Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-02-01, n. 201700409

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-02-01, n. 201700409
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700409
Data del deposito : 1 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2017

N. 00409/2017REG.PROV.COLL.

N. 00517/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 517 del 2016, proposto da C E V D M, rappresentato e difeso dall'avvocato F E L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Trieste, 155;

contro

Comune di Barletta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati I P, R M D, G C e D C Morano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato B P in Roma, via Celimontana, 38;
Regione Puglia, non costituita in giudizio;

nei confronti di

L D R, rappresentato e difeso dall'avvocato L Ghia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via delle Quattro Fontane, 10;
Vincenzo Settanni, non costituito in giudizio;
Il Borgo Srl, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia, Sezione III - n. 1345 del 22 ottobre 2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e di L D R;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati F.E. Lorusso, I. Palmiotti, D. Cuocci Martorano e A. Pivanti, su delega di L. Ghia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, il signor Carlo Emanuele V di M impugna la sentenza 22 ottobre 2015 n. 1345, con la quale il TAR per la Puglia, sez. III, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’ottemperanza alla precedente sentenza del medesimo TAR Puglia, sez. II, 29 ottobre 2011 n. 1416.

La controversia oggetto del processo cognitorio riguardava, in sostanza, la legittimità di un Piano di lottizzazione di un insediamento turistico – rurale (e dei conseguenti permessi di costruire), recante la realizzazione di 46 palazzine di 4 unità immobiliari ciascuna, per complessivi 44.850 mc. e 448 abitanti potenziali, oltre ad ulteriori 5.200 mc. relativi ad un punto di ristoro;
il tutto “in piena campagna, nell’ambito di un territorio deputato (almeno sino al rilascio dei permessi di costruire) alla coltura dell’ulivo”.

1.1. Con la sentenza n. 1416/2011, il TAR per la Puglia ha accolto il ricorso proposto dal signor V di M, e, successivamente, questo Consiglio di Stato, con sentenza 12 febbraio 2013 n. 830, ha confermato la sentenza del TAR, con integrazioni di motivazione, escludendo che quanto previsto nel Comune di Barletta, loc. Montaltino, da un “piano di lottizzazione relativo ad un insediamento turistico-rurale” e dai conseguenti permessi di costruire, sia compatibile con la destinazione urbanistica di zona, ed in particolare con la natura di zona E impressa al suolo oggetto dell’intervento.

1.2. A seguito di quest’ultima decisione, il Servizio urbanistica della Regione Puglia, con nota 17 febbraio 2015 n. 1493, invitava il Comune di Barletta “a porre in essere la doverosa attività amministrativa di cui all’art. 30 del DPR n. 380/2001”.

1.3. Il Comune di Barletta proponeva ricorso ai sensi dell’art. 112, co. 5, C.p.a., e questo Consiglio di Stato, con sentenza 14 maggio 2015 n. 2141, forniva chiarimenti, affermando in particolare:

“ In ragione dei limiti propri della presente sede di giudizio, proposto per ottenere chiarimenti ai fini dell’ottemperanza, compete al Comune di Barletta, nell’esercizio dei propri poteri, ed alla luce dei chiarimenti ottenuti, conformarsi alle sentenze del giudice amministrativo, restando impregiudicata (ove ne sussistano i presupposti) l’eventuale azione di ottemperanza, della quale è titolare la parte vittoriosa in sede cognitoria”.

A seguito dei chiarimenti forniti, il Comune di Barletta ha ingiunto la demolizione delle opere, con ordinanza 6 agosto 2015 n. 41460, ma l’attuale appellante, ricorrendo in sede di ottemperanza, ha contestato al Comune di avere agito ai sensi dell’art. 38 DPR n. 380/2001 - in luogo dell’art. 30 del medesimo DPR (come indicato anche dalla Regione Puglia) - il quale prevede la preventiva acquisizione delle aree al patrimonio comunale e solo successivamente la demolizione.

