TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2013-11-21, n. 201305227

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2013-11-21, n. 201305227
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201305227
Data del deposito : 21 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00425/2009 REG.RIC.

N. 05227/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00425/2009 REG.RIC.

N. 00426/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

A) sul ricorso numero di registro generale 425 del 2009, proposto da:
M T I, F S, rappresentate e difese dagli avv. F L, M L R L, F S, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi difensori in Napoli, alla via Caracciolo n.15;

contro

Comune di Anacapri, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituito in giudizio;



B) sul ricorso numero di registro generale 426 del 2009, proposto da:
M T I, Filomena Schioppa, rappresentate e difese dagli avv. F L, M L R L, F S, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi difensori in Napoli, alla via Caracciolo n.15;

contro

Comune di Anacapri, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 425 del 2009:

dell’ordinanza n. 15330 del 20.10.2008, di sospensione dei lavori;

quanto al ricorso n. 426 del 2009:

dell’ordinanza di demolizione n. 15328 del 20.10.08.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2013 il dott. U M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il gravame in epigrafe sub A), le ricorrenti, nella qualità di proprietaria (la sig. M T I) e usufruttuaria (la sig. Filomena Schioppa) di una porzione del fabbricato sito in Anacapri alla via Traversa La Vigna n. 35 (composto da un appartamento al piano seminterrato, un appartamento al piano terra, dal lastrico solare in verticale di circa mq. 110,00, da un’area urbana di circa mq. 470,00), impugnano l’ordinanza n. 15330 del 20.10.2008 con la quale il Comune di Anacapri ha ingiunto la sospensione delle opere di seguito indicate:

1) portico di circa mq 10,33 sul lato ovest al piano seminterrato del fabbricato la cui copertura costituisce terrazzo al livello dell’appartamento al piano terra;

2) locale ripostiglio di circa mq 3,51 e mc 7.02;

3) locale deposito di circa mq 9,39 e mc 26.30 in ampliamento al piano seminterrato del fabbricato;

4) corpo di fabbrica adibito a servizio igienico, di circa mq.

5.31 e mc 14.34 in ampliamento al piano terra del fabbricato;

5) locale lavanderia di circa mq.

3.11 e mc. 6,22 in ampliamento sul lato ovest del fabbricato”
.

A sostegno della spiegata domanda deducono l’illegittimità del provvedimento impugnato in ragione del fatto che:

1) sarebbe stato adottato in carenza assoluta di potere, trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva dell’organo ministeriale (id est la Soprintendenza dei BB.AA.PP);

2) le opere erano già ultimate e, dunque, non potevano essere fatte oggetto di sospensione;

3) difetterebbero i presupposti di cui agli artt. 167 e 181 del d. lgs. 42/04 in quanto verrebbero in rilievo interventi manutentivi, risalenti nel tempo, regolarmente autorizzati e insuscettivi di pregiudizio al bene ambientale oggetto di tutela. Alla normativa sopracitata non sarebbe, poi, sovrapponibile l’altra normativa, parimenti citata nel provvedimento impugnato, di cui agli artt. 150 e 155 del d. lgs. 42/04;

4) l’Amministrazione intimata avrebbe assentito, per silentium, gli interventi in contestazione oggetto di precedenti DIA senza sollevare alcuna obiezione;

5) le opere sarebbero conformi alla normativa paesistica ambientale, siccome realizzate prima del 1967 con licenza edilizia n. 75 del 3.3.1955, permesso di costruire n. 904 del 26.10.1965, licenza edilizia n. 581 del 31.3.1966, salvo gli interventi manutentivi assentiti per DIA nella loro originaria consistenza. Più precisamente:

- il locale ripostiglio consisterebbe in un piccolo locale di sgombero annesso al fabbricato nella sua originaria consistenza ed irrilevante dal punto di vista edilizio anche per la sua contenuta altezza;

- il corpo di fabbrica adibito a servizio igienico costituirebbe l’unico bagno della casa e farebbe parte dell’originaria consistenza del fabbricato come tale realizzato prima del 1967;

- il locale erroneamente definito come “lavanderia” sarebbe, invece, un mero volume tecnico per ospitare le caldaie, e già parte integrante dell’originaria consistenza;

- Il locale deposito risulterebbe realizzato con mero mutamento di destinazione d’uso (da precedente cisterna) assentito con DIA n. 51 del 9.10.2002

- il portico consisterebbe in un mero intervento manutentivo.

