TAR Torino, sez. III, sentenza 2023-12-02, n. 202300972

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. III, sentenza 2023-12-02, n. 202300972
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202300972
Data del deposito : 2 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2023

N. 00972/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00755/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 755 del 2022, proposto da
-Ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati S J G M e P C, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege avente sede in Torino, via dell’Arsenale n. 21;

per l’annullamento

- dell’atto avente protocollo -OMISSIS-del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, e notificato al ricorrente in data 22/04/2022 recante l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione disciplinare dall’impiego per mesi sette ai sensi dell'articolo 1357, lettera a), del d.lgs. 66/2010;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2023 il dott. G F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso notificato in data 15/06/2022, il Maresciallo Capo -Ricorrente- ha impugnato il decreto della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, con il quale gli è stata inferta la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per sette mesi ai sensi dell’art. 1357 lett. a) d.lgs. 15/03/2010 n. 66 (recante Codice dell’Ordinamento Militare). Il ricorrente ha contestato la legittimità del provvedimento gravato sotto plurimi profili e ha formulato, a tal fine, i seguenti motivi di impugnazione:

« I. Errata valutazione dei fatti. Assenza dei presupposti sanzionatori. Genericità della motivazione. Violazione di legge (art. 3, l. 241/90, art. 1375 d.lgs. 66/2010). Eccesso di potere per manifesta sproporzionalità e irragionevolezza, arbitrarietà, incoerenza e incongruità manifeste, nonché eccesso di potere per contraddittorietà ed erronea valutazione e/o travisamento della situazione di fatto, assenza e/o carenza dei presupposti. Disparità di trattamento. Violazione artt. 24 e 97 Costituzione », a mezzo del quale il -ricorrente- contesta l’inconsistenza dell’apparato motivazionale del provvedimento impugnato, l’errata ricostruzione dei fatti posti a fondamento della sanzione disciplinare e il difetto di interesse dell’Amministrazione all’inflizione della penalità;

« II. Il provvedimento è contradditorio in punto di valutazione dei precedenti di servizio. Sproporzionalità della sanzione disciplinare inflitta al militare. Violazione di legge (art. 1355, D.lgs. 66/2010). Eccesso di potere per arbitrarietà, incoerenza e incongruità manifeste, nonché eccesso di potere per contraddittorietà. Sproporzionalità nell'azione disciplinare - Violazione artt. 24 e 97 Costituzione », teso a denunciare l’irrazionale e sproporzionata gravità della sanzione inflitta, tenuto conto del carattere risalente e scarsamente pregnante dei fatti contestati, nonché della qualità eccellente del servizio prestato dal ricorrente per l’Arma dei Carabinieri prima e dopo l’accaduto;

« III. Violazione del diritto di difesa – Omessa valutazione delle memorie presentate dal ricorrente. Violazione di legge (art. 1370, d.lgs. 66/2010) - Eccesso di potere per arbitrarietà, incoerenza e incongruità e contraddittorietà manifeste, nonché eccesso di potere per omessa valutazione degli elementi a difesa indicati dal ricorrente nelle memorie difensive. Violazione dell’art. 97 Costituzione », a mezzo del quale il ricorrente eccepisce il mancato esame delle controdeduzioni da lui svolte in sede procedimentale, cui l’Amministrazione non avrebbe dato adeguata risposta nelle motivazioni del provvedimento.

2. – Si è costituito il Ministero della Difesa, chiedendo l’integrale rigetto della domanda avversa. L’Amministrazione ha rilevato che i fatti contestati in sede disciplinare hanno fatto oggetto di un lungo iter processuale penale, conclusosi con la declaratoria di prescrizione del reato, senza tuttavia che il quadro fattuale di riferimento fosse mai messo in discussione dall’Autorità giudiziaria. Ha rivendicato pertanto la correttezza del proprio operato e la piena legittimità della determinazione provvedimentale assunta.

3. – All’udienza del 15/11/2023 la causa è stata assegnata in decisione senza preventiva discussione, come congiuntamente richiesto dalle parti.

4. – Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.

5. – Il primo motivo di impugnazione ha carattere composito, giacché il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento sotto tre profili, distintamente rubricati (« 1° Profilo – Genericità della motivazione », « 2° Profilo – Mancata ricostruzione dei fatti secondo verità », « 3° Profilo – Carenza di interesse sanzionatorio per fatto troppo risalente nel tempo »).

Il fondamento dei diversi punti di doglianza è comune e si incentra sulla ricostruzione del quadro fattuale di riferimento, che ad avviso del ricorrente l’Amministrazione avrebbe del tutto travisato. Tale errore si riverberebbe a cascata sulla legittimità del provvedimento, giacché ne renderebbe inconsistente la motivazione (primo profilo), ne metterebbe in dubbio i presupposti di fatto (secondo profilo), e metterebbe a nudo l’assenza di ogni interesse sanzionatorio in capo all’Amministrazione stanti la risalenza e tenuità dell’illecito contestato (terzo profilo).

Alla luce di tali considerazioni, è doveroso principiare dall’esame delle deduzioni in fatto articolate dal ricorrente, confrontandole con quanto emerge dal provvedimento impugnato e dal contenuto degli atti in esso citati.

5.1 - Il fatto contestato nel provvedimento sanzionatorio è avvenuto a cavallo tra il 28 e il 29 agosto 2007, ed è consistito nella sottrazione da parte del -ricorrente- della carta di credito appartenuta a un collega della Polizia di Stato e nel successivo prelievo della somma € 930,00. Al pari di quanto affermato in sede procedimentale, il ricorrente ha dedotto di aver rinvenuto il portafogli del collega in un parcheggio, in prossimità della propria vettura di servizio, e di aver concordato con i colleghi e i superiori presenti di organizzare uno scherzo, “svuotando” la carta di credito che vi si trovava all’interno. L’intero episodio avrebbe dunque avuto natura e finalità meramente goliardiche, secondo una prassi, quand’anche biasimevole, ampiamente consolidata tra colleghi in ambito militare. Tuttavia, la valigetta di servizio contenente la carta di credito e le somme prelevate era stata requisita prima che il ricorrente potesse rivelare l’intento cameratesco del gesto, ingenerando così il sospetto che egli avesse voluto concretamente appropriarsi del denaro. A nulla erano valse le spiegazioni fornite dal -ricorrente- sulla vicenda, giacché gli altri colleghi si erano rifiutati di esporsi pubblicamente dinanzi agli Ufficiali inquirenti, spiegando la reale portata dell’accaduto, per paura di essere a propria volta sanzionati in sede disciplinare e penale. Pur a fronte della natura meramente goliardica della condotta posta in essere, dunque, il ricorrente aveva subito un lungo e logorante procedimento penale, conclusosi con la declaratoria di prescrizione del reato.

5.2 - Tale ricostruzione del quadro fattuale è seccamente smentita dalle risultanze istruttorie dei procedimenti penali celebrati a carico del -ricorrente-. Dette risultanze, pur non acquistando il crisma del giudicato, stante l’intervenuta declaratoria di prescrizione del reato, assumono significativa e preponderante valenza probatoria in questa sede (così come in sede procedimentale).

