TAR Bari, sez. I, sentenza 2024-04-24, n. 202400514

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2024-04-24, n. 202400514
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202400514
Data del deposito : 24 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2024

N. 00514/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00904/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 904 del 2023, proposto da
P T, P G A, nella qualità di eredi di P M, rappresentati e difesi dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

Comune di San Paolo di Civitate, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D N, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

per l’esecuzione

del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato N. 6709/2021, pubblicata in data 07.10.2021, passata in giudicato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di San Paolo di Civitate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024 la dott.ssa M L R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - I ricorrenti - nella qualità di eredi di P M - espongono in particolare che:

- con ricorso iscritto al N. 865/2013 R.G., il sig. P M adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, per ottenere il risarcimento dei danni causati dalla occupazione illegittima e la conseguente perdita definitiva della disponibilità dei fondi siti in San Paolo di Civitate, foglio 33, particella 100, are 13 e ca 65, foglio 33, particella 101, di are 43 e 63,che ha originato le particelle 537, 538, 539, 540, 541, 542, 543, 544, 545 e foglio 33, particella 432, di Ha 03 e 60 ca, giusto decreto di occupazione temporanea d’urgenza del 09.07.1985, n. 4917 e n. 4918, in misura pari all’intero controvalore venale dei beni oltre svalutazione monetaria e interessi, oltre al ristoro per l’occupazione legittima e illegittima (in relazione alla procedura espropriativa avviata, in seguito all’approvazione del Piano di Zona per l’edilizia economica e popolare della zona C3B e C1 del P.R.G., con delibera consiliare del comune di San Paolo di Civitate n. 42 del 23 marzo 1983, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità);

- infatti, nel decreto di occupazione temporanea d’urgenza del 09.07.1985, N. 4917, l’occupazione veniva disposta per un periodo di cinque anni e che a tutt’oggi, il Comune di San Paolo di Civitate non ha ancora concluso l’iter per l’espropriazione definitiva dei suoli non essendo mai intervenuto decreto definitivo di esproprio entro il termine quinquennale disposto nel decreto di occupazione temporanea di urgenza ;

- con sentenza N. 316/2019, pubblicata in data 04.03.2019, il Tribunale Amministrativo Regionale, così disponeva: “Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile per difetto di giurisdizione, per come chiarito in parte motiva, che declina in favore del Giudice Ordinario. Lo accoglie in parte e per l’effetto condanna il Comune di San Paolo di Civitate al risarcimento, in favore degli odierni ricorrenti (T P e G A P), del danno da perdita di proprietà e da mancato godimento della medesima, nei sensi e limiti indicati in motivazione, ordinando al Comune di San Paolo di Civitate, ai sensi dell’art. 34, comma 4 c.p.a., di proporre loro, entro il termine di centoventi giorni decorrente dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione o dallo notificazione, ove anteriore, il pagamento di una somma di denaro, a titolo di risarcimento dei danni, calcolata secondo i criteri e nei limiti temporali indicati in motivazione, parametrando il quantum risarcitorio all’ “effettiva estensione edificata pari a mq 4377” (cfr. il deposito documentale di parte ricorrente del 2 agosto 2023).

I privati proponevano appello avverso la menzionata pronuncia di questo Tribunale n. 316/2019, deducendo come unico motivo di ricorso l’erroneità dell’estensione delle aree effettivamente occupate individuata dal T.A.R. ( Il giudice di primo grado avrebbe affermato in maniera erronea, sulla base della relazione tecnica del Comune e senza tenere in debito conto quella dei ricorrenti, che l’area effettivamente occupata fosse pari a mq. 4377 anziché mq. 6088. In particolare il T.A.R. avrebbe illogicamente ritenuto inattendibile la relazione tecnica della parte privata in quanto si sarebbe limitata “ad una ricognizione meramente cartolare ed astratta delle risultanze catastali, nonché dei verbali di immissione in possesso”. Gli appellanti hanno pertanto chiesto la riforma della sentenza gravata con condanna del Comune al risarcimento del danno da perdita della proprietà e da mancato godimento della medesima, per una superficie pari all’integrale estensione delle particelle occupate - cfr. la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, n. 6709 del 7 ottobre 2021).

Con sentenza n. 6709 del 7 ottobre 2021 (cfr. il deposito documentale di parte ricorrente del 2 agosto 2023), la quarta sezione del Consiglio di Stato respingeva l’appello proposto dagli odierni ricorrenti in ordine alla dedotta errata estensione dei suoli occupati, confermando, all’esito della disposta verificazione, l’effettiva estensione edificata pari a mq 4377.

I ricorrenti affermano che l’Amministrazione non ha provveduto a dare esecuzione alla sentenza restando inadempiente agli obblighi nascenti dalla sentenza e, con ricorso notificato il 2 agosto 2023 e depositato in pari data, agiscono per l’ottemperanza della succitata sentenza del Consiglio di Stato n. 6709/2021, con cui è stato respinto l’appello avverso la succitata sentenza n. 316/2019 di questo T.A.R., chiedendo che l’adìto Tribunale ordini l’ottemperanza al Comune di San Paolo di Civitate, in persona del Sindaco pro tempore, della sentenza suddetta, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione disponendo il pagamento di tutte le somme dovute oltre interessi e rivalutazione secondo le modalità previste dal titolo esecutivo, previo compimento di tutti gli atti necessari ad assicurare il pagamento in favore dei ricorrenti.

1.1 - Si è costituito in giudizio il comune di San Paolo di Civitate, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso di ottemperanza, in ragione della dichiarazione di dissesto finanziario del civico Ente (deliberazione del Consiglio comunale n. 50/2016), richiamando in particolare l’art. 248 del decreto legislativo n. 267/2000 (essenzialmente, inammissibilità di azioni esecutive nei confronti dell’ente per debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione) e i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 15 del 5 agosto 2020.

Sostiene, altresì, che la sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, n. 316/2019 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 6709/2021 sarebbero inutiliter date nonché inefficaci e insuscettibili di passare in giudicato, essendo state pronunciate nei confronti del comune in assenza di litisconsorti necessari (organo straordinario di liquidazione, titolare della legittimazione passiva nelle controversie con i creditori).

Sottolinea l’avvenuta ricezione, da parte degli odierni ricorrenti, della missiva del 10 luglio 2023 dell’Ufficio tecnico comunale (prot. n. 6164 del 25 luglio 2023, avente a oggetto Determina di acquisizione ex art. 42 bis D.p.R. 327/2001 dei suoli ricompresi nei piani di zona per l’edilizia economica e popolare delimitati all’interno dei comparti urbanistici C3B e C1 del PRG e approvati con delibere consiliari n. 42 del 21.03.1983, n. 99 del 06.05.1986 e n. 87 del 30.06.1987. Comunicazione ), recante comunicazioni in ordine alla determinazione di acquisizione ex art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001, a seguito della deliberazione dell’organo straordinario di liquidazione n. 6 del 30 novembre 2022, cui è seguita la determinazione dirigenziale n. 37 del 13 febbraio 2023 (avente a oggetto Determina di acquisizione ex art. 42 bis D.p.R. 327/2001 dei suoli ricompresi nei piani di zona per l’edilizia economica e popolare delimitati all’interno dei comporti urbanistici C38 e C1 del PRG e approvati con delibere consiliari n. 42 del 21.03.1983, n. 99 del 06.05.1986 e n. 87 del 30.06.1987 ).

Conclude domandando la declaratoria di carenza di legittimazione passiva del Comune di San Paolo di Civitate ai sensi dell’art. 248 TUEL per i motivi di cui in narrativa che si intendono quivi trascritti e, nel merito, il rigetto del ricorso perché fondato sulla sentenza n. 316/2019 del Tar Puglia sez. Bari e del Consiglio di Stato n. 6709/2021 inutilmente emessa nei confronti del Comune di San Paolo di Civitate .

1.2 - Con memoria difensiva del 30 novembre 2023, i ricorrenti hanno controdedotto alle eccezioni del comune resistente, sostenendo l’ammissibilità del ricorso di ottemperanza proposto, essendo quest’ultimo diretto a ottenere un’attività provvedimentale dell’Amministrazione, in esecuzione della succitata sentenza n. 316/2019 di questo T.A.R., che non si esaurisce in una mera azione esecutiva e sussistendo - in tesi - la piena legittimazione passiva dell’ente convenuto;
assumono altresì che, considerato che l’art. 264 TUEL dispone che “Il risanamento dell’ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato”, apparirebbe evidente che, nel caso di specie, per effetto dell’esaurimento della procedura di dissesto per cui è causa, sia venuta meno nei confronti del Comune di San Paolo di Civitate l’inibitoria delle azioni esecutive individuali.

Quanto all’eccezione del civico ente, secondo cui le sentenze in questione sarebbero inutiliter date, deducono che il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, a far tempo dalla data di dichiarazione di dissesto del Comune per i debiti che rientrano nella competenza del Commissario straordinario di liquidazione, determina l’attribuzione della legittimazione processuale passiva all’organo suddetto limitatamente alle azioni esecutive, e non si estende anche alle azioni di cognizione.

Nel merito, insistono per la fondatezza dell’azione proposta, attesa la totale inadempienza dell’Ente convenuto che solo dopo la notifica del presente ricorso, a mezzo dell’Organismo di Liquidazione Straordinario ha fatto pervenire agli odierni ricorrenti una proposta economica del tutto inaccettabile sia per la quantificazione del valore del bene e sia per la decurtazione delle somme offerte. In particolare, con riferimento al valore del bene, non risultano in alcun rispettati i criteri individuati dalla sentenza N. 316/2019 di Questo Tribunale Amministrativo. Infatti, il valore venale del bene veniva individuato su base esclusivamente soggettiva e senza l’impiego di alcun criterio oggettivo. La valutazione del risarcimento è stata, infatti, compiuta senza tener conto della natura edificatoria del terreno, del valore di mercato dei terreni ed infine senza tener conto dell’eseguita espropriazione parziale di bene unitario che, nel calcolo del risarcimento dovuto, impone necessariamente di considerare anche il deprezzamento del bene residuo.

1.3 - All’udienza in camera di consiglio del 10 gennaio 2024, la causa è stata introitata per la decisione.

2. - Premette questa sezione che il ricorso di ottemperanza è stato correttamente incardinato innanzi a questo Tribunale.

2.1 - Invero, si rammenta in proposito - in linea generale - che la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 409, ma si veda anche Consiglio di Stato, sez. VI, 2 luglio 2014, n. 3331), pienamente condivisa dal Collegio, ha affermato che “nel processo amministrativo il giudice competente nel giudizio di ottemperanza va individuato, nel caso di conferma della sentenza di primo grado da parte del Consiglio di Stato, con riguardo all’indice testuale contenuto nel dispositivo della sentenza di secondo grado, indipendentemente dal suo percorso argomentativo, cui è connaturale uno sviluppo non meramente ripetitivo della sentenza di primo grado;
ne consegue che, ove il dispositivo comporti una statuizione di rigetto dell’appello, vi è certamente identità di contenuto dispositivo tra i provvedimenti di primo e secondo grado, con conseguente attribuzione della competenza al Tar delle questioni sull’ottemperanza;
ma, ove il dispositivo in appello contenga statuizioni che evidenzino uno scollamento dal percorso motivazionale e, conseguentemente, dal dispositivo della decisione di primo grado gravata e, quindi, nei casi in cui emergano formule come “ respinto con diversa motivazione”, allora la competenza per il giudizio di ottemperanza si radica presso il Consiglio di Stato;
ancora più precisamente, quanto alle pronunce di appello con la formula “conferma con diversa motivazione”, e al fine di individuare il giudice competente ex art. 113 c.p.a. per il successivo giudizio di ottemperanza, occorre fare riferimento alle ragioni o meglio, al motivo di impugnazione che, una volta accolto dal giudice di appello, determina la conferma della pronuncia di primo grado;
ed infatti, se la diversa motivazione di conferma si sostanzia in un approfondimento e/o ampliamento e/o arricchimento della motivazione di accoglimento del motivo o dei motivi già positivamente vagliati ed accolti dal giudice di primo grado, il contenuto dispositivo e conformativo del provvedimento di primo grado non può dirsi mutato, con conseguente individuazione del giudice competente nel Tar;
invece, ove la sentenza di appello pervenga alla conferma dell’esito dispositivo della sentenza di primo grado, ma in base all’accoglimento di un diverso motivo di impugnazione (ad esempio, (ri)proposto con appello incidentale, ovvero modificando il contenuto del dispositivo di condanna), il contenuto dispositivo o conformativo della sentenza di appello si presenta indubbiamente come differente rispetto a quello della sentenza di primo grado, con conseguente competenza del Consiglio di Stato per il successivo giudizio di ottemperanza.”
(Consiglio di Stato, sezione quarta, 24 novembre 2017, n. 5489).

Si osserva poi, per completezza, che tale approdo risulta - altresì - coerente con il principio che tende a salvaguardare il doppio grado di giudizio che - seppur per la giustizia amministrativa non espressamente consacrato nella Costituzione- è tendenziale canone interpretativo costantemente rispettato.

Deve, sul punto, rammentarsi che la Corte Costituzionale ha chiarito che l’art. 125, comma secondo, della Costituzione, prevedendo, nella Regione, l’istituzione di organi di giustizia amministrativa di primo grado, ha costituzionalizzato il principio che vieta di “attribuire al T.A.R. competenze giurisdizionali in unico grado e la conseguente necessaria appellabilità di tutte le sue pronunce, e, quindi, una garanzia del doppio grado riferita alle controversie che il legislatore ordinario attribuisca agli organi locali della giustizia amministrativa”;
la stessa Corte Costituzionale ha aggiunto che “solo in tal senso assume rilevanza costituzionale” il principio del doppio grado di giudizio, “non potendo, l’art. 125 della Costituzione comportare l’inverso, perché nessun’altra norma della Costituzione indica il Consiglio di Stato come giudice solo di secondo grado” (Corte Costituzionale, ordinanza n. 395 del 1988;
sentenza n. 8 del 1982;
da ultimo sentenza n. 108 del 2009).

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