Con il gravame sub B), il rapporto controverso risulta esteso alla nota n. 14022 del 26.9.2008 di sospensione dei lavori ed al provvedimento n. 15328 del 20.10.2008 con il quale il Comune di Anacapri ha annullato in autotutela gli effetti di cui alla DIA n. 51 del 9.10.2002 e 5484 del 10.4.2006 e ingiunto la demolizione delle opere già sopra descritte.

Avverso tali atti le ricorrenti hanno articolato le seguenti censure:

1) Il provvedimento impugnato sanzionerebbe, del tutto illogicamente, interventi qualificati come privi di titoli legittimanti e, allo stesso tempo, annullerebbe gli effetti rinvenienti dai titoli abilitativi (DIA del 2002 e del 2006) che quegli interventi hanno consentito. Tanto dimostrerebbe, unitamente all’insussistenza dei presupposti per un intervento repressivo, lo sviamento di potere in cui sarebbe incorsa l’Autorità procedente;

2) difetterebbero le coordinate tipiche che, ai sensi dell’articolo 21 nonies della legge n. 241/1990, governano il legittimo esercizio dei poteri di autotutela. L’annullamento in autotutela sarebbe, inoltre, avvenuto in violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, non potendosi a tali fini ritenere equipollente l’intimata sospensione dei lavori;

3) Il provvedimento di demolizione non muoverebbe dalla previa qualificazione dell’abuso;

4) le opere sarebbero conformi alla normativa di settore, siccome realizzate prima del 1967 con licenza edilizia n. 75 del 3.3.1955, permesso di costruire n. 904 del 26.10.1965, licenza edilizia n. 581 del 31.3.1966, salvo gli interventi manutentivi assentiti per DIA nella loro originaria consistenza. Più precisamente:

- il locale ripostiglio consisterebbe in un piccolo locale di sgombero annesso al fabbricato nella sua originaria consistenza ed irrilevante dal punto di vista edilizio anche per la sua contenuta altezza;

- il corpo di fabbrica adibito a servizio igienico costituirebbe l’unico bagno della casa e farebbe parte dell’originaria consistenza del fabbricato come tale realizzato prima del 1967;

- il locale erroneamente definito come “lavanderia” sarebbe, invece, un mero volume tecnico per ospitare le caldaie, e già parte integrante dell’originaria consistenza;

- Il locale deposito risulterebbe realizzato con mero mutamento di destinazione d’uso (da precedente cisterna) assentito con DIA n. 51 del 9.10.2002

- il portico consisterebbe in un mero intervento manutentivo.

5) gli interventi in contestazione sarebbero qualificabili come di manutenzione straordinaria e/o di risanamento conservativo e resterebbero passibili – in mancanza del corrispondente titolo abilitativo - solo di sanzione pecuniaria;

6) le opere, siccome già ultimate, non potevano essere fatte oggetto di sospensione;

7) difetterebbero un’adeguata istruttoria ed una conferente motivazione;

Il Comune di Anacapri non si è costituito in giudizio.

All’udienza del 6 novembre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Va, anzitutto, disposta la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe siccome tra loro connessi sotto il profilo soggettivo e oggettivo.

