TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-10-13, n. 202305612

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-10-13, n. 202305612
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202305612
Data del deposito : 13 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/10/2023

N. 05612/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05637/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5637 del 2022, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Francesca Maria D'Avino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

del provvedimento recante divieto di accesso ai locali di pubblico intrattenimento siti sull’isola di Ischia nonché divieto di stazionamento emesso dalla Questura di Napoli, Divisione Anticrimine, Proposte DPA, prot. n. 0226888 del 18 ottobre 2022.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il dott. G D V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ impugnato il provvedimento recante divieto di accesso ai locali di pubblico intrattenimento siti sull’isola di Ischia nonché divieto di stazionamento per la durata di 8 mesi a decorrere dalla relativa notifica effettuata il 22.10.2022, adottato dal Questore della Provincia di Napoli ai sensi dell’art. 13 bis del D.L. n. 14/2017 convertito dalla L. n. 48/2017 ( “Fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati” ).

A sostegno dell’avversata attività provvedimentale l’amministrazione ha addotto la pendenza di un procedimento penale a carico del ricorrente per il reato di rissa ex art. 588 c.p. verificatasi nell’isola di Ischia nella notte tra l’8 e il 9 agosto 2022 nei pressi di un affollato locale commerciale in zona portuale che, in quell’occasione, era frequentato da numerosi avventori di giovane età, nel corso di attività di intrattenimento musicale, cagionando una situazione pregiudizievole per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Parte ricorrente affida il gravame ai seguenti profili di illegittimità: violazione degli artt. 3, 10, 10 bis della L. n. 241/1990, difetto di motivazione, violazione del D.L. n. 14/2017, eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà, travisamento.

In sintesi, sviluppa le seguenti argomentazioni censorie:

- la Questura non avrebbe tenuto conto delle deduzioni rese dall’interessato in seguito alla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990 con cui il medesimo esponeva di essere persona offesa e di essersi limitato a difendere dalle aggressioni subite all’interno del locale commerciale;
di contro l’amministrazione si sarebbe limitata a ribadire le ragioni già esplicitate nella comunicazione preventiva, affermando che, dalla visione dei rilievi delle videocamere, sarebbe risultata una condotta attiva dell’istante che, dopo essere stato provocato anche fisicamente, “partecipava alla rissa quando avrebbe potuto allontanarsi dalla scena, assumendo quindi una condotta del tutto incompatibile ad un’asserita legittima difesa ad aggressione” (cfr. provvedimento impugnato);

- sussisterebbe violazione dell’art. 13 bis del D.L. n. 14/2017 per mancata specifica indicazione dei luoghi in cui opererebbe il divieto di accesso ai pubblici esercizi e locali di pubblico intrattenimento, privando di conseguenza il ricorrente della libertà e possibilità di intrattenersi presso qualsivoglia pubblico esercizio, sull’intera isola ischitana, ove peraltro lo stesso è residente e vive con la propria famiglia;

- si contesta nel merito la valutazione circa la pericolosità per la sicurezza pubblica del ricorrente che non avrebbe preso parte attiva alla rissa ma si sarebbe limitato a difendersi da aggressioni altrui, come emergerebbe dai rilievi delle videocamere di sicurezza e dalle sommarie informazioni testimoniali rese da persone presenti, sicché la condotta non avrebbe integrato il reato di rissa ex art. 588 c.p., non evincendosi coscienza e volontà di partecipare alla contesa con animo offensivo, trattandosi di mera legittima difesa;
non potrebbe essere utilmente quotata la circostanza evidenziata nel provvedimento, secondo cui l’istante non si sarebbe allontanato dalla scena, poiché a ciò impedito dalla presenza all’esterno del locale degli aggressori;

- il ricorrente è immune da precedenti penali, trattasi di uno studente universitario con esperienze lavorative che non potrebbe essere considerato soggetto socialmente pericoloso.

Conclude con le richieste di accoglimento del ricorso e di conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Resiste in giudizio la Questura di Napoli che deposita relazione sui fatti di causa e chiede il rigetto del gravame.

