TAR Brescia, sez. II, sentenza 2021-07-02, n. 202100626

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2021-07-02, n. 202100626
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202100626
Data del deposito : 2 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2021

N. 00626/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00297/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 297 del 2019, proposto da
R A, rappresentata e difesa dagli avvocati L G, F G e V Gritti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio L G in Brescia, corso Cavour 31;

contro

E.R.S.A.F. Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R A M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luisella Savoldi in Brescia, via Solferino 67;

per l’accertamento

previo riconoscimento del corretto e tempestivo esercizio da parte della ricorrente R A del diritto di prelazione ex art. 4bis L. 203/82, dell’avvenuta conclusione e dell’esistenza di un contratto di affitto-contratto di concessione tra R A e l’ERSAF, instauratosi a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione ex art. 4bis Legge 203/1982 da parte del conduttore ed in virtù dell’applicazione della normativa agraria al contratto di concessione sottoscritto in data 07 maggio 2012 tra R A e ERSAF ai sensi dell’art. 45 della Legge 203/82 avente ad oggetto l’Alpe regionale “Cigoleto-Stabil Solato-Poffe di Stabil Fiorito” con annessi fabbricati sita nel comune di Bovegno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di E.R.S.A.F. Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2021 la dott.ssa Mara Bertagnolli e e uditi, ai sensi del combinato disposto dell’art. 25 del d.l. 137/2020 e dell’art. 4 del d.l. 28/2020 ivi richiamato, i difensori delle parti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente, sig.ra R A, ha sottoscritto, il 7 maggio 2012, un contratto di concessione, da parte dell’Ente Regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (di seguito solo ERSAF), avente ad oggetto la concessione dell'Alpe regionale "Cigoleto – Stabil Solato Poffe di Stabil fiorito" – Foresta Regionale "Valgrigna", comprendente terreni (Fg. n. 2, Mapp.li 1, 2, 5, 7, 12, 14, 18, 19 e 20) ed alcuni fabbricati (Fg. n. 2, Mapp.li 3 e 16).

Alla scadenza del contratto, ERSAF ha chiesto alla sig.ra Rasi il rilascio dei beni per l’affidamento in concessione dei quali è stata avviata una gara pubblica, cui ha partecipato anche l’odierna ricorrente, la cui offerta ha, però, ottenuto un punteggio di molto inferiore a quello assegnato all’aggiudicatario.

Solo a seguito della comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione, con contestuale sollecito del rilascio, la stessa concessionaria uscente ha comunicato di intendere esercitare il proprio diritto di prelazione ai sensi dell’art. 4 bis della legge 203/1982, rifiutandosi di consegnare i beni in ragione del fatto che, in ragione di tale esercizio del diritto, doveva ritenersi instaurato, a suo favore, un contratto di concessione alle stesse condizioni offerte dal soggetto risultato aggiudicatario.

Mentre ERSAF agiva per il rilascio dei beni, prima con numerosi solleciti, poi con un’ordinanza di sgombero e, infine con una denuncia penale per occupazione abusiva, la sig.ra Rasi si risolveva, da un lato a riconsegnare i beni e, dall’altro, a proporre ricorso al Tribunale di Brescia, Sezione specializzata agraria, che, con sentenza n. 1853/2018, ha declinato la propria giurisdizione a favore del giudice amministrativo, poiché il contratto impugnato non è un contratto di affitto di fondo rustico di natura civilistica, bensì un contratto instaurativo di un rapporto di concessione amministrativa, con conseguente devoluzione delle controversie attinenti alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133 lett. b) del Codice del processo Amministrativo.

Nonostante ciò, secondo parte ricorrente, il contratto sottoscritto sarebbe comunque un contratto d’affitto agrario, come tale soggetto alla specifica disciplina di tale particolare categoria di contratti e, in particolare, all’esercizio del diritto di prelazione da parte dell’affittuario.

Pertanto, parte ricorrente ha, quindi, riassunto il giudizio davanti a questo Tribunale, chiedendo, come già nel giudizio civile:

a) di accertare l’applicabilità al caso di specie della normativa agraria tutta ed in particolare dell’art. 4 bis della Legge n. 203/1982, anche in virtù del disposto dell’art. 6 del D. Lgs n. 228/2001 e di dichiarare, conseguentemente il tempestivo e regolare esercizio del diritto di prelazione alla stessa spettante ex art. 4 bis della Legge n. 203/1982;

b) di accertare e dichiarare, in conseguenza di ciò, l’intervenuta conclusione e la conseguente esistenza di un contratto di concessione-contratto di affitto ai sensi della vigente normativa agraria relativa all’Alpe regionale “Cigoleto-Stabil Solato-31 Poffe di Stabil Fiorito”, con annessi fabbricati, sita nel comune di Bovegno (BS) (catastalmente identificati, quanto ai terreni al Fg. n. 2, Mapp.li 1, 2, 5, 7, 12, 14, 18, 19 e 20 e quanto ai fabbricati Fg. n. 2, Mapp.li 3 e 16) della durata di anni sei a decorrere dal 15/04/2016 e canone annuo di Euro 15.200,00 (quindicimiladuecento/00) e in ogni caso alle medesime condizioni sia espressamente comunicate dall’ente locatore e indicate nella missiva datata 16/03/2016 sia a quelle non indicate in maniera espressa ma necessarie ai fini della sottoscrizione del contratto di affitto;

c) di condannare l’ERSAF alla consegna degli immobili indicati con le sue pertinenze e beni mobili relativi e/o alla restituzione immediata del godimento degli immobili in questione alla signora R A in qualità di titolare e legale rappresentante dell’omonima ditta individuale;

d) di condannare, in ogni caso, l’ERSAF alla refusione integralmente delle spese di lite.

