TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2023-02-20, n. 202302910

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2023-02-20, n. 202302910
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202302910
Data del deposito : 20 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2023

N. 02910/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05783/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5783 del 2020, proposto da
R C, rappresentata e difesa dagli avvocati F G, W M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S R in Roma, via Ottaviano n.9;

contro

Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari,

- del bando di cui al Decreto del Direttore Generale del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca – Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, n. 510 del 23 aprile 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 34 del 28.4.2020, con il quale è stata indetta la procedura straordinaria, per titoli ed esami, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno, nella parte in cui, all'art. 2, recante i “requisiti di ammissione”, ha previsto che comma 1:“(…) la partecipazione alla procedura è riservata ai soggetti, anche di ruolo, che, congiuntamente, alla data prevista per la presentazione della domanda, posseggono i seguenti requisiti:

a. tra l'anno scolastico 2008/2009 e l'anno scolastico 2019/2020 hanno svolto, su posto comune o di sostegno, almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, valutabili come tali ai sensi dell'art. 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124;

b. hanno svolto almeno un anno di servizio, tra quelli di cui alla lettera a), nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre;

comma 2: Il servizio di cui al comma 1, lettere a) e b), è valido solo se:

a. prestato nelle scuole secondarie statali;

b. prestato nelle forme di cui al comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, nonché di cui al comma 4-bis dell'art. 5 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 6, del Decreto legge”.

con conseguente esclusione dalla procedura concorsuale degli insegnanti iscritti nella terza fascia delle graduatorie d'istituto che integrano il requisito d'ammissione richiesto dal bando (tre annualità di servizio, di cui uno specifico per la classe di concorso richiesta) con l'insegnamento prestato nelle scuole pubbliche regionali;

- del medesimo bando di concorso nella parte in cui, all'art. 3, prescrive che non sono ammesse altre forme di presentazione della candidatura se non utilizzando la procedura informatica POLIS, in quanto tale procedura telematica consente di compilare e inoltrare la domanda di partecipazione al concorso soltanto ai candidati che inseriscono i dati relativi al servizio prestato nelle scuole statali;

- del medesimo bando di concorso nella parte in cui, all'art. 3, comma 6, lettera m, prevede che il candidato debba dichiarare i titoli di servizio il cui possesso è requisito di accesso alla procedura, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera a) e b) e comma 2;

- del medesimo bando di concorso nella parte in cui, all'art. 3, comma 7, prevede che “Non si tiene conto delle domande che non contengano tutte le indicazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione al corso-concorso e tutte le dichiarazioni previste dal presente decreto”;

nonché, per la rimessione

alla Corte Costituzionale dell'art. 1, commi 5 e 6, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, convertito nella legge n. 159 del 20 dicembre 2019, recante misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il dott. D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1 Con l’odierno ricorso la ricorrente in epigrafe ha impugnato le statuizioni immediatamente lesive, in quanto escludenti, contenute nel d.d. n. 510/2020 con cui il Ministero dell’Istruzione ha indetto la procedura concorsuale straordinaria per il reclutamento di personale della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

1.2

Considerato che

la disciplina concorsuale richiamata dal bando di concorso è stata dettata, con particolare riferimento ai requisiti di partecipazione alla procedura, dal legislatore a monte, col medesimo gravame è stata altresì proposta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 5 e 6, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, convertito nella legge n. 159 del 20 dicembre 2019, nella parte in cui non equipara il servizio prestato presso le scuole pareggiate a quello espletato nelle scuole statali.

1.3 Più precisamente, la ricorrente lamenta di avere titolo a partecipare all’anzidetto concorso, nonostante le disposizioni normative censurate richiamate dalla lex specialis prevedano la necessità di aver prestato servizio per un periodo di almeno tre anni esclusivamente presso istituto scolastici statali, atteso che la stessa avrebbe espletato i seguenti periodi di insegnamento che dovrebbero essere comunque valutati ai fini dell’ammissione alla procedura:

- a.s. 2017/18 servizio annuale prestato sulla classe AB24 presso l’Istituto magistrale statale “L. Da Vinci” di Alba (CN);

- a.s. 2018/19 e 2019/20 servizi annuali prestati sulla medesima classe di concorso presso il Liceo artistico regionale “R. Guttuso” di Bagheria (PA).

