TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-12-07, n. 202013081

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-12-07, n. 202013081
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202013081
Data del deposito : 7 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2020

N. 13081/2020 REG.PROV.COLL.

N. 07810/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7810 del 2020, proposto da
Compass Banca S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti E A R, A Z, G V, E T e A Rffaelli, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Zoppini in Roma, piazza di Spagna, 15;

contro

Autorità Garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12

nei confronti

F A in proprio e quale legale rappresentante di Class Action Italia, nonché la stessa Class Action Italia, rappresentati e difesi dagli avv.ti D R, F A e F C, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 0064566 del 20 agosto 2020 dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha accolto l'istanza di accesso civico generalizzato presentata dall'avv. F A, nella dichiarata qualità di legale rappresentante di Class Action Italia, in data 15 luglio 2020, consentendo l'accesso dei seguenti documenti «- Doc. 35 all. B, Allegato 5;
- Doc. 102, allegati contenenti i “Contratti e Moduli Assicurativi” dei reclamanti e i “Fascicoli Assicurativi”, e il “File di raccordo n. 45 posizioni” mantenendo riservato – conformemente al regime di riservatezza garantito durante il procedimento PS11198, di cui alla comunicazione di scioglimento del differimento dell'accesso dell'11 agosto 2019, prot. AGCM n. 48648 – ogni tipo di informazione, circa i dati personali dei reclamanti».


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCM e di Class Action Italia con l’avv. F A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2020, i difensori delle parti in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 4 D.L. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 D.L. 137/2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente, Compass Banca S.p.A., con provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 28011 del 27 novembre 2019, adottato a definizione del Procedimento PS11198, è stata sanzionata per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta, qualificata come «abbinamento forzoso, al momento della stipula di contratti di finanziamento personale, di prodotti assicurativi non collegati al credito, di cui la stessa finanziaria è intermediaria»;
tale provvedimento è stato impugnato con ricorso iscritto al n. R.G. 1700/2020.

In data 15 luglio 2020 è pervenuta all’Autorità una istanza di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. 33/2013, con cui l’avv. F A, in qualità di legale rappresentante dell’Associazione Class Action Italia, ha chiesto di poter accedere a specifici documenti menzionati nel provvedimento sanzionatorio emesso nei confronti della ricorrente, ossia il “Doc. 35 all. B, Allegato 5-Reclami_documentazione”, il “Doc. 102 con numerosi contratti e reclami allegati” nonché le informazioni e i reclami riferiti alla pratica scorretta addebitata a Compass.

In data 21 luglio 2020 la Direzione istruttoria dell’Autorità ha trasmesso a Compass, in qualità di controinteressato, tale istanza di accesso civico generalizzato, evidenziando la facoltà per la società di presentare una motivata opposizione alla stessa entro i successivi 10 giorni;
in pari data il richiedente è stato informato che il procedimento di accesso civico si sarebbe concluso nel termine di 30 giorni dal ricevimento dell’istanza e che tale termine sarebbe stato sospeso a decorrere dalla comunicazione ai controinteressati e fino all’eventuale opposizione degli stessi.

Con nota del 30 luglio 2020 Compass ha manifestato la propria opposizione all’ostensione rappresentando che l’istanza risultava immotivata, generica e non conforme alle finalità dell’istituto dell’accesso civico generalizzato.

Con nota del 20 agosto 2020 l’AGCM ha comunicato a Compass, ai sensi dell’art. 5, comma 6, D.Lgs. 33/2013, che l’istanza di accesso era stata accolta “limitatamente alle informazioni e/o dati riportati nei documenti oggetto di richiesta” per i quali non sussistevano esigenze di riservatezza connesse alla tutela di interessi economici e commerciali di Compass, ivi inclusi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali, e alla tutela dei dati personali, specificando che l’accesso sarebbe stato pertanto consentito limitatamente al Doc. 35 all. B, Allegato 5 e al Doc. 102 (con riguardo ai “Contratti e Moduli Assicurativi dei reclamanti”, ai “Fascicoli Assicurativi” e al file denominato “File di raccordo n. 45 posizioni”), mantenendo però riservate le informazioni circa i dati personali dei reclamanti.

