TAR Firenze, sez. I, sentenza 2016-02-01, n. 201600176

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2016-02-01, n. 201600176
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201600176
Data del deposito : 1 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01181/2009 REG.RIC.

N. 00176/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01181/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1181 del 2009, proposto da:
P G e S N, rappresentati e difesi dagli avvocati Tullio D'Amora e D I, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lessona in Firenze, via dei Rondinelli n. 2;

contro

Comune di Capannori, rappresentato e difeso dall'avv. G T, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli n. 40;
Regione Toscana e Provincia di Lucca, non costituite in giudizio.

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Capannori n. 13 del 12 marzo 2009, recante controdeduzioni alle osservazioni ed approvazione della variante al regolamento urbanistico (I verbale), della deliberazione del Consiglio Comunale di Capannori n. 14 del 13 marzo 2009 recante controdeduzioni alle osservazioni ed approvazione della variante al regolamento urbanistico (II verbale), della deliberazione del Consiglio Comunale di Capannori n. 15 del 16 marzo 2009 recante controdeduzioni alle osservazioni ed approvazione della variante al regolamento urbanistico (III verbale), nonché di ogni altro atto connesso, ivi compresa la deliberazione del Consiglio Comunale n. 41 del 16 giugno 2008 di adozione di detta variante;

e per la condanna

al risarcimento dei danni connessi all’adozione dei provvedimenti impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Capannori;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori G Paolo e N Sabrina hanno acquistato, in data 7.4.2008, un appezzamento di terreno situato nel Comune di Capannori, avente superficie pari a mq. 3.654, parte del quale, in forza del regolamento urbanistico all’epoca vigente, era edificabile mediante realizzazione di unità immobiliare di mc. 600.

Trattandosi di area sottoposta a vincolo paesaggistico, l’acquisto era stato preceduto, nel novembre 2007, da richiesta di parere preventivo di compatibilità ambientale avente ad oggetto la previsione della realizzazione di una unità immobiliare, al fine di poter orientare le scelte progettuali.

Il parere è stato rilasciato dal dirigente del Servizio Governo del Territorio del Comune di Capannori, il quale con nota dell’8.6.2008 ha fatto presente che il competente Collegio Esperti Ambientali aveva ritenuto il progetto presentato compatibile con le prescrizioni di salvaguardia paesaggistica.

Pertanto gli interessati, in data 8.7.2008, hanno chiesto il rilascio del permesso di costruire.

Successivamente è stata pubblicata la deliberazione del Consiglio comunale di Capannori n. 41 del 16.6.2008, di adozione di variante al regolamento urbanistico, per effetto della quale è stata azzerata la potenzialità edificatoria del lotto in questione.

I ricorrenti hanno presentato le proprie osservazioni, che però non sono state accolte dal Consiglio comunale.

Di conseguenza il Comune, con successive deliberazioni consiliari n. 13, 14 e 15 del 12, 13 e 16 marzo 2009, ha controdedotto a tutte le osservazioni presentate e confermato, per quanto riguarda la proprietà dei signori G e N, l’inedificabilità.

Avverso tali deliberazioni i ricorrenti sono insorti deducendo:

1) violazione dell’art. 97 della Costituzione e del giusto procedimento;
violazione degli artt. 15, 16, 17 e 60 della .R. n. 1/2005;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta e contraddittorietà;

2) sotto altro profilo: violazione degli artt. 15, 16, 17 e 60 della L.R. n. 1/2005;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta e contraddittorietà.

Si è costituito in giudizio il Comune di Capannori

Ad esito di ordinanza istruttoria n. 802 del 21 maggio 2015 il Comune di Capannori ha depositato in giudizio vari documenti.

All’udienza del 10 dicembre 2015 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

Il Comune di Capannori ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, stante l’adozione con deliberazione consiliare n. 11 del 20.3.2014, in pendenza del gravame, di una variante generale al regolamento urbanistico, confermativa della contestata destinazione urbanistica.

L’eccezione non è condivisibile.