1.4 In sostanza, a fronte del prescritto requisito di servizio di almeno tre anni prestato presso scuole statali la ricorrente avrebbe insegnato per un anno in un istituto statale, mentre gli altri due anni la prestazione sarebbe stata resa presso un istituto regionale pareggiato, ossia presso un’istituzione scolastica che, secondo quanto prospettato con il gravame, sarebbe da considerarsi ex se assimilabile a una scuola statale.

2.1 L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio eccependo la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata con l’atto introduttivo del giudizio e delle censure mosse al suo operato.

2.2 Più specificatamente, nel suo scritto difensivo la difesa erariale ha richiamato i precedenti della giurisprudenza amministrativa, resi in tema di procedure straordinarie indette dal Ministero dell’Istruzione al fine di arginare il fenomeno del precariato storico nel comparto scuola, con i quali è stato evidenziato, da un lato, come a fronte di una disposizione normativa di rango primario che preveda i requisiti di partecipazione al concorso in capo alla p.a. non residui alcuna discrezionalità di prevedere eccezioni e/o ulteriori requisiti non contemplati dal legislatore, venendo in rilievo un’attività amministrativa interamente vincolata che non può se non risolversi nel riportare, nel bando, le prescrizioni normative sopra evidenziate ( ex multis T.A.R. Lazio, Sezione Terza Bis, sent. n. 6981/2020). In secondo luogo, poi, con particolare riferimento alla mancata valutazione del servizio prestato presso istituti scolastici paritari, la stessa giurisprudenza ha già confermato che tale distinzione non risulta essere illegittima, attesa la peculiare finalità di assorbire il precariato storico formatosi presso le istituzioni statali perseguita dalle procedure straordinarie quale quella di cui trattasi, con discendente legittimità costituzionale della normativa primaria presupposta.

3. Con l’ordinanza n. 6560/2020 il Consiglio di Stato ha riformato l’ordinanza n. 5781/2020 di questa Sezione, con cui era stata respinta l’istanza cautelare formulata dalla parte ricorrente, sollecitando una rapida fissazione dell’udienza di merito, attesa la necessità di vagliare la possibile questione costituzionale sollevata con il gravame.

4. All’udienza pubblica del 7 febbraio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Il Collegio deve anzitutto rilevare come nonostante la pronuncia cautelare favorevole ottenuta in sede di appello la ricorrente non risulta essere stata ammessa a partecipare con riserva al concorso di cui trattasi né, tantomeno, è stata inserita nella graduatoria finale della procedura.

Quest’ultima, pertanto, nella sua veste di provvedimento amministrativo conclusivo del concorso pubblico in questione, avrebbe dovuto essere impugnata a pena di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse.

Avuto riguardo a tale aspetto, la giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di precisare come nelle procedure concorsuali, la mancata impugnazione della graduatoria finale si risolve in un profilo di improcedibilità del ricorso proposto avverso il provvedimento di esclusione dallo stesso in quanto, per i pubblici concorsi, l'atto finale costituito dalla delibera di approvazione della graduatoria, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto che determina la lesione del ricorrente (il bando nel caso di specie), non ne costituisce conseguenza inevitabile atteso che la sua adozione implica nuove e ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso, con la conseguenza che l'omessa impugnazione della graduatoria finale del concorso comporterà la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, non potendo l'eventuale annullamento del provvedimento di esclusione di un candidato incidere su un atto, quale la graduatoria definitiva di merito, ormai divenuto inoppugnabile (cfr. ex plurimis T.A.R. Lazio, Roma, sent. n. 15395/2022 e Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 2158/2022).

6. In disparte il profilo di rito de quo , rilevato d’ufficio dal Collegio e per il quale non è stata data la prescritta informativa preventiva alle parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3 c.p.a., si ritiene comunque opportuno risolvere l’odierna res litigiosa nel merito, attesa la peculiarità dei suoi contenuti.

A tal fine, si ritiene opportuno, in primo luogo, effettuare una ricostruzione del quadro normativo di riferimento al fine di qualificare in maniera esatta le domande contenute nell’atto introduttivo del giudizio.

