TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-02-15, n. 202300221

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-02-15, n. 202300221
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300221
Data del deposito : 15 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2023

N. 00221/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00101/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 101 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno - Questura -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

per l'annullamento

previa sospensione, del provvedimento di rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno a seguito di emersione emesso dalla Questura di -OMISSIS- in data 03.08.202 e notificato al ricorrente in data 31.10.2022, nonché di tutti gli atti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi al relativo procedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2023 il dott. Alessio Falferi e udita la parte resistente come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

-OMISSIS-ha impugnato, formulando anche istanza di sospensione cautelare, il provvedimento, meglio descritto in epigrafe, con cui la Questura di -OMISSIS- ha respinto la domanda, dal medesimo presentata, per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 103, comma 1, del D.L. n. 34 del 2020, per lavoro subordinato.

Nel suddetto provvedimento, la Questura di -OMISSIS-, in particolare, ha evidenziato che, utilizzando le impronte digitali della persona sottoposta a controllo, è emersa a carico del cittadino straniero, con le differenti generalità di -OMISSIS-nato il-OMISSIS-(in luogo dell’anno 1980 riportato nell’istanza), “ una segnalazione di inammissibilità (ex art. 24 del Regolamento CE 1986/2007) inserita in Schengen Information System (SIS II) dall’Austria, con validità fino al 07/06/2023 ”.

Il ricorrente, in sintesi, ha formulato le seguenti censure: “ 1) Violazione falsa applicazione dell’art. 103 co. 10 lett. B) D.L. 34 del 2020 nonché dell’art. 25 comma 2 acquis Schengen – carenza di motivazione e di istruttoria ”;
in base all’interpretazione formatasi sulla normativa relativa alla precedente sanatoria, sarebbe esclusa ogni forma di automatismo tra segnalazione e rigetto della domanda e, conseguentemente, anche l’art. 103, comma 10, lett. B) del D.L. 34/2020 dovrebbe essere interpretato conformemente a Costituzione nel senso di escludere che alle segnalazioni Schengen debba attribuirsi un valore vincolante;
in base al sistema SIS sarebbe escluso ogni automatismo tra segnalazione da parte di uno Stato estero e revoca e diniego del permesso di soggiorno, per cui in caso di segnalazione l’Autorità di P.S. non potrebbe limitarsi a denegare la regolarizzazione, ma dovrebbe preventivamente attivare la procedura di consultazione con le Autorità estere per poi valutare se le ragioni della segnalazioni siano ostative alla permanenza in Italia dell’interessato;
la stessa ratio del comma 10 dell’art. 103 del D.L. n. 34 del 2020 sarebbe quella di escludere solo gli stranieri pericolosi non quelli segnalati per irregolarità amministrativa;
quindi la Questura intimata avrebbe dovuto attivare la procedura di cui al comma 2 dell’art. 25 della Convenzione di Schengen al fine della verifica della permanenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno con eventuale ritiro da parte delle autorità austriache della segnalazione;
2) violazione falsa applicazione dell’art. 19 comma 1.1 e 1.2 del d.lgs. 286/98 e dell’art. 8 della CEDU ”;
sarebbero violati l’art. 8 della CEDU e l’art. 19, commi 1.1 e 1.2., nella versione conseguente alla modifica introdotta dal D.L. n. 130/2020, in quanto il ricorrente è presente in Italia da circa tre anni, avrebbe sempre svolto attività lavorativa, avrebbe uno stabile domicilio e sarebbero completamente assenti profili di pericolosità;
la Questura, nell’adozione del provvedimento gravato, non avrebbe fatto alcun riferimento alla suddetta modifica normativa, incorrendo nel vizio di violazione di legge per difetto assoluto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla Camera di Consiglio dell’8 febbraio 2023, il ricorso è stato trattenuto in decisione, come da verbale di causa, potendo essere definito con sentenza in forma semplificata.

Le doglianze di parte ricorrente non possono trovare accoglimento.

Giova ricordare che il comma 10 dell’art. 103 del D.L. n. 34 del 2020, tra l’altro, dispone che “ Non sono ammessi alle procedure previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri:

a) (….).

b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato. (…) ”.

La suddetta disposizione, pertanto, stabilisce, fra le cause ostative all’ammissione alle procedure di emersione, la segnalazione dei cittadini stranieri “ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato”, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia.

Questo Tribunale ha più volte ribadito che la segnalazione proveniente dal Sistema Informativo Schengen- cd. Segnalazione Schengen - costituisce una causa che preclude l’ingresso e/o soggiorno dello straniero sul territorio nazionale (questa stessa Sezione 31 gennaio 2022, n. 191;
18 gennaio 2022, n. 116;
1 ottobre 2021, n. 1161;
12 luglio 2021, n. 922;
29 marzo 2021, n. 404;
20 ottobre 2020, n. 965;
6 febbraio 2020, n. 136;
11 dicembre 2019, n. 1339;
21 gennaio 2019, n. 69
).