L’interesse risarcitorio, che i ricorrenti hanno fatto valere con apposita richiesta di condanna, giustifica l’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati: "anche in presenza di sopravvenuta carenza di interesse attuale all'annullamento, può ancora sorreggere l'impugnativa l'interesse residuale finalizzato al risarcimento del danno" (Cons. Stato, VI, 27.10.2009, n. 6577;
idem, 15.6.2015, n. 2906).

Entrando nel merito della trattazione del ricorso, si osserva quanto segue.

Con il primo, articolato motivo gli esponenti, premesso che la variante in questione riguarda alcune parti soltanto del territorio (più precisamente quelle già assoggettate ad interventi di nuova edificazione), deducono la mancanza di una doverosa specifica motivazione e di un esame dei singoli lotti resi edificabili dal previgente regolamento urbanistico e lamentano l’applicazione di un criterio generale e astratto (incentrato sulla necessaria ubicazione del terreno edificabile in modo tale da confinare per almeno il 70% con altre aree già edificate, con la viabilità o con aree pubbliche) e la pretermissione dei parametri di valutazione di cui si era dotato il Comune (espressi nell’atto di indirizzo approvato dalla giunta comunale con delibera del 21.1.2005);
aggiungono che la loro proprietà è esente da vincoli e che, per quanto concerne il vincolo paesaggistico, la compatibilità di interventi edificatori risulta dalla circostanza che il Comune aveva rilasciato il parere preventivo di compatibilità paesaggistica contestualmente all’epoca di adozione del nuovo strumento urbanistico;
secondo i deducenti, infine, il terreno a loro intestato è servito da opere di urbanizzazione e confina con altro terreno regolarmente edificato, talché non può dubitarsi della sua riconducibilità alle aree di frangia per le quali anche il nuovo regolamento urbanistico rendeva possibile (previa verifica in concreto che poi non vi è stata) il mantenimento dell’originaria edificabilità.

Il motivo è infondato.

Il parere preventivo di compatibilità paesaggistica in ordine al progetto edilizio presentato dagli interessati era stato reso dal Comune in data 8.6.2008, allorquando non era ancora intervenuta l’adozione della contestata variante urbanistica (avvenuta il giorno 16 giugno 2008).

Non è ipotizzabile un affidamento qualificato dei ricorrenti derivante da tale parere, reso a scopo informativo prima dell’adozione dell’atto impugnato, né al riguardo può rilevare la presentazione, successiva all’adozione della contestata variante, dell’istanza di permesso di costruire.

La proposta di modifica del regolamento urbanistico è stata fatta propria dal Consiglio Comunale allorquando non esisteva un procedimento di rilascio del titolo edilizio avviato nei confronti della parte ricorrente, talchè non era in alcun modo ipotizzabile un affidamento o un’aspettativa qualificata del privato in grado di condizionare le scelte dell’amministrazione in ordine alle modifiche da imprimere all’atto di governo del territorio.

In relazione all’obbligo di motivazione, su cui si soffermano i deducenti, occorre considerare che il Consiglio Comunale, con gli atti impugnati, ha adottato e approvato anche la relazione di sintesi (documento n. 6 depositato in giudizio dal Comune), la quale pone gli obiettivi ed i criteri che presiedono alle scelte operate in sede di variante al regolamento urbanistico, tra i quali l’obiettivo di valorizzazione degli insediamenti esistenti, cui è riconnesso l’effetto del “contrasto all’eccessiva dispersione degli insediamenti residenziali” ed il criterio consistente nell’ “escludere l’edificabilità a fini residenziali all’esterno delle aree urbane o di frangia” e nel “limitare l’edificazione di completamento nelle aree di frangia ai singoli lotti inseriti nel tessuto urbanizzato” (pagina 88 della relazione di sintesi);
più nel dettaglio, la predetta relazione indica lo “scopo di contrastare l’eccessiva dispersione degli insediamenti residenziali sul territorio, per evitare ulteriori saldature edilizie tra le diverse frazioni e per mantenere una diffusa presenza di superfici in edificate nelle aree di frangia” e ne prevede il perseguimento stabilendo che “nelle aree di frangia, caratterizzate da un’urbanizzazione diffusa…vengono limitati gli interventi di completamento residenziale all’edificazione di singoli lotti già pienamente inseriti nel tessuto urbanizzato, e quindi confinanti per non meno del 70% del loro perimetro con viabilità, aree già edificate o destinate ad uso pubblico” (pagina 92).

