TAR Napoli, sez. II, sentenza 2021-07-02, n. 202104577

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2021-07-02, n. 202104577
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202104577
Data del deposito : 2 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2021

N. 04577/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02988/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 c.p.a.
sul ricorso numero di registro generale 2988 del 2016, proposto da
ANTONIO ABBATE, rappresentato e difeso dagli Avv.ti L P e D P, con domicilio eletto in Napoli al Viale della Costituzione Is. G1/CDN e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia dei suoi difensori;

contro

COMUNE DI GIUGLIANO IN CAMPANIA, rappresentato e difeso dall’Avv. R C, con domicilio eletto in Napoli alla Via Tommaso Caravita n. 10 e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del suo difensore;

per l'annullamento

a) dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Giugliano in Campania n. 15 dell’11 marzo 2016, recante l’ingiunzione di demolizione di vari manufatti realizzati nel territorio comunale alla Via Santa Maria a Cubito su suoli distinti in catasto al foglio 12, particelle 115, 133 e 117, nonché delle relazioni tecniche dell’8 marzo 2016 ivi richiamate;

b) di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 giugno 2021 il dott. Carlo Dell'Olio e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137/2020;


Ritenuto che il ricorso si presta ad essere definito con sentenza in forma semplificata, giacché si presenta manifestamente infondato;

Premesso che nella specie è contestata al ricorrente l’edificazione, in assenza di permesso di costruire ed in zona agricola, di vari manufatti consistenti in un capannone di circa 640 mq., in due immobili di circa 43 mq. ciascuno, in muri di recinzione in cemento armato, etc. Di qui l’irrogazione della sanzione demolitoria finalizzata alla rimozione delle opere abusive;

Rilevato che le censure formulate in gravame avverso l’ordinanza di demolizione e le relazioni tecniche in essa richiamate, tutte meglio individuate in epigrafe, possono essere così riassunte:

a) l’ordine demolitorio non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in violazione delle prerogative partecipative garantite dagli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990;

b) l’ordinanza di demolizione è inficiata da difetto di motivazione in relazione alla normativa urbanistico-edilizia ritenuta violata e alla consistenza delle opere abusive, non avendo l’amministrazione indicato i punti di contrasto con tale normativa né avendo specificato “le difformità ascritte, i dati che le attestano e, da ultimo, le ragioni che avrebbero impedito comunque ed in ogni caso la realizzazione dell’opera”;

c) la gravata ordinanza è affetta da difetto di motivazione e di istruttoria anche in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico sul contrapposto interesse privato, tenuto conto dell’entità e della tipologia dell’intervento edilizio posto in essere, che avrebbero potuto comportare “l’opportunità di adottare un provvedimento alternativo”;

Considerato che le prefate doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:

aa) giova osservare che la comunicazione di avvio del procedimento deve ritenersi superflua ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli illeciti edilizi;
invero, tali procedimenti essendo tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati da legge speciale e caratterizzati dal compimento di meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario, e ciò anche a prescindere dall’applicabilità dell’art. 21-octies della legge n. 241/1990 (orientamento consolidato: cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 maggio 2014 n. 2568 e 25 giugno 2013 n. 3471;
TAR Campania Napoli, Sez. IV, 9 maggio 2016 n. 2338;
TAR Lazio Roma, Sez. I, 22 aprile 2016 n. 4720);

bb) secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, qui condivisa, l’ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenere adeguata e autosufficiente la motivazione quando già solo siano rinvenibili la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza o difformità dal permesso di costruire e l’individuazione della norma applicata, come ravvisabile nel caso di specie, ogni altra indicazione – ad esempio in tema di caratteristiche dimensionali o di collocazione temporale ed urbanistica degli illeciti edilizi – esulando dal contenuto tipico del provvedimento (cfr. ex multis TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 30 maggio 2017 n. 2870 e 28 gennaio 2016 n. 538;
TAR Campania Napoli, Sez. VI, 23 gennaio 2012 n. 315);

cc) infine, si rileva che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi sono atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionali, per cui è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati;
ne discende che essi sono sufficientemente motivati ed istruiti con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale (orientamento consolidato: cfr. Consiglio di Stato, A.P., 17 ottobre 2017 n. 9;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2020 n. 8501;
Consiglio di Stato, Sez. II, 13 novembre 2020 n. 7015;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 marzo 2017 n. 1386 e 28 febbraio 2017 n. 908;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 ottobre 2016 n. 4205 e 31 agosto 2016 n. 3750);

Ritenuto, in conclusione, che:

- resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso deve essere respinto siccome infondato;

- le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi