TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-11-04, n. 201512416

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-11-04, n. 201512416
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201512416
Data del deposito : 4 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05199/2015 REG.RIC.

N. 12416/2015 REG.PROV.COLL.

N. 05199/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5199 del 2015, proposto da:
A Spa, A G S, Servizi Marittimi Liberi Giuffrè &
L S, A S, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dall'avv. prof. F C, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via Vittoria Colonna, 32;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Cantieri del Mediterraneo Spa, Associazione Movimento Consumatori, Circolo del Partito Democratico dell'Isola di C, Paola Marazzina, Pietro Paolo Federico, Mario Goffredo, Forum dei Giovani di C e Anacapri, Roberto Bozzaotre, Luca Della Femmina, Costanza Cerrotta;

per l'annullamento, previa sospensione,

- del provvedimento n. 25295 del 28.1.2015, pubblicato in data 10.2.2015 mediante il quale è stato, tra l’altro, deliberato che le ricorrenti avevano messo in atto un’intesa unica, complessa e continuata, realizzatasi anche attraverso organismi comuni, avente per oggetto “…la ripartizione dei costi/ricavi in quote storiche predeterminate per mantenere invariati i margini di profitto relativi nel mercato del trasporto passeggeri, con o senza veicoli al seguito, nei golfi campani e da Napoli e/o da alcuni porti laziali con le isole Eolie e Pontine, almeno dal 1998 ad oggi, in violazione dell’articolo 101 TFUE”, con la conseguente irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a € 1.850.000 per Alilauro S.p.A., € 900.000 per A G S.p.A., € 370.000 per A S.p.A., € 1.000 per Servizi Liberi Marittimi Giuffrè &
Lauro S.r.l.;

- nonché, per quanto occorre possa, di ogni atto presupposto, successivo o comunque connesso al provvedimento appena richiamato, tra cui: (i) il provvedimento di avvio n. 24357 del 30.5.2013;
(ii) il provvedimento di ampliamento dell’istruttoria n. 24514 dell’11.9.2013;
(iii) la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie del 4.7.2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 21 ottobre 2015 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Nel corso del 2008, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avviava un procedimento istruttorio nei confronti di diverse imprese private operanti nel settore del trasporto marittimo, al fine di accertare l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale nel mercato riguardante il trasporto passeggeri nei golfi di Napoli e Salerno. A seguito della presentazione di “impegni” da parte delle imprese interessate, l’Autorità, nell’ottobre del 2009, li accoglieva e li rendeva obbligatori.

In particolare, l’attenzione dell’AGCM si era incentrata essenzialmente sulla costituzione tra tali imprese, già nel 1998, del Consorzio Linee Marittime Partenopee (CLMP) - costituito per occuparsi di un’iniziativa denominata “Biglietto Unico” ma ritenuto svolgente attività suscettibili di ridurre gli spazi per l’adozione di condotte autonome da parte delle imprese - e, più di recente, dell’Associazione Cabotaggio Armatori Partenopei (ACAP). Entrambe tali strutture avevano contribuito, ad opinione dell’AGCM, ad agevolare contatti che, sistematicamente ripetuti, avevano portato a ripartire le diverse rotte in modo da evitare “sovrapposizioni” sulla parte di mercato non gravata da obblighi di servizio pubblico e, conseguentemente, ridurre o anche eliminare la concorrenza in tale ambito territoriale.

I su richiamati impegni obbligatori, quindi, prevedevano, in sintesi, di: a) evitare lo scambio di dati sensibili e commerciali, limitando le iniziative comuni agli standard di qualità del servizio;
b) sciogliere il CLMP entro il 31.7.2009 e limitare l’iniziativa “Biglietto Unico” alle rotte (da e) per l’isola di C;
c) predisporre e adottare una “Carta dei servizi” per l’utenza;
d) predisporre misure a favore del consumatore soprattutto in ordine alla tempestiva informazione di eventuali funzionamenti irregolari del servizio nonchè alla rimborsabilità dei titoli di viaggio e/o al loro possibile utilizzo per corse in date successive.

