TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-04-20, n. 201505739
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N. 05739/2015 REG.PROV.COLL.
N. 14370/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14370 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A F, rappresentata e difesa dagli Avv. A M, L M, con domicilio eletto presso Studio Legale Manzi e Associati in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;
contro
R C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. C S, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
N P, rappresentato e difeso dall'Avv. P D S, con domicilio eletto presso Francesco Visco in Roma, Via Panaro, 25;Ilaria Nicolini;
per l'annullamento
- della determinazione dirigenziale n. 1810 del 9 ottobre 2014 del Direttore del Dipartimento Organizzazione e risorse Umane, recante "annullamento d.d. 1361 del 30.05.13 concernente l'approvazione della graduatoria finale della procedura selettiva pubblica per titoli ed esami per il conferimento di 3 posti nel profilo professionale di restauratore conservatore - categoria D - (posizione economica D1) - famiglia - cultura - turismo e sport" e la riformulazione della graduatoria;
- della graduatoria riformulata;
- del bando di concorso;
- del Regolamento di disciplina in materia di accesso agli impieghi presso il Comune di Roma;
E PER OTTENERE
- il risarcimento dei danni subiti;
E CON MOTIVI AGGIUNTI,
per l’annullamento
- della d.d. n. 2334 in data 17.12.2014, conosciuta in data 24.12.2014, recante autorizzazione all'assunzione a tempo indeterminato nel profilo professionale di "Restauratore Conservatore";
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di N P;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2015 il Consigliere E S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone in fatto l’odierna ricorrente di aver partecipato al concorso per titoli ed esami, indetto da Roma Capitale con bando del 23 febbraio 2010, per il conferimento di 3 posti nel profilo professionale di Restauratore Conservatore - categoria D - (posizione economica D1) - Famiglia - Cultura - Turismo e Sport, e di essersi collocata al terzo posto della relativa graduatoria, approvata con determinazione dirigenziale del 30 maggio 2013.
Con la gravata determinazione tale graduatoria è stata annullata, in autotutela, in conseguenza di pronunce rese da questo Tribunale con riferimento ad altri concorsi, con le quali è stata accertata l’illegittimità della graduatoria formulata sulla base della somma aritmetica dei singoli punteggi ottenuti dai candidati nelle due prove scritte, invece che sulla base della media dei voti.
Essendosi la ricorrente collocata, nella graduatoria riformulata in base alla media dei voti, al 5 posto, e quindi in posizione non utile ai fini dell’assunzione, la stessa ha adito questo Tribunale deducendo, a sostegno della proposta azione impugnatoria, i seguenti motivi di censura:
I – Violazione degli artt. 7, 9, 10, 21 novies, 27 e seguenti della legge n. 241 del 1990. Violazione del principio dell’affidamento e dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento, e per manifesta ingiustizia ed illogicità. Eccesso di potere per sviamento.
Denuncia parte ricorrente l’illegittimità dell’esercizio del potere di autotutela in quanto – non sussistendo alcun obbligo in ordine all’annullamento della graduatoria precedentemente approvata, riguardando le pronunce del TAR cui si è inteso dare applicazione, altri concorsi – avrebbero dovuto essere garantiti i diritti partecipativi degli interessati attraverso la comunicazione dell’avvio del procedimento, in modo da consentire la valutazione dei contrapposti interessi.
Mancherebbero, inoltre, secondo parte ricorrente, i presupposti necessari per procedere all’annullamento in autotutela, non essendo sufficiente a tal fine l’esigenza di ripristino della legalità violata, e non essendo stato indicato l’interesse concreto ed attuale idoneo a giustificare l’annullamento e a travolgere il legittimo affidamento risposto dagli interessati sul provvedimento annullato, in assenza del necessario bilanciamento tra i contrapposti interessi.
Denuncia inoltre parte ricorrente la genericità della motivazione posta a sostegno della gravata determinazione, peraltro adottata oltre il decorso di un termine ragionevole.