Nella sentenza di condanna del 12/02/2008 del GIP di Torino si legge in particolare: « Quanto alle modalità di acquisizione della carta di credito si osserva che la circostanza riferita dal -ricorrente-, secondo cui egli avrebbe rinvenuto la carta per terra nel parcheggio il martedì 27 agosto tra le ore 15 e le ore 15.15 è smentita da quanto riferito da -OMISSIS- nell’annotazione redatta il 30-8-07. Da tale annotazione emerge infatti che -OMISSIS- si allontanò dall’ufficio per il pranzo intorno alle 13,30-14 lasciando sul tavolo il portafogli contenente la carta di credito, mentre-ricorrente- rimase in ufficio;
al suo rientro, -OMISSIS- notò che il portafogli si trovava in una posizione diversa e constatò che-ricorrente- era già uscito. È dunque evidente che -OMISSIS- non può aver smarrito la carta di credito nel parcheggio
[…] La versione sostenuta dal-ricorrente-, secondo cui egli voleva semplicemente fare uno scherzo al -OMISSIS- è smentita sia dalle dichiarazioni rese dal-ricorrente- medesimo nell’immediatezza delle contestazioni quali riferite dai testi, sia dai movimenti effettuati dal-ricorrente- prima della restituzione […] Particolarmente significativa è altresì la deposizione della -OMISSIS-, teste estraneo all’ambiente in cui si verificarono i fatti di causa: “alcuni giorni dopo (ndr dopo la visita degli agenti DIA) il -ricorrente- venne a trovarmi nell’area di servizio… io gli chiesi spiegazioni su quello che era accaduto. Lui, sdrammatizzando, mi disse che stava attraversando un brutto periodo, che aveva fatto una cazzata della quale si era assunto le responsabilità… si scusò per avermi coinvolta e mi disse che si stava separando da sua moglie e che stava cercando casa”. A nessuno dunque il -ricorrente- disse d’aver agito “per scherzo”, anzi, parlando con la -OMISSIS- lo stesso-ricorrente- fece espresso riferimento ad un periodo di difficoltà. E le modalità con cui il -ricorrente- era solito procurarsi denaro contante sono di per sé rivelatrici della necessità di immediata liquidità, non altrimenti acquisibile […] La circostanza riferita da-ricorrente-, secondo cui egli avrebbe mantenuto la disponibilità dell’intera somma prelevata “per scherzo” e destinata ad essere restituita dal -OMISSIS-, è radicalmente smentita dalla puntuale ricostruzione effettuata da -OMISSIS-e -OMISSIS- […]. È evidente per contro che-ricorrente- aveva già speso una parte dei contanti ottenuti mediante l’utilizzo della carta di credito e chiede il prestito alla -OMISSIS- per raggiungere l’importo da restituire a -OMISSIS-. […] -ricorrente-la mattina del 30 agosto, verosimilmente allorché si rese conto che -OMISSIS- si era accorto della sparizione della carta di credito […] , si attivò presso la -OMISSIS- al fine di sollecitare una deposizione compiacente: il che dimostra come il-ricorrente- intendesse assicurarsi l’impunità e, ancora una volta, smentisce la tesi secondo cui il -ricorrente- avrebbe voluto semplicemente fare uno scherzo al -OMISSIS- » (doc. 2 di parte ricorrente).

Tali risultanze processuali non sono state smentite nel convulso iter processuale successivo alla condanna di prime cure. Nel (primo) giudizio di impugnazione, la Corte di appello di Torino non ha provveduto ad una diversa ricostruzione dei fatti ma alla sola riqualificazione giuridica di questi ultimi (da furto aggravato a furto semplice), sul presupposto che non fosse stata raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio ex art. 533 c.p.p. la prova del fatto che il -ricorrente- avesse sottratto il portafogli del collega, anziché averlo rinvenuto casualmente in un parcheggio (Corte di Appello di Torino, Sez. IV, del 7/5/2014 n. 2287, doc. 3 di parte ricorrente). La Corte di Cassazione ha ritenuto che, sotto questo profilo, la decisione del Giudice d’appello concretasse « un palese travisamento delle prove », giacché « la Corte di merito non ha spiegato come avrebbe potuto il -OMISSIS- smarrire la propria carta di credito all’esterno dell’ufficio tra le ore 13/14 e le ore 15/15.15, se il portafogli che la conteneva era rimasto in ufficio, tanto da essere ivi ritrovato dal -OMISSIS- al suo rientro » (Cass. Pen., Sez. II, 13/03/2015 n. 10056). Infine, nella sentenza di rinvio, con la quale la Corte di Appello di Torino ha preso atto dell’intervenuta prescrizione del reato, anche nella sua più grave qualificazione, si legge che «le ragioni dell’annullamento con rinvio non consentono affatto di pervenire ad giudizio di merito favorevole al reo» ( Corte di Appello di Torino, Sez. I, 28/06/2021 n. 4482).

Le conclusioni del Giudice penale sul merito della vicenda oggetto dell’imputazione non risultano dunque inficiate dalla declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, giacché la Corte di Appello non ha utilizzato il meccanismo di cui all’art. 129 co. 2, c.p.p. e d’altronde l’imputato non ha rinunciato previamente alla prescrizione ai sensi dell’art. 157, co. 7, c.p. (sulla rilevanza di tali circostanze a fini disciplinari cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. II, 25/01/2023 n. 873). Le deduzioni svolte dal -ricorrente- in questo giudizio (e altrove), circa il carattere goliardico del proprio gesto, sono pertanto rimaste prive del più minimo riscontro probatorio e hanno anzi trovato netta e incontrovertibile smentita nelle risultanze probatorie emerse in sede penale.

5.3 - Così ricostruito il quadro fattuale di riferimento, come risultante dagli atti di causa, emerge ictu oculi l’inconsistenza del secondo profilo di doglianza, inerente l’inesatta perimetrazione dei fatti contestati in sede disciplinare. La documentazione acquisita esclude che l’Amministrazione abbia errato nel ricostruire la condotta illecita posta in essere dal ricorrente. D’altro canto, la decisione di non ritenere attendibile la narrazione offerta dal -ricorrente- non può dirsi frutto di un inesatto o lacunoso esame delle risultanze istruttorie procedimentali, tenuto conto delle valutazioni rese a tal proposito in sede penale ( supra § 5.2).

Cade parimenti il primo profilo di doglianza, teso a censurare la genericità della motivazione. Per un verso, la doglianza non pare tener in adeguata considerazione il fatto che il provvedimento gravato risulta motivato per relationem in ossequio all’art. 3, co. 3 legge 07/08/1990 n. 241, giacché cita e richiama il contenuto di provvedimenti espressamente resi disponibili all’interessato: assumono specifico rilievo a tal proposito « gli atti dell’inchiesta formale ordinata il 18/10/2021, dal Comandante delle Unità Mobili e Specializzate “Palidoro” », tra i quali figura la “Relazione finale dell’Ufficiale Inquirente” Magg. -OMISSIS- (doc. 10 di parte ricorrente), con la quale l’Amministrazione ha preso ampia ed articolata posizione in ordine ai rilievi formulati dal ricorrente in sede procedimentale. Per altro e correlato verso, l’esatta ricostruzione del fatto contestato ne mette a nudo il significativo disvalore sul piano (penale e) disciplinare, ciò che ulteriormente attenua l’onere motivazionale in capo all’Amministrazione. Per consolidata e condivisibile giurisprudenza, infatti, la valutazione della gravità del fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce espressione di ampia discrezionalità amministrativa, sindacabile soltanto per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità e irragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 31/05/2021, n. 4143), che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l’infrazione e il fatto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 20/02/2020, n. 1296). Per tali ragioni, « in presenza di condotte di particolare gravità – quali quelle palesemente contrarie ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelle di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare – risulta sufficiente una motivazione di carattere attenuato per poter irrogare la sanzione disciplinare (cfr. Consiglio di Stato, IV, 26 marzo 2020, n. 2107;
IV, 4 marzo 2020, n. 1580;
15 gennaio 2020, n. 381;
20 settembre 2018, n. 5473;
anche, I, parere n. 1578/2021, datato 30 settembre 2021;
T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, I, 7 dicembre 2022, n. 986;
T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 2 maggio 2022, n. 971)
» (cfr. da ultimo TAR Valle d’Aosta, 13/06/2023 n. 23).

Considerazioni in larga parte sovrapponibili conducono ad escludere la fondatezza del terzo e ultimo sotto-profilo di doglianza, con cui il -ricorrente- eccepisce l’asserita carenza di interesse sanzionatorio in capo all’Amministrazione, alla luce del lungo tempo trascorso dai fatti contestati.

In primo luogo, l’argomentazione difensiva del ricorrente poggia sulla generale sottovalutazione – recte , minimizzazione – della portata offensiva del fatto illecito, in difformità da quanto (legittimamente) valutato dall’Amministrazione. Si è visto tuttavia come la determinazione della gravità del fatto contestato in sede disciplinare sfugga al sindacato del Giudice Amministrativo, salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e/o arbitrarietà (cfr., Consiglio di Stato, IV, 15 gennaio 2020, n. 381;
T.A.R. Lombardia, Milano, III, 2 dicembre 2020, n. 2365), i quali nel caso di specie non possono dirsi superati. La vicenda in esame si appalesa infatti manifestamente contraria all’esemplarità della condotta imposta dallo stato di militare e si pone in contrasto con i doveri attinenti al grado rivestito, ledendo il prestigio dell’Arma dei carabinieri, irrilevante restando qualsivoglia considerazione circa l’irrilevanza penale del fatto. Per le stesse ragioni non può che ritenersi riservata alla discrezionalità dell’Amministrazione, dunque esclusa dal sindacato giudiziale, ogni valutazione in ordine alla permanenza di un interesse alla sanzione dell’illecito disciplinare contestato.