Ed, invero, i suddetti mezzi processuali sottopongono alla cognizione del Collegio la medesima vicenda che ha come elementi caratterizzanti, sul versante soggettivo, l’imputabilità del rapporto controverso agli stessi soggetti e, sul versante oggettivo, la riferibilità delle avversate misure, inibitoria e ripristinatoria, alle medesime opere abusive, così individuate:

1) portico di circa mq 10,33 sul lato ovest al piano seminterrato del fabbricato la cui copertura costituisce terrazzo al livello dell’appartamento al piano terra;

2) locale ripostiglio di circa mq 3,51 e mc 7.02;

3) locale deposito di circa mq 9,39 e mc 26.30 in ampliamento al piano seminterrato del fabbricato;

4) corpo di fabbrica adibito a servizio igienico, di circa mq.

5.31 e mc 14.34 in ampliamento al piano terra del fabbricato;

5) locale lavanderia di circa mq.

3.11 e mc. 6,22 in ampliamento sul lato ovest del fabbricato
”.

Sempre in via preliminare occorre dare atto che il Collegio non ha inteso accedere alla richiesta di rinvio dei ricorsi in epigrafe all’udienza del 20.11.2013 in vista di una trattazione congiunta con i ricorsi 1163/09 e 1164/09. Ed, invero, l’istanza in argomento, del tutto priva di conferenti argomentazioni a sostegno, non evidenzia le ragioni di presunta connessione, venendo in rilievo, quanto ai ricorsi 1163/09 e 1164/09, opere e soggetti diversi da quelli indicati nei ricorsi in epigrafe, peraltro immediatamente definibili.

Tanto premesso, e venendo al procedimento delibativo che il Collegio è chiamato a svolgere, è opportuno muovere dallo scrutinio promosso da parte ricorrente sulla legittimità del provvedimento n. 15328 del 20.10.2008, gravato con ricorso n. 426 del 2009.

Tanto in ragione del fatto che la pronuncia concernente siffatto provvedimento è evidentemente idonea ad assorbire ogni questione connessa alla legittimità dei provvedimenti di sospensione, che, peraltro, di per se stessi, sono privi di una propria, autonoma stabilità.

Orbene, procedendo in coerenza con il descritto ordine metodologico occorre ancora evidenziare, al fine di meglio perimetrare il percorso logico ed espositivo in prosieguo seguito, che il mentovato ricorso n. 426 del 2009, cui viene qui riservata priorità di trattazione, riflette un contenuto complesso siccome, specularmente all’articolazione contenutistica dell’atto impugnato, attrae nel fuoco della contestazione una duplice statuizione, vale a dire la determina di annullamento in autotutela degli effetti di cui alla DIA n. 51 del 9.10.2002 e 5484 del 10.4.2006 e la demolizione delle opere abusive sopra indicate.

Orbene, in riferimento a tale atto ed al suo articolato contenuto ritiene il Collegio che non possa essere condivisa la censura di cui al punto 1) del proposto gravame con cui le ricorrenti lamentano la sovrapposizione di statuizioni nell’ambito di un disegno privo di intrinseca coerenza logica.

Viceversa, la complessiva azione promossa dall’Autorità procedente si è sviluppata in modo lineare non potendo essa prescindere, nel sindacare la legittimità delle intervenute trasformazioni del territorio, dalla previa disamina delle precedenti DIA n. 51 del 9.10.2002 e n. 1022 del 2006 e dagli effetti abilitativi dalle stesse rinvenienti.

Dovendo poi analizzare partitamente ciascuna delle suddette statuizioni, e tenuto conto del vincolo di pregiudizialità - dipendenza sussistente tra esse, occorre prendere abbrivio dall’esame delle censure articolate avverso l’annullamento degli effetti di cui alla d.i.a. n. 51 prot.llo n. 14589 del 9.10.2002 e n. 1022 prot. 5484 del 10.4.2006.