IN VIA SUBORDINTA
II – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 (valutazione dei titoli). Eccesso di potere per manifesta illogicità nell’attribuzione del punteggio. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Nell’evidenziare parte ricorrente di aver ottenuto l’attribuzione di 0,30 punti per il possesso del Diploma all’esercizio della professione di restauratore conseguito presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (già Istituto Centrale Restauro), invoca, ai sensi del bando di concorso, la spettanza di 1,50 punti per tale titolo in quanto costituente abilitazione professionale attinente al profilo professionale del posto oggetto di selezione, nel dettaglio illustrando la disciplina di riferimento inerente tale titolo.
In via ulteriormente subordinata.
III – Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 del D.P.R. n. 487 del 1994. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del Regolamento di Disciplina in Materia di Accesso agli impieghi presso il Comune di Roma per il Personale non Dirigente. Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della P.A. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, erroneità, illogicità, irrazionalità, travisamento e sviamento.
Nel richiamare parte ricorrente quanto previsto dal D.P.R. n. 487 del 1994 laddove prescrive che l’incidenza del punteggio per i titoli non può essere superiore a 10/30, lamenta come l’Amministrazione abbia violato tale limite in quanto, mentre per i titoli ha utilizzato un sistema di valutazione espresso in trentesimi e per la valutazione delle prove scritte ed orali ha utilizzato un sistema espresso in decimi, non avrebbe applicato un meccanismo di equivalenza, così facendo assumere ai titoli un’incidenza del 33,33% invece che del 14,30%, censurando quanto sul punto previsto dal bando di concorso.
Avanza, inoltre, parte ricorrente, istanza volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione Comunale sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente pronuncia.
Si è costituito in resistenza il controinteressato N P difendendo la legittimità dell’operato della resistente Amministrazione, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 6249/2014 è stato ordinato alla resistente Amministrazione di procedere al riesame della posizione della ricorrente.
Con atto di proposizione di motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato la determinazione con cui è stata autorizzata l’assunzione dei tre candidati risultati vincitori del concorso sulla base della graduatoria riformulata a seguito dell’esercizio del potere di autotutela, sostenendone l’illegittimità in via derivata dai vizi denunciati avverso gli atti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio.
Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.
Alla Pubblica Udienza dell’1 aprile 2015 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
1 - Con il ricorso in esame l’odierna ricorrente, classificatasi al terzo posto della graduatoria del concorso per titoli ed esami per il conferimento di 3 posti nel profilo professionale di Restauratore Conservatore - categoria D - (posizione economica D1) - Famiglia - Cultura - Turismo e Sport, propone azione impugnatoria avverso la determinazione dirigenziale, meglio descritta in epigrafe nei suoi estremi, con cui Roma Capitale ha proceduto all’annullamento in autotutela di tale graduatoria, procedendo alla sua riformulazione sulla base della media dei voti riportati dai candidati nelle prove scritte in luogo del criterio della somma di tali voti, precedentemente adottato e ritenuto illegittimo dal TAR con riferimento ad altri concorsi.
Essendosi la ricorrente classificata, sulla base della graduatoria così riformulata, al 5^posto, e quindi al di fuori del numero dei vincitori, denuncia l’illegittimo uso del potere di annullamento d’ufficio stante la mancanza dei relativi presupposti, invocando, in via subordinata, l’attribuzione, con riferimento ai titoli, di 1,50 punti in luogo dei 0,30 punti conseguiti per il possesso del Diploma all’esercizio della professione di restauratore conseguito presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (già Istituto Centrale Restauro), in quanto asseritamente costituente abilitazione professionale attinente al profilo professionale del posto oggetto di selezione.
In via ulteriormente subordinata, denuncia parte ricorrente l’illegittimità del procedimento di attribuzione dei voti in quanto contrastante con le previsioni recate dal D.P.R. n. 487 del 1994, ai sensi del quale il punteggio per i titoli non può avere un’incidenza superiore a 10/30.
