TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-06-29, n. 202201119

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-06-29, n. 202201119
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201119
Data del deposito : 29 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/06/2022

N. 01119/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00299/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 299 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
DIREL - Federazione Nazionale Dirigenti Enti Locali -

DIREL

Veneto - Struttura Regionale del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D T e M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Vicenza, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F L dell’Avvocatura Comunale di Vicenza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della nota prot. n.15192 del 29 gennaio 2021 con cui il Comune di Vicenza ha previsto l’obbligo, per tutti i titolari di incarichi dirigenziali in servizio, di comunicare i dati patrimoniali e reddituali ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. f ), del d.lgs. n. 33 del 2013, dell’art.13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013;

- di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi e/o consequenziali, anche allo stato non conosciuti;

- per quanto occorrer possa, dell’art.11, comma 3, del Codice di Comportamento adottato dal Comune di Vicenza, nella parte in cui prevede per i dirigenti in servizio l’obbligatoria comunicazione annuale di tutti i dati patrimoniali e/o reddituali;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da DIREL - Federazione Nazionale Dirigenti Enti Locali il 23 dicembre 2021:

- altresì della nota prot. n.188526 del 2 dicembre 2021 con cui il Comune di Vicenza, riproducendo il medesimo contenuto degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo, ha obbligato i dirigenti comunali al rilascio delle dichiarazioni patrimoniali e reddituali entro la data del 7 gennaio 2022.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vicenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2022 il dott. F D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Vicenza con nota del 3 dicembre 2020 richiedeva a tutti i propri dirigenti i dati riguardanti la loro situazione patrimoniale e reddituale, con la precisazione che tali dati sarebbero stati pubblicati “esclusivamente per i direttori di area e il direttore generale ”. Nella stessa nota si stabiliva invece che le dichiarazioni patrimoniali e reddituali relative agli altri dirigenti - comunque da produrre anche ai sensi dell’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013 ‘ Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici ’ e dell’art. 11, comma 2, del codice di comportamento del Comune di Vicenza – non sarebbero state pubblicate ai sensi di quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale 20/2019 e della deliberazione ANAC n. 586 del 26 giugno 2009 ”.

1.1. La Federazione Nazionale Dirigenti degli Enti Locali (in seguito, DIREL), con pec del 19 dicembre 2019, invitava il Comune a cessare ogni richiesta in tal senso, richiamando la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 12288 del 20 novembre 2020 nonché la sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 21 febbraio 2019.

1.2. Il Comune rispondeva con nota del 4 gennaio 2001, rimarcando che sia la Corte costituzionale sia il T.A.R. Lazio si sono pronunciati in merito alla pubblicazione dei dati patrimoniali e non in merito agli obblighi di comunicazione degli stessi all’Amministrazione di appartenenza. In ogni caso l’obbligo di comunicare la propria situazione patrimoniale e di fornire la propria dichiarazione annuale dei redditi sarebbe previsto dall’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013 “ Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici ”.

1.3. DIREL diffidava il Comune a procedere all’archiviazione dei dati reddituali e patrimoniali acquisiti “ nonché alla disapplicazione degli art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62/2013 e 11, commi 2 e 3, del Codice di comportamento del Comune di Vicenza, con la conseguente caducazione dell’obbligo di comunicazione e/o pubblicazione dei predetti dati illegittimamente imposto ai dirigenti comunali ”.

1.4. Il Comune di Vicenza dava riscontro a tale diffida con nota del 29 gennaio 2021, in cui:

- dava atto di avere sospeso fino all’entrata in vigore della disciplina attuativa della sentenza della Corte costituzionale la pubblicazione dei dati patrimoniali e reddituali dei dirigenti individuati come apicali;

- ribadiva per tutti i dirigenti l’obbligo di comunicazione dei dati patrimoniali e reddituali di cui all’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013;

- evidenziava altresì la sospensione dell’applicazione delle misure sanzionatorie per mancata o incompleta comunicazione;

- assicurava che i dati acquisiti non sarebbero stati pubblicati per i dirigenti non apicali.

2. Con ricorso, notificato in data 29 marzo 2021 e depositato in data 1 aprile 2021, DIREL ha impugnato tale atto sulla base del seguente motivo unico, articolato in più censure: Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere, irragionevolezza e difetto di proporzionalità dell’agire amministrativo ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 3 e 97 Cost., art. 41 della Carta di Nizza ed art.7 CEDU quali norme interposte ai sensi dell’art. 117 Cost. e dell’art.1 della Legge n. 241 del 1990. Motivazione illogica e contraddittoria. Sintomi di sviamento di potere.

L’obbligo di comunicazione dei dati reddituali e patrimoniali imposto dal Comune di Vicenza sarebbe privo del necessario presupposto normativo.

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 2019 – sostiene la ricorrente - sarebbe venuto meno l’obbligo a carico dei titolari di incarichi direttivi di comunicare i dati di cui all’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, in quanto tale obbligo di comunicazione sarebbe strumentale alla pubblicazione, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale.

