TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-05-15, n. 202400355
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Testo completo
Pubblicato il 15/05/2024
N. 00355/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00223/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 223 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello stato di Perugia, domiciliataria
ex lege
in Perugia, via degli Offici, 14;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni non patrimoniali (biologici, morali ed esistenziali) subiti dalla ricorrente jure hereditatis per la mancata informazione in merito ai rischi relativi all'attività lavorativa svolta dal de cuius , nonché per la mancata predisposizione di qualsivoglia mezzo di precauzione e/o di protezione individuale, che siano stati cause e/o concause nell'insorgenza e nell' eventuale accelerazione del decorso causale della patologia “ -OMISSIS- ” - già riconosciuta “SI dipendente da CAUSA DI SERVIZIO” con sentenza n.-OMISSIS-, dell'Ecc.ma Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, nonché – come da Parere n. -OMISSIS-del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio reso all'Adunanza n. -OMISSIS- -riconducibile alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione ai sensi dell'art. 1 comma 1 lett. c) del D.P.R. n. 243/2006), e che ha causato il decesso in data -OMISSIS-del Tenente Colonnello dell'Esercito -OMISSIS-, nella misura complessiva di Euro 3.000.000,00 (tremilioni/00) o nella maggiore o minore somma da determinarsi in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data dell'evento fino al saldo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2024 la dott.ssa Elena Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Sig.ra -OMISSIS-, vedova del tenente colonnello dell’Esercito -OMISSIS-, deceduto il -OMISSIS-per “ -OMISSIS- ”, agisce jure hereditatis nei confronti del Ministero della Difesa per il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali sofferti dal de cuius in conseguenza della patologia sopra indicata, che sarebbe insorta per causa di servizio.
2. Il tenente colonnello -OMISSIS- ha partecipato dal -OMISSIS- al -OMISSIS- ad una missione di peace- keeping in -OMISSIS- successivamente alla conclusione del conflitto armato: trattavasi dell’Operazione “ -OMISSIS- ” condotta sotto l’egida della N.A.T.O.. Il militare, ufficiale ingegnere, ha svolto in loco l’incarico di “-OMISSIS-”, e sebbene alloggiato presso la Caserma “-OMISSIS-” di -OMISSIS-, ha effettuato frequentissimi spostamenti nei luoghi interessati durante il conflitto da bombardamenti con munizioni contenenti uranio impoverito, operando senza alcun dispositivo di protezione (guanti, mascherine, ecc) dall’inalazione delle polveri contenti metalli pesanti prodotte dalla combustione delle munizioni utilizzate durante i combattimenti. Inoltre il tenente colonnello, come tutti i suoi colleghi, sarebbe stato sottoposto ad una massiva profilassi vaccinale, che, unita all’innegabile stress psico-fisico caratteristico di tali missioni, gli avrebbe indotto una immunosoppressione potenzialmente agevolatrice del successivo sviluppo della malattia. Nel -OMISSIS-, veniva diagnosticato al militare un “ -OMISSIS- ” poi asportato con un intervento chirurgico, ma circa due anni più tardi si manifestava una recidiva della malattia ed egli decedeva il -OMISSIS-.
3. Dal referto di nanodiagnostica redatto in data -OMISSIS- emergeva che nei tessuti cerebrali dove si era sviluppata la malattia erano presenti detriti “ d-OMISSIS--OMISSIS-Si ricorda che è già nota dalla letteratura […] anche una possibile via d’ingresso -OMISSIS- -OMISSIS- ”. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Lazio, con sentenza n. -OMISSIS-, ha riconosciuto alla moglie superstite la pensione privilegiata indiretta statuendo che l’insorgenza della patologia -OMISSIS-, per la quale il -OMISSIS- è poi deceduto, poteva ritenersi dipendente da causa di servizio;inoltre il Comitato di Verifica per Le Cause di Servizio, con Parere n. -OMISSIS-, reso all’Adunanza n. -OMISSIS-, ha ritenuto: “ che l’infermità -OMISSIS-, già riconosciuta dipendente da causa di servizio con sentenza della Corte dei Conti per la regione Lazio n.-OMISSIS-, PUO’ altresì ritenersi riconducibile alle particolari condizioni ambientali od operative di missione, previste dall’art. 1, comma 1, lettera C, del D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 e risultanti dagli atti, le quali hanno esposto il dipendente a circostanze straordinarie e fatti di servizio caratterizzati da maggiori rischi o fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, ponendosi quali causa ovvero quantomeno concausa efficiente e determinante della patologia suddetta ”. Inoltre il Ministero della Difesa con decreto n. -OMISSIS- ha riconosciuto al fu tenente colonnello lo status di “soggetto equiparato alle Vittime del dovere” attribuendo alla ricorrente i relativi benefici economici.