1.4. La sentenza impugnata ha dichiarato il ricorso per ottemperanza inammissibile “in quanto proposto a giudice incompetente”.

Ciò in quanto “la controversia circa l’esecuzione del giudicato e, in particolare, quella relativa alla norma del Testo Unico dell’edilizia applicabile alla fattispecie concreta, sono riferite a quanto statuito e successivamente chiarito dal Consiglio di Stato”.

Secondo la sentenza impugnata, poiché “il Consiglio di Stato ha espressamente chiarito che la sentenza n. 830/2013, ha confermato con integrazioni di motivazione, la sentenza 29 ottobre 2011 n. 1416 del TAR per la Puglia sez. II di Bari e ha fornito chiarimenti circa l’ottemperanza della sentenza d’appello”, ciò comporta che “le controversie insorte in sede di ottemperanza attengono inequivocabilmente alla portata di quanto stabilito dal Supremo Consesso”.

Inoltre, la sentenza ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’ottemperanza, con riferimento alla “presunta mancata ottemperanza della sentenza n. 1416/2011 . . . per la parte in cui il giudice di prime cure ha disposto la trasmissione di copia della sentenza e degli atti del giudizio, a cura della cancelleria, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani”, e ciò in quanto “l’invio degli atti . . . oltre ad essere irretrattabile, non può essere oggetto né di sindacato, né di azione di esecuzione in quanto rappresenta attività svolta in occasione dell’esercizio della funzione giurisdizionale . . . mentre nel giudizio di ottemperanza l’oggetto è relativo all’attuazione della parte soccombente delle statuizioni contenute nel giudicato”.

1.5. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erroneità della sentenza di I grado con riferimento alla rilevata inammissibilità del ricorso per incompetenza del TAR Puglia–Bari;
violazione ed errata applicazione dell’art. 113 C.p.a.;
ciò in quanto “la sentenza del Consiglio di Stato ha ampiamente confermato la decisione del giudice di I grado, se possibile in termini ancor più perentori”, laddove non è sufficiente una integrazione e/o ampliamento della motivazione della sentenza impugnata a radicare la competenza del Consiglio di Stato ai fini dell’esecuzione delle pronunce. Infatti, “il criterio dirimente della competenza va ricercato nel dispositivo della sentenza di secondo grado che, ove si limiti semplicemente a rigettare l’appello, radicherà il giudizio di ottemperanza presso il TAR;
qualora invece esso contenga statuizioni che evidenzino uno scollamento del percorso motivazionale e, conseguentemente, del dispositivo della decisione gravata . . . allora la competenza per il giudizio di ottemperanza si radicherà presso il Consiglio di Stato”;

b) erroneità della sentenza di I grado con riferimento alla rilevata inammissibilità della domanda proposta dal dott. V di trasmissione degli atti del giudizio di I grado alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani;
violazione delle norme sul giudicato;
ciò in quanto, ove si aderisse all’orientamento espresso in sentenza, una parte della medesima “di cui si chiede l’esecuzione resterebbe priva di effetti qualora, come è accaduto nel caso di specie, non venisse dato seguito all’ordine impartito dal giudice, con conseguenti gravi effetti di carattere pubblico, considerato l’oggetto dell’ordine del giudice”.

L’appellante, inoltre, si diffonde sui “profili di merito della questione”, per l’ipotesi che questo Consiglio di Stato voglia disporre per l’ottemperanza alla propria sentenza n. 830/2013.

1.6. Si è costituito in giudizio il Comune di Barletta, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Si è altresì costituito in giudizio De Raymondi Lorenzo, che ha dichiarato di rimettersi alla decisione del Consiglio di Stato, quanto alla competenza, precisando tuttavia come, nel caso di specie, “a seguito dell’annullamento della convenzione di lottizzazione non può che applicarsi l’art. 38 del DPR n. 380/2001”.

