quo della decorrenza della prescrizione, il C.G.A., con decisione n. 123 del 13 marzo 2014, confermando la sentenza di questa Sezione n. 564/2012 - e aderendo all’orientamento espresso sia dal Consiglio di Stato (decisioni n. 1464/2009 e n. 2160/2010), sia dalle Sezioni riunite dello stesso C.G.A. (parere n. 188/11) - ha modificato il proprio indirizzo, ritenendo preferibile l’orientamento, secondo il quale “…il termine in questione deve ritenersi coincidente … con l’atto che fa cessare nel tempo la illiceità del comportamento edilizio osservato e cioè quello della intervenuta concessione edilizia in sanatoria, la quale appunto rimuove ogni ragione di incompatibilità dell’opera con gli assetti urbanistici e territoriali e fa venir meno dunque la permanente illiceità che l’accompagnava dall’atto della sua realizzazione ”;
sicché “… appare conforme ad una più attenta ricostruzione della disciplina giuridica da adottare assumere quale dies a quo per la prescrizione della sanzione qui in discussione il momento della intervenuta concessione edilizia …”. (Tar Sicilia – Palermo, sez I, n. 2639 del 30 novembre 2020;
Cons. Stato, sez. II, sent. n. 6605 del 2 ottobre 2019;
parere C.G.A.R.S. n. 364 del 2022;
C.G.A.R.S., sent. n. 95 del 2021).

Ciò premesso, dagli atti emerge che la concessione è stata rilasciata dal Comune con provvedimento n. -OMISSIS- del 7 maggio 1999 cui ha fatto seguito il decreto dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità Siciliana n. -OMISSIS- del 31 gennaio 2002 (dunque entro il termine quinquennale il cui dies a quo coincide con l’adozione della concessione in sanatoria). Tuttavia, a seguito di ciò, l’amministrazione è rimasta inerte attivandosi per far valere la pretesa al pagamento della somma dovuta a titolo di indennità risarcitoria solo con la comunicazione della nota n. -OMISSIS- del 7 aprile 2011. Infatti, solo in quella sede l’Assessorato ha avanzato la richiesta di pagamento avversata dal presente gravame.

Sul punto è necessario rilevare che il richiamo alla sentenza n. -OMISSIS- del Tar Sicilia-Palermo, Sez. I del 7 luglio 2010 non è pertinente rispetto alla vicenda relativa alla concessione in sanatoria e successiva intimazione al pagamento dell’indennità nei confronti dell’odierno ricorrente, in quanto il sig. -OMISSIS- non risulta interessato dal predetto giudizio. Infatti, come emerge dalla documentazione versata in atti, il giudizio proposto dal ricorrente avverso il decreto assessoriale n. -OMISSIS- - nel quale l’amministrazione ha disposto la misura indennitaria - si è concluso con una sentenza dichiarativa di inammissibilità per difetto di giurisdizione (Tar Sicilia – Palermo, sez I n. -OMISSIS- del 30 settembre 2002).

Al di là di tale aspetto, in ogni caso, la cartella esattoriale notificata al ricorrente risulta emessa dopo la scadenza del termine di prescrizione quinquennale e, pertanto, la pretesa creditizia si può ritenere prescritta. Ciò in quanto sia facendo riferimento alla data di rilascio della concessione in sanatoria (7 maggio 1999), sia tenendo conto dell’interruzione della prescrizione conseguente alla emissione del decreto dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità Siciliana n. -OMISSIS- del 31 gennaio 2002 il termine quinquennale risulta scaduto.

In ragione di ciò, tale censura assume carattere assorbente rispetto alla contestazione prospettata dal ricorrente in ordine alla errata quantificazione dell’indennità per violazione dell’art 2 del D.I. 26 settembre 1997.

In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono gli eccezionali motivi per compensare le spese di lite attese le oscillazioni giurisprudenziali sul tema.

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