In secondo luogo, la documentazione di causa attesta che l’Arma dei Carabinieri ha preso in considerazione il lungo tempo decorso dal compimento dei fatti contestati, espressamente soppesando la gravità dell’illecito con il contegno complessivamente assunto dal graduato negli anni successivi. In particolare, nella comunicazione trasmessa al Comando Generale dell’Arma dal Gen. -OMISSIS-, Comandante delle Unità Mobili e Specializzate Carabinieri “Palidoro”, si legge « Valutata complessivamente la vicenda – risalente al 2007 – e tenuto conto delle risultanze cui è giunto l’Ufficiale inquirente, ritengo che la condotta dell’Ispettore possa essere sanzionata con un provvedimento di minore intensità rispetto alla perdita di stato e, pertanto […] propongo che sia inflitta la sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego […] per un periodo di mesi sette » (doc. 10 di parte ricorrente). Nella nota del 15/3/2022 della Direzione Generale, l’Amministrazione « osserva che il militare ha fornito un rendimento in servizio giudicato, nell’ultima valutazione, “eccellente” ed è incorso in 2 (due) sanzioni di Corpo (All. 12e 13) » (doc. 11 di parte ricorrente).

Tali considerazioni rendono palese come il decorso del tempo sia stato considerato e valorizzato nella determinazione sanzionatoria, al punto da condurre ad una sanzione di grado inferiore rispetto a quella della perdita di stato.

In definitiva, il primo motivo di impugnazione deve ritenersi del tutto infondato.

6. – Identica sorte è riservata al secondo e terzo motivo di impugnazione, rispettivamente tesi a denunciare l’irrazionale e sproporzionata gravità della sanzione inflitta e la mancata valutazione delle osservazioni presentate dal -ricorrente- in sede disciplinare.

6.1 - Sulla proporzionalità della penalità inflitta, è sufficiente ricordare come la Pubblica amministrazione disponga di un’ampia sfera di discrezionalità non solo nell’apprezzamento della gravità dei fatti contestati, ma anche – ed anzi soprattutto – nella graduazione della sanzione, fermo restando che l’applicazione della misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto. Da ciò consegue che il Giudice Amministrativo può sindacare la valutazione svolta della competente Autorità Amministrativa nei soli casi di manifesta irragionevolezza, sproporzione, illogicità e contraddittorietà (cfr. da ultmo Cons. Stato, Sez. II, 04/08/2023, n. 7553;
Id., 7/11/2022, n. 9756;
cfr. anche TAR Lazio, Sez. IV, 16/02/2023 n. 2765): ipotesi che non ricorrono nel caso di specie, tenuto conto della natura dei fatti contestati e del manifesto disvalore dell’illecito commesso. Si è visto d’altronde che l’Amministrazione ha tenuto in espressa considerazione il rendimento assicurato dal ricorrente negli anni successivi alla commissione dell’illecito, di talché non è predicabile un difetto di istruttoria sul punto.

Deve pertanto escludersi che l’Amministrazione sia incorsa nella violazione dell’art. 1355 co. 2 d.lgs. 66/2010.

6.2 Quanto invece alla denunciata violazione del diritto di difesa del -ricorrente-, sotto il profilo dell’omessa valutazione delle memorie in sede procedimentale, la documentazione di causa smentisce le deduzioni di parte ricorrente.

Le difese attoree trascurano la reale portata dell’impianto motivazionale del provvedimento impugnato, che – come visto ( supra §5.3) – illustra per relationem le ragioni di fatto e diritto poste a fondamento della determinazione sanzionatoria. La lettura degli atti indicati nel provvedimento gravato, e in particolare la già menzionata “Relazione finale dell’Ufficiale Inquirente” (doc. 10 di parte ricorrente), rende manifesto come l’Amministrazione abbia preso ampia ed articolata posizione in ordine alle controdeduzioni svolte dal -ricorrente- circa la ricostruzione dei fatti contestati e la loro gravità, esaminando e ritenendo prive di pregio le argomentazioni difensive dell’incolpato. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente in atti, dunque, la motivazione offerta dall’Amministrazione sul punto non è compendiata nella locuzione « valutate ininfluenti le memorie difensive presentate dall’inquisito nel corso del procedimento disciplinare », contenuta nel decreto impugnato, bensì include per relationem il contenuto dell’ampia documentazione di corredo, puntualmente indicata e resa disponibile all’interessato.

Sotto questo profilo, deve escludersi che l’Amministrazione sia incorsa nella violazione dell’art. 1370, co. 1 d.lgs. 66/2010.

In definitiva, i motivi di impugnazione articolati dal -ricorrente- non meritano positivo apprezzamento e, conseguentemente, il ricorso deve essere definitivamente respinto.

7. – Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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