TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2020-02-10, n. 202001770

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2020-02-10, n. 202001770
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202001770
Data del deposito : 10 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/02/2020

N. 01770/2020 REG.PROV.COLL.

N. 05723/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5723 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A D V in Roma, viale Giulio Cesare, n. 71;

contro

la Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S R C e L S, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’ente in Roma, via Nazionale, n. 91;

nei confronti

F T, G F, B I, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 6.3.18, prot. n. 0278169/18, che oppone definitivo diniego alla richiesta della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi di autorizzazione, ai sensi dell'art. 72 del d. lgs. n. 385 del 1993, a chiamare in giudizio, per l’accertamento di responsabilità civile, Terrinoni dott. Federico, Feliziani rag. Giuseppe e Inzitari prof. B, già Commissari straordinari di Banca Marche, ora in liquidazione coatta amministrativa, nell’ambito del processo n. 4038/15 R.A.C. del Tribunale di Ancona - Sezione Specializzata in materia di impresa, avente ad oggetto azione di responsabilità ai sensi dell'artt. 2392 e ss.c.c., promosso da Banca delle Marche s.p.a. nei confronti di componenti dei propri organi sociali, in cui la Fondazione è parte interveniente;

- di tutti gli atti a tale provvedimento presupposti, preparatori, preordinati, connessi e conseguenti, ivi compreso l'atto della Banca d'Italia 28.11.17 n. 1413935, contenente i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta;

nonché, con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 ottobre 2018:

- del provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 13.8.18, prot. n. 0959204/18, comunicato il giorno successivo, che conferma il diniego, opposto con provvedimento 6.3.18 prot. n. 278169, di autorizzazione alla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, ai sensi dell'art. 72, comma 9, del d. lgs. n. 385 del 1993, all'esercizio dell'azione civile di responsabilità nei confronti del dott. F T, del rag. G F e del prof. B I, già Commissari straordinari di Banca delle Marche s.p.a., ora in liquidazione coatta amministrativa;

- di tutti gli atti allo stesso presupposti, preordinati, connessi e conseguenti.


Visti il ricorso introduttivo, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Banca D'Italia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2019 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi l’avvocato Del Vecchio, in sostituzione dell’avvocato Mastri, per parte ricorrente e l’avvocato Ceci per Banca D'Italia, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi ha agito, previa sospensione dell’efficacia, per l’annullamento del provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 6 marzo 2018, prot. n. 0278169/18, di diniego della istanza di autorizzazione presentata ai sensi dell’art. 72 del d.lgs. n. 385 del 1993 (di seguito anche t.u.b.), ai fini della chiamata, nel giudizio pendente innanzi al Tribunale di Ancona - Sezione Specializzata in materia di impresa (proposto da Banca delle Marche s.p.a. ed in cui è intervenuta parte ricorrente), di coloro che avevano ricoperto l’incarico di commissari straordinari dell’istituto di credito – successivamente sottoposto, con provvedimento del 21 novembre 2015, a procedura di risoluzione ex art. 32, D.Lgs. n. 180 del 2015, con conseguente chiusura dell’amministrazione straordinaria – e, dunque, del dott. F T, del rag. G F e del Prof. B I. Unitamente al sopra indicato provvedimento, hanno costituito oggetto di impugnazione tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenti, compreso il provvedimento della Banca d’Italia del 28.11.2017 n. 1413935, contenente i motivi ostativi all’accoglimento della richiesta.

B. Parte ricorrente ha, in particolare, rappresentato di essere intervenuta, in qualità di portatrice, al momento della risoluzione di Banca delle Marche S.p.a., di azioni ordinarie di tale istituto e di prestiti obbligazionari per ingenti somme, nel giudizio di responsabilità, iscritto al numero di R.G. n. 4038/15, promosso dinanzi al Tribunale Civile di Ancona da Banca delle Marche S.p.a., ex art. 2392 e ss c.c., contro i suoi amministratori, sindaci, direttore generale e vice direttori (giudizio in cui è successivamente subentrata Nuova Banca Marche S.p.a.), intendendo far valere le proprie ragioni risarcitorie anche nei confronti dei commissari dell’amministrazione straordinaria nominati dalla Banca d’Italia, e di aver, dunque, come sopra esposto, presentato a quest’ultima istanza di autorizzazione ex art. 72 comma 9 t.u.b.. La Banca d’Italia, tuttavia, successivamente alla comunicazione, in data 18.11.2017, dei motivi ostativi all’accoglimento della richiesta, ha adottato il provvedimento definitivo di diniego di autorizzazione.

C. Contro tale atto e contro tutti gli atti del procedimento, incluso il preavviso ex art. 10 bis l.n. 241/1990, la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge, inclusa la carenza di motivazione, ed eccesso di potere in relazione a diverse figure sintomatiche (segnatamente, per travisamento dei fatti e falso presupposto, abuso e sviamento di potere, ingiustizia manifesta, carenza di istruttoria), prospettando, altresì, profili di illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 9 del d.lgs. n. 385 del 1993 in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost..

D. La Banca d’Italia si è costituita in giudizio sollevando eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione di questo giudice in relazione all’operato dei commissari straordinari, spettando essa al giudice ordinario, oltre che con riferimento ai limiti del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti delle autorità indipendenti e per genericità delle censure dedotte, concludendo, comunque, con articolate argomentazioni, per il rigetto del ricorso nel merito in quanto infondato.

E. Con ordinanza n. 3015/2018 del 22.05.2018 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3654/2018 del 1.08.2018 ha accolto l’appello cautelare, ordinando alla Banca d’Italia un “ pronto riesame… dell’istanza di autorizzazione a lei rivolta ” ed evidenziando, in ogni caso, “ l’esigenza di una quanto più sollecita definizione nel merito del giudizio di primo grado ”, in occasione del quale avrebbero potuto “ essere valutate più appropriatamente le diverse questioni, eventualmente anche di rilevanza costituzionale, poste con l’originario ricorso introduttivo ”.