Le imprese presentavano nel corso del 2010 le prime relazioni di ottemperanza ma, nei mesi di agosto e settembre di quell’anno, pervenivano all’Autorità alcune segnalazioni che lamentavano aumenti dei prezzi su tali rotte;
era poi riscontrata l’esistenza di un comunicato stampa dell’ACAP in cui si riferiva della volontà di abolire la tariffa agevolata “residenti” a partire dall’11.8.2010. Forniti dalle aziende interessate chiarimenti sul punto in seguito alla richiesta dell’AGCM, nel corso del 2011 e del 2012 continuavano però a pervenire all’Autorità segnalazioni in ordine a rilevati incrementi coordinati dei prezzi ed a iniziative congiunte poste in essere in essere dagli armatori privati in materia di tariffe passeggeri, unite a disservizi di vario tipo.

L’Autorità, quindi, con delibera del 30 maggio 2013 avviava un procedimento ex art. 14-ter, comma 2, l. n. 287/90 per violazione degli impegni nonché provvedeva, contestualmente, a riaprire nei confronti delle stesse parti il precedente procedimento, ai sensi degli artt. 14 e 14-ter, comma 3, l. cit., al fine di accertare l’esistenza di una o più violazioni dell’art. 2 l. cit. o dell’art. 101 TFUE. Successivamente, con autonoma delibera dell’11 settembre 2013, il procedimento era esteso, dal punto di vista oggettivo, all’accertamento di ulteriori ipotesi di coordinamento delle strategie commerciali fra concorrenti suscettibili di autonome violazioni degli artt. 2 o 101 citt.

Tale delibera era impugnata avanti a questo TAR da alcune società interessate (n.r.g. 9052/2013 tuttora pendente) ma la domanda cautelare era rigettata.

Il nuovo procedimento vedeva una complessa fase istruttoria, con la partecipazione delle interessate e di alcuni segnalanti, e si concludeva, dopo la comunicazione delle risultanza istruttoria (CRI) del 4 luglio 2014, con il provvedimento n. 25295 del 28.1.2015, con il quale l’Autorità deliberava, dopo ampia ricostruzione dei fatti e motivazione in diritto, che le società ivi indicate non avevano rispettato gli impegni resi obbligatori, che le medesime società, oltre ad altra, avevano messo in atto un’intesa unica, complessa e continuata, realizzatasi anche attraverso gli organismi comuni - quali una nuova società nel frattempo costituita, la Gescab srl, il CLMP in liquidazione e l’ACAP – avente per oggetto la ripartizione dei costi/ricavi in quote storiche predeterminate per mantenere invariati i margini di profitto relativi nel mercato del trasporto passeggeri, con o senza veicoli al seguito, nei golfi campani e da Napoli e/o da alcuni porti laziali con le isole Eolie e Pontine, almeno dal 1998 ad oggi, in violazione dell’articolo 101 TFUE.

L’AGCM disponeva l’inibitoria da comportamenti analoghi per il futuro, imponeva la presentazione, entro 120 giorni, di una relazione circa le misure adottate per eliminare il comportamento descritto e applicava a ciascuna società, al CLMP in liq., alla Gescab srl e all’ACAP sanzioni amministrative differenziate per importo in relazione al fatturato e alla situazione di bilancio di ognuna.

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, le quattro società in epigrafe chiedevano l’annullamento, previa sospensione, di tale provvedimento e di quelli presupposti pure indicati in epigrafe, lamentando, in sintesi, quanto segue.

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 14-ter e 15 della legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 7 e 14 del D.P.R. n. 217/1998. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 2, 23, comma 2, e 27 del Regolamento comunitario n. 1/2003. Eccesso di potere per violazione del contraddittorio e difetto di istruttoria. Sviamento di potere. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza. Travisamento dei fatti” .

Per le ricorrenti il procedimento diretto alla contestazione dell’inottemperanza agli impegni non poteva svolgersi contestualmente a quello di accertamento della presunta intesa, in quanto i commi 2 e 3 dell’art. 14-ter l n. 287/90 contemplavano ipotesi distinte, da verificare entrambe in procedimenti autonomi, che dovevano porsi semmai in sequenza temporale e ciascuno con autonoma istruttoria idonea a consentire la partecipazione dell’interessato per l’unica ipotesi considerata, secondo quando emerso dalle prassi applicative della medesima AGCM nonché della Commissione Europea.

Né, secondo le ricorrenti, la riapertura della medesima istruttoria in precedenza chiusa con l’accoglimento degli impegni poteva essere utilizzata quale strumento per estenderla soggettivamente ed oggettivamente, come invece operato dall’Autorità.

II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 14-ter e 15 della legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 7 e 14 del D.P.R. n. 217/1998. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 2, 23, comma 2 e 27 del Regolamento comunitario n. 1/2003. Violazione dell’art. 24 Costituzione. Violazione dell’art. 6 TFUE. Violazione dei diritti di difesa e del principio del contraddittorio. Difetto di istruttoria. Sviamento di potere. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza” .

Le ricorrenti lamentavano di non essere state giudicate da un soggetto “terzo e imparziale”, in quanto il Collegio dell’Autorità, che ha assunto la decisione finale, sin dalla delibera di avvio dell’istruttoria ex art. 6, comma 1, dpr n. 217/98, aveva perentoriamente (già) affermato che le parti avevano posto in essere un comportamento in violazione degli impegni resi obbligatori, anticipando così il giudizio anche in ordine alla continuazione dell’intesa ex art. 14-ter, comma 3, l. cit. e rendendo il successivo contraddittorio meramente fittizio, in violazione di principi generali mutuati dal processo penale e richiamati anche dalla giurisprudenza della CEDU e del Tribunale UE.

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 14-ter e 15 della legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 7 e 14 del D.P.R. n. 217/1998. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, comma 2, 23, comma 2 e 27 del Regolamento comunitario n. 1/2003. Violazione dell’art. 11, comma 2, legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 1375 cod. civ. e delle regole sull’azione di adempimento e sulla risoluzione per inadempimento. Eccesso di potere per violazione del contraddittorio e difetto di istruttoria. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza” .

Gli impegni concordati e resi obbligatori dall’AGCM con la delibera dell’ottobre 2009 dovevano essere inquadrati nella generale figura dell’accordo ex art. 11 l. n. 241/90, nella cui interpretazione dovevano applicarsi il principio di buona fede oggettiva nell’esecuzione, ex art. 1375 c.c., nonchè le regole sull’azione di adempimento e sulla risoluzione per inadempimento.

Di tal guisa, l’AGCM che reclamava l’inadempimento avrebbe dovuto prima sollecitare la controparte al puntuale adempimento, nel rispetto del principio di buona fede - soprattutto se il mancato rispetto dell’accordo in questione non era configurabile in termini di gravità - invece di procedere direttamente con l’avvio del triplice procedimento sopra ricordato, tra cui anche quello relativo all’applicazione dell’art. 14-ter, comma 2, l. cit. e alla configurazione di un’intesa complessa e continuata.

IV. Violazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 14-ter e 15 della legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 7 e 14 del D.P.R. n. 217/1998. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione dell’art. 50 CEDU” .

Il provvedimento di avvio era stato adottato tardivamente, oltre il termine di novanta giorni dall’accertamento della violazione di cui all’art. 14 l. n. 689/81 applicabile ex art. 31 l. n. 287/90.

L’AGCM, infatti, aveva dato luogo a tale provvedimento a distanza di: a) oltre tre anni dalla chiusura del precedente procedimento effettuata con l’approvazione degli impegni del 15.10.2009;
b) quasi un anno e mezzo dalla ricezione dell’ultima relazione di ottemperanza;
c) oltre tre anni dalla ricezione di segnalazioni e oltre due anni e mezzo dalle relative risposte su richieste di chiarimenti in proposito.

Inoltre, risultavano violati il principio dell’affidamento, in quanto l’Autorità era rimasta sempre silente dopo aver ricevuto le relazione di ottemperanza e l’ultima richiesta di chiarimenti risaliva al 2010, nonché quello del “ne bis in idem”, in quanto i presunti comportamenti anticoncorrenziali erano stati già valutati nel 2009 e definiti con il ricordato provvedimento del 15 ottobre 2009.

V. Violazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 14-ter e 15 della legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, 7 e 14 del D.P.R. n. 217/1998. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza. Difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti ed errore nei presupposti” .

Passando ad esaminare “nel merito” le valutazione dell’AGCM, le ricorrenti, in primo luogo, contestavano che vi fosse stata una violazione degli impegni del 2009.

Per quel che riguardava l’obbligo di limitare le iniziative comuni agli standard di qualità del servizio, l’AGCM ne aveva dedotto tautologicamente il mancato rispetto dal richiamo al perdurare dell’intesa, confermando di essere arrivata ad una conclusione pregiudiziale mediante la contemporanea apertura di due procedimenti che dovevano invece essere tenuti distinti, come lamentato nei precedenti motivi di ricorso, fermo restando che le iniziative comuni intraprese erano state proprio orientate al miglioramento di standard di qualità.

Per quel che riguardava l’obbligo di scioglimento del CLMP, la stessa Autorità riconosceva che era stato adempiuto il 18 luglio 2009 e che il 31 luglio 2009 era stata chiusa la relativa gestione. Tale dato formale doveva bastare, non rilevando il profilo sostanziale invocato dall’Autorità in relazione alla creazione della società Gescab, in quanto era stato dimostrato nel procedimento che essa era sorta unicamente con riferimento all’attività necessaria per garantire il corretto funzionamento del c.d “Biglietto Unico” da e per l’isola di C, al fine proprio di implementare tale iniziativa secondo uno degli impegni resi obbligatori. La Gescab, comunque, aveva come obiettivo statutario la costruzione e gestione di terminal su banchina e altre attività volte a migliorare proprio la qualità generale dei servizi delle società aderenti.

Per quel che riguardava l’obbligo di limitare il “Biglietto Unico” alle rotte da e per C, era stata fornita prova che la Gescab aveva emesso i titoli di viaggio esclusivamente per linee aventi tale isola come porto di partenza e/o destinazione e non già altre linee, come invece affermato nel provvedimento impugnato. Che le navi operanti su tali rotte avessero effettuato fermate intermedie in altri porti non era circostanza rilevante, dato che la bigliettazione era fatta con riferimento all’intera linea né risultavano emessi titoli per le linee intercostiere.

La stessa AGCM, poi, aveva riconosciuto il rispetto dell’impegno a predisporre il Regolamento volto a disciplinare l’utilizzo di tale “Biglietto Unico” e la segnalazione che evidenziava una contraddittorietà tra quanto stabilito in detto Regolamento e quanto indicato nel retro dei biglietti Gescab da e per C non teneva conto che, nell’esiguo spazio in questione, era possibile riportare solo una parte del contenuto regolamentare, senza che ciò escludeva che, nella sostanza, il titolo potesse essere utilizzato con altra compagnia sulla medesima rotta.

“VI. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 della legge n. 287/1990 e 101 TFUE. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Illogicità e irragionevolezza. Travisamento dei fatti ed errore nei presupposti. Contraddittorietà. Violazione del principio del contraddittorio e dei diritti di difesa” .

Le ricorrenti osservavano che in assenza della violazione degli impegni l’AGCM non avrebbe potuto riaprire la precedente istruttoria per intesa anticoncorrenziale, ai sensi dell’art. 14-ter, comma 3, lett. b), l. n. 287/90.

In via subordinata, quindi, lamentavano che le conclusioni dell’Autorità, tendenti a riscontrare una condotta volte a cristallizzare le posizioni di mercato relative ripartendo i costi/ricavi secondo quote storiche predeterminate, non avevano tenuto conto del quadro normativo-regolamentare che, per tutto l’arco temporale considerato, non aveva lasciato alcuno spazio effettivo ai vettori per determinare autonomamente la propria politica imprenditoriale nel settore, come riconosciuto dalla stessa AGCM in molti provvedimenti e segnalazioni - a partire dal 1995 e soprattutto nel 2003 e 2009 - di cui erano riportati stralci di provvedimenti, ove si lamentava la pervasiva regolamentazione adottata dalla Regione Campania, ritenuta responsabile del mancato dispiegarsi delle dinamiche competitive nel mercato marittimo-territoriale preso in esame.

