TAR Parma, sez. I, sentenza 2020-01-17, n. 202000010
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Pubblicato il 17/01/2020
N. 00010/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00103/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 103 del 2018, proposto da
Comune di Parma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F G, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale in Parma, Strada Repubblica, 1
contro
Iren Energia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati N A, G C e F S, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
Iren S.p.A. e Iren Ambiente S.p.A., non costituiti in giudizio
nei confronti
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituita in giudizio
per l'accertamento
della proprietà pubblica della rete di teleriscaldamento realizzata da IREN ENERGIA S.p.a. in epoca successiva alla delibera della Giunta Provinciale di Parma n. 938/2008,
dell’obbligo del privato di trasferire a titolo gratuito la proprietà di detta rete al Comune;
nonché per l’esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., di tale obbligo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Iren Energia S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2019 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Parma ha chiesto l’accertamento giudiziale del proprio diritto di proprietà sull’ “estensione” della rete di teleriscaldamento realizzata da Iren Energia S.p.A., costruita successivamente al rilascio in favore della dante causa di tale società dell’autorizzazione integrata ambientale per la costruzione ed esercizio del Polo Ambientale Integrato per la gestione dei rifiuti di Parma (PAIP).
L’amministrazione ha promosso la presente azione di accertamento a seguito del vanto operato, sui beni costituiti dalla citata “estensione”, dal soggetto privato (il quale, ritenendo a sua volta di esserne proprietario, ha a tali fini impugnato con altro ricorso la deliberazione con cui il Comune di Parma ha sollevato la questione proprietaria).
Secondo la prospettazione della difesa comunale, la realizzazione dell’estensione della rete di teleriscaldamento sarebbe stata operata dal privato senza alcuna richiesta di permesso di costruire, né autorizzazione alla manomissione di suolo pubblico, né concessione per l’occupazione permanente di suolo pubblico, ma il relativo bene non avrebbe natura privata, seppure abusiva, essendo stato invece acquisito a titolo originario al patrimonio indisponibile del Comune di Parma, sia in quanto opera di urbanizzazione, sia in quanto opera destinata a un pubblico servizio ex art. 826 c.c..
Sotto questo profilo, risulta dagli atti di causa – ed è pacifico tra le parti – che la rete di teleriscaldamento originaria è di proprietà privata ed è stata realizzata nel 2000 da AMPS S.p.A. (società in house a totale partecipazione pubblica che era subentrata all’azienda municipalizzata Parma Servizi, cui poi è succeduto, dopo alcuni passaggi intermedi, il gruppo IREN, al quale appartiene anche IREN Energia S.p.A.) e che nel 2008 la dante causa di IREN S.p.A. (ENIA S.p.A., società subentrata ad AMPS S.p.A. ma non più in house, e quotata in borsa fin dal 2007) si è impegnata, in correlazione con la valutazione positiva di impatto ambientale prodromica all’autorizzazione della messa in opera del progetto PAIP, e al dichiarato fine di compensare e mitigare l’impatto ambientale di tale progetto, “ad estendere la rete di teleriscaldamento agli altri comuni limitrofi qualora si rendessero disponibili quote termiche, compatibilmente con la fattibilità tecnico-economica dell’intervento”.
L’estensione programmata era dunque neutrale rispetto al regime proprietario di tale estensione, e non era stata espressamente prevista quale contropartita economica da offrire come indennizzo alla collettività locale.
Si è costituita in giudizio Iren Energia S.p.A., che ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando, in particolare, che la “estensione” di cui il Comune rivendica la proprietà costituirebbe una misura di riduzione dell’impatto del termovalorizzatore, finalizzata a renderlo maggiormente compatibile per la collettività locale, sotto il profilo della tutela della salute e dell’ambiente, tramite l’allacciamento di nuove utenze alla rete di teleriscaldamento, e conseguente riduzione dell’inquinamento prodotto dalle fonti energetiche (gasolio o olio combustibile) in precedenza impiegate dalle utenze in questione per la produzione del calore.
D’altra parte, Iren Energia S.p.A. ha domandato, in via condizionata, nella ipotesi di accoglimento delle domande del Comune di Parma, di accertare il conseguente ingiustificato arricchimento dell’amministrazione de qua , e, per l’effetto, di condannare la stessa al pagamento in suo favore di un indennizzo pari ad almeno € 38.900.000, sulla base del valore dell’estensione risultante dagli atti contabili di Iren Energia.
Ad esito della pubblica udienza del 15 maggio 2019, la Sezione ha sollevato di ufficio con ordinanza collegiale una questione di giurisdizione potenzialmente risolutiva della controversia e ha contestualmente chiesto all’amministrazione ricorrente adempimenti istruttori.