La nota aggiungeva che la trasmissione dei suddetti documenti sarebbe avvenuta non prima del decorso di 15 giorni dalla ricezione della nota stessa da parte di Compass e qualora entro il suddetto termine non fossero stati notificati ricorsi o richieste di riesame da parte della società, aventi ad oggetto la richiesta di accesso.

Comunicazione di contenuto analogo era trasmessa, sempre in data 20 agosto 2020, anche al richiedente.

Con nota del 30 luglio 2020 Compass preannunciava all’AGCM l’impugnazione dinnanzi al TAR Lazio della comunicazione di accoglimento dell’istanza di accesso, rappresentando che l’ostensione dei documenti prima del decorso del termine per l’impugnazione avrebbe arrecato grave e irreparabile pregiudizio alla società.

In data 23 settembre 2020 la documentazione sopra menzionata veniva trasmessa al richiedente.

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha impugnato il provvedimento dell’AGCM prot. n. 0064566 del 20 agosto 2020, che ha accolto l’istanza di accesso civico generalizzato presentata dall’avv. F A.

2. Compass espone che, a seguito di controlli eseguiti anche ai fini della proposizione del ricorso, è emerso che l’associazione Class Action Italia sarebbe inesistente perché non figura nell’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale pubblicato dal MISE ai sensi dell’art. 137 D.Lgs. 206/2005, ossia l’elenco delle associazioni legittimate ad agire ai sensi del successivo art. 140 per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti.

Inoltre, esaminando il sito internet www.classactionitalia.it, alla pagina “chi siamo” risulta che l’avv. F A è «fondatore del sito classactionitalia.it» analogamente agli avvocati F C e D R. Aggiunge la ricorrente che, anche da articoli di stampa, risulta che tale associazione altro non sarebbe che un «team di avvocati che propone azioni di classe sulla piattaforma (www.classactionitalia.it)» come dichiarato da A in una intervista.

Quindi la ricorrente ritiene che Class Action Italia sia un mero sito internet promosso da tre singoli avvocati che pubblicizzano i propri servizi legali: (i) proponendo ai consumatori azioni di classe collettive previo conferimento di un mandato agli avvocati (A, C e R) di Class Action Italia (così alla pagina web https://www.classactionitalia.it/cosa-facciamo);
(ii) dichiarando di anticipare «i costi giudiziari»;
(iii) riservandosi il diritto a percepire «l’onorario che sarà stabilito dal Giudice e […] un compenso premiale» (così alla indicata pagina web alle condizioni economiche illustrate alla stessa pagina).

Sulla basi di tali evidenze la ricorrente contesta all’AGCM di aver commesso una “grave negligenza” autorizzando l’accesso ai documenti richiesti, lamentando che non sia stato preventivamente verificato se la presunta associazione nel cui interesse l’avv. A ha proposto l’istanza sia, o meno, esistente, e che non ci si sia avveduti della natura esplorativa e della finalità meramente privata dell’istanza.

3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

1) Violazione degli artt. 1 e 5, comma 2 e dell’art. 5 bis , comma 2, lett. c), D.Lgs. 33/2013;
violazione degli artt. 22 e ss. L. 241/1990;
violazione dell’art. 137 D.Lgs. 206/2005;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento.

Secondo la ricorrente l’istanza sarebbe stata inammissibile e, quindi, suscettibile di essere respinta in quanto non conforme a scopo e funzione del c.d. accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, D.Lgs. 133/2013.

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, comma 2, e dell’art. 5 bis , comma 2, lett. c), D.Lgs. 33/2013.

L’AGCM non avrebbe dovuto accogliere l’istanza in quanto il richiedente non avrebbe neppure dimostrato né l’esistenza della presunta associazione in rappresentanza della quale agiva né che gli iscritti di quest’ultima (ove esistenti) siano stati coinvolti dai fatti oggetto del procedimento in cui sono stati acquisiti dall’AGCM i documenti richiesti.

3) Violazione dell’art. 5, comma 2 e comma 5 e dell’art. 5 bis , comma 2, lett. c), D.Lgs. 33/2013.

Secondo la ricorrente l’interesse alla riservatezza di Compass avrebbe dovuto prevalere su quello del richiedente l’accesso;
tale bilanciamento degli interessi non sarebbe stato effettuato dall’AGCM.