Per le ricorrenti, quindi, era palese la contraddittorietà dell’AGCM, anche in relazione a quanto rimarcato nel richiamato provvedimento del 15 ottobre 2009 che tale pervasività del quadro normativo-regolamentare evidenziava.

Tutto ciò, aggiungevano le ricorrenti, senza dimenticare che la normativa ancora vigente privilegiava nei collegamenti marittimi nei golfi di Napoli e Salerno la società pubblica Caremar, beneficiaria di rilevanti sovvenzioni oggetto anche di critica da parte della Commissione UE sotto il profilo del riconoscimento di “Aiuti di Stato”, minando così la libera concorrenza, con evidente discriminazione a sfavore delle società private ivi operanti che l’AGCM non poteva non considerare nell’ambito dei suoi poteri.

VII. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 della legge n. 287/1990 e 101 TFUE. Ingiustizia manifesta. Carenza assoluta di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza. Travisamento dei fatti ed errore nei presupposti. Difetto di istruttoria. Contraddittorietà” .

Le ricorrenti contestavano il provvedimento impugnato anche per la parte in cui aveva ritenuto sussistente un’intesa complessa e continuata nei sensi sopra riportati.

Gli elementi che l’AGCM aveva assunto come prova consistevano: nell’accordo raggiunto nel 1998 tra le ricorrenti e Navigazione Libera del Golfo (NLG) srl, nell’attività degli organismi comuni quali CLMP, ACAP e Gescab, nell’accordo del 2008 che si sarebbe posto in continuità con quello del 1998, nello scambio di informazioni derivanti dall’accesso al “database” della stessa Gescab. Prendendo in esame ciascuno di essi, le ricorrenti precisavano, in sintesi, quanto segue.

In relazione all’accordo del 1998, evidenziavano l’assenza di oggetto e/o effetto anticoncorrenziale.

Premettendo che ogni tratta è caratterizzata da profili peculiari (soprattutto in riferimento alle destinazioni per Salerno e Sorrento, raggiungibili anche via terra), esse ricordavano che ogni realtà armatoriale aveva storicamente costruito il proprio “business” sulle singole rotte e la cooperazione cui avevano dato luogo era rivolta non in senso anticoncorrenziale ma per implementare l’ottimizzazione della gestione delle attività ancillari al “core business” (bigliettazione, servizio clienti, acquisto carburante, gestione finanziaria), solo al fine di elevare la qualità dei servizi diminuendone i costi per le imprese, a vantaggio anche dell’utenza stessa. La ripartizione dei ricavi avveniva secondo il “trasportato” effettivo e non per “quote storiche” ancorate al 1996 come sostenuto dall’AGCM e non dimostrato in fase istruttoria dall’esame della contabilità.

Il carattere anticoncorrenziale dell’accordo era attestato, poi, dalla possibilità per le singole compagnie di ridurre il numero delle corse o di effettuarne delle nuove e comunque il medesimo accordo non si protraeva fino al 2008, come sostenuto dall’Autorità, ma trovava fine con la costituzione del CLMP.

Quest’ultimo, infatti, costituito il 4 giugno1998 da NLG, Alilauro, A G e A, provvedeva a ripartire i ricavi secondo il “trasportato effettivo”, mediante il meccanismo dei conguagli sulle quote di partecipazione e sui relativi flussi in acconto. Il servizio di bigliettazione era stato effettuato su un numero limitato di tratte (da e per Sorrento e alcuni punti della costiera amalfitana) e non sugli interi golfi di Napoli e Salerno e la stessa attività consortile – ribadivano le ricorrenti – si era rivelata necessaria per resistere alla concorrenza del vettore pubblico che operava anche con traghetto veloce sulla rotta Sorrento-C e che godeva di ampie sovvenzioni.

La politica tariffaria, poi, era stata condizionata dagli interventi normativi della Regione Campania e non era stata fissata direttamente dal Consorzio, come confermato dallo stesso art. 5 del suo Atto costitutivo.

Per quel che riguardava l’allargamento soggettivo del Consorzio, nel 2008, con l’ingresso, temporaneo, di SMGL e di Snav, le ricorrenti evidenziavano che esso era dovuto al solo fine di attuare l’iniziativa “Biglietto Unico”, promossa o fortemente sostenuta dalla Regione Campania, anche criticata a suo tempo dalla stessa AGCM, e non per inserire “tout court” rotte ulteriori al fine di evoluzione di comportamenti commerciali delle parti, come affermato dall’Autorità.

Per quel che riguardava il ruolo di ACAP, le ricorrenti rilevavano che la stessa era stata costituita al fine di predisporre dinamiche istituzionali, e non anticoncorrenziali, in un momento storico sensibile, ove si discuteva di abolizione di sgravi fiscali per la categoria, e le organizzazioni preesistenti, cui pure aderivano le ricorrenti, sembravano occuparsi più degli interessi delle grandi compagnie, ottenendo il mantenimento degli sgravi in questione solo a beneficio di queste, che percorrevano rotte oltre le 100 miglia nautiche. In seguito, la stessa ACAP aveva proseguito in tal senso occupandosi degli interessi comuni degli armatori partenopei, in ordine alla privatizzazione della Caremar e alla modifica dell’art. 8 bis dpr n. 633/1972 sul regime di non imponibilità IVA sugli acquisti (principalmente di carburante).

Non risultava, inoltre, alcun coordinamento delle tariffe come rilevato dall’AGCM, in quanto era stata la Regione Campania ad autorizzare l’incremento tariffario in relazione al “bunker surcharge” e a determinarne l’importo, viste le relazioni dell’Agenzia Regionale per la Mobilità. La stessa Regione, poi, aveva sollecitato sin dal 2006 un’interlocuzione congiunta con tutte le compagnie di navigazione, per cui non poteva essere imputato all’ACAP, come invece aveva fatto l’AGCM, di essersi attivata allo scopo anche di privilegiare rapporti congiunti con l’ente regionale.

Per quel che riguardava la Gescab srl, costituita dopo lo scioglimento del CLMP, le ricorrenti rimarcavano che il collegamento con le modalità di gestione consortile era dovuto unicamente per le modalità necessarie per far funzionare l’iniziativa “Biglietto Unico” da e per l’isola di C, e che l’attività statutariamente prevista era relativa principalmente alla costruzione di terminal su banchina e alla gestione di attività tese a migliorare la qualità generale del servizio.

In ordine all’accordo sottoscritto nel 2008 e la sua reale portata, le ricorrenti evidenziavano che la tesi dell’AGCM partiva da una mera bozza reperita presso la sede di Alilauro, priva di autore e non sottoscritta da nessuna delle parti, mai oggetto di scambio o condivisione di alcun tipo.

Né altri elementi indiziari potevano sopperire a tale lacuna, in quanto la e-mail del 9 settembre 2011 richiamata nel provvedimento impugnato, in realtà, esprimeva solo l’opinione del rappresentante di A, al massimo riconducibile a tale unica società, non rinvenendosi alcun riscontro formale di condivisione della medesima da parte della altre società in indirizzo, potendosi individuare in essa più ragioni di contrapposizione che di collusione tra le aziende.

Il rinnovo tacito annuale dell’Accordo del 2008, poi, pure contestato dall’AGCM, era desunto da un unico documento consistente in una clausola inserita in una bozza di accordo, decontestualizzata dal contratto originario, priva di riferimento alle parti e all’oggetto, di data nonché di sottoscrizione.

Sui presunti scambi di informazione attraverso strumenti informatici nel “database” di Gescab, le ricorrenti rilevavano che tali scambi avevano come oggetto unicamente: a) la fattibilità del nuovo terminal “Beverello” di Napoli al fine di definire le quote di partecipazione di ciascuna società, sulla base di dati non sensibili ed accessibili e noti a tutti gli operatori di mercato e alle Autorità marittime e portuali;
b) semplici comunicazioni tecnico-fiscali trasmesse da un consulente ad una singola impresa ma non riconducibili alle ricorrenti o a Gescab.

Inoltre, la documentazione presa a riferimento dall’AGCM per dimostrare l’attuazione dell’intesa tramite Gescab già dall’agosto 2009 era datata al settembre 2010 e al luglio 2011 e la Alilauro spa era comunque estranea a tale condivisione perché i suoi sistemi informatici non erano compatibili con quelli di Gescab.

Premesso che tutto quanto illustrato dimostrava un’evidente carenza di istruttoria, le ricorrenti lamentavano anche che nella comunicazione di avvio l’AGCM faceva riferimento ad un'intesa orientata a ripartire tra le parti le diverse rotte, nella Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI) faceva cenno alla ripartizione di mercati e nel provvedimento finale invece ad un’intesa avente ad oggetto la ripartizione dei costi/ricavi in quote storiche predeterminate, con evidente differenza di fattispecie tra quanto contestato e quanto sanzionato e lesione al diritto di difesa.

Da ultimo, le ricorrenti censuravano il provvedimento impugnato anche sotto il profilo della definizione del mercato rilevante, in quanto non era stata considerata la posizione del vettore pubblico “Caremar”, ma solo quella dei vettori privati campani, e che si richiamavano anche le rotte per le isole Eolie e Pontine, mai emerse in sede istruttoria.

VIII. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 legge n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 legge n. 689/1981. Eccesso di potere per violazione degli Orientamenti sul calcolo delle ammende. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Violazione del principio di proporzionalità” .

In relazione alla quantificazione della sanzione, le ricorrenti lamentavano che l’Autorità non aveva valutato l’incidenza del quadro normativo-regolamentare che aveva cristallizzato gli assetti di mercato in ordine alle rotte e alle politiche tariffarie, imponendo o quantomeno agevolando la condotta sanzionata.

Era mancata inoltre la valutazione degli effetti pregiudizievoli per il mercato, considerando la pressoché stabilità dei prezzi nel mercato di riferimento dal 2007 al 2013, nonché della capacità contributiva delle ricorrenti, assestata su valori minimi, nonchè della limitata zona di influenza della condotta sanzionata, fermo restando che, appartenendo le ricorrenti ad un unico Gruppo societario, l’AGCM avrebbe dovuto irrogare un’unica sanzione e non quattro distinte.

Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata, illustrando in distinta memoria per la camera di consiglio cautelare le proprie tesi, orientate a confutare tutti i motivi di ricorso.

Rinviata la causa alla trattazione di merito, in prossimità di questa le parti, ad ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive, depositavano memorie, di cui l’Autorità in forma “unica” in relazione ad altri procedimenti pendenti sull’impugnativa del medesimo procedimento, in decisione alla stessa data, e le ricorrenti anche “di replica”.

All’udienza pubblica del 21.10.2015 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento secondo quanto si va a precisare.

Per quel che riguarda le prime censure, di ordine meramente “procedurale”, il Collegio non ne rileva la condivisibilità

Esaminando il primo motivo di ricorso, il Collegio riporta il testo dell’art. 14 ter, l. n. 287/90, come inserito dall’art. 14 d.l. n. 223/06, conv. in l. n. 248/06, il quale prevede quanto segue: “ Entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria. L'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall'ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'infrazione.

2. L'Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

3. L'Autorità può d'ufficio riaprire il procedimento se:

a) si modifica la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

b) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;

c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti .”.

Dal contesto letterale della norma, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, il Collegio non rileva l’illegittimità di uno svolgimento “contestuale” dei procedimenti scaturenti dall’applicazione dei commi 2 e 3 del richiamato art. 14 ter.

La norma, infatti, non obbliga ad alcun vincolo di pregiudizialità tra i procedimenti, limitandosi a richiamare una facoltà dell’Autorità, tanto nell’irrogare una sanzione tanto nel “riaprire” il procedimento (riferito al comma 1, quindi per violazione degli artt.

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