TAR Salerno, sez. II, sentenza 2012-03-23, n. 201200536

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2012-03-23, n. 201200536
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201200536
Data del deposito : 23 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00754/2006 REG.RIC.

N. 00536/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00754/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 754 del 2006, proposto da:
Società B a r. l., nella qualità d’incorporante la Società Ecotec a r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. A R, elettivamente domiciliata, in Salerno, alla via Dogana Vecchia n. 40, presso lo studio dell’Avv. L V;

contro

Provincia d’Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. G G e C P, elettivamente domiciliata, in Salerno, alla via F. Manzo n. 53, presso lo studio dell’Avv. G C;
Comune di Grottaminarda, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Commissario ad acta, nominato con decreto del Prefetto di Benevento n. 15610/GAB. 173.4 del 4.07.05, dott.ssa Silvana D’Agostino, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato ex lege in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele n. 58, presso la sua Sede;

nei confronti di

P D e L Rocco E S, rappresentati e difesi dall’Avv. Salvatore Mileto, elettivamente domiciliati, in Salerno, alla via R. De Martino, 10, presso lo studio degli Avv. Mario Guarino e Mario Di Giulio;
L Maurizio, non costituito in giudizio;

per l’annullamento e la revoca

- A) della determinazione dirigenziale n. 9065 dell’1.02.06, successivamente notificata, con la quale il Dirigente del Servizio Lavori Pubblici della Provincia d’Avellino – Servizio Espropriazioni e Ge-stione Patrimonio – ha revocato l’autorizzazione all’uso del suolo in proprio demanio, posto lungo il confine dell’area a verde dell’I. T. I. S. “Majorana” di Grottaminarda, per un’estensione di mq. 370, ordinando nel contempo, alla ricorrente, il ripristino dello stato dei luoghi e la demolizione della strada, da questa realizzata per il transito di mezzi e persone tra i due stabilimenti industriali, in titolarità del Gruppo B;

- B) d’ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale, ed in particolare:

- del provvedimento di retrocessione n. 9 del 3.10.05, emesso dal Commissario ad acta presso il Comune di Grottaminarda in favore dei Sig.ri Eredi L, dell’area sulla quale insiste la strada, oggetto della revoca impugnata in via principale (conosciuto in data 16.02.06 in esito ad accesso documentale);

- del provvedimento n. 7 del 5.09.05, con il quale il Commissario ad acta presso il Comune di Grottaminarda ha dichiarato l’inservibilità dell’area, oggetto di retrocessione;

- della nota del 31.08.05, prot. gen. n. 41339, prot. Settore n. 7005, a firma del Dirigente dell’Ufficio Espropri, Settore Lavori Pubblici, della provincia d’Avellino, d’assenso alla stima della retrocessione principale (conosciuta in data 16.02.06, in esito ad accesso documentale);

- della nota del 17.01.05, n. prot. gen. 2252, n. 319 prot. Settore, a firma del Dirigente dell’Ufficio Espropri, Settore Lavori Pubblici, della provincia d’Avellino, di (presunto) assenso alla retrocessione (conosciuto in data 16.02.06, in esito ad accesso documentale);

- della nota del Responsabile del Settore Assetto del Territorio del Comune di Grottaminarda, n. 11351 del 5.08.05, di declaratoria d’inservibilità dell’area (conosciuta in data 16.02.06, in esito ad accesso documentale);

- d’ogni altro atto del procedimento;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Avellino, di P D e La ndi rocco E S e del Commissario ad acta dott.ssa D’Agostino Silvana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2012 il dott. P S;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.


FATTO

Nell’atto introduttivo del giudizio, indicato in epigrafe, la società ricorrente segnalava che, in data 4.03.87, il Comune di Grottaminarda aveva disposto l’espropriazione, tra gli altri, d’un suolo in proprietà degli eredi del Sig. L Rosario, sito in Grottaminarda, alla partita 5914, fol. 17, p.lla 261, in favore dell’Amministrazione Provinciale d’Avellino, per la costruzione di un plesso scolastico, denominato I. T. I. S. “Majorana”;
che l’edificazione della scuola, avvenuta secondo il progetto, aveva lasciato una fascia a verde, nella parte, confinante con il fondo degli eredi L, reliquato dall’espropriazione, della superficie di ca. 10.000 mq.;
che, negli anni successivi, la zona in questione era stata destinata, dal P. R. G. vigente, ad area industriale, ed aveva visto la collocazione di due opifici industriali, appartenenti al Gruppo B;
che gli stabilimenti di Grottaminarda, in particolare, erano stati destinati alla realizzazione di macchine, di grandi dimensioni, per gruppi elettrogeni industriali;
che, inoltre, la società B a r. l., nel dicembre 2004, aveva acquisito, per incorporazione, la società Ecotec a r. l., già, a sua volta, presente nel Gruppo B, anch’essa produttrice di gruppi elettrogeni industriali;
che la necessità di assicurare un indispensabile collegamento viario interno tra le società del Gruppo (i cui fondi erano fisicamente separati dalla proprietà Eredi L, residuata dall’espropriazione), aveva portato la società Ecotec a chiedere, all’Amministrazione Provinciale d’Avellino, la concessione, in uso, d’una striscia di terreno della larghezza di m. 7 e della lunghezza di m. 100, rientrante nell’area di rispetto dell’I. T. I. S. “Majorana”;
che l’Amministrazione Provinciale d’Avellino aveva pertanto concesso, alla società Ecotec, una superficie di circa 370 mq., per la realizzazione di una strada di collegamento tra le due aree industriali, completamente recintata da un muretto di calcestruzzo e da una rete, in modo da risultare invalicabile;
che tali opere erano state poi assentite, dal Comune di Grottaminarda, mediante d. i. a. del 31.08.00;
che, senza aver mai ricevuto alcuna comunicazione d’avvio del relativo procedimento, in data 6.02.06 la società ricorrente s’era, tuttavia, vista notificare l’impugnata determinazione dirigenziale, n. 9065 dell’1.02.06, con la quale il Dirigente del Servizio Lavori Pubblici della Provincia d’Avellino – Servizio Espropriazioni e Gestione Patrimonio – aveva revocato l’autorizzazione all’uso del suolo in proprio demanio, posto lungo il confine dell’area a verde dell’I. T. I. S. “Majorana” di Grottaminarda, per un’estensione di mq. 370, ordinando, nel contempo, alla ricorrente, il ripristino dello stato dei luoghi, con demolizione della strada, ivi realizzata;
che, una volta presentata richiesta d’accesso documentale ai prefati enti, la ricorrente aveva appreso che, con istanza del 18.11.02, gli eredi del Sig. R L avevano chiesto, al Comune di Grottami-narda, la retrocessione dell’area, concessa in uso alla Ecotec s. r. l., assumendo il venir meno della sua destinazione ad edilizia scolastica, in ragione della costruzione della strada;
che il Comune di Grottaminarda aveva avviato il relativo procedimento, chiedendo informazioni alla Provincia, la quale – con provvedimento del Dirigente del Servizio Legale n. 12795 del 12.03.03 – aveva affermato la sussistenza dell’interesse a lasciare tali suoli a destinazione di fascia di rispetto dell’I. T. I. S. “Majorana”;
che il Comune, tuttavia, non aveva concluso il procedimento, denegando la richiesta retrocessione, in conseguenza della risposta fornita dalla Provincia, ma era restato inerte;
che gli eredi L, dopo aver proposto ulteriore diffida, avevano allora impugnato il silenzio, così serbato dall’ente, dinanzi al T. A. R. del Lazio;
che detto Tribunale, Sez. I ter, con sentenza n. 4196 dell’11.05.04, aveva annullato il silenzio, serbato dal Comune, ordinando all'ente di provvedere e nominando, sin da allora, il Prefetto di Benevento quale Commissario ad acta, per l’ipotesi di perdurante inadempimento;
che stante l’inerzia del Comune, il Prefetto di Benevento aveva delegato i suoi poteri di commissario ad acta alla dott.ssa Silvana D’Agostino;
che quest’ultima, insediatasi in data 12.07.05, aveva rinvenuto, agli atti del procedimento, una nota del 17.01.05, prot. gen. n. 2252, n. 319 prot. Settore Lavori Pubblici, della Provincia d’Avellino, e l’aveva ritenuta (ad avviso della ricorrente, erroneamente) d’assenso alla retrocessione;
che, in seguito, anche il Comune di Grottaminarda aveva fatto pervenire la nota del Responsabile del Settore Assetto del Territorio, n. 11351 del 5.08.05, di declaratoria d’inservibilità dell’area (perché di fatto – stante l’esistenza della recinzione a servizio della strada – sottratta all’uso, cui era stata inizialmente destinata), che, pertanto, raggiunto l’accordo delle parti circa il costo di retrocessione – concordato tra la Provincia e gli Eredi L in € 15,00 al mq., secondo la stima effettuata dall’U. T. C. di Grottaminarda – con provvedimento n. 7, del 5.09.05, il Commissario ad acta aveva dichiarato l’inservibilità dell’area ed aveva, quindi, disposto la retrocessione, in favore degli Eredi L, dell’area, sulla quale insisteva la strada, oggetto dell’impugnata revoca;
tanto premesso la società ricorrente, avverso gli atti, specificati in epigrafe, articolava le seguenti censure:

- 1) Violazione delle norme e dei principi in tema di partecipazione procedimentale;
violazione degli artt. 7 e ss. l. 241/90;
illogicità, sviamento e carenza d’istruttoria: era stata violata la disciplina in tema di comunicazione d’avvio del procedimento, sia da parte della Provincia d’Avellino, sia da parte del Commissario ad acta del Comune di Grottaminarda, riguardo rispettivamente al provvedimento di revoca della concessione d’uso ed al provvedimento di retrocessione;

- 2) Illegittimità derivata dai vizi, inficianti il provvedimento di retrocessione:

- 2.1) Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di retrocessione, ed in particolare degli artt. 47 e ss. del d.P.R. 327/01 e degli artt. 60 e ss. della l. 2359/1865;
sviamento, errore sui presupposti, travisamento di legge: la circostanza che nel 2000 – 16 anni dopo la costruzione della predetta opera d’edilizia scolastica – la Provincia d’Avellino, ente proprietario, avesse deciso di concedere, in uso, una striscia della sua fascia di verde (d’appena 370 mq.) in favore di un’opera privata d’interesse pubblico era, per la ricorrente, circostanza che non poteva dar luogo ad alcuna retrocessione, essendo stata, l’opera, costruita conformemente alla dichiarazione di p. u.;

- 2.2) Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di retrocessione, ed in particolare degli artt. 47 e ss. del d. P. R. 327/01 e degli artt. 60 e ss. della l. 2359/1865;
sviamento, errore sui presupposti, travisamento di legge: l’accoglimento dell’istanza del privato, di retrocessione parziale, era subordinata all’accertamento, discrezionale, della non utilità del bene rispetto all’opera eseguita, laddove, nella specie, sarebbe mancata una valida dichiarazione di “inservibilità” dell’area, da parte della Provincia d’Avellino, unico ente legittimato a renderla (tale non potendo esser considerato, in particolare, il Commissario ad acta);
del resto, lo stesso commissario ad acta, piuttosto che motivare, congruamente, nel senso dell’inservibilità dell’area, s’era limitato a richiamare due note, della Provincia d’Avellino e del Comune di Grottaminarda, nessuna delle quali, a sua volta, costituiva, ad avviso della ricorrente, una valida dichiarazione, del tipo richiesto;