A tal fine parte ricorrente ha dedotto:



1. violazione dell’art. 4 bis della Legge n. 203/1982 e dell’art. 6 del D. Lgs. n. 228/2001, in forza dei quali il diritto di prelazione sarebbe applicabile anche in relazione all’affitto di beni pubblici appartenenti al patrimonio indisponibile e, conseguentemente, dato il tempestivo esercizio della prelazione, in capo alla ricorrente si sarebbe perfezionato un nuovo contratto di affitto agrario alle medesime condizioni offerte dal soggetto risultato aggiudicatario;



2. violazione del principio di imparzialità e ragionevolezza di cui all’art. 97 della Costituzione;



3. eccesso di potere per sviamento, travisamento, illogicità e mancata valutazione di interessi.

Si è costituito in giudizio l’ERSAF, eccependo l’inammissibilità della riassunzione nella parte in cui il ricorso propone nuove domande e comunque la sua infondatezza, atteso che quello sottoscritto dalla ricorrente è un contratto istitutivo di una concessione e non un contratto di affitto di fondo rustico, la cui scadenza comportava necessariamente l’applicazione del regime proprio della gestione dei beni pubblici, con conseguente inapplicabilità del diritto di prelazione, così come espressamente previsto dal contratto stesso, stipulato in presenza dell’organizzazione di categoria che ha assistito l’odierna ricorrente e recante la specifica approvazione della clausola in cui si dà atto dell’inapplicabilità dell’art. 4 bis della legge 203/82.

Peraltro, nella fattispecie, trattandosi di una concessione per la monticazione del bestiame, non potrebbe comunque trovare applicazione la disciplina prevista per i contratti agrari relativi a terreni oggetto di coltivazione.

L’ente regionale ha, quindi, formulato domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento del danno subìto per effetto dell’illegittima occupazione, per quasi tutto il 2016 (dall’11 giugno al 15 settembre), della malga di proprietà regionale denominata Casinetto - Poffe. In ragione di ciò l’azienda Persico non ha potuto utilizzare il fabbricato di Casinetto ed ha dovuto limitare il pascolo del proprio bestiame sul 40% della superficie della malga e l’ente ha dovuto proporzionalmente ridurre l’importo del canone dovuto (corrispondente alla somma di 4.428,00 euro). Sono stati altresì rilevati danni a strutture e attrezzature per la somma di euro 2.000,00. Complessivamente, dunque, l’ERSAF ha chiesto il risarcimento di euro 7.000,00.

L’Amministrazione ha, quindi, eccepito l’inammissibilità di memorie e domande formulate nel corso del giudizio civile, che, però, non risultano riproposte nel ricorso in riassunzione.

In vista dell’udienza pubblica solo l’ERSAF ha depositato, oltre alla memoria del cui contenuto si è dato conto, una memoria di replica meramente ripropositiva di considerazioni già ampiamente dispiegate, così incorrendo nella violazione del principio di sinteticità degli atti processuali.

Alla pubblica udienza del 30 giugno 2021, la causa è stata trattenuta in decisione, previa audizione, in modalità telematica, della sola difesa dell’ente convenuto, che aveva fatto richiesta di discussione orale, mentre parte ricorrente ha provveduto al deposito di note d’udienza in cui ha ribadito la propria posizione così come sopra riportata.

DIRITTO

Parte ricorrente, ritenendo di essere titolare di un diritto di prelazione scaturente da un contratto di affitto di fondo rustico, ha originariamente agito a difesa delle proprie pretese avanti al giudice ordinario, che, però, ha declinato la propria giurisdizione.

La sentenza del Tribunale di Brescia, Sezione specializzata agraria, n. 1853/2018, non ha, peraltro, fissato alcun termine per la riassunzione. Deve, dunque, trovare applicazione la regola generale, secondo cui il termine perentorio massimo previsto dalla norma di legge è quello di tre mesi dal passaggio in giudicato della decisione sulla giurisdizione, in assenza di comunicazione del provvedimento stesso. Nella fattispecie in esame, la sentenza che ha declinato la giurisdizione, pubblicata il 20 giugno 2018, non è stata notificata, con la conseguenza che il passaggio in giudicato è intervenuto solo il 20 dicembre 2018.

Ne consegue la tempestività del ricorso notificato il 19 marzo 2019.