6.1 Dagli atti di causa emerge come la ricorrente abbia dimostrato di aver prestato servizio, negli anni scolastici 2018/19 e 2019/20, presso il Liceo artistico regionale “R. Guttuso” di Bagheria (PA), ossia presso una delle istituzioni scolastiche gestite dalla Regione Sicilia che sono state riconosciute, in passato, quali scuole pareggiate.

6.2 Le scuole pareggiate di cui ci si occupa sono state istituite nella Regione siciliana con le leggi regionali n. 36/1951 e n. 42/1954 ottenendo, a seguito dell’adozione di decreti da parte dell’Assessorato dell’Istruzione e della Formazione professionale della Regione Siciliana (D.A. 1366 del 2 settembre 1969), l’anelato status di istituti pareggiati.

La legge della Regione Sicilia n. 34/1990 ha poi previsto il riordino di tali scuole, prevedendo che gli incarichi di presidenza e le supplenze annuali del personale insegnante e non fossero conferiti sulla base di graduatorie regionali da compilarsi ogni biennio, avvicinando così il loro sistema di reclutamento a quello utilizzato per le scuole gestite dallo Stato.

6.3 Lo status di scuola pareggiata, prima delle importanti riforme normative di cui sarà conto a breve, è stato successivamente disciplinato al livello nazionale dall’art. 356 del d.lgs. n. 297/94, c.d. “Testo unico scuola”, il quale ha espressamente riconosciuto la possibilità, alle condizioni ivi contemplate, a istituti di istruzione gestiti da enti pubblici territoriali (Regione, Provincia, Comune) ovvero da enti ecclesiastici, di rilasciare titoli di studio con valore legale.

Più precisamente, il terzo comma dell’articolo richiamato, nella sua versione primigenia, ha espressamente previsto che “ Il pareggiamento comporta gli effetti di cui all'articolo 355, comma 3 ”, ossia il “[…] riconoscimento legale comporta la piena validita', a tutti gli effetti, degli studi compiuti e degli esami sostenuti presso la scuola non statale che abbia ottenuto il detto beneficio ” (art. 355, co. 3, d.lgs. n. 297/94).

Tra le condizioni previste dalla normativa all’epoca vigente per acquisire detto status vi era anche quella di assicurare che la nomina dei docenti dovesse avvenire sulla base di un concorso pubblico o, comunque, utilizzando criteri analoghi a quelli previsti per l’arruolamento nelle scuole statali (art. 356, co. 2, lett. b), d.lgs. n. 297/94).

6.4 La richiamata norma di cui all’art. 356 del d.lgs. n. 297/94, con la quale è stato recepito nel Testo unico Scuola l’istituto del pareggiamento, già in precedenza esistente, è stata tuttavia abrogata dal d.l. n. 250/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2006 che, all’art. 1- bis , co. 1, segnatamente, ha disposto che “ Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (tra cui rientrano anche le scuole pareggiate) , sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e di scuole non paritarie ”, prevendo altresì, al successivo comma 6 che “ nelle scuole che non hanno chiesto ovvero ottenuto il riconoscimento della parita' di cui alla citata legge n. 62 del 2000, i corsi di studio gia' attivati, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sulla base di provvedimenti di parificazione, riconoscimento legale e pareggiamento adottati ai sensi degli articoli 344, 355, 356 e 357 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, continuano a funzionare fino al loro completamento ”.

La novella del 2005, in sostanza, ha dato definitiva attuazione a quanto in precedenza disposto dalla legge n. 62/2000, con cui è stato profondamente trasformato il previgente assetto del sistema nazionale di istruzione prevedendo, a partire dalla sua entrata in vigore, che quest’ultimo dovesse essere costituito dalle sole “ scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali ” (art. 1, co. 1). Con particolare riferimento alle scuole paritarie il successivo comma 2 ha precisato che “ Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualita' ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6 ”.

Preso atto della nuova struttura del sistema nazionale di istruzione delineato a partire dal 2000 e della discendente inconferenza con lo stesso dei previgenti istituti della parificazione, del pareggiamento e del riconoscimento legale, il legislatore del 2005 ha dunque ritenuto di dover disporre, in via espressa, la loro abrogazione dal T.U. Scuola, attesa la necessità di ricondurre gli stessi nell’ambito della summa divisio tra scuole paritarie e non.