In base al d.l. n. 162 del 2019 (cd. Decreto Milleproroghe ), convertito dalla legge n. 21 del 2021, per tutti i titolari di incarichi dirigenziali l’obbligo di comunicazione dei dati di cui all’articolo 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013, dovrebbe intendersi riferito al solo momento di conferimento dell’incarico e dell’assunzione delle funzioni dirigenziali, con esclusione quindi del corso del rapporto.

Qualora interpretato nel senso di imporre a tutti i dirigenti la comunicazione dei propri dati reddituali e patrimoniali anche in corso del rapporto, l’art. 13, comma 3 del d.P.R. n. 62 del 2013 si porrebbe in contrasto con il principio comunitario di proporzionalità nel trattamento dei dati personali perché finirebbe per attribuire all’Amministrazione una non prevista funzione ispettiva e di controllo generalizzato.

Sotto altro profilo – si aggiunge - l’obbligo previsto per tutti i dirigenti, anziché per i soli dirigenti apicali, di comunicare i propri dati reddituali e patrimoniali realizzerebbe sostanzialmente la fattispecie ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale, essendo in ogni caso previsto l’accesso civico generalizzato.

Molte prerogative ed esigenze pubblicistiche di trasparenza si giustificherebbero esclusivamente nell’ottica dello svolgimento di cariche elettive e direttive apicali, non per la generalità dei dirigenti.

In ogni caso, conclude la Federazione ricorrente, l’obbligo di comunicazione dovrebbe intendersi circoscritto - ai sensi dell’art. 14, comma 1- ter , del d.lgs. n. 33 del 2013 - agli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica.

3. Con ricorso per motivi aggiunti DIREL ha successivamente impugnato, sulla base delle medesime censure e proponendo domanda cautelare, la nota n.188526 del 2 dicembre 2021 con cui il Comune ha nuovamente richiesto ai dirigenti comunali il rilascio delle dichiarazioni patrimoniali e reddituali unitamente a copia della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2020, entro la data del 7 gennaio 2022.

4. Il Comune di Vicenza si è costituito in giudizio eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso:

- per difetto di giurisdizione, in favore del giudice ordinario;

- per mancata tempestiva impugnazione del codice di comportamento approvato con deliberazione di Giunta Comunale n. 16 del 2014;

- per difetto di un interesse diretto concreto ed attuale da parte della ricorrente. L’interesse dedotto in giudizio non riguarderebbe alcun interesse generale degli associati, sussistendo all’interno della categoria interessi contrapposti.

Nel merito l’Amministrazione ha evidenziato che l’obbligo di comunicazione dei dati richiesti deriverebbe dall’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013, espressamente confermato dal c.d. Decreto Mille Proroghe, e altresì dal Codice di comportamento approvato dal Comune.

5. Alla camera di consiglio del 12 gennaio 2022, il Presidente, tenuto anche conto dell'accordo fra le parti, ha disposto il rinvio della trattazione del merito della causa all'udienza pubblica del 27 aprile 2022 e il difensore del Comune ha dichiarato che “ fino alla pubblicazione della sentenza le dichiarazioni non saranno pubblicate né diffuse all'esterno in forza dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013” .

6. In vista della discussione del ricorso le parti hanno prodotto memorie e repliche con cui la Federazione ricorrente ha ulteriormente sviluppato le proprie difese e l’Amministrazione resistente ha evidenziato che l’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013 non farebbe alcun riferimento al concetto di “ conferimento ” bensì al diverso concetto di “ assunzione della funzione ”, e pertanto si tratterebbe di un dovere “ continuativo ” e non circoscritto ad un “ unico momento ”.

Inoltre i dati forniti dai dirigenti sarebbero comunque esclusi dall’accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013.

7. All’udienza del 27 aprile 2022 la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

9. In via preliminare va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione dedotta dal Comune.

La controversia in esame ha infatti ad oggetto gli obblighi strumentali all’applicazione della disciplina della trasparenza amministrativa, e deve pertanto ritenersi attratta, ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. n. 33 del 2013, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

9. In applicazione del criterio della ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5, § 5.3.) il Collegio ritiene di prescindere dalle ulteriori eccezioni preliminari, essendo le censure proposte infondate nel merito.

9.1.Come evidenziato dal Comune, la Corte costituzionale con la sentenza n. 20 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzione dell’art. 14, comma 1- bis , del d.lgs. n. 33 del 2013, esclusivamente nella parte in cui prevede la pubblicazione dei dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo, anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché per i soli titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165 del 2001.

In definitiva la Corte ha ritenuto illegittima esclusivamente la pubblicazione dei dati, in quanto modalità non proporzionata all’obiettivo di trasparenza perseguito, non l’obbligo di comunicazione degli stessi all’Amministrazione.

Invero deve ritenersi che la stessa Corte riconosca la piena conformità costituzionale-comunitaria della prevista richiesta di comunicazione dei dati laddove ha affermato che esistono senz’altro soluzioni alternative alla pubblicazione, “tante quanti sono i modelli e le tecniche immaginabili per bilanciare adeguatamente le contrapposte esigenze di riservatezza e trasparenza, entrambe degne di adeguata valorizzazione, ma nessuna delle due passibile di eccessiva compressione.