- 2.3) Carenza d’istruttoria, difetto assoluto di motivazione, illogicità ed irragionevolezza, sviamento, mancata comparazione degli interessi in gioco;
violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/90: il provvedimento di retrocessione mancava d’ogni autonomo accertamento circa l’interesse pubblico, sotteso alla sua adozione;
né erano stati adeguatamente comparati gli interessi in gioco, mostrando il commissario ad acta addirittura d’ignorare la stessa esistenza della strada, costruita tra i due stabilimenti della ricorrente e della concessione rilasciata, in favore della medesima, dalla Provincia d’Avellino;
tan-to più grave si palesava tale forma d’eccesso di potere, in considerazione della mancata comunicazione, alla ricorrente, dell’avvio del relativo procedimento;

- 2.4) Seguiva, in via dichiaratamente tuzioristica, l’impugnativa della nota del 17.01.05, n. prot. gen. 2252, n. 319 prot. settore, a firma del dirigente dell’Ufficio Espropri, Settore Lavori Pubblici, della Provincia d’Avellino;
e della nota del Responsabile del Settore Assetto del Territorio del Comune di Grottaminarda, n. 11351 del 5.08.05, per i medesimi motivi di cui ai capi 2.2) e 2.3), da intendersi come integralmente riproposti e trascritti.

Si costituiva in giudizio, in data 14.04.06, il commissario ad acta, dr.ssa Silvana D’Agostino, con il patrocinio dell’Avvocatura di Stato, con atto di forma.

L’Amministrazione Provinciale d’Avellino si costituiva in giudizio, in data 16.05.06, con memoria di stile;
faceva seguito, in data 13.07.06, il deposito di documentazione pertinente al ricorso, tra cui una relazione del responsabile dell’Ufficio Espropriazioni e Gestione Patrimonio della Provincia d’Avellino, del 30.06.05.

In data 21.03.07, si costituivano in giudizio i controinteressati, P D e L Rocco E S, depositando memoria difensiva, in cui preliminarmente eccepivano l’inammissibilità dell’impugnativa, nella parte in cui si dirigeva contro il provvedimento di retrocessione emesso dal Commissario ad acta, essendo gli atti, emanati da tale organo, unicamente impugnabili, nelle forme del giudizio d’ottemperanza, innanzi al Giudice Amministrativo (T. A. R. Lazio) che l’aveva nominato suo ausiliario.

In ogni caso, le censure, dirette avverso tale provvedimento, erano infondate;
dall’inammissibilità od infondatezza delle censure de quibus, derivava che non poteva ritenersi sussistere alcuna violazione dell’art. 7 della l. 241/90, relativamente al provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’uso del suolo, in favore della società B a r. l., emanato dalla Provincia, essendo stata, la sua adozione, consequenziale alla disposta retrocessione e vincolata nel contenuto (che giammai avrebbe potuto esser diverso da quello adottato);
né, del resto, la società ricorrente aveva sollevato, nel gravame, la questione di un eventuale indennizzo, in suo favore, da parte dell’Amministrazione Provinciale, ex art. 21 quinquies l. 241/90.

In data 20.03.08 i controinteressati producevano perizia extragiudiziale a firma di un tecnico, relativa alla descrizione dei luoghi di cui al ricorso, ed altri documenti.

Seguiva, in data 3.04.08, il deposito di un atto di costituzione, in sostituzione, da parte della difesa dell’Amministrazione Provinciale d’Avellino.

All’udienza pubblica del 10.04.08 il ricorso era trattenuto in decisione.

La Sezione, con la sentenza n. 2090 dell’8 luglio 2008, provvedeva come segue: a) dichiarava l’inammissibilità dell’impugnativa del decreto di retrocessione parziale emesso dal commissario ad acta in esecuzione della sentenza del T.A.R. per il Lazio, ritenendo funzionalmente competente detto T. A. R. in sede di incidente d’esecuzione da promuovere avverso gli atti del commissario nominato quale ausiliario, ed affermando l’operatività di tale principio anche per il terzo – quale la ricorrente B s.r.l. –, che lamenti l’invasione della propria sfera giuridica da parte dell’attività commissariale;
b) quanto all’impugnato provvedimento di revoca della concessione in uso e di rimessione in pristino, respingeva l’impugnativa nel merito con la motivazione, che i denunziati vizi di illegittimità derivata sarebbero attratti dalla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnativa proposta contro l’atto presupposto, mentre il dedotto vizio autonomo (violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990 per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca) sarebbe stato infondato, trattandosi di atto dovuto e vincolato, strettamente consequenziale alla pronunciata retrocessione parziale, con conseguente operatività dell’art. 21 octies l. n. 241/1990;
c) dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti.