In un contesto normativo di tal fatta, dunque, agli istituti scolastici parificati, pareggiati o legalmente riconosciuti è stato consentito di optare tra chiedere il riconoscimento quali scuole paritarie, al fine di proseguire nel rilascio di titoli di studio legalmente validi, ovvero di continuare la loro attività di insegnamento ma come scuole non paritarie e, in quanto tali, non autorizzate a rilasciare titoli di studio.

6.5 La stessa norma del 2005, peraltro, ha altresì previsto un periodo di transizione (art. 1- bis , co. 6) per quelle scuole parificate, pareggiate o legalmente riconosciute che, alla data della sua entrata in vigore, non avessero ancora chiesto o ottenuto il riconoscimento della parità, consentendo ad esse, nelle more dell’ottenimento del nuovo status di scuola paritaria, di lasciare attivi, fino al loro naturale esaurimento, i corsi scolastici già avviati in forza di precedenti provvedimenti autorizzativi (di pareggiamento, parificazione o riconoscimento legale).

In tal senso, dunque, la norma transitoria richiamata ha consentito agli istituti che non avevano ancora ottenuto il riconoscimento dello stato di scuola paritaria alla data della sua entrata in vigore, di continuare a tenere attivi i corsi già avviati fino al loro esaurimento, con ciò significando che alla scadenza di tale periodo dette scuole avrebbero dovuto essere, in alternativa, o ammesse nel novero degli istituti paritari ovvero nell’ambito delle scuole non paritarie, non esistendo nel nostro ordinamento altra possibilità, in ossequio a quanto disposto dalla legge n. 62/2000.

6.6 Appare pertanto fuorviante e comunque non corretto, sia sul piano normativo che su quello fattuale, discorrere ai fini dell’odierno giudizio del servizio prestato presso istituti scolastici pareggiati per le ragioni di seguito precisate.

7.1 Va anzitutto rilevato come tra i requisiti di partecipazione al concorso straordinario in parola i periodi di servizio utili ai fini della partecipazione avrebbero dovuto essere maturati tra l’a.s. 2008/09 e l’a.s. 2019/20, con ciò significando che, almeno in astratto, gli anni scolastici 2008/09 e 2009/10 potrebbero essere rilevanti ai fini del servizio prestato presso una scuola pareggiata, ossia presso un istituto che non avesse ancora ottenuto il riconoscimento della parità nel 2005 e avesse ancora dei corsi attivi in attesa della loro naturale scadenza, beneficiando così della norma transitoria di cui al richiamato art. 1- bis , co. 6, del d.l. n. 250/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2006.

7.2 Tuttavia, come sopra anticipato, l’odierna ricorrente ha prestato il suo servizio presso il Liceo artistico regionale “R. Guttuso” di Bagheria (PA) solo negli anni scolastici 2018/19 e 2019/20, ossia ben oltre il periodo transitorio de quo , ragion per cui non pare sostenibile, né in fatto né tantomeno in diritto, che la stessa abbia espletato tale servizio presso una scuola pareggiata, tenuto conto che, a quelle date, tale status non poteva più essere attribuito a nessuna scuola del nostro ordinamento, per effetto della sua intervenuta abrogazione espressa.

7.3 Peraltro, dalla lettura dell’intestazione degli attestati di servizio depositati agli atti dalla parte ricorrente emerge per tabulas come il liceo in questione abbia ottenuto il riconoscimento della parità scolastica già nell’a.s. 2001/02, non rientrando neppure nei casi di applicabilità della norma transitoria di cui al richiamato art. 1- bis , co. 6 del d.l. n. 250/2005.

7.4 In altri e più chiari termini il servizio prestato dalla ricorrente, asseritamente effettuato presso una scuola regionale pareggiata della Regione Sicilia, è stato in realtà espletato presso una scuola paritaria gestita dal medesimo ente territoriale, così come risulta dalla documentazione versata in atti e dal quadro normativo sopra ricostruito.