L’AGCM si è difesa eccependo l’inammissibilità del ricorso atteso che i documenti oggetto della richiesta di accesso sono già stati ostesi.

Nel merito rappresenta di aver seguito la procedura prevista dall’art. 5, comma 6, D.Lgs. 33/2013 e dalla Circolare n. 2/2017 del Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione relativa alla “Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato”, evidenziando che Compass non ha presentato ricorso nei termini né ha fatto istanza di autotutela, essendosi limitata a preannunciare che avrebbe fatto ricorso.

Osserva che la disciplina prevista per l’accesso civico generalizzato dispone che questo non sia sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e che l’istanza non deve essere motivata, potendo limitarsi a indicare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono conoscere (art. 5, comma 3, D.Lgs. 33/2013).

La ricorrente, con la memoria del 20 ottobre 2020, ha replicato all’eccezione di inammissibilità osservando di avere interesse alla decisione a fini risarcitori. Nel merito ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Anche la parte controinteressata, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 2 dicembre 2020, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Si può prescindere dall’esame della preliminare eccezione di inammissibilità, peraltro infondata, essendo il ricorso da respingere.

La vicenda sottoposta all’esame del Collegio riguarda una istanza di accesso “generalizzato” ai sensi dell’art. dall’art. 5 D.Lgs. 33/2013.

La suddetta norma, al comma 2, testualmente prevede: “ Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5 bis ”.

Al comma 3 la stessa norma aggiunge, per quanto in questa sede di interesse, che l'esercizio del diritto di cui al comma 2 “ non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente ”.

4.1. Dalla mera lettura del testo normativo emerge con evidenza l’infondatezza della censura con cui la ricorrente, in estrema sintesi, imputa all’AGCM di non aver effettuato verifiche sull’esistenza dell’associazione e sui fini dalla stessa perseguiti, atteso che detta censura si risolve nell’avanzare la pretesa che l’AGCM effettuasse una verifica sulla legittimazione soggettiva del richiedente, come visto espressamente preclusa dalla legge.

La giurisprudenza ha precisato “che l’art. 5 bis d.lgs. n. 33 del 2013, introdotto dall’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 97 del 2016, intitolato esclusioni e limiti all’accesso civico “va considerato nella sua interezza, e non solo per quanto previsto dal comma 3. I primi due comma si occupano dei limiti legali all’accesso civico generalizzato. Questi operano nel presupposto della legittimazione soggettiva generalizzata, quindi data a “chiunque” agisca uti cives, senza dover dimostrare la titolarità di una determinata situazione soggettiva ” (Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).

4.2. Né coglie nel segno la censura secondo cui l’AGCM non si sarebbe avveduta del fatto che l’avv. A agiva, in realtà, per il perseguimento di fini privati, al di fuori, dunque, del perimetro delimitato dalla norma, che richiede che l’accesso generalizzato sia consentito solo “ per favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico ”.

Vanno al riguardo richiamati i presupposti normativi dell’istituto introdotto dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza), novellante l’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 33 del 2013, al fine di aumentare la trasparenza dell’azione amministrativa mediante una fattispecie che si aggiunge sia a quella che già prevedeva gli obblighi di pubblicazione (artt. 12 e ss. D.Lgs. n. 33 del 2013) che a quella ordinaria di cui agli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990 in tema di accesso ai documenti.

E’ stato, in proposito, osservato che ormai vi è una coesistenza ordinamentale di tre modelli di accesso ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni (ed equiparati), ciascuno caratterizzato da propri presupposti, limiti ed eccezioni: l’accesso documentale ordinario degli artt. 22 e seg. della legge 7 agosto 1990, n. 241;
l’accesso civico ai documenti oggetto di pubblicazione, già regolato dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33;
l’accesso civico generalizzato, introdotto dalle modifiche apportate a quest’ultimo impianto normativo dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (cfr., per le differenze tra i vari tipi di accesso, tra le altre Cons. Stato, Sez. IV, 12 agosto 2016, n. 3631 e, più di recente, id., Sez. V, 20 marzo 2019, n. 1817).

Tali istituti sono pariordinati e, nei rapporti reciproci, ciascuno opera nel proprio ambito, senza assorbimenti dell’una fattispecie in un’altra e senza abrogazioni tacite o implicite da parte della disposizione successiva nel tempo.