Avverso tale sentenza proponeva appello la soccombente B s.r.l., deducendo i seguenti motivi: a) l’erronea declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sotto vari profili, in ispecie sotto quello che la sentenza ottemperanda, pronunciata ex art. 21 bis l. n. 1034/1971, conteneva una mera declaratoria dell’obbligo di provvedere, non dettando alcuna regola conformativa, la cui attuazione in sede di ottemperanza fosse aggredibile in sede di incidente di esecuzione, tanto meno da terzo estraneo al giudizio sul silenzio – inadempimento;
b) la contraddittorietà dell’impugnata sentenza, laddove decideva nel merito dell’impugnazione proposta avverso l’atto di revoca della concessione in uso dell’area retrocedenda nel contempo affermando la competenza del T. A. R. per il Lazio a decidere sull’impugnazione dell’atto presupposto di retrocessione, mentre i primi giudici o avrebbero dovuto decidere nel merito entrambe le impugnazioni, oppure ritenere l’intera controversia di competenza del T.A.R. per il Lazio;
c) l’erroneo rigetto della censura di violazione dell’art. 7 l. n. 241/2010.

Con sentenza n. 3209 del 2010 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, accoglieva il suddetto appello, in base alle motivazioni, che si riportano integralmente:

“Premesso che la sentenza ottemperanda del T. A. R. per il Lazio n. 4196 del 15 gennaio 2004 – il quale, sebbene territorialmente incompetente, aveva deciso la causa nel merito sul rilievo della mancata rituale proposizione di regolamento di competenza – era stata emessa in sede di giudizio ex art. 21 bis l. n. 1034/1971, limitandosi a dichiarare l’obbligo del Comune di Grottaminarda di concludere il procedimento di retrocessione parziale sull’istanza presentata dagli espropriati ed a nominare il commissario ad acta per l’ipotesi di persistente comportamento silente dell’amministrazione comunale oltre il termine assegnato in sentenza, si osserva che, a fronte della discrezionalità amministrativa connotante il provvedimento di retrocessione parziale (e la previa dichiarazione d’inservibilità dell’area rimasta inutilizzata ai fini espropriativi) adottato dal commissario ad acta, gli atti dallo stesso emessi nell’esercizio dei poteri dell’amministrazione comunale, rimasta soccombente nel giudizio sul silenzio, sono impugnabili, secondo i principi generali, con un ulteriore ricorso di legittimità, e non già con un incidente di esecuzione da proporre al giudice adito col ricorso avverso il silenzio, agendo il commissario ad acta nel caso di specie quale ausiliario/organo della pubblica amministrazione e non già quale ausiliario del giudice statuente l’obbligo di provvedere (v. sul punto, in fattispecie analoga, C. d. S., Sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2442).

L’odierna appellante, quale terza titolare di una situazione giuridica dipendente dalla situazione proprietaria acquisita dall’ente beneficiario dell’espropriazione per pubblica utilità e di riflesso pregiudicata dal provvedimento di retrocessione parziale, aveva dunque correttamente impugnato il provvedimento del commissario ad acta, unitamente al consequenziale provvedimento di revoca della concessione in uso emesso dall’ente beneficiario dell’espropriazione, proponendo ordinario ricorso di legittimità dinnanzi al T. A. R. territorialmente competente ex art. 3 lett. b) n. 3) l. n. 1034/1971, sicché s’impone l’accoglimento del primo motivo d’appello, assorbente ogni altra doglianza.