8.1 Tanto chiarito, appare evidente che detta attività lavorativa, posta in essere presso il liceo regionale sopra menzionato, in quanto istituto paritario, non possa essere ritenuta valida ai fini della partecipazione al concorso straordinario di cui trattasi, dovendosi a tal fine fare riferimento a quanto più volte statuito dalla giurisprudenza amministrativa in merito ai sensi dell’art. 74 c.p.a. (cfr. ex multis, T.A.R. Lazio, Sezione Terza Bis, sent. n. 8446/2020 e 11864/2020, quest’ultima confermata in appello da Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 11667/2022).

8.2 Con i richiamati precedenti di questa Sezione, alcuni già oggetto di conferma da parte del giudice amministrativo di appello, sono state chiarite le seguenti circostanze.

La previsione del bando contestata dalla ricorrente richiede espressamente, tra l’altro, lo svolgimento di tre annualità, svolte tra l’anno scolastico 2008/2009 e l'anno scolastico 2019/2020, presso istituzioni scolastiche statali, con effetto preclusivo alla presentazione della domanda per coloro che non siano in possesso del descritto requisito.

Il bando in questione, come risulta dalle sue premesse, è stato emanato in attuazione del d. l. 126/2019, per il quale “ 1. Il Ministero dell'istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato a bandire, contestualmente al concorso ordinario per titoli ed esami di cui all'articolo 17, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, entro il 2019, una procedura straordinaria per titoli ed esami per docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, finalizzata all'immissione in ruolo nei limiti di cui ai commi 2, 3 e 4. La procedura è altresì finalizzata all'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria, alle condizioni previste dal presente articolo ” (art. 1 comma 1).

Per il comma 5 dell’art. 1 “ la partecipazione alla procedura è riservata ai soggetti, anche di ruolo, che, congiuntamente: a) tra l'anno scolastico 2011/2012 e l'anno scolastico 2018/2019, hanno svolto, su posto comune o di sostegno, almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, valutabili come tali ai sensi dell'articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124 ” e il comma 6 precisa che “ al fine di contrastare il fenomeno del ricorso ai contratti a tempo determinato nelle istituzioni scolastiche statali e per favorire l'immissione in ruolo dei relativi precari, il servizio di cui al comma 5, lettera a), è preso in considerazione unicamente se prestato nelle scuole secondarie statali ”.

Il requisito di ammissione, previsto nel bando impugnato e preclusivo della partecipazione al concorso di parte ricorrente è pertanto previsto espressamente dalla legge. Ne discende che l’amministrazione non ha alcun potere discrezionale sulla scelta delle categorie ammesse al concorso straordinario in oggetto, essendo la scelta già stata compiuta a monte da parte del legislatore.

In relazione alla posizione dei docenti delle scuole pubbliche rispetto a quelli delle scuole paritarie, è da rilevare che questa pur essendo caratterizzata da una sostanziale equipollenza non può tuttavia essere assunta come del tutto identica, avuto riguardo alla ontologica e ineliminabile differenza legata alla natura pubblica delle prime e alla natura privata delle seconde, da cui discende un diverso meccanismo di selezione, almeno a livello astratto (Cons. St., VI, ord. 15 settembre 2018, n. 4378).

In conclusione, fermo il diritto della ricorrente di partecipare alle procedure ordinarie, la distinzione non appare irragionevole, né contrastante con la disciplina europea richiamata da parte ricorrente se si considera che la previsione non incide sul diritto alla libertà di insegnamento né preclude ai docenti di partecipare al concorso ordinario, ma si colloca nell’insieme delle disposizioni dirette a superare il precariato storico.

9.1 Per quanto attiene alla questione di legittimità costituzionale della prefata normativa sollevata con l’odierno ricorso, nella parte in cui effettuerebbe una indebita discriminazione tra il servizio prestato presso le scuole statali e quello effettuato presso le scuole pareggiate, va rilevato come essa sia priva della necessaria rilevanza ai fini della sua delibazione nell’odierno giudizio, posto che, per le ragioni sopra evidenziate, l’odierna ricorrente, ad onta di quanto paventato nell’atto introduttivo del giudizio, non ha prestato servizio presso una scuola pareggiata quanto piuttosto in una scuola paritaria.

9.2 La questione di costituzionalità che il Collegio è dunque tenuto ad affrontare è solo quella relativa alla compatibilità con le disposizioni della Carta Costituzionale della differenziazione operata in via normativa tra il servizio prestato presso scuole statali e quelle paritarie da parte del legislatore.

Tale questione, va precisato, è stata tuttavia già più volte esaminata sia da questo T.A.R. che dal Consiglio di Stato che hanno deciso di non rimetterla all’attenzione della Corte Costituzionale attesa la sua infondatezza.

Al riguardo, in particolare, è stato evidenziato che “ Il concorso in questione, per espressa previsione di legge, ha carattere straordinario, con la conseguenza che la previsione limitativa non lede il diritto costituzionalmente garantito dei ricorrenti di accedere ai posti di pubblico impiego mediante concorso pubblico, posto che gli stessi potranno partecipare ai concorsi ordinari che verranno banditi “contestualmente al concorso ordinario per titoli ed esami di cui all'articolo 17, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59”, così come previsto dall’art. 1, comma 1, del d. l. 126/2019. Nel caso in esame, il meccanismo introdotto dal legislatore appare rispondente a canoni di ragionevolezza, in quanto prevede dei concorsi di carattere straordinario e riservati, al fine di superare il precariato esistente e per porre un rimedio ad alcune situazioni peculiari, per poi, a regime, prevedere dei concorsi ordinari. In relazione alla posizione dei docenti delle scuole pubbliche rispetto a quelli delle scuole paritarie, è da rilevare che questa pur essendo caratterizzata da una sostanziale equipollenza non può tuttavia essere assunta come del tutto identica, avuto riguardo alla ontologica e ineliminabile differenza legata alla natura pubblica delle prime e alla natura privata delle seconde, da cui discende un diverso meccanismo di selezione. Fermo dunque il diritto della ricorrente di partecipare alle procedure ordinarie, la distinzione non appare irragionevole e dunque contrastante con la Costituzione, né contrastante con la disciplina europea richiamata da parte ricorrente se si considera che la previsione non incide sul diritto alla libertà di insegnamento né preclude ai docenti di partecipare al concorso ordinario, ma si colloca nell’insieme delle disposizioni dirette a superare il precariato storico ” (Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 11667/2022, conferma sent. T.A.R. Lazio, Sezione Terza Bis, n. 11864/2020).

10. Da ultimo, al Collegio preme precisare come non possano trovare adesione neppure le asserzioni di parte ricorrente ove pongono l’accento sul fatto che gli (ormai ex) istituti pareggiati fossero tenuti ad assicurare delle modalità di reclutamento del proprio personale scolastico sovrapponibili a quelle utilizzate dallo Stato per alimentare le proprie scuole e che tali procedure siano ancora utilizzate oggi, nonostante l’intervenuta trasformazione da scuole pareggiate a paritarie.

10.1 In primo luogo, va rilevato come sia del tutto fisiologico che un ente pubblico che gestisca una scuola inserita nel contesto del sistema di istruzione nazionale (nel quale una volta rientravano, oltre alle scuole statali, le scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute, mentre dopo la legge n. 62/2000 soltanto le paritarie) non possa se non adottare dei sistemi di reclutamento che si attaglino ai principi di imparzialità e di buon andamento ex art. 97 Cost., mediante l’indizione di procedure selettive di tipo comparativo ovvero tramite il sistema del “doppio canale” di reclutamento, già previsto dal legislatore nazionale per il comparto scuola, tenuto conto che l’amministrazione, a differenza dei privati che gestiscono istituti scolastici paritari, non è mai libera nello scegliere i soggetti con cui stipulare contratti di lavoro, dovendo a tal fine affidarsi a procedure a evidenza pubblica o che, comunque, garantiscano la necessaria trasparenza e imparzialità nella stipula di contratti di lavoro con i privati.

10.2 In seconda battuta, poi, la circostanza che gli ex istituti pareggiati della Regione Sicilia (oggi scuole paritarie) continuino, in forza di disposizioni normative adottate dallo stesso Ente territoriale, ad utilizzare delle modalità di reclutamento assimilabili a quelle usate dallo Stato per i propri istituti scolastici, non è certo un elemento che può far superare quanto finora statuito dalla giurisprudenza sulla natura straordinaria del concorso di cui trattasi e sulla peculiarità della funzione da esso svolta, ossia quella di contrastare il precariato storico venutosi a creare nell’ambito delle scuole statali (non regionali).

