TAR Napoli, sez. III, sentenza 2014-09-08, n. 201404759
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N. 04759/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00970/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 970 del 2013, proposto da:
Cofely Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A R, con domicilio eletto presso Sabino Rascio in Napoli, via Monteoliveto, n. 37;
contro
Regione Campania, in persona del Presidente della giunta pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto in Napoli, via S. Lucia, n. 81, presso l’Avvocatura regionale;
per l'annullamento,
del provvedimento di diniego di cui alla comunicazione della Regione Campania prot. n. 2013.0051430 del 22 gennaio 2013 avente ad oggetto: “Conduzione impianto di sollevamento dell'acquedotto campano di Cernicchiara”, in relazione alla nota della Cofely Italia s.p.a. del 30 ottobre 2012.
e per l’accertamento del diritto alla revisione dei prezzi, ai sensi dell’art. 6, comma 4, L. n. 537/1993 e s.m.i., in relazione al servizio di “manutenzione ordinaria, conduzione, presidio e regolamentazione del complesso dell’acquedotto ex Casmez, denominato Cernicchiara, di cui all’appalto di servizi, aggiudicato in via definitiva il 30 luglio 2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - A seguito di gara di appalto a licitazione privata (indetta con deliberazione n. 1857 del 9 dicembre 2005), con determinazione dirigenziale n. 580 del 30 luglio 2007 la Regione Campania ha aggiudicato in via definitiva a Cofatech s.p.a. (che, a seguito di atto di fusione, ha assunto l'attuale denominazione Cofely Italia S.p.A.), il servizio biennale di "manutenzione ordinaria, conduzione, presidio e regolamentazione del complesso acquedottistico ex Casmez denominato: Cernicchiara"
Nel verbale di consegna del 27 luglio 2007, è precisato (in conformità all’art. 6 del capitolato di appalto) che "dalla data del presente verbale decorre il tempo utile per dare compiuti i lavori, stabilito in relazione alla durata biennale dell'appalto, in 24 mesi naturali e consecutivi". Successivamente, Cofely Italia ha trasmesso la documentazione propedeutica al contratto.
Con nota del 10 luglio 2009, la Giunta Regionale della Campania ha disposto – in attesa dell'espletamento delle gare per il rinnovo delle gestioni - che le "gestioni in essere'', tra le quali quella affidata a Cofely Italia s.p.a. "si intendono prorogate ai 150 giorni dalla scadenza del relativo affidamento in essere e comunque fino alla definizione della procedura di gara".
Con nota del 13 febbraio 2013, la Giunta Regionale della Campania ha disposto un’ulteriore proroga contrattuale di tre mesi.
2.- Per i profili interessanti l’odierna controversia, il capitolato d’oneri prevede:
- all’art. 2 (“Ammontare dell’appalto), un importo annuo complessivo delle prestazioni posto a base d'asta pari ad € 673.416,00, cui è seguita un’offerta al ribasso della Cofatech (oggi Cofely Italia s.p.a.) nella misura del 2,618%:
- il costo di n.1 operaio qualificato in Euro 16,00 all'ora;
- all'art. 7 ("Prezzi contrattuali e loro invariabilità"), che "i prezzi, con l'applicazione del ribasso d'asta, coni quali saranno valutate le prestazioni non sono suscettibili di variabilità e si intendono accettati dall'assuntore in base a calcoli di sua convenienza ed a suo rischio".
Con ordine di servizio n. 1 del 27 luglio 2007, il Responsabile del procedimento ha ordinato poi che "a far data dal 28 luglio 2007, a parziale modifica di quanto previsto dal capitolato d'oneri, il controllo territoriale giornaliero dovrà essere articolato nell'arco di 16 ore (turni di mattina e pomeriggio) con numero di tre unità lavorative nel turno mattutino e di due unità lavorative nel turno pomeridiano".
L’appalto è stato poi eseguito, in virtù di proroghe disposte dall’amministrazione, senza che quest’ultima sollevasse contestazioni.
In data 11 maggio 2011, Cofely Italia ha presentato alla Regione Campania istanza di revisione e adeguamento dei prezzi con particolare riferimento al costo della manodopera per l'esecuzione del servizio di manutenzione, offerto ed eseguito in favore dell'ente regionale. All'istanza erano allegati i prospetti revisionali della manodopera secondo le tabelle Assistal.
Il Settore Ciclo Integrato della Acque della Regione "prendeva visione".