L’accesso civico cd. “generalizzato”, azionabile da “chiunque”, senza previa dimostrazione della sussistenza di un interesse personale, concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione in tal senso della richiesta, ha il solo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. 33/2013.

In questo caso la trasparenza è considerata un mezzo per favorire un controllo diffuso del rispetto della legalità dell’azione amministrativa.

Pertanto, la disciplina dell’accesso generalizzato non reca prescrizioni puntuali quanto alla sottrazione all’accesso, ma individua categorie di interessi, pubblici (art. 5 bis , comma 1, D.Lgs. 33/2013) e privati (art. 5 bis , comma 2, id.) in presenza dei quali il diritto di accesso può a priori essere negato (fermi comunque i casi di divieto assoluto, ex art. 5 bis , comma 3) e rinvia a un atto amministrativo non vincolante (le linee guida ANAC) per ulteriormente precisare l’ambito operativo dei limiti e delle esclusioni dell’accesso civico generalizzato (Cons. Stato, Sez. V, 6 aprile 2020, n. 2309).

4.3. Tanto chiarito in linea di principio, il Collegio rileva che, nel caso di specie, il richiedente ha dichiarato di agire in qualità di legale rappresentante di una associazione che tutela gli interessi dei consumatori – circostanza peraltro risultante dallo statuto -, il che di per sé incarna la finalità, per cui solo è concesso l’accesso generalizzato, di favorire il controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali da parte dell’AGCM a tutela degli interessi dei consumatori.

Nessun altra indagine era, dunque, esigibile dall’Autorità sulle ragioni ulteriori, eventualmente sottese all’accesso, consistenti nell’interesse (privato degli avvocati che compongono l’associazione) al procacciamento di clientela per intraprendere eventuali class action , né viepiù, l’AGCM avrebbe potuto rifiutare l’accesso sulla base di tale motivazione, non contemplata dalla norma in rassegna.

D’altra parte non può non rilevarsi come gli accertamenti sull’asserito “movente” della parte richiedente l’accesso e sulla natura (effettiva o presunta) dell’associazione Class Action Italia, che la ricorrente rimprovera all’AGCM di non aver effettuato prima di concedere l’accesso agli atti, non sono stati effettuati neanche da Compass la quale, invitata dall’amministrazione a manifestare in sede procedimentale la propria “motivata opposizione” all’accesso, pur avendolo fatto, non ha, tuttavia, motivato la propria opposizione adducendo le suddette ragioni, le quali sono state esposte, invece, soltanto in sede di ricorso giurisdizionale.

4.4. Né, ancora, coglie nel segno la censura con cui la ricorrente imputa all’AGCM di non aver effettuato il bilanciamento dell’interesse dell’istante all’accesso con l’interesse alla riservatezza di Compass.

Ciò sia perché, in punto di fatto, risulta che, proprio a tutela della riservatezza, anche di terzi, l’AGCM ha in effetti limitato i documenti accessibili e ha oscurato, quelli ostesi, nelle parti sensibili, sia perché, come già visto, nel caso dell’accesso generalizzato, il bilanciamento degli interessi risulta effettuato a monte dal legislatore.

Infatti, l’art. 5, comma 6, D.Lgs. 33/2013 stabilisce che “ Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall'articolo 5-bis ”.

Ciò posto, la riservatezza invocata dalla ricorrente non rientra in nessuno dei casi di esclusioni e limiti all'accesso civico, contenuta nel citato art. 5 bis del D.Lgs. 33/2013, il quale fa riferimento, invece, alle sole esigenze di tutela degli “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali” (art. 5 bis , comma 2, lett. c) che, nel caso di specie, l’AGCM ha considerato e che non risultano vulnerate dall’ostensione.

4.5. Infine sono infondate anche le censure di tipo procedimentale, tenuto conto che l’Autorità ha seguito rigorosamente la tempistica e le modalità dettate dall’art. 5 D.Lgs. 33/2013, il cui comma 6 prescrive: “ Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l'amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ….. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, l'amministrazione ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato…. ”.

La stessa norma, al comma 9, dispone che “ Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato può presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8 ”: facoltà che, nel caso di specie, non risultano esercitate dalla ricorrente.

Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

5. Le spese del giudizio possono essere compensate fra tutte le parti, tenuto conto della novità delle questioni trattate.

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