10.3 A venire in rilievo, invero, sono due canali di reclutamento distinti e autonomi, ancorché poggianti sui medesimi meccanismi di selezione, l’uno riferito agli istituti scolastici statali e, l’altro, alle scuole regionali siciliane, che affondano le loro radici in sostrati normativi differenti e che, comunque, risultano essere del tutto indipendenti tra loro.

A quest’ultima conclusione è agevole giungere anche solo considerando che la Regione Sicilia, periodicamente, avvia delle procedure di formazione di graduatorie regionali permanenti per la nomina in ruolo (per il 50% dei posti disponibili) e per il conferimento di supplenze annuali riservate, in via esclusiva, ai sei istituti scolastici regionali ex pareggiati (oggi scuole paritarie, come confermato dall’epigrafe del d.d.g. della Regione Sicilia n. 1334/2022), tra cui figura anche il liceo dove l’odierna ricorrente afferma di aver prestato servizio.

Dalla piana lettura del richiamato d.d.g., costituente fatto notorio in quanto oggetto di pubblicazione sul sito web istituzionale dell’Ente territoriale, si evince come per l’accesso a tali graduatorie sia richiesto, tra l’altro, di essere in possesso del requisito “ del servizio di insegnamento nelle scuole secondarie regionali indicate all’art. 1, prestato per almeno due anni scolastici dopo il conseguimento del titolo di studio ” (art. 2), non rilevando a tal fine il servizio prestato presso istituti statali.

10.4 Dal quadro normativo vigente e dalle circostanze sopra evidenziate appare dunque evidente come i due canali di reclutamento, quello delle scuole statali (tra cui rientrano anche quelle gestite dallo Stato e ubicate in Sicilia, alle quali si accede mediante pubblici concorsi nazionali ovvero mediante scorrimento di graduatorie regionali comunque gestite al livello nazionale quali GAE, GPS e graduatorie di istituto) e quello delle scuole regionali siciliane ex pareggiate, siano autonomi e debbano pertanto essere tenuti distinti, non potendosi ritenere che l’utilizzo di modalità di selezione del personale scolastico appuntate su criteri tra loro assimilabili, se non addirittura identici, possa essere ritenuto un fatto in grado di obliterare la distinzione ontologica comunque sussistente tra i due.

10.5 Tornando all’odierno giudizio, è evidente che il concorso straordinario di cui trattasi è stato avviato per espressa disposizione del legislatore nazionale (non regionale) al dichiarato fine di assorbire il precariato storico registrato nelle scuole statali (non regionali), essendo quindi irrilevante che la Regione Sicilia, per gli istituti scolastici ex pareggiati (oggi paritari) dalla stessa gestiti, abbia deciso di utilizzare delle forme di reclutamento assimilabili a quelle statali, mediante espressa previsione contenuta in norme primarie adottate al livello regionale, trattandosi di circostanza inidonea a scalfire la bontà della norma adottata dal legislatore nazionale con il richiamato d.l. n. 126/2019.

10.6 Trattandosi di canali di reclutamento distinti è evidente come se da un lato sussista la competenza e la responsabilità dello Stato nell’adottare le misure necessarie al fine di attenuare il fenomeno del precariato scolastico registrato nelle scuole statali, pari competenza e responsabilità non può se non essere ravvisata in capo alla Regione Sicilia per la gestione dei propri istituti regionali, non rilevandosi, pertanto, alcuna disparità di trattamento nel non riconoscere come valido il servizio prestato presso dette scuole, in quanto istituti paritari e non statali (bensì regionali), ai fini della partecipazione a una procedura straordinaria indetta dal legislatore nazionale per l’assorbimento del proprio precariato.

11. In definitiva, per le suesposte ragioni il servizio prestato dall’odierna ricorrente presso il Liceo artistico regionale “R. Guttuso” di Bagheria (PA) non può essere ritenuto valido ai fini della partecipazione al concorso straordinario di cui trattasi, in considerazione del fatto che lo stesso, ad onta di quanto indicato nel ricorso, è stato svolto presso un istituto paritario (ex pareggiato), con discendente infondatezza dello stesso.

12. In considerazione della novità e della peculiarità delle questioni trattate sussistono eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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