Risultano pertanto ben delineati i criteri di impostazione e, con essi, la motivazione della variante de qua.

Trattasi, in particolare, di specificazione degli indirizzi dettati con la deliberazione della giunta comunale n. 10 del 21.1.2005, richiamata nel ricorso, la quale poneva l’obiettivo “di maggiore cautela nella valutazione delle fragilità del territorio e di maggiore attenzione alla sostenibilità degli interventi” e di “escludere o limitare le trasformazioni più incaute attraverso una verifica di congruità delle aree e degli interventi individuati nel vigente regolamento urbanistico, da effettuarsi secondo criteri di sostenibilità, in particolare rispetto alle condizioni di sicurezza geologica e idraulica, alla tutela ambientale e paesaggistica, alle esigenze della mobilità, al mantenimento e consolidamento degli assetti insediativi” (si veda la premessa della delibera di adozione della variante, costituente il documento n. 5 depositato in giudizio dai deducenti).

Le finalità perseguite dall’amministrazione, inoltre, non si sono cristallizzate nella predetta deliberazione della giunta, giacché la definizione, descrizione e successiva integrazione degli obiettivi sono avvenute attraverso varie fasi, di cui una, iniziale, è quella sancita dalla ciatata deliberazione della giunta comunale n. 10 del 2005 richiamata dai deducenti, un’altra è data dalla deliberazione della giunta comunale n. 53 del 24.2.2006 (che prevede la verifica di congruità attraverso parametri rappresentanti i vari gradi di criticità delle aree e le condizioni insediative ed una risposta alla richieste di riduzione dell’edificabilità), mentre le altre fasi, facenti parte del procedimento di valutazione integrata, si sono articolate nella valutazione preliminare di cui alla deliberazione della giunta comunale n. 290 del 5.10.2007, nella valutazione intermedia che ha portato ad individuare i parametri da utilizzare nella valutazione delle trasformazioni (adottata con deliberazione della giunta comunale n. 384 del 14.12.2007) e nelle risultanze della valutazione contenute nella relazione di sintesi (si veda l’ampia premessa della delibera di adozione della variante n. 41 del 16.6.2008).

Di conseguenza, l’invocata deliberazione di indirizzo della giunta comunale n. 10 del 21.1.2005 ha trovato successiva specificazione e integrazione in successivi interventi della stessa giunta, che hanno poi portato alla definizione dei criteri di impostazione della variante approvati dal consiglio comunale.

Sotto altro profilo, la contestata scelta urbanistica ha trovato una specifica motivazione in sede di controdeduzioni alle osservazioni presentate: a fronte della articolata richiesta dei ricorrenti di ripristinare, nel lotto di loro proprietà, la previgente capacità edificatoria, il Comune ha evidenziato i caratteri di ruralità del terreno, la sua dislocazione periferica rispetto al nucleo insediativo e l’impossibilità di qualificarlo come area residuale, desumendo da ciò che l’invocata edificazione di esso risponderebbe ad una logica di espansione e non di completamento.

Tali argomentazioni non si presentano illogiche, trattandosi di terreno sottoposto a vincolo paesaggistico (la cui inedificabilità risponde quindi alle ragioni di tutela ambientale e paesaggistica valorizzate nell’atto di indirizzo della giunta comunale e nei criteri ispiratori della variante) e costituito da aree agricole non coltivate da tempo e da una zona boscata (come da relazione tecnica di parte, costituente il documento n. 14 depositato in giudizio dai ricorrenti), e quindi provvisto delle caratteristiche di ruralità alle quali fanno riferimento le controdeduzioni del Consiglio Comunale.

Non rileva la dedotta urbanizzazione della zona o il fatto di confinare con altro terreno regolarmente edificato, valendo comunque il criterio, scelto dall’amministrazione, indicato nella relazione di sintesi (pagina 92), secondo cui “nelle aree di frangia, caratterizzate da un’urbanizzazione diffusa…vengono limitati gli interventi di completamento residenziale all’edificazione di singoli lotti già pienamente inseriti nel tessuto urbanizzato, e quindi confinanti per non meno del 70% del loro perimetro con viabilità, aree già edificate o destinate ad uso pubblico”.

