TAR Genova, sez. I, sentenza 2013-04-19, n. 201300699

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2013-04-19, n. 201300699
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201300699
Data del deposito : 19 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00180/2012 REG.RIC.

N. 00699/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00180/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 180 del 2012, proposto da:
River Sea s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. G G, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma 11/1;

contro

Comune di Ameglia, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento avente ad oggetto l’esecuzione d'ufficio di demolizione di un'opera edilizia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 14.2.2012 la società River Sea s.r.l., proprietaria del centro ippico Corte di Camisano nel comune di Ameglia, ha impugnato il provvedimento comunale 4.1.2012, n. 185, con il quale il comune ha accertato l’inadempimento spontaneo della precedente ordinanza 9.4.2011, n. 2, di demolizione di una tensostruttura in acciaio con copertura di teli in PVC delle dimensioni di m. 59,80 × 23,80, nonché di un box prefabbricato in adiacenza ad essa, in quanto eseguiti in assenza di titolo autorizzativo, prefigurando l’esecuzione d’ufficio in danno del responsabile dell’abuso.

Con un unico motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 31 D.P.R. 380/2001. Violazione dell’art. 36 della medesima legge e dei principi fondamentali della materia. Difetto di presupposto. Sviamento.

Deduce che, pur non avendo impugnato l’ordine di demolizione 9.4.2011, questo, a seguito della presentazione in data 8.7.2011 di un’istanza di accertamento di conformità, sarebbe “uscito dal mondo del diritto”, in virtù del principio – affermato da una parte della giurisprudenza (di cui sarebbe espressione Cons. di St., IV, 16.9.2011, n. 5228) - secondo il quale il riesame dell'abusività dell'opera provocato da tale istanza, sia pure al fine di verificare l'eventuale sanabilità di quanto costruito, ex se comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa, dal momento che, in caso di diniego del richiesto accertamento di conformità, l'amministrazione comunale dovrebbe emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi.

Il comune di Ameglia, benché regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza 8.3.2012, n. 84 la Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, onde addivenire all’udienza di discussione del ricorso re adhuc integra.

Alla pubblica udienza del 9.4.2013 il ricorso é stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Il ricorso è infondato.

Giova innanzitutto osservare che il principio invocato dalla società ricorrente presuppone comunque l’impugnativa dell’ordine di demolizione (cfr. l’inciso sul “provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa” contenuto nella citata massima di Cons. di St., n. 5228/2011, nonché la sottostante fattispecie), che però nel caso di specie difetta.

In ogni caso, la Sezione, con ciò aderendo ad un diverso orientamento giurisprudenziale (per il quale cfr. Cons. di St., IV, 15.6.2012, n. 3534), ha più volte affermato che la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità condiziona al più l’efficacia della precedente ordinanza di demolizione, ma non può giammai - per il principio tempus regit actum - costituire parametro della sua legittimità e - men che meno - espungerla dal mondo del diritto, sicché l'amministrazione è tenuta a mandare ad esecuzione l’ordine di demolizione non appena abbia rigettato tale domanda (così T.A.R. Lazio, I, 9.7.2012, n. 6197;
T.A.R. Liguria, I, 11.7.2011, n. 1084).

Più precisamente, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia della misura ripristinatoria, nel senso che questa è soltanto sospesa, determinandosi uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania, II Sezione, 4 febbraio 2005, n. 816 e 13 luglio 2004, n.10128). Ne consegue che, in caso di accoglimento della domanda di sanatoria, l’ordine di demolizione viene inevitabilmente meno per il venir meno del suo presupposto, vale a dire del carattere abusivo dell’opera realizzata, in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda. In caso di rigetto, invece, il provvedimento sanzionatorio a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia – che non era definitivamente cessata ma solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale – con la sola specificazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso (così T.A.R. Campania-Napoli, II, 2.3.2010, n. 1259;
T.A.R. Liguria, I, 5.2.2011, n. 226).

Si tratta di un orientamento che – a parere del collegio - trova un solido fondamento normativo proprio nel principio fondamentale contenuto nell’art. 36 comma 3 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, a mente del quale “sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata”.

La disposizione, come già l’art. 13 della L. 28.2.1985, n. 47, configura un caso paradigmatico di silenzio-rifiuto o silenzio-diniego (come tale spesso portato dalla manualistica ad esempio del silenzio significativo negativo), sicché è la stessa legge che si è data carico di individuare addirittura il tempo (sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità) nel quale l’efficacia dell’ordinanza di demolizione deve ritenersi sospesa.

Nel caso di specie, il sopralluogo nel corso del quale è stata accertata l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 2 del 9.4.2011 è stato effettuato il 3.1.2012, allorché, in virtù del decorso di sessanta giorni, si era già formato il silenzio-rifiuto ex art. 36 comma 3 D.P.R. n. 380/2001 sull’istanza di accertamento di conformità presentata in data 8.7.2011, ed era dunque cessata la sospensione dell’efficacia dell’ordine di demolizione.

Per il resto, quanto alla denunciata violazione dell’art. 31 del testo unico dell’edilizia in virtù della mancata indicazione dell’area da acquisire, il motivo è inammissibile per difetto di interesse, in quanto il provvedimento impugnato prefigura soltanto l’esecuzione d’ufficio (posto che dell’abuso è responsabile l’affittuario della società ricorrente, proprietaria dell’area).

Stante la contumacia del comune, non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio.

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