TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2014-07-23, n. 201404131

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2014-07-23, n. 201404131
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201404131
Data del deposito : 23 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00529/2012 REG.RIC.

N. 04131/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00529/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 529 del 2012, proposto da:
T C, rappresentato e difeso dall'avv. P C, con domicilio eletto presso P C in Napoli, via S. Lucia, 15, c/o Limatola;

contro

Comune di Marcianise in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Immacolata Carratore in Napoli, via Miano, n. 57;

per l'annullamento

PROVVEDIMENTO PROT. N.1341/2011: DINIEGO SANATORIA EDILIZIA.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Marcianise in persona del Sindaco p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2014 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, C Tommaso impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 30 novembre 2011, prot. n. 1341, col quale il dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Marcianise aveva rigettato la domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011, avente per oggetto le opere abusivamente realizzate presso l’unità immobiliare su tre livelli, ubicata in Marcianise, alla via Po, n. 24, censita in catasto al foglio 500, particella 5282, sub 13, ricadente entro la zona classificata B1/G dal vigente piano regolatore generale.

2. Gli interventi controversi erano stati contestati al ricorrente con ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009.

A tenore della disposta misura repressivo-ripristinatoria, essi erano consistiti nella realizzazione, in difformità dal progetto di ristrutturazione assentito con la concessione edilizia n. 5890 del 14 marzo 2000, della “chiusura del sottologgiato di dimensioni m 6,00 x 1,60 … x 4,00 circa e quindi per una superficie pari a m 9,76”, oltre che di un “gazebo con struttura in legno e copertura in tegole, di dimensioni … m 4,00 x 1,50 x … 2,50”.

La rigettata domanda di sanatoria, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011 aveva riguardato unicamente la “chiusura del sottarco al pian terreno” e la “parziale chiusura del terrazzino a piano secondo, entrambe … eseguite al fine di realizzare i servizi igienici” e asseritamente ragguaglianti, nel complesso, una volumetria pari a mc 29,78 (con pretermissione del suindicato “gazebo”).

Tali opere erano state ritenute non sanabili dal gravato provvedimento declinatorio, preannunciato, ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990, con nota del 5 ottobre 2011, prot. n. 16112, in base ai seguenti rilievi: - “ampiezza della mensola al secondo piano” (maggiore di m 2,00), - “volumetria totale prevista in progetto di sanatoria superiore a mc 50, in quanto non risulta conteggiata la cubatura della tettoia realizzata a piano terra, antistante il loggiato abusivamente chiuso, non ancora demolita per effetto dell’ordinanza dirigenziale prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009”;
- “manca l’assenso dei condomini dello stabile di via Po, n. 24, atteso che non risulta dimostrato che l’intervento non investe la sfera condominiale dell’edificio (vedi modifica dei prospetti con chiusura loggiato a piano terra e sanatoria per realizzato wc sulla mensola del sottotetto)”;
- “la richiesta sanatoria per servizio igienico (wc) realizzato sulla mensola al secondo piano, antistante il locale deposito, risulta in contrasto con le previsioni di cui all’art. 44, comma 3, del vigente regolamento edilizio comunale”.

3. Avverso siffatta determinazione venivano rassegnate, col ricorso in epigrafe, censure così rubricate: - violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della l. n. 241/1990;
eccesso di potere per carenza di motivazione, carenza di istruttoria, motivazione apparente;
violazione del giusto procedimento;
manifesta ingiustizia - eccesso di potere per carenza di istruttoria, motivazione apparente;
violazione del giusto procedimento;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.p.r. n. 380/2001;
eccesso di potere per sviamento;
- violazione e falsa applicazione delle norme di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Marcianise;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 44, comma 3, del regolamento edilizio comunale di Marcianise.

In estrema sintesi, si lamentava che: - l’amministrazione comunale non avrebbe tenuto conto delle controdeduzioni formulate dall’interessato rispetto ai motivi ostativi all’accoglimento domanda di sanatoria, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011, preannunciati con nota del 5 ottobre 2011, prot. n. 16112, e rimasti immutati in sede di definitivo diniego;
- giammai la profondità della mensola al secondo piano avrebbe superato quella assentita con la concessione edilizia n. 5890 del 14 marzo 2000;
- il volume della tettoia contestata con l’ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009 non avrebbe dovuto computarsi nella cubatura delle opere assoggettate all’accertamento di conformità urbanistico-edilizia, non essendo, detto manufatto, considerato nell’istanza ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011;
- ai fini della richiesta sanatoria di opere incidenti sui prospetti dell’intero fabbricato, non si sarebbe resa necessaria la preventiva acquisizione del consenso dei proprietari delle altre unità immobiliari appartenenti al medesimo fabbricato, tenuto anche conto della natura non condominiale di quest’ultimo;
- l’art. 44, comma 3, del r.e.c., il quale vieta la chiusura di balconi aperti, sarebbe stato tacitamente abrogato dalle norme di attuazione della variante al piano regolatore generale del Comune di Marcianise e sarebbe, comunque, inapplicabile agli aggetti su aree private.

4. Costituitosi il Comune di Marcianise, eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso, del quale richiedeva, quindi, il rigetto.

5. All’udienza pubblica del 23 aprile 2014, la causa veniva trattenuta in decisione.

6. Venendo ora a scrutinare il merito del ricorso, non può accreditarsi l’ordine di doglianze secondo cui l’amministrazione comunale resistente non avrebbe tenuto conto delle controdeduzioni formulate dall’interessato rispetto ai motivi ostativi all’accoglimento domanda di sanatoria, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011, preannunciati con nota del 5 ottobre 2011, prot. n. 16112, e rimasti immutati in sede di definitivo diniego.

In effetti, dell’avvenuta valutazione e reiezione delle controdeduzioni viene fornita puntuale indicazione nell’impugnato provvedimento del 30 novembre 2011, prot. n. 1341 (“viste le osservazioni prodotte con nota prot. n. 18687 del 20 ottobre 2011 … ritenuto che le osservazioni stesse non hanno chiarito i dubbi palesati in sede di preliminare istruttoria”), il quale legittimamente si discosta e addiviene a conclusioni diverse da quelle propugnate dal C, sulla base di un impianto motivazionale che, per il suo tenore, non può non postulare logicamente il previo scrutinio degli elementi addotti in contrario.

D’altronde, l'obbligo di motivazione ex art. 3 della l. n. 241/1990 non avrebbe potuto tradursi – a discapito dei principi di efficacia e celerità dell’agire amministrativo – in un interminabile confronto dialettico e in una analitica replica alle osservazioni del 20 ottobre 2011 (prot. n. 18687) (cfr. TAR Abruzzo, L'Aquila, 26 luglio 2004, n. 836;
sez. I, 6 giugno 2007, n. 285;
TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 14 maggio 2005, n. 459;
TAR Liguria, Genova, sez. II, 7 luglio 2005, n. 1022;
TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 7 aprile 2006, n. 772;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 4 agosto 2006, n. 6950;
14 settembre 2007, n. 8951), avendo esso per oggetto i presupposti fattuali che, all’esito di un articolato e definito contraddittorio procedimentale, avevano evidenziato, in logica e insuperata antitesi alle anzidette osservazioni, nonché in senso confermativo delle pregresse determinazioni, la legittimità del divisato diniego di sanatoria.

7. Non risulta, poi, compiutamente provato, ai sensi dell’art. 64, comma 1, cod. proc. amm., l’assunto in base al quale la profondità della mensola al secondo piano giammai avrebbe superato quella assentita con la concessione edilizia n. 5890 del 14 marzo 2000.

La tavola progettuale R01 (“piante dello stato assentito e di fatto con indicazione delle difformità”), allegata alla domanda ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011, milita, anzi, in senso contrario, denotando, nello “stato di fatto”, una profondità del terrazzo al secondo piano (espressamente quantificata in m 2,30) visibilmente superiore a quella rilevabile nello “stato assentito con concessione edilizia n. 5890 del 14 marzo 2000”.