4. Con ricorso notificato l’-OMISSIS-, la vedova domanda al Ministero della Difesa il risarcimento dei danni alla salute, morali ed esistenziali sofferti dal de cuius in conseguenza della malattia, a titolo di responsabilità contrattuale gravante sul datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ, norma assurta a clausola generale da cui scaturiscono per l’Amministrazione specifici doveri di protezione dell’incolumità dei dipendenti, specie allorchè, in quanto militari, costoro abbiano il dovere di esporsi al pericolo: in particolare si contesta al Ministero una condotta gravemente colposa che sarebbe consistita nel non aver messo a conoscenza degli uomini i rischi per la salute potenzialmente derivanti dalle operazioni nei teatri di guerra e soprattutto- pur avendo a disposizione (anche in virtù delle informazioni fornite dagli alleati) dati certi circa la tossicità dell’esposizione ad uranio impoverito- nell’omettere di assicurare che il personale in servizio fosse rifornito ed effettivamente utilizzasse i dispositivi di protezione necessari. In merito al nesso causale si richiamavano numerosi rapporti e documenti dell’epoca che attestavano la pericolosità dell’uranio impoverito e dei metalli pesanti, sottolineando che la mancanza di una legge scientifica che sancisse con certezza la dipendenza di un-OMISSIS- di tal genere dal contatto con tali sostanze non esimeva l’Amministrazione dal dover dimostrare l’insorgenza di una causa alternativa del-OMISSIS-, oltre a dover provare di aver adottato tutte le misure idonee per evitare i danni. In conclusione la ricorrente, previa eventuale ammissione di ctu medico legale in merito all’eziologia della malattia, quantificava le richieste monetarie in € 3.000.000,00 ovvero nella misura maggiore o minore da determinarsi equitativamente.
5. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, il quale ha preliminarmente eccepito l’infondatezza della pretesa, non avendo la parte ricorrente provato, se non genericamente, la dipendenza dell’infermità che aveva cagionato la morte del militare dalla possibile esposizione ad uranio impoverito. In particolare il tenente colonnello -OMISSIS- avrebbe partecipato alla missione di pace in -OMISSIS-ben 6 anni dopo la fine del conflitto armato e per un periodo di tempo limitato, si da escludere anche sulla base del criterio del più probabile che non la dipendenza dell’infermità da causa di servizio. Inoltre l’Amministrazione eccepiva l’intervenuta prescrizione dei danni, richiamando, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, l’applicazione della compensatio lucri cum damno .
6. Alla pubblica udienza del 19 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Il ricorso è fondato.
8. La presente controversia si inserisce nel nutrito filone dei contenziosi inerenti la cd. “Sindrome dei -OMISSIS-”, ovvero il complesso di infermità (prevalentemente tumorali) occorse ai militari che hanno combattuto - o che hanno partecipato alle successive operazioni di pace - nei teatri di guerra in-OMISSIS- e -OMISSIS--OMISSIS-, in conseguenza dell’utilizzo di munizioni all’uranio impoverito, che oltre ad emettere radiazioni ionizzanti nell’immediato, a seguito dell’esplosione delle mine e alla conseguente combustione ad altissime temperature, si deposita nel terreno e nei luoghi circostanti sotto forma di polvere, così da poter essere successivamente respirato ovvero assorbito tramite l’acqua, o gli ortaggi raccolti in loco anche a distanza di tempo.
9. E’ opportuno effettuare una breve ricognizione delle coordinate interpretative enunciate dalla giurisprudenza in subiecta materia . Innanzitutto la responsabilità del Ministero della Difesa, quale datore di lavoro, ha natura contrattuale e rinviene la propria fonte nel contratto di lavoro che, ai sensi dell’art. 1374 cod. civ., è integrato dall’articolo 2087 cod. civ., ove sono previsti obblighi di prestazione finalizzati ad assicurare la tutela della salute del lavoratore: l’incorporazione dell’obbligo di sicurezza all’interno della struttura del rapporto obbligatorio è fonte di obblighi positivi (e non solo di mera astensione) del datore di lavoro, con possibilità per il prestatore di eccepirne l’inadempimento e di rifiutare la prestazione se ritenuta pericolosa.
9.1. L’articolo 2087 cod. civ. prevede infatti che “ L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ”;in ragione della formulazione “aperta” di tale previsione, la giurisprudenza le ha assegnato “una funzione di chiusura del sistema di prevenzione, operante cioè anche in assenza di specifiche regole antinfortunistiche”, con la conseguenza che l’obbligo di sicurezza deve essere concretizzato facendo riferimento alle misure disponibili tecnologicamente più avanzate, “ imponendo il continuo adattamento e aggiornamento delle misure di prevenzione ai nuovi ritrovati dell’esperienza e della tecnica, in modo che siano prevenuti non solo i rischi conosciuti ma anche quelli ancora ipotetici e non del tutto noti, mentre non sono opponibili in senso contrario considerazioni di carattere puramente economico ” (Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2018, n. 6952).
9.2. Sul piano strutturale la qualificazione dell’illecito come ascrivibile alla responsabilità da inadempimento del datore di lavoro implica, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., che: il lavoratore deve provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’inadempimento del datore di lavoro e i danni conseguenza;il datore di lavoro, invece, deve provare l’assenza di colpa, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 1 del 2018;Cass. civ., sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865). Va ribadito infatti che l’art. 2087 cod. civ, come peraltro le ipotesi ordinarie di responsabilità contrattuale, non si atteggiano quali casi di responsabilità oggettiva, atteso che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge, o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento da cui deriva l’imputazione a titolo di colpa (cfr. Cons. Stato, sez. II, 16 giugno 2022, n. 4945; id. , 9 ottobre 2020 n. 5995).
Nello specifico, al lavoratore che lamenti di avere subito un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa svolta incombe dunque l’onere di provare l’esistenza di tale danno alla salute, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro: solo se il lavoratore ha fornito la prova di tali circostanze spetterà al datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le cautele necessarie a impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile all’inosservanza di tali obblighi.
Con riferimento agli obblighi di prestazione che ricadono sull’Amministrazione militare in relazione all’invio di militari all’estero, la giurisprudenza ha dunque avuto modo di chiarire che “ al dovere del militare di esporsi al pericolo stricto sensu bellico si contrappone lo speculare dovere dell’Amministrazione di proteggere il cittadino-soldato da altre forme prevedibili e prevenibili di pericoli non strettamente dipendenti da azioni belliche, in primis apprestando i necessari presidi sanitari di prevenzione e cura e dotandolo di equipaggiamento adeguato o, quanto meno, non del tutto incongruo rispetto al contesto. Nell’ipotesi di missioni all’estero (cosiddette “missioni di pace”) l’Amministrazione della difesa versa pertanto in una condizione di responsabilità lato sensu di posizione, cui fa eccezione il solo rischio oggettivamente imprevedibile - giuridicamente qualificabile alla stessa stregua del caso fortuito - ma in cui viceversa rientra il rischio da esposizione ad elementi che, benché non ancora scientificamente acclarati come sicuro fattore eziopatogenetico, ciononostante lo possano essere, secondo un giudizio di non implausibilità logico-razionale: la diligentia cui è tenuta l’Amministrazione si situa in tali casi ad un livello massimo” (Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2020, n. 7560).
Quindi, allorché vengano inviati militari in missione all’estero l’Amministrazione della difesa è particolarmente tenuta: ad informarsi preventivamente della concreta ed effettiva situazione (militare, politica, sociale, sanitaria, ambientale) del contesto operativo;ad accertarsi della piena idoneità psico-fisica dei militari, adottando tutte le opportune profilassi;a fornire al personale tutti gli strumenti di protezione individuale ragionevolmente utili al fine di prevenire i possibili rischi, ivi inclusi quelli connotati da una bassa probabilità statistica (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2020, n. 7557);in ciò sta la differenza ontologica rispetto al dipendente civile dello Stato e giustifica, da un lato, la sottoposizione ad un rigido vincolo gerarchico, dall'altro, l'acquisizione di uno speciale status positivamente normato, non potendo tuttavia affermarsi che sul militare gravi ogni tipo di rischio comunque conseguente alla sua presenza fisica nel teatro di operazioni.
9.3. Venendo alle coordinate ermeneutiche in materia di nesso di causa tra attività lavorativa e malattia professionale, è stato chiarito che in materia trova applicazione la regola generale di cui all’art. 41 c.p., che sancisce il principio di equivalenza degli antecedenti causali, secondo cui va riconosciuta rilevanza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, potendosi escludere l’esistenza nel nesso eziologico richiesto dalla legge solo se possa essere ravvisato con certezza l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, di per sé sufficiente a produrre l’infermità e tale da far degradare altre evenienze a semplici occasioni. Gli adattamenti alla valorizzazione eccessivamente ampia dei precedenti rilevanti sta proprio nell’adeguata valorizzazione delle specificità dell’attività lavorativa svolta dal dipendente, con riguardo all’esposizione a fattori nocivi in relazione alla malattia contratta, e il tempo della stessa.
9.3.1. Si ribadisce peraltro che in tema di illecito civile il nesso causale ha veste probabilistico-statistica (“più probabile che non”) e non richiede, dunque, quella certezza propria del processo penale, ammettendosi in molti casi l’accertamento del nesso causale in riferimento ad antecedenti causali che avevano avuto la sola idoneità ad incrementare il rischio di causazione dell’evento, piuttosto che ad averlo causato con plausibile certezza. (cfr. di recente Cass. civ. sez. III, 07 marzo 2022, n.7355). Proprio in relazione a casi analoghi a quello de quo , ovvero a patologie contratte in sede di missioni nei -OMISSIS- è stato precisato che la mancanza di una legge scientifica universalmente valida che stabilisca un nesso diretto fra l'operatività nei contesti caratterizzati dalla presenza di uranio impoverito e l'insorgenza di specifiche patologie tumorali non impedisce il riconoscimento del rapporto causale, posto che la correlazione eziologica, ai fini amministrativi e giudiziari, può basarsi anche su una dimostrazione in termini probabilistico-statistici (Cons. Stato, sez. I consultiva, parere n. 210 del 16 febbraio 2021;sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1661).
9.3.2. L’attenuazione della prova richiesta in ordine all’elemento eziologico del danno civile è, se possibile, ancor più pregnante e giuridicamente necessaria allorché:
- i danni lamentati afferiscano alla dimensione della tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore;
- questi svolga un servizio (la “difesa della Patria”) di vitale importanza per la Repubblica (“sacro dovere del cittadino”, art. 52 Cost.);
- sia in gioco la tutela della salute e della stessa vita del militare;
- siano concretamente disponibili e ragionevolmente implementabili mezzi di protezione individuale (cfr. di recente Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2023 n. 715, id. 8 agosto 2023 n. 7718).
10. Facendo applicazione delle delineate coordinate ermeneutiche, il ricorso appare meritevole di accoglimento, dovendo ritenersi accertata la responsabilità del Ministero della Difesa secondo il criterio del “più probabile del non”.
10.1. Le difese dell’Amministrazione, invero, si sono appuntate sulla mancata prova della effettiva dipendenza del-OMISSIS- dal servizio espletato in -OMISSIS-e dall’esposizione ad uranio impoverito ed altri metalli pesanti sottolineando, da un lato, la brevità della durata della missione, il tempo intercorso dalla fine del conflitto, la mancata prova dell’assenza di dispositivo di protezione e l’esistenza di studi del Ministero redatti nel 2019 secondo cui il tasso di mortalità per-OMISSIS- dei soldati italiani inviati nei -OMISSIS- sarebbe addirittura leggermente inferiore rispetto a quello della popolazione in generale. Ma tali difese non persuadono.
E’ ben nota al Collegio l’assenza di una legge scientifica che dimostri con ragionevole certezza che l’esposizione ad uranio impoverito causi il cancro, e in particolare l’aggressivo-OMISSIS- cerebrale da cui è stato colpito il marito della ricorrente: anche per tale motivo non si ritiene utile disporre una consulenza tecnica - né una verificazione - dato che le risultanze sarebbero verosimilmente analoghe a quelle di molti altri giudizi simili, ovvero l’impossibilità di stabilire un antecedente causale certo per la patologia -OMISSIS-. In due precedenti recenti in cui si discuteva di -OMISSIS- (T.A.R. Veneto, sez. I, 30 gennaio 2024, n. 165, e T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 27 maggio 2023, n. 818) i ricorsi sono stati accolti negando rilevanza ad esiti peritali di segno contrario sulla base del ragionamento per cui una volta dimostrato lo svolgimento delle mansioni nei teatri di guerra e l’esposizione dei militari al rischio, il Ministero della Difesa avrebbe dovuto provare un’eziologica alternativa e ciò non aveva fatto. Infatti, come detto, non è necessaria la certezza del nesso di causa bensì che il decorso causale allegato dalla parte ricorrente appaia il più probabile, in assenza di cause o concause alternative, che spettava all’Amministrazione provare.
10.2. La ricorrente ha allegato quali fondamenti su cui ricostruire il nesso di causa tra malattia ed uranio impoverito:
- la sentenza della Corte dei Conti, Sezione Lazio n. -OMISSIS-, attributiva alla vedova della pensione privilegiata indiretta;
-il parere -OMISSIS- del Comitato di Verifica sulle Cause di Servizio che ha accertato la dipendenza della patologia da causa di servizio;
- il referto nanodiagnostico da cui risulta nei tessuti cerebrali del defunto la presenza di nanoparticelle metalliche;
- i Rapporti, le Relazioni di Commissioni specializzate, tra cui la Relazione finale n. XXII-bis della IV Commissione parlamentare di indagine sull’uranio impoverito, le Risoluzioni Onu e le altre fonti da cui risulta la patogenicità dell’esposizione ad uranio impoverito, ed infine la Direttiva del Ministero della Difesa del 26 novembre 1999, da cui si evince che l’Amministrazione era già allora consapevole della pericolosità e dell’alta nocività dell’Uranio impoverito sugli esseri umani, tanto da stilare una nota informativa completa di informazioni tecniche su tale minerale, sui modi di utilizzo dello stesso nelle campagne aeree NATO, sulle modalità di identificazione della relativa contaminazione nonché sulle precauzioni da tenere e gli equipaggiamenti da indossare.
Rispetto a tali antecedenti, il fatto che un uomo di -OMISSIS-in buona salute si ammali di-OMISSIS- -OMISSIS- appare più probabilmente imputabile al servizio prestato in -OMISSIS--OMISSIS- in luoghi altamente contaminati piuttosto che - come ipotizzato dall’Amministrazione - dall’inquinamento atmosferico a cui è stato esposto nel luogo di residenza (-OMISSIS-) o in altre missioni di servizio. Peraltro l’Amministrazione non ha provato un decorso causale alternativo, del quale era peraltro onerata.
10.3. Sotto questo profilo si ribadisce che la prova liberatoria per la convenuta non può consistere semplicemente nell’invocare il fattore causale ignoto, perché il rischio causale ignoto, come ampiamente chiarito, grava sull’Amministrazione, non sul singolo militare. Del resto, la causa ignota, categoria gnoseologica e non ontologica, non è altro che la conseguenza dell’attuale ignoranza scientifica circa i nessi eziologici: è cioè un dato umano (relativo e dinamico), non una realtà naturale (assoluta e fissa). (cfr. Cons. Stato, n. 7564/2020, cit.).
Risulta peraltro dalla letteratura scientifica prodotta dal ricorrente che la polvere prodotta dall'impatto tra proiettili assemblati con uranio impoverito e i bersagli strategici è in gran parte respirabile e può essere rimessa in sospensione - anche a distanza di tempo -, tanto nei pressi della carcassa bersaglio, quanto anche lontano dal punto di impatto iniziale - dal passaggio di militari a piedi o di automezzi. Non è contestato che il de cuius abbia svolto il proprio servizio nei -OMISSIS- spostandosi frequentemente nelle aree contaminate ed è altamente verosimile (secondo l'informativa diramata ai vari Comandi Interforze dell’Esercito) che l'uranio impoverito (come le polveri di metalli pesanti che scaturivano dall’impatto con i bersagli dei proiettili contenenti lo stesso) possa essere stato introdotto nell'organismo del militare tramite inalazione, ingestione di acqua o cibi contaminati ovvero assorbiti attraverso le ferite.
La mancata prova circa la messa a disposizione dei dipendenti idonei dispositivi di protezione o l’adeguata informazione della pericolosità dell’esposizione a fonti di possibile contaminazione da uranio impoverito predisponendo contemporaneamente misure (anche organizzative) di contenimento dei rischi, integra anche la responsabilità colposa dell’Amministrazione.
11. E’ dunque meritevole di accoglimento la domanda risarcitoria spiegata dalla ricorrente.
12. Non può invece essere condivisa l’eccezione di prescrizione del diritto spiegata dalla difesa erariale: sono prodotte in atti le diffide di pagamento regolarmente inviate dalla ricorrente al Ministero una prima volta il-OMISSIS- e quindi il -OMISSIS-. L’azione risarcitoria inerente i danni patrimoniali sofferti dal militare per causa di servizio ha natura contrattuale, e tale natura non muta qualora la stessa venga azionata dall’erede, con la conseguente applicazione della prescrizione decennale, pacificamente interrotta dagli atti stragiudiziali sopra citati, da cui discende la tempestività della presente azione.
13. In merito alla quantificazione dei danni, la ricorrente domanda tutte le poste risarcitorie non patrimoniali secondo la tripartizione danno biologico, danno morale soggettivo e danno esistenziale inaugurata a partire dalle note sentenze della Cassazione n. 8827 e 8828 del 2003 poi confermate dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 233/03;tale tripartizione è stata tuttavia superata a partire dalle Sezioni Unite n. 26972 del 2008 che hanno ricondotto il danno esistenziale nella categoria del danno biologico cd. dinamico – relazionale, al fine di evitare di ricondurre il danno non patrimoniale nell’atipicità in violazione della clausola di cui all’art. 2059 c.c., altresì scongiurando il rischio di duplicazione delle poste risarcitorie. Il danno esistenziale autonomamente inteso non può dunque essere riconosciuto, ed un sensibile incremento (come quello preteso nel caso di specie) degli importi risultanti dalle Tabelle del Tribunale di Milano avrebbe dovuto essere accuratamente provato dalla parte in termini di serietà delle condizioni sofferte dal paziente, ma nel caso di specie mancano specifiche allegazioni sul punto, al di là delle generiche asserzioni secondo cui risulterebbe “ingente” il danno esistenziale e “severo” il danno morale.