Nel merito del rilievo operato, l’ordinanza in discorso, nell’assegnare alle parti un termine di trenta per il deposito di memorie, si è così espressa:
“Considerato che la deliberazione della Giunta della Provincia di Parma n. 938/2008 viene considerata dalle parti, da un lato, quale fondamento autorizzativo della estensione di rete realizzata (tesi di Iren Energia S.p.A.), dall’altro, quale riconoscimento esplicito della natura pubblica di tale bene (tesi del Comune di Parma);
che al punto 4.4. della citata deliberazione viene fatto riferimento sia all’ampliamento della rete di teleriscaldamento esistente (tramite utilizzo dell’energia tecnica prodotta nel PAIP e allacciamento a tale rete di un determinato numero di utenze residenziali e industriali) sia alla vera e propria “estensione” di tale rete ai Comuni limitrofi, “qualora si rendessero disponibili quote termiche”;
“ (…) Ritenuto che l’azione proposta dal Comune ricorrente – sia in termini di petitum che in termini di causa petendi - pare assimilabile ad una tipica azione a difesa di un diritto soggettivo (diritto di proprietà), che, secondo gli ordinari criteri di riparto, dovrebbe radicare la giurisdizione del giudice ordinario;
che, in particolare, l’accertamento della natura del bene oggetto di contenzioso si colloca, nella stessa prospettazione dell’amministrazione interessata, “a monte” rispetto alla funzionalizzazione di tale bene nell’ottica dello svolgimento di un servizio pubblico, di cui non vi è peraltro agli atti alcuna traccia di assunzione soggettiva (cfr., per una completa ricostruzione delle problematiche connesse al servizio di teleriscaldamento, Tar Lombardia, I Sezione, sent. n. 1217 del 2014);
che non pare riscontrabile, nei documenti versati nel fascicolo di causa, un titolo giuridico cui si ricolleghi un’ “incontestata ascrizione alle opere di urbanizzazione primaria” dell’estensione delle rete de qua, secondo quanto presupposto dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5372 del 2018, pure richiamata in udienza dalla difesa del Comune di Parma a sostegno dell’esistenza di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva (…)”.
La causa è stata infine trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 18 dicembre 2019.
DIRITTO
Premesse le questioni di diritto e di fatto sottese all’azione proposta, così come sopra rappresentate, e la diversa prospettazione in merito ad esse delle parti, il Collegio deve preliminarmente verificare se questo Tribunale amministrativo è fornito di giurisdizione, in relazione alla particolare posizione giuridica azionata.
In linea di principio, il Comune di Parma ha introdotto un’azione petitoria di accertamento, in quanto soggetto che, indipendentemente dal possesso o meno della cosa, ha interesse ad una pronuncia giudiziale che affermi il suo diritto di proprietà su di essa per rimuovere la situazione di incertezza creatasi sulla proprietà stessa del bene.
Ci si trova dunque dinanzi ad una tipica azione a difesa di un diritto soggettivo (diritto di proprietà), che, secondo gli ordinari criteri di riparto, dovrebbe radicare la giurisdizione del giudice ordinario.
Nella prospettazione di parte ricorrente, peraltro, il bene la cui proprietà è controversa sarebbe stato acquisito a titolo originario al patrimonio indisponibile del Comune per un duplice, alternativo titolo, ovvero in quanto opera di urbanizzazione e/o in quanto opera destinata a un pubblico servizio ex art. 826 c.c..
Vengono pertanto astrattamente in rilievo tre ipotesi di giurisdizione esclusiva “confinanti” con la controversia in discorso:
1) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”);
2) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche”);
3) l’ipotesi di cui all’art. 133, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 104 del 2010 (“controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità”).
Il Collegio osserva che l’odierna controversia non può essere inquadrata in nessuna delle tre ipotesi elencate.
Non si tratta di controversia compresa tra quelle in materia di urbanistica, in quanto non ha come oggetto – né direttamente né mediatamente - un provvedimento dell’amministrazione in materia urbanistica, e anche l’eventuale assimilazione della costruzione dell’ulteriore segmento di rete ad un’opera di urbanizzazione non sarebbe di per sé sufficiente ad inquadrare il regime proprietario (pubblico o privato) del bene, di modo che l’azione di accertamento proposta resta esterna ad un eventuale riflesso della complessa operazione urbanistica ipoteticamente sottostante.