8. Ancora, il ricorrente non può plausibilmente sostenere che il volume della tettoia antistante al loggiato abusivamente chiuso al piano terra, contestata con l’ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009, non avrebbe dovuto computarsi nella cubatura delle opere assoggettate all’accertamento di conformità urbanistico-edilizia, non essendo, detto manufatto, considerato nell’istanza ex art. 36 del d.p.r. n. 380/2001, prot. n. 16112, del 16 settembre 2011.

8.1. Al riguardo, giova rammentare che – come acclarato da questa Sezione nella sentenza n. 24064 del 12 novembre 2010, con la quale è stato respinto ricorso iscritto a r.g. n. 2053/2009, proposto dal C avverso l’ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009 – il manufatto, letteralmente rappresentato come “gazebo”, è, in effetti, “consistito … nella realizzazione di una pensilina con copertura in tegole, poggiante su pilastri in legno, a copertura di un’area pavimentata e sopraelevata rispetto alla quota cortile”, ossia “nella realizzazione di una tettoia … come tale idonea ad apportare un mutamento stabile all’aspetto esteriore nonché alla sagoma dell’edificio”. “La realizzazione di una tettoia che riveste le predette caratteristiche costruttive ed estetiche – prosegue la citata sentenza n. 24064 del 12 novembre 2010 – è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d, del d.p.r. n. 380/2001, nella misura in cui realizza ‘l'inserimento di nuovi elementi ed impianti’, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lett. c, dello stesso d.p.r., laddove comporti, come nel caso di specie, una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce … A nulla rileva poi il dedotto carattere di facile amovibilità o precarietà del manufatto, dato che tale connotazione non può discendere solo dalle caratteristiche costruttive ma va rapportata anche alla destinazione del manufatto che non può essere considerato di natura precaria qualora debba soddisfare un’esigenza, non temporanea e contingente, ma prolungata nel tempo”.

8.2. In punto di fatto, occorre, altresì, rimarcare che, come accertato nel verbale della Polizia municipale di Marcianise, prot. n. 1488, del 17 novembre 2011, le opere contestate con l’ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009, ivi compresa la tettoia descritta retro, sub n. 8.1, non sono state rimosse dal C.

8.3. Ciò posto, è evidente che dalla cubatura contemplata dal progetto in sanatoria, rassegnato con l’istanza del 16 settembre 2011, prot. n. 16112, non era estrapolabile quella utilizzata per la tettoia antistante al loggiato chiuso al piano terra, fintantoché detta tettoia (arrecante un autonomo e rilevante impatto volumetrico: cfr. retro, sub n. 8.1) non fosse stata rimossa in esecuzione dell’ordinanza di demolizione, prot. n. 1873/Urb., dell’11 febbraio 2009.

Ed invero, non è configurabile una sanatoria parcellizzata di opere abusive ricomprese in un organismo edilizio unitario, le quali, ove considerate nella loro globalità, non sarebbero legittimabili (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 7 febbraio 2014, n. 883).

Di conseguenza, del tutto correttamente l’amministrazione comunale resistente ha ritenuto doversi conteggiare, ai fini del richiesto accertamento di conformità urbanistico-edilizia, non solo la volumetria corrispondente alla chiusura del sottologgiato al piano terra e del terrazzo al piano secondo (complessivamente pari ai dichiarati mc 29,78), ma anche quella corrispondente alla suindicata tettoia e, quindi, altrettanto correttamente, ha rilevato il superamento della volumetria massima (mc 50) consentita dalle n.a. della variante al p.r.g. del Comune di Marcianise per i lavori di risanamento igienico (anche in ampliamento) in zona B1.

9. Privo di pregio è, poi, il motivo di impugnazione in base al quale ai fini della richiesta sanatoria di opere incidenti sui prospetti dell’intero fabbricato, non si sarebbe resa necessaria la preventiva acquisizione del consenso dei proprietari delle altre unità immobiliari appartenenti al medesimo fabbricato, tenuto anche conto della natura non condominiale di quest’ultimo.