F. La Banca d’Italia, con provvedimento del 13.08.2018, ha confermato il diniego di autorizzazione.

G. La ricorrente, con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 ottobre 2018, ha, quindi, impugnato anche tale atto, deducendo contro di esso le seguenti censure: 1) violazione dell’art. 72, comma 9 del d.lgs. n. 385/1993, eccesso di potere per falso presupposto, abuso e sviamento, assoluta carenza di istruttoria e di motivazione, 2) elusione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato in violazione degli artt. 24 e 97 Cost..

Successivamente le parti hanno presentato atti e documenti a sostegno delle rispettive deduzioni ed in particolare la difesa della Banca d’Italia ha rappresentato che, con ordinanza n. 7280/2018 del 13 novembre 2018 - RG n. 4038/2015, il Tribunale Ordinario di Ancona ha dichiarato ammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi nei confronti degli amministratori straordinari F T, G F e B I tramite la loro chiamata in causa, disapplicando il provvedimento di diniego della Banca d'Italia oggetto del presente giudizio.

H. All’udienza pubblica del 22.11.2019 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio deve preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa della Banca d’Italia.

1.1. Le eccezioni non meritano accoglimento.

1.2. Il presente giudizio, infatti, ha ad oggetto i provvedimenti reiettivi (il secondo dei quali, impugnato con motivi aggiunti, adottato dall’Autorità di vigilanza in ottemperanza dell’ordinanza cautelare emessa dal Consiglio di Stato) della domanda di autorizzazione prescritta dall’art. 72, comma 9 del t.u.b. per la proposizione delle azioni civili nei confronti dei commissari straordinari, in relazione ai quali sussiste la giurisdizione esclusiva di questo giudice ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. l) c.p.a.. (il quale stabilisce la devoluzione al giudice amministrativo, salve ulteriori previsioni di legge, delle controversie aventi ad oggetto “tutti i provvedimenti” adottati dalla Banca d’Italia, con esclusione di quelle inerenti ai rapporti di impiego privatizzati e, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 94 del 2014, di quelle in materia di sanzioni irrogate da detta Autorità;
cfr. C. Cass., Sezioni Unite, 2 ottobre 2019, n. 24609;
id. 15 luglio 2010, n. 16577). La circostanza, infatti, che nell’articolazione delle proprie deduzioni la ricorrente si sia focalizzata su elementi fattuali relativi all’operato dei commissari non è funzionale, nella prospettazione defensionale, ad un accertamento delle responsabilità dell’organo straordinario, estraneo al presente giudizio e, come correttamente rilevato dalla difesa dell’Autorità resistente, riservato all’ambito della giurisdizione del giudice ordinario, bensì alla contestazione della legittimità delle determinazioni reiettive dell’autorizzazione impugnate, in relazione, primariamente, ai censurati vizi di violazione dell’art. 72, comma 9, di carenza di motivazione ed eccesso di potere.

1.3. Proprio l’articolazione delle predette censure, peraltro, rende evidente l’assenza di una radicale inammissibilità delle azioni di annullamento, afferendo i limiti del sindacato giurisdizionale alle valutazioni di merito – con profili di problematicità che si correlano ad una ben differente prospettiva, secondo quanto si andrà ad esporre nei capi successivi della presente pronuncia – e restando la cognizione dei fatti elemento indefettibile del giudizio al fine di verificare, nei limiti del dedotto, se il potere attribuito all’autorità sia stato legittimamente esercitato (Cons. St., sez. VI, 21 marzo 2011, n. 1712;
id., sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058, con la quale, con riferimento ai limiti del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, sia pure in relazione ad una differente materia rispetto a quella che viene in rilievo nel presente giudizio, sono state stigmatizzate come pronunce “ con formula pigra ” ovvero con motivazione apparente quelle che trincerandosi “ dietro ad una declaratoria di inammissibilità ” delle censure “ per l’impossibilità di esercitare un sindacato sostitutivo ” non procedano ad un sia pure essenziale esame delle stesse, con il rischio di “ un sostanziale rifiuto di giurisdizione e un’abdicazione ” alla “ doverosa potestas iudicandi da parte del giudice amministrativo anche entro il limite, indiscusso, di un apprezzamento che in nessun modo intenda sostituirsi a quello della pubblica amministrazione ”).

1.4. Neppure emerge la genericità del ricorso introduttivo del presente giudizio e del successivo ricorso per motivi aggiunti eccepita dalla difesa della Banca d’Italia, essendo state dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi sufficientemente esplicitate le questioni prospettate, consentendo l'identificazione dei vizi dedotti e l’individuazione delle norme ritenute violate. E, invero, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, l’inammissibilità dell'impugnazione per genericità sussiste solo quando il giudice non sia posto in grado di comprendere quali vizi il ricorrente deduca per sostenere l'invalidità del provvedimento impugnato, così che, fuori da questi stretti limiti, è dovere del giudice stesso interpretare il gravame ed esaminare le censure ancorché non organicamente articolate, ricavandole dal contesto del ricorso e della richiesta avanzata (in termini, ex multis , Cons. St., sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345). La sussistenza di profili di genericità riferiti a singole deduzioni, inoltre, non è comunque suscettibile di determinare una inammissibilità dei gravami nella loro integralità, essendo stato, tra l’altro, sollecitato anche un vaglio di legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 9 del t.u.b., con argomentazioni puntuali sia pure, per quanto si andrà ad esporre, non completamente esaustive.

2. Esaurito l’esame delle eccezioni pregiudiziali, il Collegio può procedere all’esame del merito dei gravami.

3. Le deduzioni dirette a censurare l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 72, comma 9 del t.u.b., carenza di motivazione ed eccesso di potere, non meritano accoglimento.

3.1. Con il preavviso ex art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, con il diniego di autorizzazione e con il provvedimento di riesame adottato in esecuzione dell’ordinanza del Consiglio di Stato, la Banca d’Italia, lungi dal limitarsi ad esprimere solo un “giudizio” sull’operato dei commissari dell’amministrazione straordinaria ha, in verità, evidenziato, a seguito di attenta istruttoria e dell’esame degli elementi addotti dalla Fondazione, la manifesta infondatezza – secondo la sua prospettiva - dell’azione di responsabilità che la ricorrente avrebbe inteso avviare avverso i commissari, nonché la palese pretestuosità della stessa, come, del resto, espressamente affermato nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione, che si conclude proprio con la constatazione che “ ad esito dell’istruttoria condotta … le censure all’operato degli ex Commissari straordinari non risultano minimamente assistite da alcun elemento di fondatezza ”.