In mancanza di osservazioni e contestazioni da parte della Regione, Cofely Italia, mediante raccomandata del 25 gennaio 2012, ha poi trasmesso la fattura n. 1002570 dell'importo di € 208.095,95 (IVA compresa) relativa alla revisione prezzi per il periodo dal 27 luglio 2007 al 1° gennaio 2011.
Nessun riscontro ha inteso fornire la Regione Campania, che peraltro non ha provveduto al saldo della fattura.
In seguito, in data 30 ottobre 2012 l'odierna ricorrente ha formulato una seconda istanza di revisione prezzi relativa al periodo dal 2 gennaio 2011 al 26 ottobre 2012 (fattura n. 0001030368 dell’11 ottobre 2012), per l’importo complessivo di € 240.620,10. Anche questa richiesta di revisione ha ad oggetto l'adeguamento del prezzo della manodopera.
La Regione Campania non ha provveduto al saldo di entrambe le fatture.
In relazione alla seconda istanza di revisione, l'Area generale di coordinamento del Settore ciclo integrato delle acque della Giunta Regionale della Campania, con nota prot. n. 2013.0051430 del 22 gennaio 2013, ha rigettato l'istanza poiché, a suo avviso, “tale revisione non è prevista dal rapporto contrattuale in essere ma solo scaturita da riserva iscritta negli atti contabili, peraltro rigettata dagli organi tecnici come prassi nella conduzione degli appalti e dei servizi nei Lavori Pubblici”.
3.– Cofely ha impugnato il rigetto con l’odierno ricorso, notificato il 21 febbraio 2013 e depositato il successivo 28 deducendo i seguenti motivi d’impugnazione:
1) illegittimità dell’art. 6 del Capitolato d’oneri;
2) nullità del provvedimento impugnato per assoluta illogicità e genericità della motivazione.
3) eccesso di potere.
4.- Per quanto sopra, ha chiesto, l’annullamento del provvedimento di impugnato ed, in ogni caso, l’accertamento del diritto della Cofely Italia s.p.a. alla revisione dei prezzi per i periodi dal 27 luglio 2007 al 1° gennaio 2011 e dal 2 gennaio 2011 al 26 ottobre 2012;con conseguente condanna della regione resistente al relativo pagamento sulla base delle fatture presentate ovvero in quella maggiore o minore emergente da consulenza tecnica d’ufficio, il tutto aumentata degli interessi moratori ai sensi del dlgs. n.231/2002 o, in subordine, degli interessi legali.
In ogni caso, condannare la resistente al risarcimento del danno in favore della ricorrente, per il cui ammontare il giudice potrà esercitare il potere discrezionale di procedere alla valutazione equitativa prevista dall'art. 1226 c.c. ovvero ex art. 2056 c.c. oltre che per il disposto dell'art. 34 del codice del processo amministrativo.
5.- Si è costituita in giudizio la Regione Campania che ha eccepito l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
Fa presente, in primo luogo, l’assenza, nella fattispecie, di un contratto d’appalto recante la forma scritta ad substantiam e, dunque, di un contratto esistente, dovendo ritenersi, in definita, che con Cofely intercorra un mero rapporto di fatto.
Tuttavia, osserva sempre la Regione, l’appalto in parola rientra nell’ambito dei contratti ricadenti nei settori cd esclusi, oggetto di una regolamentazione speciale prevista nel previgente d. lgs. 158/1995 ai quali risulta inapplicabile la precedente normativa ordinaria di cui all’art. 6 L. n. 537/1993.
6.- Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.- Oggetto della controversia è il diritto alla revisione dei prezzi, a sensi dell’art. 6, comma 4, L. 537/1993 - oggi sostituito dall’art. 115 d. lgs. 163/2006, per gli appalti pubblici i cui bandi ed avvisi siano stati pubblicati dopo il 12 giugno 2006 - relativamente al servizio di manutenzione ordinaria, conduzione, presidio e regolamentazione dell’acquedotto ex Casmez denominato Cernicchiaria, di cui all’appalto di servizi aggiudicato in via definitiva il 30 luglio 2007.
1.1.- Va esaminata in primo luogo l’eccezione della Regione Campania relativa all'assenza, nella fattispecie in esame, di un contratto di appalto recante la forma scritta ad substantiam e, dunque, di un contratto esistente, valido ed efficace.