2 - Così brevemente illustrato l’oggetto della proposta azione impugnatoria, ritiene il Collegio di dover procedere, nella gradata elaborazione logica delle censure proposte, al preliminare esame dei profili di illegittimità volti a lamentare l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela che, se fondati, sarebbero idonei a travolgere la gravata determinazione e a ripristinare la posizione precedentemente rivestita dalla ricorrente nella graduatoria poi annullata, con piena portata satisfattiva dell’interesse azionato.
La delibazione in ordine a tali censure impone una preliminare ricostruzione del contesto in cui si inscrive il gravato provvedimento di autotutela.
La graduatoria annullata con la gravata determinazione è stata formulata sulla base del criterio della somma aritmetica dei punteggi conseguiti dai candidati nelle prove scritte, analogamente a quanto effettuato con riferimento ad altre procedure concorsuali indette nello stesso periodo, le cui graduatorie sono state impugnate ed annullate da questo Tribunale in ragione della riscontrata illegittimità dell’applicazione del criterio della somma dei voti riportati nelle prove scritte in luogo del criterio della media dei voti (sentenze TAR Lazio, Roma, Sezione II, n. 6488/2013, n. 3818/2014, n. 6608/2014, n. 6609/2014, n. 6611/2014, n. 8844/2014, n. 8845/2014, 8846/2014, 8847/2014).
Il gravato provvedimento, illustrate tali vicende, fa espresso richiamo alle considerazioni contenute nelle citate sentenze, laddove si afferma che non osta all’applicazione del criterio della media dei voti, costituente principio generale dell’ordinamento, né la disciplina regolamentare dettata dall’Amministrazione, né il contenuto dei bandi di concorso, i quali non recano alcuna inequivoca indicazione circa l’applicazione del criterio della somma dei voti delle prove scritte.
L’Amministrazione ha, quindi, ritenuto di dover estendere la valenza dei principi affermati in sede giurisdizionale anche alle procedure concorsuali non gravate da impugnazione, e ciò in considerazione della necessità di formazione delle graduatorie concorsuali in modo uniforme per tutti i concorsi, ancorando il punteggio finale a criteri trasparenti ed oggettivi, valevoli per l’intero territorio nazionale in quanto non suscettibili di modifiche per effetto dell’autonomia regolamentare, idonei a determinare un equo bilanciamento del peso dei titoli e delle prove concorsuali e, quindi, funzionali al rispetto dei principi di efficienza ed imparzialità dell’azione amministrativa.
Sulla base di tali considerazioni ed al fine di garantire la parità di trattamento tra i candidati di tutti i concorsi – sia di quelli annullati che di quelli non oggetto di contestazione – l’Amministrazione ha quindi proceduto all’annullamento d’ufficio della graduatoria in questione al fine di conformare la propria azione ai principi affermati dalle pronunce giurisdizionali, ritenendo prevalente, rispetto ad aspettative di mero fatto dei candidati – non essendo ancora intervenute le assunzioni - l’interesse pubblico a non assumere soggetti selezionati con modalità contrastanti con l’interesse generale perseguito connesso ai principi costituzionali di buon andamento e di imparzialità, garantendo a tutti i soggetti le stesse condizioni di accesso agli impieghi.
Tali essendo le ragioni poste a fondamento dell’annullamento, in autotutela, della graduatoria inizialmente formulata sulla base della somma dei voti delle prove scritte, il Collegio ritiene che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, il potere di annullamento sia stato correttamente esercitato e non sia riscontrabile la denunciata assenza dei presupposti o la violazione dei limiti previsti dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Viene, invero, espressamente indicato ed individuato, nel gravato provvedimento, l’interesse perseguito, che è diverso da quello volto al mero ripristino alla legittimità violata, coincidente con la necessità di garantire analoghe condizioni di accesso agli impieghi presso l’Amministrazione, in applicazione di un criterio di formazione delle graduatorie concorsuali che in sede giurisdizionale è stato riconosciuto avere la consistenza di principio di ordine generale, non modificabile per effetto dell’esercizio dell’autonomia regolamentare, idoneo a garantire il perseguimento dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa in quanto volto a selezionare i concorrenti sulla base di un equo contemperamento del peso delle prove e dei titoli.
Tale interesse, sotteso al disposto annullamento, viene altresì ritenuto, con esauriente motivazione esternata nella gravata determinazione, prevalente rispetto alle posizioni vantate dai candidati, ritenute avere consistenza di mera aspettativa di fatto non essendo ancora state effettuate le relative assunzioni.
Al riguardo, giova rilevare che costituisce principio generale che la nomina ad un pubblico impiego sia subordinata, pur dopo l'espletamento del concorso, alla perdurante sussistenza del pubblico interesse alla costituzione del rapporto, non potendo ravvisarsi un diritto soggettivo perfetto alla nomina dei vincitori di un pubblico concorso, ma solo un interesse legittimo dei medesimi vincitori alla conclusione del procedimento, finalizzato all'assunzione, tenuto conto che per circostanze sopravvenute, da rendere oggetto di puntuale motivazione, alla conclusione della procedura concorsuale può non seguire la copertura dei posti messi a concorso una volta individuati i soggetti più idonei per assolvere le relative funzioni.
Né risulta utilmente invocabile il principio del legittimo affidamento maturato in capo ai soggetti utilmente collocatisi nella graduatoria annullata, non potendo lo stesso, nella comparazione dei contrapposti interessi e data la consistenza delle posizioni soggettive vantate, prevalere sulle ragioni sottese al disposto annullamento e all’interesse, concreto e attuale per l’Amministrazione, di avvalersi di graduatorie correttamente formulate secondo criteri idonei a garantire sia la parità di trattamento sia il buon andamento dell’azione amministrativa, trattandosi di concorsi per l’assunzione ad impieghi pubblici, rispetto alle quali le modalità di selezione, secondo criteri che garantiscono un corretto equilibrio al peso delle prove scritte rispetto a quelle orali e ai titoli, assumono particolare importanza e devono essere assistite da particolari garanzie.
Ne consegue che, pur non sussistendo un obbligo per l’Amministrazione Comunale ad estendere anche alla procedura in esame gli effetti delle pronunce intervenute con riguardo ad altri concorsi, l’adesione manifestata ai principi ivi affermati e la volontà di conformare la propria azione, in una fase in cui non sono ancora intervenute le assunzioni, alle corrette modalità di formazione delle graduatorie, nel perseguimento delle indicate finalità, rende immune la gravata determinazione dalle censure proposte.
Né l’esercizio del potere di autotutela, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, può ritenersi intervenuto oltre il decorso di un termine ragionevole, tenuto conto della data di adozione delle pronunce cui l’Amministrazione ha inteso conformarsi.
Non conduce a diverse conclusioni la circostanza che l’Amministrazione abbia proposto appello avverso tali pronunce, essendo nella disponibilità della stessa ottenere o meno la decisione definitiva.
Le considerazioni che precedono consentono altresì di superare la censura volta a denunciare il mancato rispetto delle garanzie partecipative stante l’omissione dell’avviso di avvio del procedimento, posto che l’eventuale apporto degli interessati non avrebbe potuto comunque condurre ad un risultato diverso, prevedendo l'art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, che l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non comporta conseguenze nel caso in cui il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Ed invero, a fronte delle motivazioni che sorreggono la gravata determinazione, le considerazioni che parte ricorrente avrebbe potuto prospettare all’Amministrazione, plausibilmente coincidenti con quelle contenute nel ricorso, non sarebbero state idonee a condurre ad una diversa determinazione indebolendo la portata dell’interesse pubblico perseguito ed il suo carattere di prevalenza rispetto alle posizioni dei soggetti utilmente collocati in graduatoria.
Aggiungasi che in materia di procedure concorsuali, i diritti partecipativi, come garantiti dagli strumenti della comunicazione di avvio del procedimento e di preavviso di rigetto, trovano necessariamente affievolimento come evincibile dalla previsione recata dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, ai sensi del quale e disposizioni dettate con riferimento alla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza non si applicano alle procedure concorsuali.
Concludendo sul punto, deve quindi ritenersi che, essendo il gravato provvedimento assistito da adeguata ed esauriente motivazione quanto alla presenza di concrete ragioni di pubblico interesse non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità, alla valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento di autotutela e all'adeguata istruttoria, lo stesso risulta immune dalle censure proposte.
3 – La rilevata infondatezza delle doglianze sollevate avverso l’esercizio del potere di autotutela trasfuso nella gravata determinazione indirizza la disamina verso le ulteriori censure, proposte in via subordinata, con le quali parte ricorrente rivendica, innanzitutto, un maggior punteggio per il possesso del Diploma all’esercizio della professione di Restauratore conseguito presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (già Istituto Centrale Restauro), con riferimento al quale invoca il punteggio di 1,50 punti in luogo dei 0,30 punti conseguiti.
Tale titolo è stato considerato dall’Amministrazione quale corso di aggiornamento e perfezionamento conclusosi con superamento dell’esame finale, per il quale il bando di concorso prevede l’attribuzione di 0,30 punti, e non come abilitazione professionale attinente al profilo professionale del posto oggetto di selezione, per la quale è prevista l’attribuzione di 1,50 punti, rivendicati dalla ricorrente e sufficienti a collocarla in posizione utile in graduatoria.
La questione, introdotta con la censura in esame, concerne la possibilità di qualificare il conseguimento del Diploma all’esercizio della professione di restauratore conseguito presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro quale abilitazione professionale.
Tale questione impone la previa ricostruzione del quadro normativo in materia di abilitazione all’esecuzione di interventi di conservazione del patrimonio culturale, dovendo distinguersi, al riguardo, la disciplina destinata ad operare a regime da quella transitoria, quest’ultima invocata da parte ricorrente al fine di avvalorare l’affermata valenza del tiolo posseduto quale abilitazione professionale in quanto conseguito in esito al corso quadriennale 2004-2008, con conseguente sua soggezione alla disciplina transitoria.
La disciplina, a regime, dettata dal D.Lgs. n. 42 del 2004, prevede, all’art. 29, comma 6, che, “ Fermo quanto disposto dalla normativa in materia di progettazione ed esecuzione di opere su beni architettonici, gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia ”. La successiva disposizione del comma 9-bis (inserito dall’art. 2, comma 1, lett. m), n. 3), del decreto legislativo n. 156/2006), dispone che “ Dalla data di entrata in vigore dei decreti previsti dai commi 7, 8 e 9, agli effetti dell’esecuzione degli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici, nonché agli effetti del possesso dei requisiti di qualificazione da parte dei soggetti esecutori di detti lavori, la qualifica di restauratore di beni culturali è acquisita esclusivamente in applicazione delle predette disposizioni ”. In particolare il comma 7 dell’art. 29 dispone che i profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono definiti con apposito regolamento ministeriale, emanato con il D.M. 26 maggio 2009, n. 86. Il comma 9 dell’art. 29 dispone che: a ) “l’insegnamento del restauro è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato ”;b) con apposito regolamento ministeriale - emanato con il predetto D.M. 26 maggio 2009, n. 87 - “ sono individuati le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti di cui al presente comma, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell’esame finale, abilitante alle attività di cui al comma 6 e avente valore di esame di Stato, cui partecipa almeno un rappresentante del Ministero, il titolo accademico rilasciato a seguito del superamento di detto esame, che è equiparato al diploma di laurea specialistica o magistrale, nonché le caratteristiche del corpo docente. Il procedimento di accreditamento si conclude con provvedimento adottato entro novanta giorni dalla presentazione della domanda corredata dalla prescritta documentazione ”.