Alcune di tali soluzioni – privilegiate, peraltro, in altri ordinamenti europei – sono state ricordate anche dal giudice rimettente: ad esempio, la predefinizione di soglie reddituali il cui superamento sia condizione necessaria per far scattare l’obbligo di pubblicazione;
la diffusione di dati coperti dall’anonimato;
la pubblicazione in forma nominativa di informazioni secondo scaglioni;
il semplice deposito delle dichiarazioni personali presso l’autorità di controllo competente.

Quest’ultima soluzione, del resto, era quella adottata prima del d.lgs. n. 97 del 2016, nell’ambito di una disciplina (art. 13, commi 1 e 3, del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, contenente «Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», e tuttora vigente) che impone ai titolari d’incarichi dirigenziali l’obbligo di fornire alle amministrazioni di appartenenza, con onere di aggiornamento annuale, le informazioni sulla propria situazione reddituale e patrimoniale, che però non erano rese pubbliche (se non su apposita istanza), e, comunque, non con le modalità previste dal d.lgs. n. 33 del 2013 e in precedenza illustrate ” (cfr. Corte cost., 21 febbraio 2019, n. 20, capo 5.3.2).

La comunicazione dei dati all’Amministrazione - con “ onere di aggiornamento annuale ” – viene indicata dalla stessa Corte come soluzione alternativa alla pubblicazione, conforme al principio di proporzionalità.

9.2. La richiesta di comunicazione all’Amministrazione di appartenenza dei propri dati reddituali e finanziari non appare una misura eccessiva e sproporzionata rispetto all’obiettivo della trasparenza dell’azione amministrazione, non comportando alcun effetto lesivo diretto.

Come più volte precisato dal Comune, tali dati non saranno oggetto di pubblicazione e l’Amministrazione potrebbe comunque acquisirli d’ufficio.

9.3. Inoltre, in base all’art. 1, comma 7, lett. a ), del d.l. 30 dicembre 2019, n.162, convertito con modificazioni dalla legge n. 8 del 28 febbraio 2020, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 2019, resta fermo “ per tutti i titolari di incarichi dirigenziali l'obbligo di comunicazione dei dati patrimoniali e reddituali di cui all'articolo 13, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62” .

E in base all’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013: “ Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge ”.

Come sostenuto dall’Amministrazione resistente tale disposizione deve essere interpretata nel senso che l’obbligo per i dirigenti di comunicare i propri dati reddituali e patrimoniali annualmente non sia riferita al solo al momento di conferimento dell’incarico.

Tale interpretazione oltre ad essere coerente con la ratio della disciplina – perché consente all’Amministrazione di verificare gli interessi patrimoniali dei propri dirigenti a garanzia del buon andamento dell’attività amministrazione - risulta conforme alla lettera della disposizione che fa espresso riferimento alle “ dichiarazioni annuali ”, e non solo alla dichiarazione dell’anno di conferimento dell’incarico.

Come si è visto tale interpretazione è stata peraltro condivisa dalla Corte costituzionale che ha espressamente chiarito che l’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013 “impone ai titolari d’incarichi dirigenziali l’obbligo di fornire alle amministrazioni di appartenenza, con onere di aggiornamento annuale”.

9.3. Infondato è l’assunto della Federazione ricorrente secondo cui – tenuto conto che il Comune è potenzialmente destinatario di istanze di accesso civico generalizzato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33 del 2013 - “ la detenzione indiscriminata dei ‘dati sensibili reddituali’ da parte dell’Amministrazione Comunale ” finirebbe per produrre in concreto il medesimo effetto della pubblicazione di tali dati, ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale.

9.3.1. Invero l’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato presuppone comunque una valutazione specifica dell’Amministrazione in ordine alla sussistenza delle esclusioni e dei limiti stabiliti dall’art. 5- bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Pertanto deve ritenersi che – a differenza di quanto si verificherebbe con la pubblicazione dei dati reddituali - l’eventuale esercizio del diritto di accesso da parte di singoli cittadini non realizzi quella modalità di trattamento massivo, con perdita dell’effettiva disponibilità dei dati, che è stata oggetto di censura da parte della Corte costituzionale.

9.4. Infondate sono infine le censure secondo cui l’obbligo di comunicazione dovrebbe essere in ogni caso circoscritto agli emolumenti percepiti a carico della finanza pubblica e secondo cui l’obbligo di comunicazione dovrebbe riguardare i soli dirigenti apicali.

Sul punto è sufficiente il rilievo che il contenuto dell’obbligo di comunicazione è normativamente definito dall’art. 13, comma 3, del d.P.R. n. 62 del 2013 ai sensi del quale – lo si ribadisce – “ il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge ”.

In tale disposizione non è rinvenibile alcun elemento che consenta di circoscrivere l’obbligo di comunicazione ai soli emolumenti percepiti a carico della finanza pubblica.

10. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

11. In ragione della peculiarità della fattispecie e in particolare della novità delle questioni trattate, sussistono le condizioni per compensare le spese.

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