Ad avviso della Regione, il difetto di questo presupposto essenziale - previsto dall’art. 6, comma 4, L. n. 537/1993 ed, attualmente, dall’art. 115 d.lgs.163/2006, disposizioni che richiedono espressamente una clausola di revisione periodica del prezzo - non consente di configurare il diritto alla revisione del prezzo in favore della ricorrente. In altri termini, il rapporto intercorrente tra la Regione Campania e Cofatech Servizi, prima, e Cofely Italia s.p.a., ora, sarebbe di mero fatto, posto che i contratti delle pubbliche amministrazioni impongono la forma scritta ad substantiam, come peraltro chiarito da giurisprudenza costante (la Regione cita al riguardo, TAR Sicilia, Palermo. sez. III, 23 ottobre 2013, n. 1920: TAR. Puglia, Lecce, sez. III, 13 settembre 2013, n. 1926;TAR Sicilia, Catania, sez. I, 23 gennaio 2009, n. 167;TAR Puglia, Lecce, sez. II, 9 luglio 2008, n. 2083;TAR Veneto, Venezia, sez. III. 23 maggio 2008, n. 1545;Consiglio di Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7147)
Pertanto, il rapporto in parola, in assenza di una chiara fattispecie negoziale, non sarebbe disciplinato dalle disposizioni normative sopra citate, quanto piuttosto dall'art. 2041 cod. civ. in tema di indebito arricchimento (cita, tra le altre, TAR Puglia, Lecce, sez. III, 7 aprile 2010, n. 898;TAR Lazio, Roma, sez. III, 20 gennaio 2006, n. 432).
Ne consegue che, soltanto ove si dimostrasse in giudizio che l'Amministrazione regionale abbia conseguito, senza giusta causa, un profitto a danno della ricorrente, si configurerebbe il diritto all'indennizzo, a favore di quest’ultima, per la diminuzione patrimoniale subita.
1.2.- La tesi non è condivisibile.
E’ certo che la giurisprudenza della Cassazione ha ribadito il principio secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono assumere impegni o concludere contratti se non in forma scritta, richiesta ad substantiam, il cui mancato rispetto produce la nullità assoluta dell’atto, rilevabile anche d’ufficio. Né può darsi rilievo a comportamenti taciti o manifestazioni di volontà altrimenti date, in quanto la forma scritta ad substantiam è uno strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, nell’interesse sia del cittadino sia della stessa Pubblica Amministrazione (Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2010, n. 20340).
Ciò premesso, nel caso di specie, occorre tuttavia capire se, ai fini della sussistenza del requisito della forma ad substantiam, sia necessaria la stipula materiale del contratto ovvero se appaia sufficiente l’avvenuta aggiudicazione definitiva.
Appare decisiva, nella fattispecie in esame, la circostanza che la pubblicazione del bando sia stata effettuata in Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee il 28 febbraio 2006 e sul Bollettino Ufficiale della Regione il 3 aprile 2006, pertanto in epoca precedente l’entrata in vigore del d. lgs. n. 163/2006, il codice dei contratti pubblici.
Trova quindi applicazione l’art. 16 R.D. 18 novembre 1923, n.2440 secondo cui “I contratti sono stipulati da un pubblico ufficiale delegato a rappresentare l'amministrazione e ricevuti da un funzionario designato quale ufficiale rogante, con le norme stabilite dal regolamento.” (comma 1), ma che tuttavia “I processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto.” (comma 4).
Sul punto, inoltre, la sentenza n. 5217 del 4 marzo 2011 della Terza Sezione della Corte di Cassazione, ha precisato che nella stipulazione di appalti con la Pubblica Amministrazione, attraverso il sistema dell'aggiudicazione a seguito di incanti pubblici o di licitazioni private, nel sistema antecedente al decreto legislativo n. 163 del 2006 il verbale o altro provvedimento di aggiudicazione è atto non preparatorio, ma conclusivo del procedimento, ed è equivalente, per ogni effetto, al contratto, in virtù dell’art. 16 R.D. n. 2440 de1 1923, nonchè degli artt. 88 e 97 R.D. n. 827 del 1924, applicabili agli enti locali per il richiamo contenuto all’art. 140 R.D. n. 383 del 1934, 140 (mantenuto in vigore, quanto al comma 1, L n. 142 de1 1990, dell'art. 64, comma 1, lett. c) e della L. 142 del 1990, art. 56 con forza immediatamente vincolante, per la stessa amministrazione;
L'eventuale successiva stipulazione di quest'ultimo configura una formalità ulteriore, che nulla aggiunge all'esistenza ed alla perfezione del vincolo negoziale, salva l'ipotesi che dallo stesso verbale o dal bando di gara risulti la volontà dell'amministrazione di rinviare la costituzione del vincolo al momento successivo della stipulazione del contratto (Cass. 12629/2006;11103/2004;9366/2003;sez. un. 5807/1998).