1.7. Alla camera di consiglio del 27 ottobre 2016, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con riferimento al primo motivo di impugnazione, con il quale si contesta la affermata inammissibilità del ricorso perché proposto innanzi al TAR Puglia, giudice incompetente per l’ottemperanza.

2.1. Come è noto, l’art. 113 C.p.a., nell’individuare il giudice competente a decidere sul ricorso per l’ottemperanza individua tale giudice – in relazione alle ottemperanza delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicate ovvero esecutive - in quello “che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta”, precisando, altresì, che il Tribunale Amministrativo regionale è competente anche in ordine ai propri provvedimenti “confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo o conformativo dei provvedimenti di primo grado”.

La giurisprudenza del giudice amministrativo ha già avuto modo di affermare che il giudice competente nel giudizio di ottemperanza va individuato, nel caso di conferma della sentenza di primo grado da parte del Consiglio di Stato, con riguardo all’indice testuale esplicito contenuto nel dispositivo della sentenza di secondo grado e ciò “indipendentemente dal percorso argomentativo contenuto nella decisione di secondo grado, cui è connaturale uno sviluppo non meramente ripetitivo della sentenza di primo grado” (Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4613 e 18 aprile 2013 n. 2183).

Ne consegue che “nel caso in cui il dispositivo comporti una statuizione di rigetto sic et simpliciter dell’appello, vi è certamente identità di contenuto dispositivo tra i provvedimenti di primo e secondo grado, con conseguente attribuzione della competenza al T.A.R. delle questioni sull’ottemperanza” (Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2013, n. 1642). Si è inoltre più precisamente affermato che “qualora il dispositivo, in appello, contenga statuizioni che evidenzino uno scollamento dal percorso motivazionale e, conseguentemente, dal dispositivo della decisione di primo grado gravata e, quindi, nei casi in cui emergano formule come “respinto con diversa motivazione”, solo allora la competenza per il giudizio di ottemperanza si radica presso il Consiglio di Stato” (Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2013 n. 4797).

Ancora più precisamente - quanto alle pronunce di appello con la formula “conferma con diversa motivazione” ed al fine di individuare il giudice competente ex art. 113 C.p.a. per il successivo giudizio di ottemperanza, occorre fare riferimento (al di là della “genericità” della formula) alle ragioni, o meglio al motivo di impugnazione che, una volta accolto dal giudice di appello, determina la conferma della pronuncia di I grado. Ed infatti:

- nel caso in cui la “diversa motivazione” di conferma si sostanzia in un approfondimento e/o ampliamento e/o arricchimento della motivazione di accoglimento del motivo o dei motivi già positivamente vagliati ed accolti dal giudice di I grado, il “contenuto dispositivo e conformativo” del provvedimento di primo grado non può dirsi mutato, con conseguente individuazione del giudice competente nel Tribunale amministrativo regionale;

- nel caso in cui, invece, la sentenza di appello pervenga alla conferma della sentenza di I grado, quanto all’esito del dispositivo, ma in base all’accoglimento di un diverso motivo di impugnazione (ad esempio, (ri)proposto con appello incidentale, ovvero modificando il contenuto del dispositivo di condanna), allora il contenuto dispositivo o conformativo della sentenza di appello si presenta indubbiamente come “differente” rispetto a quello della sentenza di I grado, con conseguente competenza del Consiglio di Stato per il successivo giudizio di ottemperanza.

2.2. Nel caso di specie, la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 830/2013, nel confermare la sentenza del TAR Puglia n. 1416/2011, ha affermato espressamente di condividerla (pagg. 31 e 36), pur ampliandone ed integrandone i passaggi motivazionali, ma senza individuare ragioni diverse da quelle rappresentate dai motivi che, in primo grado, hanno determinato l’accoglimento del ricorso.

Ne consegue che, alla luce di quanto innanzi esposto, non avendo la sentenza di appello modificato il contenuto dispositivo o conformativo del giudizio di I grado, deve essere individuato nel TAR per la Puglia il giudice competente per il giudizio di ottemperanza.