Del resto le scelte effettuate dall'amministrazione nell'adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (nel caso di specie insussistenti), non potendo il giudice, a fronte di valutazioni tecnico-discrezionali a risultato non obbligato, sostituire a scelte amministrative connotate da inevitabili margini di opinabilità una propria diversa scelta, altrettanto opinabile (TAR Toscana, I, 25.9.2015, n. 1288).

In particolare, il regime di inedificabilità può ben essere funzionale all’esigenza di conservazione dei valori naturalistici e/o paesaggistici e di contenimento dell’espansione urbana: rientra nella piena discrezionalità dell’Ente imprimere ad una determinata zona un regime di salvaguardia del paesaggio più rigoroso di quello che deriverebbe da un’edificabilità sottoposta alla valutazione di compatibilità paesaggistica espressa caso per caso, in sede di esame della singola domanda di permesso di costruire.

Con la seconda censura gli esponenti deducono che una motivazione puntuale della contestata variante si imponeva, in quanto gli atti impugnati avrebbero inciso sul legittimo affidamento alla conservazione dell’edificabilità;
in particolare, i ricorrenti sostengono di essere stati indotti dall’amministrazione a confidare nell’edificabilità del terreno e che la richiesta di permesso di costruire è stata presentata a seguito di un lungo dialogo con l’amministrazione stessa, sfociato nel parere preventivo di compatibilità paesaggistica;
aggiungono, quale ulteriore presupposto di un obbligo di motivazione specifica, che l’area in questione assume i caratteri del lotto da completare, essendo già completamente urbanizzata.

La doglianza è infondata.

È noto che la destinazione data dagli strumenti urbanistici alle singole aree del territorio non necessita di apposita motivazione, salvo che particolari situazioni abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

Le uniche evenienze che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono peraltro rappresentate, pacificamente: dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968;
dalla lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, o delle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione;
dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. Nessun affidamento deriva, invece, dalla diversa destinazione urbanistica pregressa della medesima area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario, titolare di una generica aspettativa generica al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell'immobile. Ai fini della legittimità di nuove scelte di pianificazione, non è pertanto richiesta un’indagine individuale su ogni singola area al fine di giustificarne la sua specifica idoneità a soddisfare esigenze pubbliche, né può essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in contrasto con la natura generale dell'atto di pianificazione o di governo del territorio.

Il caso di specie non ricade tra i casi, sopra indicati, in cui è richiesta una più incisiva motivazione. Invero il parere di compatibilità paesaggistica è stato reso in via informale (come risulta dal suo tenore letterale: “le espressioni ufficiose emesse dai soggetti interpellati sono state comunicate, per vie brevi, ai richiedenti al fine di orientare le scelte progettuali alla espressione preventiva di detti soggetti…riservandosi di esprimere il parere ufficiale, con eventuali prescrizioni, alla presentazione della richiesta completa di tutte le elaborazioni previste” –documento n. 3 depositato in giudizio dai deducenti-), in considerazione del fatto che esso non faceva seguito ad una domanda di rilascio del titolo edilizio, e d’altro canto quest’ultima (documento n. 4) è stata presentata dopo l’adozione dell’impugnata variante urbanistica. Inoltre, comunque, la semplice presentazione di una domanda di permesso di costruire non può produrre un affidamento qualificato (TAR Toscana, I, 7.11.2013, n. 1497).

In conclusione, poiché, nella specie, l’esistenza di posizioni di aspettativa o affidamento qualificati va esclusa, gli oneri motivazionali gravanti sul Comune possono reputarsi adeguatamente soddisfatti dalle controdeduzioni alle osservazioni, dall’articolata e argomentata premessa della delibera di adozione della variante e dai contenuti della relazione di sintesi approvata.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

Le spese di giudizio, determinate nella misura di euro 4.000 (quattromila) oltre accessori di legge, devono essere corrisposte dai ricorrenti al Comune di Capannori. Nulla per le spese nei confronti della Provincia di Lucca e della Regione Toscana, non costituite in giudizio.

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