Quanto all’ammissibilità della riassunzione, revocata in dubbio dalla Regione, deve darsi conto di come l’istituto processuale della translatio iudicii , sia codificato in termini generali nell’art. 59 della L. 18 giugno 2009, n. 69. Con riferimento alle declinatorie di giurisdizione del giudice amministrativo, l’art. 11 del D.Lgs. n. 104/2010, delinea, altresì, un meccanismo che fa salvi gli effetti sostanziali e processuali di una domanda erroneamente proposta avanti ad un giudice sprovvisto di giurisdizione, la cui operatività resta, in ogni caso, subordinata alla circostanza che alcuna preclusione e decadenza sia nel frattempo intervenuta prima della riproposizione tempestiva della stessa.

In sostanza il giudice ad quem , dinnanzi al quale avviene la riassunzione, eredita un giudizio nel medesimo stato in cui è stato chiuso davanti al giudice adito per primo.

Dunque, perché la riassunzione operi, è necessario che petitum e causa petendi coincidano, non essendo ammissibili nuove domande (cfr. in tal senso T.A.R. Umbria, Sezione I, 5 dicembre 2014, n. 605 e T.A.R. Molise Campobasso, 4 agosto 2011, n. 528).

Pertanto, come si legge nella sentenza T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, n. 11297 del 21 novembre 2018, “la riassunzione deve avere lo stesso oggetto, deve essere fatta nei confronti delle stesse parti chiamate dalla parte ricorrente, già attorea, nel giudizio precedente, rispetto alle quali si conservano gli effetti sostanziali e processuali che si sarebbero determinati se sin dall’inizio fosse stato adito il Giudice munito di giurisdizione, e presso il domicilio eletto dinanzi al precedente giudizio definito con il difetto di giurisdizione”.

Fatta tale premessa sull’istituto in generale, nella fattispecie in esame, secondo l’ente regionale sarebbe inammissibile, in quanto nuova, la domanda finalizzata all’applicazione dell’art. 6 del D.Lgs. n. 228/2001 e all’accertamento dell’esistenza di un contratto di concessione, formulata per la prima volta dalla ricorrente in sede di riassunzione e non proposta originariamente.

L’eccezione non merita, però, positivo apprezzamento, atteso che gli atti di causa relativi al procedimento civile (e in particolare il ricorso e la sentenza) evidenziano il contrario e cioè danno conto di come la odierna ricorrente abbia espressamente chiesto, in sede civile, quanto elencato anche nelle conclusione del ricorso in riassunzione, ancorché, in quest’ultimo caso, abbia qualificato il rapporto intercorrente con ERSAF come un “contratto di concessione-contratto d’affitto” e non più come tipico contratto di affitto. Ciò, infatti, risulta essere conseguenza immediata e diretta della corretta qualificazione del rapporto operata dal giudice agrario.

Nella sostanza, però, è inequivocabile la coincidenza della domanda con quella riproposta in sede di riassunzione: e cioè l’accertamento del corretto esercizio del diritto di prelazione, che sarebbe applicabile anche al rapporto concessorio e la conseguente esistenza di un contratto di concessione tacitamente concluso, tra la ricorrente e l’ERSAF, per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione.

Né il ricorso può ritenersi inammissibile in ragione di quanto dedotto al punto 4 della difesa dell’ente regionale e cioè in conseguenza della mancata impugnazione della scelta di fare ricorso all’asta pubblica e di tutti gli atti relativi alla gara, compresa, in particolare l’aggiudicazione.

Parte ricorrente, infatti, non censura, in nessuna parte del ricorso, la legittimità degli atti, ma tende a far valere la possibilità di vanificare l’esito della procedura di evidenza pubblica in ragione del suo diritto di esercitare la prelazione.

Ravvisata l’ammissibilità del ricorso, così come proposto a seguito della riassunzione, esso non può trovare positivo apprezzamento.

I beni patrimoniali indisponibili possono, in linea generale, essere attribuiti in godimento a privati soltanto nella forma della concessione amministrativa, la quale, anche quando si configuri come concessione-contratto - vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale autoritativo (atto deliberativo) della Pubblica Amministrazione e di una convenzione attuativa (contratto) -, implica sempre l'attribuzione al privato di un diritto condizionato, che può essere unilateralmente soppresso dall'Amministrazione stessa con la revoca dell'atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico ( ex multis Cass. Sez. Un. n. 11491 del 22.11.1993;
Cass. Sez. Un. n. 79 del 19.02.1999).

Con specifico riferimento ai beni destinati a un uso agricolo, il d. lgs. 228/2001 prevede, all’art. 6, rubricato “ Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili ”, che: “1 . Le disposizioni recate dalla legge 12 giugno 1962, n. 567, e successive modificazioni, dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, e successive modificazioni, dalla legge 3 maggio 1982, n. 203, e successive modificazioni, si applicano anche ai terreni demaniali o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura o del patrimonio indisponibile appartenenti ad enti pubblici, territoriali o non territoriali, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa.

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