2.3. Ai fini della determinazione del giudice competente, non incide la sentenza 14 maggio 2015 n. 2141, con la quale questo Consiglio di Stato, richiestone dal Comune di Barletta con ricorso ai sensi dell’art. 112, co. 5 c.p.a., ha fornito chiarimenti in ordine alla portata della propria precedente sentenza n. 830/2013.

In quella sede, questo Consiglio di Stato ha tenuto a precisare che, anche alla luce di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria 13 gennaio 2013 n. 2, si “ritiene di poter rendere i chiarimenti richiesti, proprio perché tale attività – non connotandosi come conseguenza di un (particolare tipo di) azione di ottemperanza – non inficia l’esperibilità di tale azione, né interferisce sui criteri di individuazione del giudice competente, ai sensi dell’art. 113 Cpa.”.

Ed ha aggiunto che “il ricorso previsto dall’art. 112, comma 5, Cpa, appare dunque come un rimedio concesso all’amministrazione, onde rendere possibile la conformazione della sua azione al giudicato, in via antecedente ed indipendente dall’azione di ottemperanza (cui è legittimata, sussistendone le condizioni, la parte vittoriosa), ed impregiudicato il ricorso a quest’ultima, ove ne ricorrano le condizioni”.

2.4. Alla luce delle considerazioni esposte, il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto) deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, co. 1, C.p.a.

Valuterà il T.a.r., nel prosieguo, l’incidenza, sul giudizio di ottemperanza, della nota regionale in data 17 febbraio 2015 e della confisca disposta dalla sentenza di condanna resa dal Tribunale penale di Trani n. 386 del 19 maggio 2016.

3. E’, invece, infondato il secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto), con il quale l’appellante contesta la rilevata inammissibilità della domanda proposta onde ottenere la trasmissione degli atti del giudizio di I grado alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani.

Occorre osservare, innanzi tutto, che la sentenza del TAR Puglia n. 1416/2011, in calce al dispositivo, afferma: “dispone, a cura della cancelleria, la rimessione di copia della presente sentenza nonché degli atti del presente giudizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani”.

Il giudice di I grado ha evidentemente ritenuto di disporre in tal senso, impartendo un preciso ordine alla Segreteria del TAR, in attuazione di quanto disposto dall’art. 331, co. 4, c.p.p., in base al quale “se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l’autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero”.

Appare evidente come tale determinazione costituisce adempimento di un dovere da parte del giudice, ai sensi della norma innanzi riportata (per il quale, in caso di inadempimento, l’ordinamento prevede specifici rimedi e responsabilità), ma non costituisce pronuncia sulla domanda proposta in giudizio o su un suo capo. Pertanto, non costituendo pronuncia, sulla medesima non può formarsi giudicato e, dunque, procedersi all’esercizio dell’azione di ottemperanza (cfr., nel senso che legittimati passivi del giudizio di ottemperanza ex art. 112, co.1 C.p.a., siano solo le parti e l’Amministrazione nei cui confronti è stata pronunciata la sentenza passata in giudicato, sez. V, n. 2489 del 2012;
sulla irretrattabilità e inidoneità al giudicato della clausola della sentenza che dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, Ad. plen., n. 10 del 2011;
sez. V, n. 5465 del 2014).

Da quanto esposto, consegue l’infondatezza del secondo motivo di appello e la conferma, sul punto, della sentenza impugnata.

4. In conclusione l’appello deve essere in parte accolto e in parte respinto, nei sensi innanzi precisati.

5. Stante la natura e novità delle questioni trattate, nonché la parziale reciproca soccombenza, sussistono le eccezionali ragioni divisate dal combinato disposto degli artt. 26, co.1, c.p.a. e 92, co.2, c.p.c. per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio, ad eccezione del contributo unificato versato dall’appellante per il presente grado di appello, che viene posto a carico, in solido, del Comune di Barletta e di L D R.

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