Il T.A.R. ha ordinato incombenti istruttori con ordinanze collegiali n. 52/2023 (acquisizione dei fotogrammi del sistema di videosorveglianza del locale) e n. 176/2023 (ordine di deposito del video dal quale sono stati estratti i rilievi fotografici) ed ha accolto la domanda cautelare con ordinanza n. 252/2023 traendo argomenti, ex art. 64, comma 4, del c.p.a., dal mancato riscontro al secondo provvedimento collegiale istruttorio.

All’udienza pubblica del 26.9.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il primo motivo di ricorso non ha pregio.

In giurisprudenza è stato condivisibilmente affermato che il dovere di esame delle memorie prodotte dall'interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell'azione amministrativa a quelle osservazioni. Pertanto, l'amministrazione, nell'adottare un provvedimento, non è tenuta a riportare il testo integrale delle deduzioni del potenziale destinatario, essendo sufficiente che le valuti nel loro complesso o per questioni omogenee (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 941/2017);
difatti, la funzione della partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo mediante la prospettazione di osservazioni e controdeduzioni è quella di far emergere gli interessi, anche spiccatamente privati, che sottostanno all'azione amministrativa discrezionale, in modo da orientare correttamente ed esaustivamente la stessa scelta della Pubblica Amministrazione mediante una ponderata valutazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco per il raggiungimento della maggiore soddisfazione possibile dell'interesse pubblico;
se ciò non comporta che l'amministrazione sia tenuta ad accogliere le osservazioni del privato, un rilievo invalidante del provvedimento amministrativo deve invece riconoscersi quando sia provato che l'amministrazione non abbia neppure esaminato le osservazioni e le controdeduzioni formulate dall'interessato a seguito della rituale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento.

Tale ultima fattispecie patologica non è ravvisabile nella fattispecie in scrutinio poiché, dall’esame del provvedimento, risulta palese che la Questura ha specificamente valutato le controdeduzioni rese dal ricorrente, ritenendo tuttavia di non condividerle sulla base di specifica traiettoria motivazionale che rende certamente percepibile le ragioni dell’azione amministrativa, peraltro puntualmente contestate nel ricorso.

Va rigettato il secondo motivo di gravame.

Non è ravvisabile la dedotta indeterminatezza dell’attività provvedimentale in quanto, come evidenziato dalla Questura, il provvedimento di cui all’art. 13 bis del D.L. n. 14/2017 circoscrive il divieto di accesso ai locali di pubblico intrattenimento siti sull’isola di Ischia, dovendosi a tale fine ricomprendere gli esercizi commerciali di cui all’art. 5 della L. n. 287/1991 (esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande comprese quelle alcoliche), con esclusione quindi delle attività commerciali necessarie per il normale svolgimento delle normali attività quotidiane (es. supermercati).

E’ viceversa fondato il terzo profilo di illegittimità con cui si contesta la carenza dei presupposti per l’irrogazione della misura amministrativa, con specifico riferimento al difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla pericolosità per la sicurezza della condotta del ricorrente.

Al riguardo, l'art. 13 bis, comma 1, del D.L. n. 14/2017 (convertito in legge n. 42/2017, nel testo sostituito ad opera dell'art. 11, co. 1, lett. b), n. 1, d.l. n. 130/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 173/2020), dispone che "fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati".

La norma pone quindi due condizioni per l'adozione della misura:

a) la denuncia del destinatario, "negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale" ;
il rapporto tra le figure delittuose isolate dalla norma è di alternatività, assumendo rilievo tanto una qualsiasi fattispecie criminosa che risulti però commessa "in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi" quanto i reati specificamente individuati in relazione al bene giuridico tutelato (contro la persona o il patrimonio) ovvero in considerazione della contestazione dell'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ex art. 604-ter c.p., purché in relazione a questa seconda categoria si tratti di delitti non colposi;
è stato pertanto statuito che "Il divieto di accesso impugnato trova fondamento sufficiente sulla sola denuncia per disordini in aree limitrofe a locali pubblici situati in aree urbane" ed altresì che "il provvedimento impugnato risulta legittimato dal presupposto della pendenza di un procedimento penale per uno dei fatti previsti dall'art. 13 bis citato" (T.A.R. Lazio, Roma, 21 ottobre 2021, n. 5755);

b) la valutazione che "dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza".

Il primo requisito ha natura oggettiva in quanto si limita a rilevare il fatto storico della "denuncia", negli ultimi tre anni, per uno dei reati indicati.