9.1. In proposito, deve, innanzitutto, obiettarsi che, senza il preventivo consenso dei condomini, il singolo proprietario non può dirsi legittimato al rilascio del titolo abilitativo edilizio, vieppiù se in sanatoria, laddove questo risulti avere per oggetto opere incidenti sulle parti comuni – quali, appunto, le facciate (cfr. art. 1117, n. 1, cod. civ.) – e sul loro godimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2001, n. 1507;
20 settembre 2001, n. 4972;
21 ottobre 2003, n. 6429;
TAR Campania, Salerno, sez. II, 7 marzo 2008, n. 263;
Napoli, sez. III, 12 maggio 2010, n. 4196;
sez. II, 6 dicembre 2010, n. 26817;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, 30 ottobre 2008, n. 2721;
TAR Valle d’Aosta, Aosta, 17 novembre 2010, n. 63;
TAR Umbria, Perugia, 14 febbraio 2011, n. 48;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, 11 luglio 2013, n. 1820), considerato anche che gli altri condomini ben potrebbero essere estranei agli abusi ed avere un interesse antagonista alla sanatoria di interventi per loro eventualmente pregiudizievoli (cfr. TAR Abruzzo, Pescara, 6 giugno 2009, n. 401;
22 febbraio 2011, n. 150;
TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 18 aprile 2011, n. 364).

9.2. Non appare, inoltre, controvertibile la contestata natura condominiale dell’edificio ubicato in Marcianise, alla via Po, n. 24, censita in catasto al foglio 500, particella 5282.

E ciò, in considerazione sia della presenza di una corte comune, denotante, di per sé, l’assetto condominiale dell’edificio in parola, sia del tenore dell’atto di compravendita dell’11 luglio 2011 (rep. n. 160101;
racc. n. 22766), concernente l’unità immobiliare in proprietà del ricorrente (ove figurano espressamente menzionati i “diritti di condominio alle parti comuni dell’intero fabbricato ai sensi dell’art. 1117 cod. civ.”), sia del tenore dello stesso ricorso in epigrafe (ove, a p. 1, il cortile è rappresentato “comune ad altri condomini”).

10. Destituita di fondamento è, infine, la censura predicante l’abrogazione tacita e, comunque, l’inapplicabilità dell’art. 44, comma 3, del r.e.c.

In particolare, la norma regolamentare, richiamata dal Comune di Marcianise a suffragio del divisato diniego di sanatoria, stabilisce che “la chiusura, anche parziale o provvisoria, dei balconi aperti, è rigorosamente vietata, anche se realizzata con materiali trasparenti”.

10.1. Ora, non è ipotizzabile che una simile previsione sia stata tacitamente o implicitamente abrogata da una disposizione (contenuta nelle n.a. della variante al p.r.g.) che si limita ad ammettere, in via eccezionale e, nel contempo, in termini generici, prima dell’approvazione dei prescritti piani particolareggiati, gli interventi in ampliamento, diretti alla costituzione di servizi igienici, senza precisare che questi possono realizzarsi anche sui balconi esistenti

10.2. Neppure è ipotizzabile che essa sarebbe applicabile agli aggetti sulle sole strade pubbliche o private, e non anche sulle aree private, quale quella cortilizia attinta dalle opere eseguite dal C.

Fermo restando che tale ultima categoria di area è assimilabile alle “strade private”, sulle quali, accanto alle “strade pubbliche” il comma 2 del citato art. 44 del r.e.c. contempla la realizzazione di balconi, il successivo comma 3 vieta, infatti, la chiusura dei balconi tout court, senza specificare le caratteristiche dell’area di relativo aggetto.

11. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza delle censure proposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

12. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico della parte ricorrente.

Dette spese vanno liquidate in complessivi € 2.500,00 in favore dell’amministrazione resistente.

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