In questo senso, nemmeno la L. 109 del 1994 ha reso obbligatorio il successivo contratto per l'insorgenza del vincolo negoziale. E’ peraltro significativo che il d. lgs. 490 del 1994 richiedente la prescritta documentazione idonea a comprovare l'insussistenza in capo all'impresa aggiudicataria di tentativi di infiltrazione mafiosa, abbia disposto che il relativo accertamento ad essa sfavorevole può sopravvenire alla conclusione del contratto e comportarne l'invalidità, senza perciò interferire sui fatti cui la stazione appaltante intende collegarne la genesi.
Soltanto negli anni successivi il moltiplicarsi degli appalti comunitari nonchè dell'influenza delle relative direttive e l'aumento di lavori sempre più specializzati e complessi ha comportato un ribaltamento della precedente situazione inducendo le stazioni appaltanti a separare la fase dell'aggiudicazione dei lavori da quella di stipulazione del contratto, nonchè ad individuare esclusivamente in esso la costituzione del rapporto: come dimostrano il D.P.R n. 554 del 1999, art. 45 e segg., articoli 110 segg., che hanno introdotto una minuziosa disciplina delle clausole che quest'ultimo deve contenere onde regolare il rapporto tra stazione appaltante ed impresa in relazione alle caratteristiche dell'intervento richiesto. E' tuttavia anche l'art. 109, comma 3, ha lasciato impregiudicata la facoltà della stazione appaltante di prevedere "la stipula del contratto o la sua approvazione" ed ha significativamente attribuito all’impresa, ove la stipulazione non avvenga nei termini stabiliti, il diritto di "sciogliersi da ogni impegno o recedere dal contratto";che dunque anche nel regime di questa normativa può trarre origine direttamente ed immediatamente dal provvedimento di aggiudicazione.
La modifica del precedente sistema è completata soltanto dal d. lgs. n. 163 del 2006, il cui art. 11 introduce la regola della netta separazione, posto che "l'aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell'offerta”;questa normativa è tuttavia inapplicabile al caso in esame.
Nello specifico, in punto di fatto vi è poi da considerare che, con decreto dirigenziale n. 580/2007, la Regione ha assunto il relativo impegno di spesa, il quale non avrebbe avuto senso di fronte ad un rapporto negoziale di fatto. L’esecuzione del contratto è iniziata proprio dal 27 luglio 2007, come attestato dal verbale di consegna del complesso dell’acquedotto. La disciplina contrattuale è esattamente rinvenibile nel capitolato speciale, riconosciuto ed osservato da entrambe le parti
Il rapporto si è altresì prorogato per anni, come attestato dalla nota della Regione Campania prot. n. 2013 del 13 febbraio 2013. La stessa proroga attesta, in definitiva, a volere tacere dell’esistenza di un contratto formale, che la Regione ha tratto vantaggio dal rapporto contrattuale e comunque ne ha riconosciuto l’utilità.
1.3.- La Regione Campania eccepisce, inoltre, che l'appalto in parola rientri nell'ambito dei contratti ricadenti nei settori c.d. esclusi, oggetto di una regolamentazione speciale prevista nel previgente d.lgs. 158/1995. A tali settori esclusi risulta inapplicabile la normativa ordinaria di cui al richiamato art. 6 L. n. 537/1993.
Ad avviso della Regione, il richiamato d.lgs. 158/1995, nella parte in cui provvede ad identificare i settori c.d. esclusi, espressamente stabilisce che rientrano nel settore acqua, energia elettrica, gas, energia termica la messa a disposizione o la gestione di reti fisse per la fornitura di un servizio al pubblico per quanto riguarda la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, gas, energia elettrica, energia termica, nonché l'alimentazione delle suddette reti.
Né può rinvenirsi, ad avviso della Regione, alcuna delle cause di non applicabilità previste dall'art. 8 del medesimo d.lgs. 158/1995. Analogamente, il vigente codice dei contratti pubblici prescrive l'applicabilità ai c.d. settori speciali solo ed esclusivamente delle disposizioni normative espressamente indicate nell'art. 206 del d.lgs. 163/2006, tra le quali non risulta richiamato l'art. 115 in discorso.