A tal riguardo le ricorrenti lamentano l’illegittimità, in parte qua, del provvedimento impugnato siccome, a loro dire, in evidente rapporto di distonia con le coordinate tipiche che, ai sensi dell’articolo 21 nonies della legge n. 241/1990, governano il legittimo esercizio dei poteri di autotutela. Tali coordinate imporrebbero, invero, quali presupposti indefettibili, l’enucleazione di specifici profili di illegittimità, la verifica della sussistenza di specifiche ragioni di interesse pubblico, un termine ragionevole, l’adeguata considerazione dell’affidamento maturato in capo ai soggetti interessati. Nel caso di specie l’esercizio del potere di secondo grado, anche in ragione dell’assenza di un sufficiente corredo motivazionale, non sarebbe raccordato ai suddetti presupposti e non risulterebbe preceduto dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento.

Le osservazioni censoree sopra riportate in via di sintesi non hanno pregio.

Preliminarmente, giova osservare che, con DIA del 9.10.2002, la ricorrente M T I partecipava al Comune di Anacapri l’esecuzione di lavori consistenti, da un lato, nel ripristino e consolidamento dei solai di copertura degli ambienti costituenti calpestio dell’appartamento al piano terra ovvero del relativo terrazzo, precisando, quanto a quest’ultimo, che lo stesso sarebbe stato demolito e ricostruito, e, dall’altro, nella realizzazione di un locale deposito a servizio dell’appartamento mediante l’utilizzo della cisterna retrostante. Quest’ultimo intervento prevedeva l’apertura di un vano interno tra la cucina ed il vano cisterna oltre alle conseguenti opere di rifinitura quali impianto elettrico, intonaci e attintatura.

Con successiva DIA del 10.4.2006 la ricorrente sig. I denunciava, altresì, l’intenzione di collegare le due terrazze a livello del piano terra mediante la realizzazione di un camminamento a sbalzo della larghezza di mt. 1,20.

Tanto premesso, a giudizio del Collegio, va, anzitutto, revocata in dubbio la stessa concreta portata lesiva della qui avversata statuizione di autotutela non risultando in alcun modo dimostrata l’attitudine delle soprarichiamate denunce ( DIA del 9.10.2002 e DIA del 10.4.2006) a produrre gli a produrre gli effetti cui erano preordinate.

Non può, invero, essere obliterato che il territorio del Comune di Anacapri è stato dichiarato di notevole interesse pubblico giusta d.m. 20.3.1951.

Com’è noto, in siffatte evenienze l’art. 22 comma VI del D.P.R. n. 380/01 prevede che “l a realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 ”.

Appare, dunque, di tutta evidenza che, per poter eseguire interventi edilizi su immobili ricadenti in aree sottoposte a tutela paesaggistica, è necessario acquisire il preventivo rilascio del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo.

Di contro, dell’avvenuto rilascio di tale parere non vi è alcuna menzione negli atti di causa e, dunque, non può affatto ritenersi maturato il perfezionamento della denuncia di inizio attività per silentium .

Ne discende che la stessa mancanza dell’oggetto del contendere – perfezionamento per silentium di un titolo abilitativo all’esecuzione dei lavori in argomento – rende del tutto superflua la statuizione di annullamento (che verrebbe ad incidere su una vicenda giuridica mai verificatasi) qui gravata e, comunque, svincola l’esercizio del potere repressivo dalla necessità di rimuovere (in autotutela) una situazione giuridica (id est abilitazione a realizzare i lavori denunciati) inesistente.

In disparte quanto fin qui rilevato, di per se stesso già assorbente, ed anche a voler ritenere pienamente efficaci la DIA del 2002 e quella del 2006, quod non, il costrutto giuridico attoreo comunque non può essere condiviso.