Il secondo presupposto invece afferisce a "una valutazione dinamica” di natura prognostica, risultando subordinata l'adozione della misura, integrante una speciale forma di Daspo, al rischio che "dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza. È il tenore letterale dell'inciso a rendere manifesta la volontà legislativa di ancorare l'adozione del provvedimento, incidente sulla libertà di circolazione, alla sussistenza di un pericolo necessariamente 'attuale' - in coerenza d'altro canto con le finalità precauzionali e preventive della misura - posto che, ove al contrario la condizione si fosse voluta collegare temporalmente ai soli accadimenti, la formulazione della norma sarebbe stata evidentemente diversa, declinandosi la relazione con i fatti al tempo passato (... qualora dalla condotta sia derivato un pericolo per la sicurezza...), con ascrizione all'istituto di una funzione tipicamente sanzionatoria, da ritenersi invece del tutto estranea" (T.A.R Calabria, Reggio Calabria, n. 21/2022).

In applicazione del tracciato ordito normativo ritiene il Collegio che, pur ravvisandosi il primo elemento oggettivo (denuncia, negli ultimi tre anni, per uno dei reati indicati dalla norma, nella fattispecie per il delitto di rissa ex art. 588 c.p.), difetti il secondo presupposto dinamico costituito dalla pericolosità per la sicurezza che potrebbe derivare dalla condotta ascritta al ricorrente.

Sul punto, dall’esame del provvedimento gravato si evince che detta pericolosità è stata desunta dalla partecipazione attiva alla rissa deflagrata all’interno di un locale commerciale frequentato da numerosi avventori ad opera dell’istante che, con la propria condotta, avrebbe dato luogo ad una situazione pregiudizievole per l’ordine e la sicurezza pubblica.

In altri termini, l’amministrazione ha preso atto del contributo causale del ricorrente alla condotta incriminata e, a tal fine ha richiamato l’annotazione di P.G. in cui si rappresenta quanto segue: “si provvedeva ad acquisire le telecamere di sorveglianza del bar ‘-OMISSIS- dalle quali si evidenziava che effettivamente i …. si intrattenevano nei pressi dell’uscita del bar …. e si avvicinavano quindi all’addetto alla sicurezza;
durante una discussione verbale … il …… veniva colpito improvvisamente dallo ….. Quindi il …., a differenza di quanto affermato sia al momento dell’intervento degli operanti, sia nella denuncia presentata ore dopo in questi Uffici, a quanto di evince dalla visione delle immagini delle suddette telecamere, reagiva al colpo ricevuto colpendo a sua volta, unitamente agli amici, i propri avversari, fino al momento in cui giungono sul posto gli operanti”.

Tuttavia, occorre anche riportare il contenuto della comunicazione di notizia di reato del Commissariato P.S. Ischia del 12.8.2022 (cfr. allegati acclusi al ricorso) ove si descriveva il ricorrente come mera persona offesa e non come un corrissante ( “dalle sommarie informazioni raccolte sul posto dagli addetti alla sicurezza, e da ciò che gli operanti hanno osservato al proprio arrivo, risultavano persone aggredite e non partecipanti attivamente alla rissa” ), escludendo quindi un effettivo contributo attivo alla condotta criminosa come sostenuto dalla difesa parte ricorrente.

Giova evidenziare che, proprio al fine di accertare la dinamica dell’occorso e, in particolare, se la condotta del ricorrente rispetto all’aggressione subita sia rimasta contenuta nei limiti di una reazione meramente difensiva ovvero di partecipazione attiva alla rissa, questo T.A.R. ha disposto incombenti istruttori (cfr. ordinanza n. 52/2023), ordinando il deposito dei fotogrammi ripresi dal sistema di videosorveglianza del locale in questione.

In esecuzione del provvedimento collegiale l’amministrazione ha versato agli atti di causa una relazione con alcuni fotogrammi dai quali, tuttavia, non è possibile evincere la dinamica dei fatti. Sul punto, va peraltro dequotata l’eccezione attorea, secondo cui i documenti depositati sarebbero inutilizzabili in quanto non conformi alle regole del p.a.t., avendo l’amministrazione prodotto l’annotazione di P.G. in formato word in luogo delle modalità di cui all’art. 12 dell’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28.7.2021 che prescrive i formati ammessi (pdf, txt, rtf, WinZip o WinRaR).