3.2. L’aver provveduto a confutare punto per punto le doglianze esposte dalla ricorrente, che, come evidenziato dall’Autorità di vigilanza, da terzo principale azionista - prima del commissariamento – di Banca Marche era in grado di nominare due degli amministratori della banca e, unitamente agli altri due soci principali, contribuiva alla nomina di ben dieci degli undici membri del Consiglio di Amministrazione di Banca delle Marche e non poteva, dunque, definirsi un operatore “sprovveduto” o “inesperto”, non rende, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, illegittimo o “manifestamente ingiusto”, né tantomeno “carente di istruttoria e di adeguata motivazione” il diniego di autorizzazione, risultando sufficientemente individuate le valutazioni alla base dell’apprezzamento svolto, non arbitrarie né irragionevoli, anche tenuto conto della eterogeneità ed “a-specificità” dei dati e dichiarazioni che la Fondazione avrebbe inteso utilizzare a sostegno dell’azione, estrapolati dalle più varie fonti (verbalizzazioni interne di Banca delle Marche;
valutazioni di due organizzazioni sindacali nell’ambito della relazione della Commissione istituita dalla Regione Marche;
affermazioni contenute nella relazione di maggioranza della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario istituita con l. n. 107 del 2017, riferite in verità all’insieme delle banche oggetto dell’esame della Commissione e, comunque, non specificamente all’operato dei commissari dell’amministrazione straordinaria;
citazioni tratte da una relazione di minoranza su presunti ed indimostrati conflitti di interesse dei Commissari).

3.3. Per il suddetto carattere i rilievi mossi dalla ricorrente all’operato dei commissari, considerati anche nel loro complesso, non appaiono in grado di dimostrare, sia pure in via indiziaria, la sussistenza, nei gravati provvedimenti, di manifeste illogicità o palesi errori tali da aprire la strada, in questa sede, ad un approfondimento istruttorio, il quale inevitabilmente andrebbe ad involgere la verifica nel merito dell’operato dei commissari, dovendosi anche considerare i limiti del sindacato giurisdizionale in relazione a provvedimenti che costituiscono esercizio di discrezionalità tecnica.

3.4. Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa che più si è occupata della questione: «(…) riguardo ai limiti del sindacato del giudice amministrativo sul provvedimento della Banca d’Italia, e riguardo ai limiti dello stesso potere di autorizzazione, i poteri cognitori non possono penetrare nel merito della fondatezza delle numerose azioni che il ricorrente intende proporre rispetto a numerose vicende che hanno interessato la Banca .... Il sindacato dell’adito giudice, a parere del Collegio, deve limitarsi ad un controllo di tipo estrinseco, ad una valutazione di manifesta infondatezza sul diniego autorizzatorio della Banca d’Italia, per una lettura conforme al dettato costituzionale, in quanto né la Banca d’Italia, né l’adito giudice amministrativo, per motivi diversi, possono svolgere il ruolo di giudice di azioni civili risarcitorie ex artt. 2393 e segg. c.c.. Nella specie, il diniego autorizzatorio è motivato correttamente sulla manifesta infondatezza …Né è pregiudizievole che sia la richiesta che il diniego di autorizzazione abbiano approfonditamente trattato il merito delle eventuali responsabilità, e pertanto la motivazione dell’organo di vigilanza abbia assunto una profondità non richiesta, in quanto è sufficiente la delibazione di manifesta infondatezza a giustificare il diniego » (TAR Campania, Napoli, sez. I, 20.06.2002 n. 3684).

4. Del pari infondate si palesano le deduzioni articolate con il ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso il nuovo provvedimento adottato dall’Autorità di vigilanza in ottemperanza dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, non essendo riscontrabile alcuna elusione della decisione interinale del Giudice d’Appello.

In realtà nell’atto del 13.08.2018 la Banca d’Italia, in esecuzione di quanto disposto dal Supremo organo della Giustizia Amministrativa, rispondendo ai rilievi evidenziati dalla Fondazione nell’atto di appello, ha ribadito come anche dalle fonti e dalle stesse relazioni citate dalla ricorrente a fondamento delle sue doglianze, la “situazione della banca” apparisse grave “ già prima del commissariamento… (derivando )… una delle più grandi debolezze … (proprio dall’) amministrazione della stessa ”, chiarendo anche il fenomeno per cui “ l’elevata percentuale di capitale sociale posseduto dalle fondazioni bancarie ha…determinato che – nel bene e nel male - esse abbiano sempre influenzato nei fatti le decisioni della banca, in alcuni casi anche sul fronte delle scelte della direzione ” ed in base al quale “ l’attività di controllo che le stesse fondazioni dicono di aver costantemente esercitato nei confronti degli investimenti effettuati non è stata decisiva ”.

4.1. Dopo aver ripercorso gli elementi salienti della vicenda in esame, la Banca d’Italia, riesaminando l’istanza di autorizzazione della ricorrente, è, dunque, giunta a confermare che la stessa non potesse trovare accoglimento “ stante il carattere pretestuoso, denigratorio e persecutorio dell’azione stessa ” per le ragioni illustrate nel nuovo diniego e negli atti precedenti del medesimo procedimento.

4.2. In sede di riesame, dunque, la Banca d’Italia, in conformità ai vincoli derivanti dalla pronuncia cautelare, si è rideterminata addivenendo alle medesime conclusioni in precedenza rassegnate, per le quali valgono le considerazioni già svolte con riguardo agli originari motivi di ricorso.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, dunque, le censure esaminate nei precedenti capi della presente decisione vanno disattese, in quanto infondate.

6. La ricorrente, tuttavia, come esposto nella narrativa in fatto, ha contestato i provvedimenti adottati dall’Autorità di vigilanza con i quali è stata rigettata la domanda di autorizzazione all’esercizio delle azioni civili nei confronti dei commissari dell’amministrazione straordinaria nominati dalla stessa Banca d’Italia, prospettando anche profili di illegittimità costituzionale della previsione dell’art. 72, comma 9 del t.u.b. che tale autorizzazione prescrive in quanto violativa degli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione.