Occorre muovere dalla traiettoria argomentativa chiaramente esposta nel preambolo del provvedimento impugnato, da cui si evince che:

- la cisterna al piano seminterrato del fabbricato oggetto di opere di trasformazione asseverate con la citata d.i.a. n. 51 prot. 14589 del 9.10.2002;

- il terrazzo di circa mq 10.33, posto sul lato ovest al piano terra del fabbricato, oggetto di interventi asseverati (e non ancora realizzati) con la citata d.i.a n. 1022 prot. 5484 del 10.4.2006,

sono da considerarsi abusivamente realizzati in quanto privi di titoli legittimanti”.

In ragione di ciò il provvedimento impugnato ha decretato l’annullamento:

1) degli effetti della dia n. 51 prot. 14589 del 9.10.2002 “ limitatamente alla creazione degli ambienti deposito mediante l’utilizzo della retrostante cisterna ”;

2) degli effetti della dia n. 1022 prot. 5484 del 10.4.2006 “ esibita per la realizzazione di un camminamento a sbalzo a livello del piano terra per il collegamento dei due terrazzi ”.

In altri termini il Comune di Capri, in modo del tutto logico e lineare, ha inteso invalidare, nei limiti suddetti, le trasformazioni comunicate con le denunce del 2002 e del 2006 siccome aventi ad oggetto opere che, nella loro stessa originaria consistenza (id est cisterna ovvero terrazzo mq. 10.33), erano da ritenersi illegittime non essendo estate edificate in base ad un titolo ad aedificandum .

Di contro, nella rappresentazione asseverata dei lavori da effettuare (DIA del 2002 e del 2006) le ricorrenti hanno taciuto siffatta decisiva circostanza, accreditando, di contro, la piena conformità degli interventi proposti con la disciplina di settore.

Tanto non può che assumere rilievo dirimente nell’economia della complessiva valutazione rimessa all’Amministrazione che procede in autotutela, comportando una rappresentazione non proprio fedele della pregressa situazione di fatto l’inevitabile dequotazione dei margini di tutela dell’affidamento alla stabilità del provvedimento (recte degli effetti prodotti) favorevole.

Ed, infatti, in sede di adozione di un atto in autotutela la comparazione tra interesse pubblico e quello privato è necessaria nel caso in cui l'esercizio dell'autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all'amministrazione pubblica, non già quando lo stesso è dovuto a comportamenti del soggetto privato che hanno indotto in errore l'autorità amministrativa;
pertanto, una rappresentazione non completa né affidabile della situazione di partenza rende l'affidamento del privato circa il mantenimento del manufatto non meritevole di tutela, e sicuramente recessivo di fronte all'interesse pubblico al ripristino della situazione edilizia regolarmente assentita (arg. ex multis TAR Salerno (Campania) sez. II , n. 171 del 24/01/2013).

Né, peraltro, come di seguito meglio evidenziato nello scrutinio della statuizione di demolizione, le ricorrenti hanno adeguatamente contestato l’assunto da cui muove l’Autorità procedente, all’uopo dimostrando la legittima edificazione delle opere (id est cisterna ovvero terrazzo mq. 10.33) poi trasformate.

Tanto, peraltro, rende prive di rilievo ai sensi dell’articolo 21 octies della legge n. 241/1990 anche le residue doglianze che involgono la presunta violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, emergendo già dalle suddette emergenze processuali che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Occorre ora passare in rassegna le doglianze riferite alla parte dell’ordinanza impugnata che ha applicato, per le opere contestate, la misura ripristinatoria della demolizione.

Orbene, giusta quanto anticipato nella narrativa in fatto la suddetta sanzione risulta spedita a fronte dell’abusiva realizzazione delle opere di seguito indicate:

1) portico di circa mq 10,33 sul lato ovest al piano seminterrato del fabbricato la cui copertura costituisce terrazzo al livello dell’appartamento al piano terra;

2) locale ripostiglio di circa mq 3,51 e mc 7.02;

3) locale deposito di circa mq 9,39 e mc 26.30 in ampliamento al piano seminterrato del fabbricato;

4) corpo di fabbrica adibito a servizio igienico, di circa mq.

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