In senso contrario, occorre dare atto che l’annotazione di P.G. in formato “word” sulla quale si appuntano i rilievi attorei risultava già depositata dalla parte ricorrente con formato coerente con il p.a.t. (allegato 031 al ricorso) e, quindi, pienamente utilizzabile ai fini della decisione;
presumibilmente, essa è stata nuovamente versata agli atti di causa dall’amministrazione al fine di rendere più fruibili ed intellegibili graficamente i fotogrammi ivi contenuti ritraenti le fasi della rissa. In ogni caso, secondo consolidata e condivisibile giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1541/2017) le irregolarità degli atti redatti in violazione delle norme disciplinanti il P.A.T. sono sanabili mediante l’assegnazione di un termine perentorio per la regolarizzazione nelle forme di legge, a pena di irricevibilità;
nella fattispecie, tale adempimento risulta superfluo poiché, come si è visto, il documento è stato già esibito in formato compatibile con quanto prescrive il Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28.7.2021 in materia di p.a.t..

Tornando alla questione di merito, mette conto rammentare che, con successiva ordinanza n. 176/2023, preso atto della insufficienza del predetto corredo fotografico a dimostrare una effettiva partecipazione attiva del ricorrente alla rissa, il Tribunale ha disposto il deposito del video estratto del sistema di sorveglianza contenente l’intera sequenza di fotogrammi in questione. Ebbene, tale ulteriore adempimento istruttorio non è stato adempiuto sicché, allo stato, non possono ritenersi fugati i dubbi sul contributo causale dell’istante all’evento rissoso e, conseguente, non può ritenersi compiutamente comprovato l’ulteriore requisito “dinamico” prescritto dall’art. 17 bis del D.L. n. 14/2017 convertito dalla L. n. 48/2017 costituito dal riscontrato accertamento di una condotta da cui “derivare un pericolo per la sicurezza”.

In altri termini, benché il richiamo alla sottesa nota informativa delle forze dell’ordine soddisfi il delineato requisito motivazionale in relazione al primo elemento formale (pendenza del procedimento penale per il reato di rissa ex art. 588 c.p.), non risulta dimostrato il secondo profilo sostanziale (pericolo che i soggetti individuati possano commettere ulteriori fatti tali da compromettere la sicurezza pubblica, come desumibile dalla condotta illecita contestata), non emergendo chiaramente dalla istruttoria procedimentale specifici e riscontrati elementi indicativi del coinvolgimento attivo del ricorrente negli accadimenti da cui il procedimento penale ha tratto origine, idonei a superare la versione difensiva di parte ricorrente – accreditata dalle informazioni raccolte dagli addetti alla sicurezza del locale e dalla visione diretta da parte degli operanti di P.S. giunti sul posto – secondo cui il ricorrente risultava persona aggredita e non partecipante attivo alla rissa.

Al riguardo, si rammenta infatti che la mancata ottemperanza da parte dell'amministrazione alla richiesta rivoltagli dal giudice in sede istruttoria rileva come ingiustificato comportamento omissivo tale da indurre a fare applicazione del disposto dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 64 comma 4, c.p.a., che - in analogia con quanto previsto, relativamente ai giudizi civili, dall'art. 166 comma 2, c.p.c. - autorizza il giudice amministrativo a desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti. Invero, sebbene l’amministrazione possa scegliere la propria strategia difensiva – ivi compresa la più ampia facoltà di costituirsi in giudizio - essa ha anche un preciso dovere giuridico di adempiere agli incombenti istruttori disposti dal giudice amministrativo, in quanto l'ordine istruttorio viene diretto all'amministrazione non in qualità di parte processuale, bensì in quanto Autorità pubblica che deve collaborare con il giudice al fine di accertare la verità dei fatti (T.A.R. Lazio, Roma, n. 5264/2021 e n. 10607/2018).

Il ricorso va quindi accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato pur potendosi disporre, alla luce delle ragioni della decisione - che ha fatto applicazione del criterio di cui all’art. 64 c.p.a. – la integrale compensazione delle spese processuali tra le parti costituite.

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