6.1. In particolare, secondo la prospettazione della ricorrente, la previsione normativa sopra indicata confliggerebbe con i fondamentali canoni costituzionali, in quanto precluderebbe il sindacato nella sede giudiziaria propria della condotta dei commissari e si tradurrebbe in una grave “ discriminazione in spregio al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) ”, determinando “ una lesione delle prerogative di difesa (art. 24)… ” oltre ad un “ travalicamento dei criteri di buon andamento ed imparzialità che debbono presiedere all’azione della pubblica amministrazione (art. 97) ” e ad una “ menomazione della giurisdizione ”.

7. Ritiene al riguardo il Collegio che le questioni sollevate dalla ricorrente, di seguito integrate sia quanto alle argomentazioni a supporto sia con riferimento ai parametri costituzionali da considerare, meritino favorevole apprezzamento.

8. L’art. 72, comma 9 de. t.u.b., nella formulazione attualmente vigente, conseguente alle innovazioni introdotte con l'art. 1, comma 17, lett. e) del D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 181, dispone quanto segue: « La responsabilità dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza per atti compiuti nell'espletamento dell'incarico è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave. Le azioni civili nei loro confronti sono promosse previa autorizzazione della Banca d'Italia ».

8.1. Rispetto alla disposizione previgente di cui al d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (formulata nei seguenti termini: « Le azioni civili contro i commissari e i membri del comitato di sorveglianza per atti compiuti nell'espletamento dell'incarico sono promosse previa autorizzazione della Banca d'Italia »), il legislatore ha ritenuto di introdurre la specifica limitazione della responsabilità dei commissari straordinari ai soli casi di dolo e colpa grave, mantenendo, ciononostante, ferma la necessità dell’autorizzazione della Banca d’Italia, vale a dire della stessa Autorità attributaria del potere di nomina dei commissari straordinari.

8.2. Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che, nella fattispecie, viene in rilievo, ratione temporis, l’applicazione della disposizione nella formulazione attualmente in vigore. Giova precisare, infatti, che l’art. 3 del d. lgs. n. 181 del 2015, in vigore dal 16 novembre 2015, ha stabilito: « Gli articoli 72 e 77-bis del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, come modificato dal presente decreto, si applicano anche alle procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i rimanenti aspetti, alle medesime procedure si continuano ad applicare le disposizioni del titolo IV del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto ». Non è in contestazione ed è documentato in atti che l’avvio della procedura di risoluzione che ha determinato la chiusura dell’amministrazione straordinaria della Banca delle Marche S.p.a. è stato disposto con provvedimento della Banca d’Italia del 21 novembre 2015, approvato dal MEF il giorno successivo e, dunque, successivamente all’entrata in vigore delle modifiche normative sopra indicate.

9. In punto di rilevanza della proponenda questione di legittimità costituzionale, il Collegio sottolinea che gli atti impugnati costituiscono applicazione immediata e diretta della norma sospetta di contrasto con la Costituzione, della quale il Collegio deve fare applicazione.

E, invero, accertata l’infondatezza, per le ragioni sopra esposte, delle altre censure esaminate ai precedenti capi della presente decisione, esclusivamente dalla dichiarazione della illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 9 del t.u.b. potrebbe derivare il richiesto accoglimento del gravame, per caducazione della fonte normativa presupposta e conseguente illegittimità derivata degli atti impugnati e, in particolare, del diniego di autorizzazione.

Per contro in caso di rigetto della questione di costituzionalità, il predetto diniego di autorizzazione dovrebbe essere considerato legittimo, con conseguente reiezione del ricorso.

9.1. Esclusivamente per completezza di analisi, il Collegio ritiene di specificare che la circostanza, pure rappresentata e documentata dalla Banca d’Italia, che con ordinanza n. 7280/2018 del 13 novembre 2018, il Tribunale Ordinario di Ancona, innanzi al quale, come sopra esposto, pende il giudizio iscritto al numero di RG n. 4038/2015 (avente ad oggetto, tra l’altro, le pretese della odierna ricorrente), abbia dichiarato ammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi nei confronti degli amministratori straordinari F T, G F e B I tramite la loro chiamata in causa, disapplicando il provvedimento di diniego della Banca d'Italia oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio, non determina nessuna incidenza in ordine alla perdurante sussistente di un interesse della ricorrente all’impugnativa.

9.1.1. A prescindere, infatti, dalla obiettiva importanza di una verifica di costituzionalità della disposizione in esame alla luce della delicatezza e rilevanza degli interessi implicati alla stregua di quanto di seguito si andrà ad esporre, tanto più necessaria in considerazione dell’assenza di pronunciamenti della Corte Costituzionale, mai in precedenza adita sulla questione, il Collegio sottolinea che l’interesse che sorregge l’azione proposta innanzi a questo giudice è reso evidente dalla diversa consistenza e dai differenti effetti di un accertamento diretto, involgente la costituzionalità della previsione normativa che viene in rilievo, in luogo di quello incidentalmente svolto, con un provvedimento, peraltro, interinale, dal giudice ordinario sulla legittimità della determinazione della Banca d’Italia impugnate, cui si associano esigenze di certezza e stabilità, anche considerando lo stato in cui versa il predetto giudizio civile.

9.1.2. Quel provvedimento del giudice ordinario, peraltro, proprio perché interinale ed assunto in contrasto con la previsione normativa si presta ad essere rivisto dal medesimo giudice e riformato nei gradi successivi, afferendo al merito della vicenda controversa e non toccando i profili di giurisdizione, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nell’ordinanza del 19 novembre 2019, n. 30010, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento di giurisdizione proposto proprio dai commissari straordinari F T, G F e B I in relazione al giudizio pendente innanzi al Tribunale di Ancona.

9.1.3. La disapplicazione provvisoriamente operata dal giudice civile, oltre a non eliminare l’interesse all’impugnazione, non incide, ovviamente, sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, perché, permanendo il cennato interesse al ricorso, questo Tribunale deve comunque deciderlo nel merito, facendo applicazione della norma sospettata di illegittimità costituzionale.

10. In punto di non manifesta infondatezza della norma in esame, nella parte in cui subordina l’esperibilità dell’azione civile di responsabilità dei commissari dell’amministrazione straordinaria alla previa autorizzazione della Banca d’Italia, in deroga ai principi comuni dell’ordinamento ed in violazione dei parametri costituzionali che si andranno ad illustrare, il Collegio ritiene indispensabile muovere l’analisi dalla qualificazione della natura giuridica dei commissari straordinari, rilevante primariamente anche se non esclusivamente ai fini della verifica della pertinenza del riferimento al principio costituzionale cristallizzato nell’art. 28 della Carta fondamentale. Tale parametro, invero, è stato evocato dalla giurisprudenza amministrativa nelle pronunce che hanno affrontato la questione della legittimità dei provvedimenti autorizzatori che vengono in rilievo, sia pure con conclusioni dirette ad escludere la sussistenza di contrasti della norma in esame, (cfr. Cons. St., sez. VI, 17 ottobre 2005, n. 5819;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3 ottobre 2005, n. 7643;
TAR Campania, Napoli, Sez. I, 20 giugno 2002 n. 3684;
TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 28 giugno 2000, n. 3008).

10.1. Si osserva, al riguardo, che l’amministrazione straordinaria di una banca è procedura amministrativa, di durata temporanea, avendo essa termine con il passaggio delle consegne agli organi subentranti, avviata su proposta della Banca d’Italia, in seguito, di regola, ad un previo accertamento ispettivo dell’Istituto di vigilanza, con Decreto del Ministero del Tesoro, oggi dell’Economia, e destinata a risolvere le situazioni critiche tassativamente previste dal primo comma dell’art. 70 t.u.b., tra le quali la riscontrata sussistenza di irregolarità nell’amministrazione dell’impresa bancaria.

10.1.1. La Banca d’Italia, una volta emanato il D.M., provvede a nominare gli organi della procedura, e cioè uno o più commissari straordinari ed un comitato di sorveglianza, e fino all’insediamento di tali organi, può nominare un proprio funzionario quale commissario provvisorio.

10.1.2. Ai sensi dell’art. 72 t.u.b. i commissari straordinari, i quali nell’esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali, <<… esercitano le funzioni e i poteri dei disciolti organi amministrativi della banca …>>;
il Comitato di Sorveglianza <<… sostituisce in tutte le funzioni i disciolti organi di controllo e fornisce pareri ai commissari …>>.

10.1.3. Gli organi della procedura amministrativa straordinaria possono essere revocati o sostituiti dalla Banca d’Italia;
ricevono per la loro opera le indennità determinate dalla Banca d’Italia;
sono tenuti nella gestione della banca amministrata al rispetto delle istruzioni e delle direttive impartite dalla Banca d’Italia;
sono tenuti a richiedere l’autorizzazione della Banca d’Italia per la convocare gli organi dell’impresa bancaria, temporaneamente sospesi;
possono essere citati in giudizio civile, per gli atti compiuti nell’espletamento dei rispettivi incarichi, solo previa autorizzazione della Banca d’Italia (come previsto dalla la norma della quale si sospetta la contrarietà alla Carta Costituzionale).

10.1.4. Si evince, pertanto, che gli organi di amministrazione straordinaria operano, pur nell’ambito di una certa e necessitata autonomia gestionale, in stretto rapporto con l’Autorità che li nomina, la quale è attributaria finanche del potere, all’atto della nomina, di “ stabilire speciali limitazioni dei compiti dei commissari ovvero attribuire loro compiti ulteriori e diversi ” rispetto a quelli indicati nell’art. 72, comma 1- bis del t.u.b., come espressamente stabilito dalla medesima disposizione.

10.1.5. La loro natura è, quindi, certamente amministrativa e la straordinarietà del loro ufficio pubblico si coglie sotto il duplice profilo: quello interno all’impresa di credito, svolgendo essi le funzioni degli organi temporaneamente sospesi, e quello esterno all’impresa in crisi, costituendo essi una emanazione provvisoria della Banca d’Italia, sicché essi rivestono un duplice ruolo di organi straordinari sia dell’impresa amministrata sia della Banca centrale dalla quale sono nominati, revocati, sostituiti, istruiti, vigilati (in termini, cfr. T.A.R. Napoli, n. 3684 del 2000, cit.).

10.1.6. I commissari straordinari sono legati, dunque, per il tempo del loro incarico, alla Banca d’Italia da un rapporto straordinario ma organico talora associato, in via provvisoria, addirittura ad un rapporto di impiego, come nel caso del Commissario provvisorio.

11. La giurisprudenza, anche costituzionale, ha da tempo chiarito in relazione all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 28 Cost. che a rilevare è che l’agente abbia operato “ nell’ambito delle mansioni affidategli per il soddisfacimento dell’interesse pubblico dall’ente perseguito ” (cfr. C. Cass., sez. I, n. 330 del 1974;
cfr. anche C. Cost. n. 2 del 1968;
id.: n. 18 del 1989;
n. 289 del 1992;
n. 385 del 1996), con la conseguenza che anche in relazione ai commissari straordinari nominati dalla Banca d’Italia trovano applicazione i principi espressi nella sopra indicata disposizione.

11.1. Il principio della responsabilità diretta dei funzionari e dipendenti pubblici ha costituito una fondamentale innovazione rispetto all’impianto precedente, con il precipuo scopo di superare un modello di burocrazia spersonalizzata che aveva connotato in maniera particolarmente incisiva il ventennio fascista, evitando l’esaurimento dell’attività di controllo e verifica dell’operato degli agenti pubblici in una dimensione solo interna all’amministrazione, nella consapevolezza della rilevanza della scelta di una collocazione di tale responsabilità a livello di ordinamento generale ed in un ambito esterno al potere amministrativo, con le connesse garanzie in punto di imparzialità e di effettività.

11.2. Ed è significativo evidenziare che mentre nella prima parte dell’art. 28 vengono contemplate per l’agente pubblico tutte le tre fondamenti forme di responsabilità diretta (penale, civile e amministrativa), la seconda parte della disposizione, inerente alla “estensione” della responsabilità allo Stato e agli enti pubblici, è riferita solo a quella civile. La regola cristallizzata nell’impianto costituzionale è, dunque, quella della responsabilità diretta e personale dell’agente pubblico, assurta a principio cardine e generale, non scalfito dalla focalizzazione dell’attenzione, sia nelle elaborazioni scientifiche sia nella elaborazione giurisprudenziale, sulla responsabilità civile diretta e concorrente degli enti, essenzialmente imputabile al dato fattuale della maggiore solvibilità dallo Stato e degli enti pubblici ai fini di un effettivo ristoro economico del diritto leso. Nel senso del carattere incondizionato della responsabilità depone chiaramente l'avverbio "direttamente" contenuto nel suddetto art. 28, sicché l'unico presupposto della stessa non può che essere l’accertamento dell’illecito.

11.3. Vero è che, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il generale principio della responsabilità diretta degli agenti pubblici non esclude, in quanto espressamente previsto in Costituzione, che tale responsabilità possa essere disciplinata variamente per categorie o per situazioni (cfr., ex multis , C. Cost. n. 26 del 1987), purché ciò avvenga entro il limite della ragionevolezza nell’esercizio della discrezionalità di cui il legislatore è attributario, non potendosi ammettere aree di immunità in pregiudizio di fondamentali valori costituzionalmente tutelari.

11.4. In altri termini, l’art. 28, secondo comma, Cost. consente al legislatore di “disciplinare” la responsabilità del funzionario, ma non di introdurre ipotesi più o meno mascherate di immunità ed esclusione della responsabilità diretta.

Sulla base di tali considerazioni, del resto, la Corte Costituzionale è addivenuta alla declaratoria di illegittimità delle previsioni normative precostituzionali che stabilivano, con riferimento ai prefetti ed ai sindaci, la c.d. garanzia amministrativa, vale a dire la subordinazione della proposizione dell’azione per fatto dai medesimi commesso alla necessaria autorizzazione del Capo dello Stato, previo parere del Consiglio di Stato (cfr. C. Cost. n. 4 del 1965;
cfr. anche, in relazione all’analoga garanzia che l'art. 16 del c.p.p. aveva previsto per i reati commessi in servizio di polizia, la sentenza n. 94 del 1963).

Si ritengono particolarmente rilevanti, al riguardo, le argomentazioni alla base della sopra richiamata pronuncia della C. Cost. n. 4 del 1965, nella quale si evidenzia quanto segue: « Come altra volta si è avvertito (sentenza 23 gennaio 1962, n. 1), è in contrasto con il precetto fondamentale contenuto nell'art. 28 della Costituzione la legge che, della responsabilità quivi regolata, adottasse una disciplina tale da comportarne una esclusione più o meno manifesta. Ora, il subordinare ad una autorizzazione amministrativa l'attuazione di quella responsabilità è renderne possibile l'esonero discrezionale, perché discrezionalmente deve in tal caso esserne consentito l'esperimento;
il che segnatamente non è permesso prescrivere in materia penale, essendo eccezionalmente dettati, e da norme costituzionali, i casi di deroga al principio dell'obbligatorietà dell'azione del P. M.. Né viene meno la detta discrezionalità ove, come nel caso del prefetto e del sindaco, la legge ordinaria disponga che l'autorizzazione deve essere accordata previo parere del Consiglio di Stato: questo organo supremo, nell'esprimere il suo avviso, non esplica una attività vincolata. Ed ove si osservi che, quando non si ritenesse di seguire tale avviso, deve essere sentito il Consiglio dei Ministri, s'intende meglio come il procedimento di autorizzazione risulti inquadrato in un sistema suscettibile di provocare la insindacabile liberazione da quella responsabilità. Ciò a parte il fatto che le norme predette, nella sostanza, attribuiscono all'autorità amministrativa il potere di sottrarre a quella giurisdizionale, mediante il diniego dell'autorizzazione, il giudizio sulla responsabilità del funzionario o del dipendente e quindi ex art. 28, secondo comma, della Costituzione, anche sulla sua responsabilità;
un giudizio cioè al quale la stessa Amministrazione è interessata e che, per il suo oggetto e per la sua natura, implica esercizio di giurisdizione, quindi di funzione del tutto estranea alla sfera amministrativa (artt. 102 e 103 della Costituzione)
». Nella pronuncia si soggiunge, immediatamente dopo, che: « Non è rilevante obiettare che la c.d. garanzia amministrativa intende tutelare la funzione del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco contro azioni inconsulte la cui proposizione ne lederebbe il prestigio, e che vuole essere un mezzo per permettere di valutare il comportamento di quei funzionari nel rispetto delle attribuzioni di ciascuno e della discrezionalità che doveva eventualmente esercitarsi. Spetta all'autorità giurisdizionale riconoscere la temerarietà o la pretestuosità di singole azioni;
e peraltro un sistema, come quello in vigore, in cui l'osservanza del limite della competenza e della discrezionalità amministrativa è assicurata, a seconda delle ipotesi, dalle norme concernenti il regolamento delle attribuzioni e dalle altre che, nel Codice di procedura civile (art. 295) e in quello di procedura penale (art. 20), governano la sospensione del processo in relazione all'insorgere di pregiudiziali amministrative, il preordinamento di una ulteriore garanzia a favore del prefetto, di chi ne fa le veci e del sindaco, posto in confronto al principio di parità proclamato nell'art. 3 della Costituzione, appare irrazionalmente distintivo, atteso che altri funzionari amministrativi svolgono compiti non meno elevati e importanti di quelli spettanti al prefetto e al sindaco, ugualmente implicativi di estesi poteri discrezionali. Deve perciò pronunziarsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 158 della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n. 148, e dell'art. 22 del T.U. della stessa legge, approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383
». Con tali argomentazioni, la Corte Costituzionale è giunta alla conclusione che: « Essi debbono dichiararsi illegittimi anche in quanto dispongono che il prefetto, chi ne fa le veci e il sindaco non possono essere chiamati a rendere conto dell'esercizio delle loro funzioni fuorché dalla superiore autorità governativa: la disposizione, mentre contiene la premessa di quella che prevede l'autorizzazione amministrativa, può avere valore a sé stante, in quanto si risolve anche essa nel negare all'autorità giurisdizionale ogni attribuzione in merito alla responsabilità di quei due funzionari ».

11.5. O, tenuto conto che le funzioni pubbliche svolte dai commissari straordinari non rispondono ai rigorosi schemi che caratterizzano le attribuzioni di sindaci, prefetti ed ufficiali di pubblica sicurezza, nonché considerando i profili economico- patrimoniali e le finalità di rilievo pubblicistico cui il conferimento dell’incarico è correlato, la deroga ai principi generali ed alle regole attraverso le quali gli stessi trovano attuazione sembra ancora meno giustificabile.

11.6. La ricostruzione della genesi della previsione dell’art. 72, comma 9, ulteriormente concorre a sostenere i dubbi di legittimità alla base della presente decisione, rendendo non differibile una definitiva verifica da parte dell’Organo di garanzia costituzionale.

11.6.1. La disposizione, infatti, affonda le proprie radici proprio in una norma risalente ad epoca precedente alla Costituzione. L’art. 64, ultimo comma, della legge n. 141 del 1938 – di conversione in legge, con modificazioni, del Regio decreto-legge 12 marzo 1936-XIV, n. 375, contenente disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia – stabiliva, infatti, che: « Nessuna azione di responsabilità contro i commissari ed i membri del Comitato di sorveglianza può essere promossa senza l'autorizzazione dell'Ispettorato ». L’Ispettorato per la difesa del risparmio e l’esercizio del credito, originariamente delineato – nella considerazione della opportunità di una distinzione tra funzione di politica monetaria e funzione di vigilanza – come organo autonomo specializzato nella vigilanza, è stato poi soppresso con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, istitutivo del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), con il quale le relative attribuzioni sono state trasferite alla Banca d’Italia. In disparte il rilievo che l’Ispettorato operava alle dipendenze del Comitato dei Ministri, con funzioni, come sopra esposto, di vigilanza ed esecutive, occorre considerare che all’epoca alla Banca d’Italia era riconosciuto il ruolo di centro regolatore del mercato creditizio, con accentramento in essa di funzioni strategiche ed anche propositive, di elaborazione dei progetti ratificati dal Comitato, con instaurazione di prassi successivamente recepite dal testo unico. In considerazione delle profonde innovazioni segnate dalla entrata in vigore della Costituzione, oltre che delle rilevanti evoluzioni della fisionomia della vigilanza, anche per effetto del processo di integrazione europea, la previsione in contestazione appare quale portato tralatizio di una visione anacronistica del sistema ordinamentale più che una scelta ragionevole e ponderata del legislatore.

11.7. Il Collegio dubita, dunque, della ragionevolezza della previsione dell’art. 72, comma 9 del t.u.b. e ciò non solo in quanto l’eccezione alla regola generale viene ad interessare una intera categoria di soggetti ma anche in quanto la subordinazione della stessa proposizione di una azione giurisdizionale ad una autorizzazione amministrativa equivale a rendere possibile un esonero discrezionale da tale responsabilità, non essendo la Banca d’Italia vincolata ad obiettivi e prestabiliti criteri di valutazione.

11.8. Ciò con l’ulteriore e rilevante criticità rappresentata dalla circostanza che il potere di sottrarre all’accertamento giurisdizionale di responsabilità i commissari straordinari viene ad essere attribuito alla stessa autorità amministrativa che tali commissari nomina e che è portatrice di un proprio interesse correlato alle sue responsabilità in rapporto all’esercizio dell’azione giurisdizionale oggetto della domanda di autorizzazione, in considerazione dei poteri che esercita, non limitati alla vigilanza ma estesi all’indirizzo ed all’autorizzazione al compimento di specifici atti, per giunta secondo moduli non predeterminati, potendo la stessa Banca d’Italia definire il contenuto delle attribuzioni dei commissari (art. 72, comma 1 bis).

11.9. Quanto esposto consente anche di escludere la pregnanza, al fine di addivenire a diverse conclusioni, dell’assenza di filtri per l’esercizio delle azioni giudiziarie nei confronti della Banca d’Italia, prevedendo, come sopra esposto, l’art. 28 Cost. una responsabilità diretta e personale dell’agente pubblico cui si associa una responsabilità altrettanto diretta dell’ente.

11.10. La previsione normativa sospettata di incostituzionalità, peraltro, costituisce una assoluta singolarità nell’ordinamento giuridico, giacché le eccezioni al principio cristallizzato nell’art. 28 Cost. sono fortemente circoscritte e trovano giustificazione nelle garanzie di indipendenza stabilite dalla stessa Costituzione. Il riferimento più immediato ed evidente è alla responsabilità civile dei magistrati per la quale valgono le regole definite dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, sottoposta ad una significativa revisione con la riforma attuata nel 2015, che stabilisce in maniera puntuale le modalità ed i termini di esercizio dell’azione, oltre a disciplinare la rivalsa dello Stato nei confronti del giudice, in un impianto attento ad assicurare un equilibrio tra i diversi interessi implicati, inclusa l’esigenza di scongiurare forme di deresponsabilizzazione nell’esercizio della particolare funzione svolta.

11.11. Analoghe garanzie costituzionali non è dato rinvenire in relazione ai commissari straordinari nominati dalla Banca d’Italia e ciò sia in quanto nessuna previsione cristallizza per essi specifiche guarentigie sia in quanto le stesse non appaiono giustificate alla luce delle funzioni esercitate.

11.12 La rilevanza e sensibilità del settore del risparmio e del credito e la necessità – addotta a sostegno della legittimità della norma anche nelle pronunce giurisdizionali sopra richiamate – di assicurare una particolare indipendenza e serenità di giudizio alle persone incaricate dell’ufficio pubblico in argomento, onde evitare agli stessi di agire sotto la continua minaccia di trovarsi esposti, a cagione del loro operato, al rischio di continue azioni civili per danni, non appaiono costituire, ad avviso del Collegio, idoneo giustificativo alla previsione che impone un filtro amministrativo all’esercizio dell’azione giurisdizionale nei confronti dei commissari straordinari. La Corte Costituzionale ha, del resto, sottolineato che norme che prevedono deroghe al principio cristallizzato nell’art. 28 Cost. abbisognano di puntuale fondamento, concretato dalla Costituzione o da altre leggi e che sebbene non sia indispensabile che il fondamento consista in una previsione esplicita, è necessario che le scriminanti introdotte siano frutto di un ragionevole bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco (cfr. C. Cost. n. 148 del 1983);
ed è proprio tale ragionevolezza che il Collegio non riesce a ravvisare nella previsione dell’art. 72, comma 9 del t.u.b..

11.13. I sopra indicati rischi prospettati, infatti, non sono diversi da quelli cui sono esposti altre categorie professionali per le quali non è prevista analoga disciplina di privilegio. L’esempio più pertinente viene ravvisato nella disciplina concernente l’amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, i cui commissari straordinari, nominati dal Ministro competente, sono sottoposti a responsabilità diretta e piena, nelle sue varie forme e declinazioni ed in assenza di qualsivoglia filtro di ammissibilità, tanto meno rimesso ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione che li ha nominati e che, giova precisare, esercita un ben più ridotto e circoscritto potere sulla gestione commissariale, essenzialmente incentrato sulla vigilanza e la verifica dell’operato dei commissari, rispetto a quello esercitato dalla Banca d’Italia sui commissari straordinari di propria nomina. I settori nevralgici sui quali incidono le predette procedure, la consistenza degli interessi economici implicati, oltre all’incidenza sul piano occupazionale e quindi, di riflesso, anche sociale, non possono essere certamente ritenuti di minor rilievo e pregio rispetto a quelli che qui vengono in considerazione e, anzi, proprio la particolare sensibilità e importanza degli interessi pubblici coinvolti e la delicatezza delle funzioni esercitate rende distonica la scelta sostanziata dalla previsione dell’art. 72, comma 9 del t.u.b..

11.14. A ciò va soggiunto che il meccanismo della previa autorizzazione non è neppure limitato alle azioni promosse nel corso della procedura, essendo il positivo vaglio della Banca d’Italia richiesto anche per quelle successive, il che vale ad ulteriormente affievolire l’argomento, comune a tutte le sentenze sopra richiamate con le quali la norma è rimasta immune dalla rimessione alla Corte Costituzionale, della preordinazione della previsione ad evitare turbamenti dei commissari nell’esercizio delle loro funzioni.

12. In tale prospettiva, è ravvisabile un ulteriore profilo di contrasto della previsione dell’art. 72, comma 9 in rapporto agli artt. 47 e 97 Cost., non riuscendosi a cogliere plausibili ragioni a fondamento di una regola che impone il vaglio di ammissibilità rimesso alla Banca d’Italia per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei commissari straordinari in rapporto ai presidi che devono essere apprestati a tutela del risparmio, in conformità anche al canone di buona amministrazione, i quali esigono regole chiare e non stravaganti nella definizione delle responsabilità, coerenti in relazione agli interessi protetti, senza accedere a forme di iperprotezione rispetto a rischi suscettibili di una sterilizzazione attraverso strumenti diversi, più ragionevoli, ordinari e proporzionati.

Vale osservare, sul punto, che la tutela del funzionario è già efficacemente perseguita attraverso la generale limitazione della responsabilità ai casi di dolo e colpa grave, cui potrebbero associarsi ulteriori misure, tra le quali, a titolo meramente esemplificativo, il ricorso a forme di copertura assicurativa, eventualmente obbligatoria ovvero con oneri a carico dello stesso ente che conferisce l’incarico, anche a salvaguardia della posizione economica e finanziaria dell’ente stesso.

12.1. La norma introduce, dunque, una irragionevole deresponsabilizzazione dei commissari, peraltro nella delicata materia della tutela del risparmio costituzionalmente garantita, comportando la “schermatura” dal sindacato giurisdizionale un sensibile affievolimento, ove non un radicale svilimento, delle garanzie a cui presidio sono posti i principi di buona amministrazione ed imparzialità.

12.2. I limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo sui provvedimenti autorizzativi in esame determina, peraltro, quale immediata ricaduta che anche un eventuale annullamento della determinazione negativa della Banca d’Italia potrebbe non essere risolutivo, ben potendo quest’ultima, nel rispetto dei vincoli giudiziali, rideterminarsi in senso nuovamente sfavorevole all’istante, con conseguente protrazione della vicenda controversa per un tempo incompatibile con le esigenze di certezza e di tutela delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte.

12.3. Né si ritiene possibile ravvisare una forma di “deterrente”, adeguato e conforme ai principi implicati, nella possibilità che la Banca d’Italia eserciti una rivalsa nei confronti dei commissari, ove chiamata a rispondere delle conseguenze risarcitorie nel giudizio civile azionato dagli interessati e ciò per plurime ragioni. In primo luogo manca una norma espressa che stabilisca l’esercizio obbligatorio dell’azione di rivalsa (prevista, invece, nel sistema, per i magistrati, dall’art. 7, comma 1, l. n. 117 del 1988, novellato dalla l. n. 18 del 2015, pur con le profonde differenze tra le attività esercitate dai commissari e l’esercizio delle funzioni giurisdizionali che difficilmente renderebbero giustificabili limitazioni a specifiche casistiche e che, comunque, si inserisce in un impianto articolato e compiutamente definito). Sebbene l’esercizio di detta azione discenda dalle generali regole in materia di responsabilità, rafforzate nel caso in cui sussistano connotazioni pubbliche dei soggetti coinvolti, anche la decisione riferita alla proposizione dell’azione di rivalsa viene a dipendere da una scelta dell’ente e in ogni caso non è risolutiva nella prospettiva in esame.

12.3.1. La preclusione dell’esercizio dell’azione diretta nei confronti del commissario straordinario, infatti, stante la stretta interrelazione tra l’attività dei commissari e quelle proprie dell’Autorità di vigilanza – oltretutto a “geometria variabile”, alla luce delle previsioni dell’art. 72, comma 1 bis del t.u.b., secondo quanto già rilevato ai capi 10, sub.

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