13.1. In concreto si tratta del danno da lesione all’integrità psico-fisica e il danno morale maturati nel patrimonio del de cuius nel periodo intercorrente tra la diagnosi della patologia, avvenuta a fine -OMISSIS- ed il decesso, occorso in data -OMISSIS-, danni conseguentemente azionabili iure hereditatis dalla coniuge. In tale arco temporale, infatti, in considerazione del fatto che al militare è stato diagnosticato un aggressivo -OMISSIS-, con sostanziale prognosi infausta- tanto è vero che in occasione della recidiva, due anni dopo l’asportazione chirurgica del primo-OMISSIS-, non è stato ritenuto utile un nuovo intervento – costui ha senz’altro subito una rilevante diminuzione dell’integrità fisico- psichica, dunque il danno biologico può quantificarsi in percentuale pari al 100%. Quanto al danno morale soggettivo invece, attesa la difficoltà di provare un patimento dell’animo (cd. pretium doloris ) la prevalente giurisprudenza della Cassazione ne ammette la prova anche per presunzioni, in riferimento alla natura e alla gravità del danno biologico. In questo caso non può negarsi, sulla base delle massime di comune esperienza, che la diagnosi di una malattia così grave e con remote possibilità di guarigione abbia cagionato al de cuius un serio danno morale, anche in considerazione dell’età relativamente giovane in cui si trovava.
Al fine della relativa liquidazione, deve farsi riferimento al noto sistema tabellare che quantifica il danno biologico dinamico (incrementato del danno morale soggettivo) secondo età della vittima e percentuale di menomazione: come richiesto dal ricorrente ed in considerazione del fatto che nulla ha eccepito in proposito la resistente Amministrazione, si applicano le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano nella più recente versione del 2021. Gli importi ivi indicati rappresentano dichiaratamente valori medi, modulabili in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto. Se quindi la liquidazione del danno biologico deve essere massima (100%), per la componente danno morale la liquidazione potrà attestarsi sui valori medi indicati nelle Tabelle per percentuale di invalidità, senza farsi luogo ad ulteriori aumenti, in assenza di specifica prova sul punto.
Parimenti non essendo state allegate, nel biennio di malattia, condizioni di vita del militare oltremodo penose (ulteriori, cioè, rispetto all’ordinaria drammaticità del decorso mortale di una patologia -OMISSIS-, già ricompresa nei valori tabellari) non sembra sussistano i presupposti per l’aumento del 25% rispetto a detti importi medi.
13.2. Partendo dai valori monetari ivi indicati il Ministero della difesa è onerato ai sensi dell’art. 34 comma 4 cod. proc. amm. di formulare alla ricorrente una proposta di pagamento sulla base dei criteri specificati nella presente sede entro 60 giorni dalla notifica del presente provvedimento. In caso di disaccordo le parti potranno rivolgersi al presente Tribunale con ricorso per ottemperanza.
Da tale somma, in ossequio al generale principio della compensatio lucri cum damno, riconosciuto sia dalla Corte di cassazione (Sez. VI, ord. 16 gennaio 2019, n. 1002;Sez. III, 30 novembre 2018, n. 31007), sia dal Consiglio di Stato (Ad. Plen., 23 febbraio 2018, n. 1), debbono essere detratte tutte le somme sinora percepite dalla ricorrente in relazione ai fatti di causa (a titolo meramente esemplificativo pensione privilegiata indiretta, equo indennizzo, emolumenti collegati al riconoscimento di soggetto equiparato alle vittime del dovere ed ogni altra indennità) rivalutate all’attualità. La parte ricorrente è onerata di consegnare la documentazione inerente tali emolumenti all’Amministrazione entro 30 giorni dalla notifica del presente provvedimento, perché quest’ultima possa formulare in tempo la propria proposta.
14. Per le esposte ragioni, il ricorso deve essere accolto: quindi, deve condannarsi la resistente Amministrazione a corrispondere alla ricorrente, a titolo risarcitorio, la somma risultante dai criteri di cui sopra.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.