TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2015-10-28, n. 201512226

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2015-10-28, n. 201512226
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201512226
Data del deposito : 28 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04860/2010 REG.RIC.

N. 12226/2015 REG.PROV.COLL.

N. 04860/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4860 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. A G, F V, con domicilio eletto presso A G in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni, 9;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell'Interno del 5 febbraio 2010, notificato in data 9 marzo 2010, con il quale si dispone il rigetto dell'istanza del ricorrente tesa alla concessione del riconoscimento della cittadinanza italiana ( K 10/ C255674/R).


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2015 la dott.ssa C A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha presentato, il 24-6-2008, domanda per la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 91 del 5-2-1992, in quanto coniuge di cittadina italiana.

Con decreto del 5-2-2010 la domanda è stata respinta, ai sensi dell’articolo 6 comma 1 lettera c) essendo emersi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica.

Va precisato che l’amministrazione comunicava il preavviso di diniego al richiedente che non trasmetteva osservazioni difensive agli uffici.

In base all’art.8 comma 1 della legge n. 91 del 1992 nel corso del procedimento è intervenuto il parere del Consiglio di Stato n. 2332 del 23-9-2009.

In sede di ricorso sono stati proposti i seguenti motivi di censura:

violazione degli articoli 2, 3 24 della Costituzione, dell’art 7 della legge n. 91 del 1992;
degli articoli 6,7,8 della legge n. 241 del 1990.

Si è costituita l’Avvocatura dello Stato con atto di forma e depositando documentazione.

Alla camera di consiglio del 22-6-2010 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, in relazione alla mancanza del danno irreparabile.

All’udienza pubblica del 28-6-2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con ordinanza n. 8246 del 2012 il Tribunale disponeva a carico dell’Amministrazione l’onere istruttorio di produrre la documentazione sulla scorta della quale era stata assunta dagli Uffici la determinazione di rigetto della richiesta di cittadinanza qui impugnata, seppure con le opportune cautele in ragione della natura “riservata” di detta documentazione.

L’Amministrazione provvedeva a tale adempimento, depositando una relazione istruttoria, di cui la difesa ricorrente prendeva visione all’udienza del 14-3-2013, specificando gli elementi di fatto sulla base dei quali erano stati tratti elementi di pericolosità per la sicurezza della Repubblica -OMISSIS-

Avverso tale comunicazione sono stati proposti i seguenti motivi aggiunti:

eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria,travisamento dei fatti, in relazione alla collocazione temporale dei reati commessi in Romania (1991) e all’archiviazione tra il 2012 e il 2013 dei reati per cui era stato indagato in Svizzera.

All’udienza pubblica del 21-7-2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Nella specie, il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana risulta motivato con riferimento all'emersione - in seguito all'esperimento dell'attività informativa - di elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica.

A seguito della istruttoria disposta dal Tribunale sono stati confermati gli elementi sui quali è stato basato il giudizio di pericolosità.

Il ricorso non si presta ad essere accolto in ragione del contenuto di tale documentazione depositata in giudizio.

In primo luogo, si deve evidenziare che il limite indicato dall’articolo 6 comma 1 lettera c) per la concessione della cittadinanza al coniuge di cittadino italiano, del pericolo per la sicurezza della Repubblica, attribuisce all’Amministrazione un potere discrezionale. Infatti, per costante giurisprudenza quando la cittadinanza al coniuge di cittadino italiano è negata per motivi di sicurezza della Repubblica, la sua posizione soggettiva affievolisce ad interesse legittimo con attribuzione della giurisdizione a questo giudice. In materia di acquisto della cittadinanza iuris communicatione da parte del coniuge -straniero o apolide- di cittadino italiano, il diritto soggettivo dello stesso affievolisce ad interesse legittimo nell'ipotesi prevista dall'art. 6, comma 1, lett. c) della legge n. 91 del 1992, nella quale è riconosciuto all'amministrazione un potere discrezionale di valutazione (Tar Lazio II quater n. 8354 del 20-9-2013;
n. 11019 del 10-11-2009).

Tale potere discrezionale comporta che possono essere valutate una serie di circostanze che possono anche non avere rilevanza penale (diversamente dalle ipotesi di reati considerati ostativi ai sensi delle lettere a) e b) dell’art. 6 della legge n. 91 del 1992).

Peraltro, nel caso di specie, con riferimento ai precedenti del ricorrente si deve tener conto che l’Amministrazione ha fatto riferimento alla situazione giudiziaria precedente al decreto di rigetto del 5-2-2010, situazione nella quale l’indagine dell’Autorità svizzera risultava in corso, mentre, come risulta dalle affermazioni contenute nei motivi aggiunti e dalla documentazione depositata in giudizio dal ricorrente, (con una traduzione giurata e non contestata dalla Amministrazione) i provvedimenti di archiviazione sono intervenuti nel novembre 2012 e nell’aprile 2013, quindi successivamente ai provvedimenti impugnati.

Il grave quadro giudiziario delle indagini in Svizzera (indagato per associazione criminale, bancarotta, riciclaggio, traffico di stupefacenti, manodopera irregolare) , attuale al momento di adozione del provvedimento di diniego, giustifica di per sé il provvedimento di diniego e poteva in maniera non irragionevole condurre alla anche valutazione di ulteriori elementi, quali condanne penali risalenti nel tempo, come quella per i fatti commessi in Romania nel 1991, peraltro di particolare rilevanza, trattandosi della partecipazione ad un attentato di natura politica.

Dall’istruttoria disposta da questo Tribunale sono emerse anche ulteriori circostanze relative alla rilevanza della posizione del ricorrente all’interno di una organizzazione separatista indiana, della quale viene considerato anche finanziatore.

La giurisprudenza della sezione è costante nel ritenere che poiché dette informazioni vengono acquisite tramite i servizi informativi e dunque si tratta di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, quindi, di notizie di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, devono essere considerate attendibili sia perché come detto provengono dagli organi specificamente preparati e adibiti alle indagini della specie sia perché alcun certo e sicuro elemento contrario è stato prodotto dalla parte in proposito.

Non può dunque essere ravvisato alcun vizio nell'operato degli uffici istruttori né da parte del Ministero, atteso che quest’ultimo, nel respingere l’istanza per il rilascio della cittadinanza italiana, ha fondato il suo giudizio negativo su quelle attività di indagine ed ha prestato fede alla loro provenienza istituzionale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289) né sarebbe stata opportuna l'esternazione di maggiori dettagli.

Si può richiamare in proposito su questi temi la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato (cfr.,tra le tante, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103 e 19 luglio 2005 n. 3841) ad avviso della quale il provvedimento di diniego non deve necessariamente riportare le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l'attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l'indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio sfavorevole dell'amministrazione.

La sezione ha già affermato anche il principio di diritto, per cui, nei casi in cui il diniego di cittadinanza è fondato su ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica, il provvedimento di diniego è sufficientemente motivato, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, quando consente di comprendere l'iter logico seguito dall'amministrazione nell'adozione dell'atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo ( Tar Lazio II quater n. 2453 del 2014)

Gli accertamenti sulla sicurezza pubblica sono, infatti, naturalmente riservati e quando non sono posti a base di misure limitative della libertà o di altri diritti costituzionalmente garantiti ma danno luogo alla formulazione di una valutazione riferibile al potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (e che può essere risollecitata dopo cinque anni dall'emanazione del diniego, ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 91 del 1992), ben possono essere esternati con formule sintetiche che, piuttosto che configurarsi meramente apodittiche, hanno l’obiettivo di evitare il disvelamento di notizie che potrebbero compromettere anche solo attività di “intelligence” in corso.

Né può ritenersi che in questo modo venga violato il diritto di difesa dell'interessato, come sostanzialmente sostiene il ricorrente nel gravame qui in scrutinio, in quanto l'esercizio dei diritti di difesa e garanzia di un processo equo restano soddisfatti dall'ostensione in giudizio delle informative stesse (talvolta accompagnate con le cautele previste per la tutela dei documenti classificati. Cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. VI 4 dicembre 2009 n. 7637 e 2 marzo 2009 n. 1173).

Ancora sul merito della determinazione negativa qui impugnata, pare opportuno rammentare come sia principio consolidato in giurisprudenza, oltre alla già riferita circostanza che l'amministrazione gode di un' ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza.

Il concetto di sicurezza della Repubblica, infatti, non è legato solo ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può riguardare anche solo specifiche frequentazioni dello straniero e l'appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103;
nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2012 n. 1749) o sulla condivisione dei valori che possano mettere in pericolo la comunità nazionale.

La valutazione sfavorevole all’accoglimento dell’istanza presentata dall’odierno ricorrente operata dal Ministero, quindi, non si configura viziata sotto il profilo del difetto di motivazione e non si discosta dai parametri di ragionevolezza, considerato che, in relazione al provvedimento di concessione della cittadinanza - che determina l'acquisizione in via definitiva di detto status - l'accertamento dell'assenza di pericolosità sociale si caratterizza per maggiore intensità e rigore (cfr. Cons. Stato sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289).

Devono essere, infine, respinte, le censure relative alla violazione delle norme sul procedimento amministrativo. Lamenta la difesa ricorrente la violazione degli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 , in quanto non è stato comunicato l’avvio del procedimento e la violazione dell’articolo 6, per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.

Tali censure sono, infatti, all’evidenza, infondate. La comunicazione di avvio del procedimento questa non è dovuta nel caso di procedimenti ad istanza di parte regolati dall’art 10 bis della legge n. 241 del 1990. La comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7 della legge n. 241 del 1990, non è dovuta nel caso di procedura iniziata a istanza di parte, come nel caso di specie (cfr. per tutte Cons. Stato, sez IV 554 del 5-2-2015;
sez. V, n. 3928 del 24-7-2014).

L’Amministrazione ha depositato in giudizio la cartolina di ricevimento del preavviso di rigetto risulta, comunicato il 14-12-2009 al ricorrente che non ha proposto osservazioni.

Quanto alla mancata indicazione da parte dell'amministrazione del responsabile del procedimento, per pacifica giurisprudenza, ciò non integra una illegittimità del provvedimento, dovendosi considerare responsabile del procedimento il funzionario preposto alla competente unità organizzativa (Cons. Stato,Sez. IV, n. 1632 del 22-3- 2013 n. 1632;
TAR Lazio III quater 9-9-2010;
II n. 4461 del 6-5-2013).

In ragione delle suesposte osservazioni il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti.

Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente, dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti costituite.

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