A fronte di tale disciplina - destinata ad operare “a regime” - l’art. 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004 prevede una disciplina transitoria in materia di acquisto della qualifica di restauratore, la quale ha subito varie modifiche per effetto di normative sopravvenute.
In particolare, i primi due commi dell’art. 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004 - nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 4, comma 1, lett. a), n. 1), del decreto legislativo n. 156 del 2006 - dispongono (nella versione anteriore alle ulteriori modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, lett. a), n. 1), del decreto legislativo n. 62 del 2008 e dall’art. 1, comma 1, della legge n. 7 del 2013) che: “ 1- In via transitoria, agli effetti indicati all'articolo 29, comma 9-bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:
a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;
c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.
1-bis. Può altresì acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all'articolo 29, comma 9-bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanare di concerto con i Ministri dell'istruzione e dell'università e della ricerca, entro il 31 dicembre 2007:
a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;
b) colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
c) colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
d) colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004 .”
Sulla base di tali previsioni normative destinate ad operare in via transitoria, sostiene parte ricorrente di aver acquisito, di diritto, l’abilitazione alla professione di Restauratore per il solo fatto di aver conseguito il diploma presso una delle scuole (l’Istituto Centrale del Restauro) alle quali si riferisce espressamente l’art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 1998.
Ciò in quanto, secondo la tesi prospettata da parte ricorrente, la disciplina transitoria conferirebbe alla qualifica di restauratore una duplice valenza, sia quale diploma di laurea specialistica sia quale abilitazione professionale, così consentendo a chi è in possesso del diploma di restauratore, quale quello della ricorrente, di avere l’abilitazione professionale anche senza svolgimento dell’esame di stato, invece previsto a regime per tutti i soggetti iscritti in data successiva al 1° maggio (secondo la versione risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 156 del 2006) o al 31 gennaio 2006 (secondo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 62 del 2008).
A fronte della disciplina sopra illustrata, il Collegio, melius re perpensa rispetto al precedente pronunciamento cautelare, e discostandosi da quanto affermato nella sentenza della Sezione n. 686 del 2014 – laddove, attraverso un inciso, si è ritenuto che la qualifica di restauratore possa essere titolo per l’attribuzione del punteggio previsto dal bando per le abilitazioni professionali – ritiene che il Diploma posseduto dalla ricorrente di Restauratore conseguito presso l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro non possa essere equiparato ad una abilitazione professionale, la quale può conseguire unicamente al superamento di un apposito esame di stato che, con riferimento a tale qualifica, non è stato ancora svolto, senza che la lacuna dell’apparato statale, che non ha dato attuazione alla prevista procedura abilitante, possa consentire di riconoscere forme equipollenti di abilitazione professionale ‘di diritto’ in virtù del mero conseguimento di un diploma, altrimenti snaturandosi la natura stessa dell’abilitazione professionale.
Devono, difatti, tenersi distinti i profili inerenti la possibilità di esercitare l’attività di restauratore, la quale consegue al possesso del diploma ed è connessa alla qualifica che attraverso lo stesso si acquisisce, dalla abilitazione professionale, che richiede il superamento di apposito esame di stato abilitante ed idoneativo, assistito dalle garanzie dell’accertamento della necessaria professionalità condotto da una apposita commissione, la cui composizione garantisce la verifica dell’idoneità allo svolgimento della professione.
La distinzione, di cui alla descritta normativa, tra regime transitorio e regime definitivo non si traduce, quindi, nella previsione di due distinti canali di abilitazione, di cui l’uno di diritto per i soggetti iscritti ai corsi ad una certa data e l’altro conseguente all’esame di stato abilitativo.
La disciplina transitoria si limita infatti a prevedere, per i soggetti iscritti ai corsi ad una certa data, che gli stessi possono esercitare l’attività di restauratore, ma non determina l’equipollenza di tale qualifica con una abilitazione professionale, per la quale è comunque richiesto un esame di stato abilitante.
Unica espressa previsione in ordine alla abilitazione automatica è stabilita dal D.M.