Sebbene la questione della delimitazione tra atti del commissario ad acta impugnabili con lo strumento dell’incidente di esecuzione ed atti commissariali impugnabili con lo strumento del ricorso ordinario di legittimità costituisca, di norma, mera questione di rito, nel caso di specie tuttavia la stessa – per effetto dell’omessa rituale proposizione del regolamento di competenza dinnanzi al T. A. R. per il Lazio, adito col ricorso sul silenzio sebbene territorialmente incompetente – s’intreccia con una questione di competenza.

Ed infatti, la statuizione d’inammissibilità contenuta nella parte dispositiva della qui gravata sentenza del T. A. R. per la Campania si risolve, in realtà, in una pronuncia d’incompetenza “in favore” del T. A. R. per il Lazio – ritenuto funzionalmente competente quale giudice che ha emesso l’ottemperanda sentenza sul silenzio – inadempimento, risultando un tanto in modo chiaro ed univoco dal tenore della parte motiva enunciativa della ratio decidendi, nella parte in cui testualmente recita: “La circostanza, che il decreto di retrocessione impugnato sia stato emesso, da commissario ad acta, nominato dal Prefetto di Benevento, all’interno del procedimento, volto all’esecuzione della prefata decisione del T. A. R. Lazio – Sez. I ter – n . 4196/04, esplica indubbi effetti, in punto di giudice competente a decidere circa l’impugnazione del medesimo”.

Ne deriva, che la gravata sentenza, sostanzialmente declinatoria della competenza del T. A. R. adito a conoscere del ricorso proposto dall’odierna appellante, a norma dell’art. 35 l. n. 1034/1971 va annullata con rinvio al primo giudice.

Considerato il rapporto di consequenzialità che, a livello di diritto sostanziale, lega il provvedimento di revoca della concessione in uso al provvedimento di retrocessione parziale, e che, nella gravata sentenza, è stato posto a base del rigetto dell’impugnativa del provvedimento di revoca, l’effetto espansivo interno scaturente dalla pronuncia d’annullamento del capo della sentenza relativo al provvedimento presupposto di retrocessione comporta la caducazione del capo di rigetto dell’impugnativa proposta avverso il provvedimento di revoca”.

In conformità alle suesposte considerazioni, il C. di S., definitivamente pronunciando sull’appello di cui sopra, lo accoglieva e, per l’effetto, annullava l’impugnata sentenza, rinviando la controversia a questa Sezione per il prosieguo, dichiarando le spese di causa del doppio grado interamente compensate tra le parti.

Incardinatosi nuovamente il giudizio innanzi a questa Sezione, seguiva – in data 6.12.2011 – il deposito di documentazione nell’interesse della ricorrente;
indi, alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e va accolto.

Carattere dirimente assume la considerazione delle censure, esposte sub 2.1 e 2.2 dell’atto introduttivo del giudizio.

Anzitutto s’osserva che la fisionomia dell’istituto della retrocessione parziale, e la sua distinzione rispetto a quello della retrocessione totale, sono efficacemente scolpite nella massima, che di seguito si riporta: “L’istituto della retrocessione, disciplinato in passato dagli artt. 60 - 63, l. n. 2359 del 1865 ed ora dagli artt. 46 - 48, d. P. R. n. 327 del 2001, dà titolo alla restituzione dei beni espropriati, quando non è stata posta in essere o non è più utilizzabile l’opera alla cui realizzazione gli stessi erano stati destinati dalla dichiarazione di pubblica utilità (retrocessione totale), ovvero quando, pur essendo stata eseguita l’opera pubblica o di pubblica utilità, emerga che uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto, in tutto o in parte, la prevista destinazione (retrocessione parziale). In particolare, nell’ipotesi di retrocessione totale, contraddistinta dalla mancata realizzazione dell’opera prevista dalla dichiarazione di pubblica utilità – ivi compreso il caso della sostituzione con un’opera completamente diversa da quella programmata – sussiste un vero e proprio diritto soggettivo dell’originario proprietario ad ottenere la restituzione del bene oggetto della procedura ablatoria;
nell’ipotesi di «retrocessione parziale», invece, la legge rimette all’autorità espropriante la formale determinazione della parte del bene espropriato che non può più essere utilizzata per le finalità risultanti dalla dichiarazione di pubblica utilità e che di conseguenza può tornare nella disponibilità del soggetto che ne era stato privato, in esito ad una valutazione discrezionale sindacabile dinanzi al giudice amministrativo. Inoltre, l’applicabilità delle norme sulla «retrocessione» non trova ostacolo nella circostanza che i beni interessati siano stati oggetto di «cessione volontaria» anziché di espropriazione” (T. A. R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 15 maggio 2008, n. 241).

Ne consegue che la valutazione circa “la parte del bene espropriato che non può più essere utilizzata per le finalità risultanti dalla dichiarazione di pubblica utilità e che di conseguenza può tornare nella disponibilità del soggetto che ne era stato privato”, effettuata dall’Autorità espropriante (nella specie, dal Commissario ad acta nominato dal T. A. R. Lazio, stante l’inerzia della suddetta Autorità), è frutto di una valutazione discrezionale, la cui legittimità può essere pacificamente vagliata dal G. A.

Nella specie, il provvedimento di retrocessione parziale emesso dal Commissario ad acta – e il presupposto decreto d’inservibilità dell’area da retrocedere – si sono fondati, sul piano logico, su due atti – uno promanante dal Settore Lavori Pubblici della Provincia di Avellino, e l’altro dal Settore Assetto ed Utilizzazione del Territorio del Comune di Grottaminarda – inidonei, a parere del Collegio, a dimostrare l’inutilità dell’area de qua, ai fini dedotti nella dichiarazione di p. u.

E valga il vero: quanto al primo – nota della Provincia di Avellino, prot. 02252 – 319 del 17.01.2005, rivolta al Settore Tecnico del Comune di Grottaminarda – essa è del tutto anodina, limitandosi il dirigente dell’Ufficio Espropri ad esprimere un mero parere “che un atto deliberativo di giunta comunale possa determinare la presa d’atto della sentenza e contestualmente dichiarare la retrocessione del bene oggetto di retrocessione a favore dei ricorrenti”;
tra l’altro la stessa è in palese contrasto con altra manifestazione di giudizio, circa la tematica in esame, espressa dall’Amministrazione Provinciale nella specie, vale a dire con la nota prot. n. 12975 del 12.03.2003, sottoscritta dal Dirigente del Servizio Legale della Provincia, anch’essa indirizzata dal Comune di Grottaminarda (oltre che al Settore Edilizia Scolastica dell’ente provinciale), il cui firmatario, in risposta ad una specifica richiesta di esprimersi “in merito ad un’eventuale retrocessione dei fondi di proprietà L”, “a suo tempo espropriati e destinati a pertinenza dell’I. T. I. S.”, così testualmente si pronunciava: “Essendo detta destinazione tuttora valida è inibito ogni apprezzamento discrezionale di questa Amministrazione circa la chiesta retrocessione”;
la nota in oggetto proseguiva con l’affermazione che l’istanza di retrocessione in parola, cui si riferiva il giudizio dinanzi al T. A. R. Lazio, intrapreso dai signori L, sarebbe stata “destituita di ogni fondamento”.

Quanto all’altro dei prefati presupposti, su cui s’è basata l’adozione del decreto di parziale retrocessione, esso è costituito dalla nota, prot. 11351 del 5.08.2005, rivolta al Commissario ad acta, nella quale l’ingegnere capo, responsabile del Settore III del Comune di Grottaminarda, osservava che “parte dell’area espropriata agli eredi di L Rosario (…) risulta, di fatto, sottratta all’uso cui era destinata dal progetto approvato per la dichiarazione di pubblica utilità, non essendo utilizzata come area pertinenziale dell’edificio scolastico, dalla quale è separata da recinzione priva di aperture od accessi”.

Rileva il Collegio come la stessa – nel motivare circa la presunta sottrazione dell’area in questione alle proprie finalità pubblicistiche – abbia valorizzato esclusivamente la circostanza della sua recinzione: ma la stessa rappresenta un elemento in sé ambiguo, privo di ogni carattere dirimente.

Ma quand’anche la nota in commento avesse attribuito valore decisivo – il che tra l’altro non è avvenuto – alla circostanza che, nel 2000, la Giunta Provinciale di Avellino aveva autorizzato l’uso di detta striscia di terreno, destinata a verde, in favore della società Ecotec, per la realizzazione di un tratto di strada, a servizio del proprio stabilimento, le suddette conclusioni non sarebbero mutate, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale espresso nella pertinente decisione che segue: “La concessione in temporaneo uso di un bene pubblico non vale a sottrarre il bene stesso al regime giuridico proprio della sua destinazione pubblicistica;
i proprietari delle aree espropriate, pertanto, non hanno diritto alla loro retrocessione, per mancata utilizzazione delle stesse, se l’amministrazione, per realizzare fini di interesse pubblico le abbia temporaneamente concesse in uso a terzi” (Consiglio Stato, sez. IV, 16 giugno 1987, n. 356);
e il principio ivi espresso non pare davvero possa essere obliterato, se invece della realizzazione di interessi pubblici si tratti, come nella specie, del perseguimento di fini privati, ma pur sempre d’innegabile rilievo pubblicistico.

Soprattutto va condivisa l’argomentazione di parte ricorrente, secondo cui né detta nota, né il decreto di retrocessione che l’ha assunta a proprio presupposto legittimante, hanno sostenuto, in maniera inequivoca, che detta area fosse stata permanentemente sottratta alla destinazione, per la quale ne era stata pronunziata l’espropriazione, a ciò non valendo certamente la circostanza della sua concessione in uso alla ricorrente, per sua natura temporanea (tanto che nella delibera di G. P. n. 489 del 20.07.2000 testualmente s’affermava che per eventuali inottemperanze (alle condizioni d’utilizzo dettate dal Settore Edilizia Scolastica) l’Amministrazione avrebbe potuto dichiarare la decadenza della concessione e “il ripristino dello stato preesistente”).

Né tali esiti possono essere revocati in dubbio, in base alla considerazione, espressa nella memoria difensiva dei controinteressati, a mente della quale i profili, dianzi esplorati, sarebbero stati assorbiti “dalla nomina del commissario ad acta, resa necessaria dall’inerzia degli organi ordinariamente competenti”: se è vero, infatti, che l’attività, posta in essere da quest’ultimo in virtù dei suoi poteri sostitutori, supera e compendia in sé le valutazioni espresse dall’Amministrazione sostituita, è altrettanto innegabile come – essendo state dette valutazioni, mediante l’utilizzo della tecnica della cd. motivazione “per relationem”, assunte, in sostanza, ad unico fondamento della determinazione, adottata dal commissario ad acta nella specie – ben può il Tribunale, in accoglimento delle censure di parte ricorrente, vagliarne, in senso negativo, la congruenza, la logicità e la sufficienza, ai fini che legittimano l’adozione del gravato provvedimento di retrocessione parziale.

Naturalmente le considerazioni, testé espresse, che determinano l’annullamento del decreto di retrocessione de quo, implicano, secondo il noto meccanismo dell’illegittimità derivata, la caducazione anche dell’impugnato provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’uso del suolo, a suo tempo concesso dalla Provincia alla società ricorrente, che si fonda, a sua volta, unicamente sul presupposto dell’intervenuta restituzione dell’area, in favore degli eredi L, per effetto del decreto commissariale in questione.

Stante la decisività degli esposti rilievi, non v’è ragione di analizzare le ulteriori censure di parte ricorrente.

Attesa la complessità e la particolarità della fattispecie esaminata, il Tribunale ritiene giustificato disporre l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.

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