L’eccezione è priva di fondamento. L’appalto ha ad oggetto: manutenzione ordinaria, conduzione, presidio e regolazione del complesso acquedottistico. Esso rientra quindi nell’ambito dei servizi, menzionati dall’Allegato XVI-A, per effetto del richiamo contenuto all’art. 7, comma 1, lett. c) del d. lgs. 158/1995.
L’appartenenza dell’appalto ai settori esclusi non vale tuttavia a sottrarlo alla regola della revisione dei prezzi posto che la formulazione dell’art. 6, comma 4, L. 537/1993, disposizione applicabile al caso di specie, peraltro contenuta in una legge finanziaria e, pertanto, con l’obiettivo precipuo e generalizzato di contenimento della spesa pubblica, si riferisce indistintamente a “tutti i contratti della pubblica amministrazione”, senza quindi che siano poste distinzione in rapporto all’applicabilità della disciplina sull’evidenza pubblica, come invece potrebbe risultare – ma la questione non è pacifica – ove si dovesse fare applicazione dell’art. 115 d. lgs. 163/2006.
2.- Ciò premesso, nel merito la società ricorrente lamenta l'illegittimità del rifiuto della Regione di riconoscere l'adeguamento dei prezzi.
Deduce in particolare la genericità, oltre che l'illogicità ed erroneità, della motivazione addotta a fondamento della nota di diniego, giacché l'Amministrazione regionale avrebbe compiuto un frettoloso riferimento ad una mancata previsione contrattuale e ad una non precisata prassi nella conduzione degli appalti, omettendo di illustrare in maniera compiuta ed articolata i riferimenti normativi posti a fondamento della decisione. In tal modo, la Regione sarebbe contravvenuta ai principi di correttezza e buona fede contrattuale, sanciti dagli artt. 1175 e 1375 cod. civ., oltre che dall'art. 2 Cost.
Ad avviso della società ricorrente, l'art. 6, comma 4, L. . 537/1993, applicabile per i motivi sopra illustrati ratione temporis all'appalto in parola - nello stabilire che "Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo" – ha natura imperativa e, pertanto, trova applicazione necessaria.
La tesi è condivisibile.
Nel caso di specie, il capitolato d'oneri dell'appalto, all'art. 7, dispone il criterio di invariabilità dei prezzi. Precisamente, la disposizione chiarisce che “i prezzi con l’applicazione del ribasso d’asta, con i quali saranno valutate le prestazioni, non sono suscettibili di variabilità e si intendono accettati dall’assuntore in base a calcoli di sua convenienza ed a suo rischio.”.
La clausola del capitolato speciale è tuttavia nulla e va disapplicata perché contraria ad una norma di carattere inderogabile, introdotta dal più volte menzionato art. 6, comma 4, L. n. 537/1993.
Come affermato di recente da consolidata giurisprudenza, l'art. 115, d.lgs. n. 163/2006 (che riprende la formulazione già contenuta nell'art. 6, l. n. 537/1993) è una norma imperativa che si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa. Ciò perché la clausola di revisione periodica del corrispettivo di tali contratti ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori delle Amministrazioni Pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, nell’incidere sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell'offerta, potrebbero indurre l'appaltatore a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione di interessi pubblici. La revisione periodica dei prezzi risponde quindi alla ratio di adeguare con criteri automatici e certi il prezzo determinato nell'originario rapporto, al fine di conservare il livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, tramite un meccanismo che consenta di contenere, entro margini prefissati e prevedibili, il rischio connesso all'innalzamento dei prezzi contrattualmente stabilito.
Per evitare simili inconvenienti, il legislatore ha disposto l'inserimento obbligatorio della clausola di revisione prezzi ed ha, contemporaneamente, delineato il procedimento istruttorio attraverso cui la stazione appaltante deve determinate l'entità del compenso revisionale. Può, pertanto, affermarsi che, per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi e forniture, stipulati da amministrazioni pubbliche, la regola ordinaria è quella per cui la revisione dei prezzi spetta senza alcun margine di alea a danno dell'appaltatore (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 14 maggio 2014, n. 2673).
La giurisprudenza, con orientamento generalizzato, aveva già affermato la valenza di norma imperativa anche per l’art. 6, comma 4, L. n. 537/1993, sostituito dall’art. 115 d. lgs. 163/2006 (Cfr. Cons. St., sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994;id., sez. V, 16 giugno 2003 n. 3373;id., 8 maggio 2002 n. 2461, id., 19 febbraio 2003 n. 916)
Pertanto, il menzionato art. 6 detta di fatto una disciplina avente portata indistinta e generale ma di contenuto speciale volta ad integrare la volontà delle parti con essa contrastante: di qui la nullità delle clausole difformi e la validità del contratto per il resto, ai sensi dell’art. 1419 c.c.
3.- Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, Cofely Italia ha diritto alla revisione dei prezzi e, dunque, alla sostituzione ovvero all’inserimento della disciplina legislativa, ai sensi dell'art. 1339 cod. civ.
Va quindi riconosciuto il diritto di Cofely Italia s.p.a. alla revisione del prezzo della manodopera, per l’esecuzione del servizio di manutenzione offerto ed eseguito in favore della Regione Campania.
Riguardo al periodo, la Regione, in via subordinata, fa presente che la richiesta, lungi dal potersi configurare nei primi due anni di esecuzione del contratto, potrebbe tutt’al più riguardare il solo periodo di proroga del medesimo.
Il rilievo non ha fondamento, posto che la revisione del prezzo scatta anche nel corso dell’ordinaria durata del contratto, laddove se ne verifichino i presupposti, ossia le modifiche nei costi per l’erogazione dei beni o dei servizi.
Riguardo al parametro dell'adeguamento, l'art. 6 L. n. 537/1993, oltre ad affermare il diritto dell'appaltatore alla revisione, detta anche il criterio e il procedimento in base al quale pervenire alla determinazione oggettiva del "miglior prezzo contrattuale";per questo, il comma 6 affida all'ISTAT la relativa indagine semestrale sui dati risultanti dal complesso delle aggiudicazioni dei beni e servizi. Tuttavia, poiché la disciplina legale non è mai stata attuata, nella parte in cui prevede l'elaborazione da parte dell'ISTAT di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, la lacuna può e deve essere colmata mediante il ricorso all'indice FOI (in tal senso cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786). L'utilizzo di quest'ultimo parametro, ovviamente, non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa e che, in questa sede non sono state dedotte, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale.
Data la natura di debito di valuta propria del compenso revisionale, lo stesso, è soggetto alla corresponsione di interessi per ritardato pagamento, ricadendo la fattispecie oggetto del presente giudizio nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 di "Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni" (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 2 dicembre 2009, n. 2997), ovviamente nella versione precedente alle modifiche intervenute col decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192.
4.- La Regione Campania, pertanto, dev'essere condannata al pagamento del compenso revisionale relativamente al contratto conseguente all’affidamento del servizio biennale “Servizi di manutenzione ordinaria, conduzione, presidio e regolazione del complesso acquedottistico ex Casmez, denominato: Cernicchiara”, come sopra determinato, dal giorno del dovuto sino all'effettivo soddisfo, maggiorato degli interessi di mora, ai sensi del d. lgs. n. 231/2002. In particolare, in base all'articolo 4, comma 2, gli interessi moratori decorrono dallo scadere di "a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento". Pertanto il termine è d'applicare alle singole fatture, quelle contenenti gli importi definitivamente computati da Cofely Italia s.p.a., nei limiti della somma globale riconosciuta.
In definitiva, l'Amministrazione regionale - nel termine di 120 giorni (centoventi) dalla comunicazione ovvero, se precedente, dalla notificazione della presente sentenza ed in ossequio ai criteri sopra indicati – deve provvedere alla determinazione delle somme dovute a Cofely Italia s.p.a. a titolo di compenso revisionale per il contratto in argomento. In mancanza di tale attività di determinazione, la Regione Campania provvederà alla liquidazione attraverso l'immediata applicazione dell'indice FOI.
5.- Non ha invece fondamento la richiesta di risarcimento del danno, che va quindi respinta, posto che, in disparte ogni considerazione in merito all’assenza di dimostrazione circa l’entità ed il tipo di pregiudizi subiti dalla società ricorrente, nella vicenda in esame non si ravvisa alcuna responsabilità dell’amministrazione regionale, la quale, unitamente a Cofely Italia, subisce gli effetti economici negativi legati all’aumento dei prezzi nel settore relativo all’appalto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.