In particolare, è stato evidenziato che “La giurisprudenza ha chiarito che la segnalazione fatta pervenire ai sensi dell’Accordo di Schengen da parte del Paese inseritore, ai fini della non ammissione dello straniero nel territorio dello Stato, vincola la P.A. all’adozione del diniego del permesso di soggiorno;
si tratta di un atto vincolato che presuppone soltanto una verifica dell’esistenza della segnalazione, della riferibilità della stessa allo straniero e della sua attuale (al momento della adozione del provvedimento) validità ed efficacia (cfr. Tar Campania, n. 2447/2016;
Cons. Stato Sez. III, Sent., 25-09-2012, n. 5092). Non sussiste, quindi, l’obbligo per l’Amministrazione di verificare i presupposti e la natura dell’iscrizione, quando vi è certezza dell’identità del soggetto. Non grava sulla P.A. un onere istruttorio e motivazionale eccedente rispetto alla mera indicazione relativa all'esistenza della ragione ostativa, all'indicazione del Paese che aveva operato la segnalazione e al titolo relativamente al quale la segnalazione al Sistema Informativo era stata effettuata, ossia delle uniche informazioni a disposizione dell'Amministrazione, anche in considerazione dei limitati oneri informativi gravanti sui Paesi firmatari dell'Accordo di Schengen ai sensi del par. 3 dell'art. 94 del medesimo accordo (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4560, sez. sesta, 10 gennaio 2011, n. 38)” ( TAR Veneto, sez. III, n. 1161/2021 cit. ).

Anche assai di recente il Consiglio di Stato ha ribadito l’orientamento secondo cui “la segnalazione di inammissibilità dell’ingresso del cittadino straniero nel territorio Schengen preclude, in radice, ogni possibilità di ottenere il richiesto provvedimento di regolarizzazione dello straniero presente in Italia (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione III, n. 6901 del 2021)” ( Consiglio di Stato, sez. I, 27 giugno 2022, n. 1050 ).

In forza di quanto esposto, non possono pertanto essere accolte le censure formulate con il primo motivo dalla parte ricorrente –che non contesta la sussistenza della segnalazione - in relazione alla illegittimità del mero automatismo, ovvero all’asserito carattere non preclusivo della segnalazione medesima;
il provvedimento impugnato, invero, risulta correttamente motivato attraverso il riferimento all’atto adottato in altro Stato dell’area Schengen, senza alcuna necessità di argomentare ulteriormente in ordine alla concreta pericolosità del cittadino extracomunitario o di vagliare la legittimità e correttezza di tale atto.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 25 della Convenzione applicativa dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, si osserva che il primo comma dispone che “ Qualora una Parte contraente preveda di accordare un titolo di soggiorno ad uno straniero segnalato ai fini della non ammissione, essa consulta preliminarmente la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione e tiene conto degli interessi di quest'ultima;
il titolo di soggiorno sarà accordato soltanto per motivi seri, in particolare umanitari o in conseguenza di obblighi internazionali
”;
in disparte il fatto che parte ricorrente non ha in alcun modo allegato la sussistenza di “motivi seri, in particolare umanitari o in conseguenza di obblighi internazionali”, cioè gravi ragioni oggettivamente apprezzabili anche sul piano internazionale, nel caso in esame la normativa nazionale – art. 103, comma 10, lett. b) del D.L. n. 34 del 2020 – non prevede di “accordare un titolo di soggiorno ad uno straniero segnalato ai fini della non ammissione” ma, al contrario, vieta in modo radicale la regolarizzazione a colui che ha subito la segnalazione in questione. Anche l’applicazione del secondo comma dell’art. 25 -secondo il quale “ Se il titolo di soggiorno viene rilasciato, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione procede al ritiro di quest'ultima ma può tuttavia iscrivere lo straniero nel proprio elenco delle persone segnalate ”- è esclusa nel caso di cui si discute, atteso che alcun titolo di soggiorno è stato rilasciato e la regolarizzazione è preclusa dal comma 10, let. b), del richiamato art. 103.

Anche il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione dell’art. 8 della CEDU e dell’art. 19, commi 1.1 e 1.2. del D.Lgs. n. 286/1998, non può trovare accoglimento.

Il comma 1.1. dell’art. 19 del D.Lgs. n. 286/1998 dispone che “ Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine ”;
il comma 1.2. dispone che “ Nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il Questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, rilascia un permesso di soggiorno per protezione speciale ”.

Sotto un primo profilo, si osserva che il comma 1.1. dell’art. 19 riguarda le ipotesi respingimento, espulsione o estradizione;
nel caso in esame, diversamente, il provvedimento gravato riguarda il diniego di rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 103, comma 1, del D.L. n. 34 del 2020 per lavoro subordinato, ipotesi, dunque, differente da quelle oggetto della disposizione invocata e di cui si lamenta la violazione.

In ogni caso, anche in relazione al comma 1.2., parte ricorrente si limita a dolersi del fatto che la Questura non avrebbe considerato le modifiche introdotte dal D.L. n. 130/2020, ma non allega alcun (seppur minimo) elemento idoneo ad integrare i presupposti di applicabilità delle richiamate disposizioni normative.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 8 della CEDU, la censura appare generica e non circostanziata e come tale inammissibile. In ogni caso, ferma la chiara disposizione di cui al comma 10, lett. b) dell’art. 103 del D.L. n. 34 del 2020, si rileva che il ricorrente non ha allegato alcun elemento finalizzato alla dimostrazione della sussistenza di eventuali rapporti famigliari ovvero di una rete di relazioni (affettive o sociali) che il ricorrente medesimo si sarebbe costruito sul territorio nazionale.

In conclusione, il ricorso è infondato e va, quindi, respinto.

Le spese di causa sono liquidate in dispositivo in base alla regola della soccombenza.

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