D’altro canto, non è rinvenibile nei documenti versati nel fascicolo di causa un titolo giuridico cui si ricolleghi una “incontestata ascrizione alle opere di urbanizzazione primaria” dell’estensione delle rete de qua , secondo quanto presupposto dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5372 del 2018, pure richiamata dalla difesa del Comune di Parma a sostegno dell’esistenza di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva.
Né è stata dimostrata in giudizio l’esistenza di un atto di esercizio del potere amministrativo, teso all’apprensione autoritativa dell’estensione al patrimonio pubblico sul presupposto della sua natura di opera di urbanizzazione primaria (o di bene strumentale a un pubblico servizio), non potendosi considerare tale la delibera della Giunta comunale 9 giugno 2017, n. GC-242-2017, come questa Sezione ha accertato con la sentenza n. 145 del 2019.
D’altra parte, avrebbe senso parlare di opere di urbanizzazione solo se le stesse fossero realizzate al servizio di nuovi insediamenti edilizi, anche al fine di assicurarne le occorrenti dotazioni territoriali, mentre nel caso di specie l’estensione in discorso risulta essere stata in larga parte realizzata in aree di edilizia già consolidata allo scopo di offrire un servizio aggiuntivo da parte dell’operatore privato, in una prospettiva concorrenziale rispetto ad altre modalità di produzione del calore negli edifici.
E non vi è traccia in atti della stipula di apposita convenzione tra amministrazione e privato, tale da definire puntualmente le opere di urbanizzazione connesse all’intervento da realizzare a cura e spese della società in un’area di nuova urbanizzazione ed a scomputo degli oneri dovuti (fattispecie che ad esempio ricorre quando vi è la costruzione di «parcheggi pubblici funzionali»).
Non si tratta nemmeno di controversia compresa tra quelle relative a rapporti di concessione di beni pubblici, perché, se anche tale concessione si fosse avverata, si tratterebbe, in assenza di alcun atto autorizzativo né esplicito né implicito, di mero comportamento dell’amministrazione.
Inoltre, e in senso decisivo rispetto all’esclusione della odierna controversia da quelle di cui alla lett. b), ipotizzare, al fine di trattenere la giurisdizione, l’esistenza di una concessione di bene pubblico darebbe per scontata la risoluzione della questione giuridica che è esclusivo oggetto della presente controversia, ovvero se si tratti di bene pubblico o privato.
Quanto alla terza ipotesi di giurisdizione esclusiva ventilata, l’unico profilo cui è astrattamente assimilabile l’odierna giudizio è quello che la riconduce ad una delle controversie “afferenti (…) ai servizi di pubblica utilità”.
Si potrebbe cioè sostenere che, siccome il servizio di teleriscaldamento è un servizio locale di pubblica utilità e il bene di cui è controversa la proprietà è funzionale a tale servizio, anche l’azione di accertamento della natura (privata o pubblica) di tale bene rientra nel perimetro della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
A questa tesi si oppongono, peraltro, due fondate obiezioni.
Da un lato, non è desumibile dalla documentazione versata nel fascicolo di causa – anche a seguito dell’esecuzione dell’adempimento istruttorio richiesto al Comune – alcuna traccia di assunzione soggettiva, da parte dell’amministrazione interessata, dello svolgimento di un servizio pubblico, tanto è vero che lo stesso accertamento della natura del bene oggetto di contenzioso si colloca “a monte” rispetto alla funzionalizzazione di tale bene nell’ottica del futuro svolgimento di un servizio pubblico.
Non è possibile però invertire i termini della questione (e dunque assumere di fatto soggettivamente il servizio) con una mera azione di accertamento proprietario, poiché tale azione giurisdizionale finirebbe per tramutarsi, nella sostanza, in una vera e propria procedura di esproprio illegale, eseguita cioè al di fuori delle forme stabilite dalla legge.
In secondo luogo, il Collegio aderisce alla tesi (bene evidenziata nella sentenza del Tar Lombardia, I Sezione, n. 1217 del 2014, cui per sinteticità di esposizione ci si riporta) secondo cui il servizio di teleriscaldamento non costituisce di per sé un servizio pubblico locale, in quanto, in assenza di una disposizione legislativa che ne preveda specificamente l’istituzione e la relativa disciplina, oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’amministrazione, tale servizio può genericamente ricondursi ai servizi pubblici locali “facoltativi” di cui all’art. 112 del D.lgs. n. 267/2000, e deve dunque essere assunto dall’ente locale tramite un’inequivoca scelta politico-amministrativa.
Tale scelta, come visto, per ciò che concerne la presente controversia, è senz’altro mancata.
Il ricorso è dunque inammissibile in quanto sussiste, sulla controversia azionata, la giurisdizione del Giudice ordinario.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo.