TAR Torino, sez. II, sentenza 2015-12-18, n. 201501790
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N. 01790/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01250/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1250 del 2014, proposto da:
Societa' Agricola Dellarossa di C e M F.lli s.s., rappresentata e difesa dall'avv.to E B, con domicilio eletto presso E B in Torino, Via Susa, 30;
contro
Agea - Agenzia Per Le Erogazioni in Agricoltura, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;Cooperativa Produttori Latte Abit Soc. Agr. Coop.;
per l'annullamento
1) della richiesta-intimazione di versamento del prelievo esigibile ex art. 8 quinquies legge 33/2009 di cui alla comunicazione INL 33-04126663P Prot. n. Agea.Aga.2014.0038798 dell'1/7/2014 spedita con Raccomandata A.R. 151005829872 ricevuta il 7/7/2014, con richiesta di pagamento di euro 176.201,25 a titolo di prelievo, oltre l'importo di euro 80.494,14 a titolo di interessi e così totali euro 256.695,39, imputati per le annate casearie 1997/1998 e 1998/1999;2) della richiesta-intimazione di versamento del prelievo esigibile ex art. 8 quinquies legge 33/2009 di cui alla comunicazione INL 33-04128658P Prot. n. Agea.Aga.2014.0051184 del 24/9/2014 spedita con Raccomandata A.R. 151005833172, ricevuta il 30/9/2014, con richiesta di pagamento di euro 89.943,65 a titolo di prelievo, oltre l'importo di euro 258.186,74 a titolo di interessi e così totali euro 384.130,39, imputati alla ricorrente per l'annata casearia 2002/2003;3) nonchè di ogni altro atto comunque connesso, presupposto o conseguente, anche non conosciuto, in particolare dei provvedimenti AIMA e AGEA di compensazione nazionale relativi ai periodi 1997/1998, 1998/1999, 2002/2003, nonchè delle comunicazioni AIMA 8/9/1999 (r.a.r. 7/10/1999) e AGEA 3/7/2003 (r.a.r. 4/8/2003) inviate con le raccomandate indicate nelle Tabelle 1 degli Allegati 1 alle intimazioni di versamento di cui ai punti 1) e 2) che precedono.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia Per Le Erogazioni in Agricoltura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2015 la dott.ssa P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La azienda agricola ricorrente ha adito l’intestato TAR, contestando la richiesta-intimazione di pagamento di cui è stata destinataria su iniziativa di AGEA, ai fini del recupero del prelievo dovuto per l’applicazione del regime delle cosiddette “quote-latte”, relative alle campagne casearie 1997/1998, 1998/1999, 2002/2003.
Deduce parte ricorrente i seguenti motivi di ricorso:
1)Illegittimità dell’iscrizione del prelievo nel Registro Nazionale dei debiti per difetto di sussistenza e/o motivazione circa i presupposti stabiliti dagli artt. 8 ter e 8 quater della l. n. 33/2009.
2)Illegittimità di detta iscrizione ai fini della procedura di recupero ex art. 8 ter co. 4 l. n. 33/2009 per difetto di preventiva comunicazione-notificazione dell’imputazione e dell’accertamento definitivi del prelievo.
3)Illegittimità dell’imputazione per difetto di specificità e motivazione.
4) Illegittimità della quantificazione e imputazione del prelievo per erroneità dei calcoli di determinazione del prelievo supplementare imputato alla Stato e ai singoli allevatori per le annate casearie dal 1995/1996 al 2008/2009.
5) Illegittimità dell’imputazione del prelievo per l’annata 2002/2003 per aver formato oggetto di giudicato di annullamento ai sensi della sentenza T. Torino n. 35506/04.
6) Illegittimità dell’applicazione degli interessi di mora in mancanza di notificazione dell’imputazione di prelievo e di richiesta di relativo pagamento
7) Illegittimità dell’applicazione di interessi moratori sul prelievo avente sostanzialmente natura di sanzione civile.
AGEA si costituiva con memoria di mero stile.
Con ordinanza n. 208/2014 l’istanza cautelare veniva accolta limitatamente agli interessi, con invito ad AGEA a depositare documentati chiarimenti.
All’udienza del 25.11.2015, fissata per la discussione di merito, veniva rilevato d’ufficio che, con riferimento alle annate casearia 97-98 e 98-99 parte ricorrente risulta aver già intentato e perso il giudizio definito con sentenza passata in giudicato TAR Lazio n. 5620/2013;con riferimento all’annata 2002/2003 risulta pronunciato decreto di perenzione del TAR Lazio n. 1176/2012, con conseguente tardività dell’attuale impugnativa.
DIRITTO
Ritiene il collegio indispensabile una premessa di inquadramento normativo con riferimento al procedimento di cui al d.l. n. 5/2009 (nel quale si inserisce l’opposta intimazione) e al contesto comunitario circa l’applicazione del regime delle “quote latte” da parte dello Stato italiano.
Costituisce fatto notorio, essendo stato oggetto di plurime interrogazioni parlamentari, interventi della Commissione europea e pronunzie della Corte dei Conti, che l’Italia è stata ed è tuttora destinataria di procedure di infrazione comunitaria per la lentezza nell’applicazione e nel recupero dei debiti a titolo di “quote latte”.
Secondo quanto risulta dalla deliberazione n. 12/2014/G del 9 ottobre 2014 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, il mancato recupero dei crediti nel sistema delle quote latte: “si è tradotto in un esborso complessivo nei confronti dell'Unione europea, ad oggi, di oltre 4,4 miliardi di euro. Per il periodo precedente la campagna lattiera 1995/96, l'onere si è scaricato interamente sull'erario, mentre le somme teoricamente recuperabili nei confronti degli allevatori - e già anticipate all'Unione a carico della fiscalità generale - superano l'importo di 2.537 milioni. Tuttavia, risultava imputabile ai produttori, secondo l'A.g.e.a., nel mese di dicembre 2012, il minor ammontare di 2.263 milioni, ridotto a 2.260 nel settembre 2013, ed ulteriormente diminuito a 2.207 milioni, secondo la comunicazione del luglio 2014. Di esso, il recuperato effettivo è trascurabile. L'accollo da parte dello Stato dell'onere del prelievo si configura come violazione non solo della regolamentazione dell'Unione europea ma, altresì, degli obiettivi della sua politica economica, indirizzati all'efficiente organizzazione del mercato lattiero-caseario, al suo assetto strutturale in linea con la necessità di contenere le produzioni ed alla tutela della libera concorrenza tra i produttori del settore”.
In sostanza l’inadempienza dei singoli risulta, allo stato, gravare sulla fiscalità generale, con persistente violazione della normativa comunitaria e delle regole di mercato, che dalla medesima discendono, in danno innanzitutto di quegli operatori (altri allevatori) che, nonostante le criticità, hanno collaborato al rispetto del sistema.
Nel 2003, a fronte delle persistenti inadempienze e reiterate agevolazioni concesse dallo Stato italiano, si rendeva necessario un intervento del Consiglio dell’Unione europea che, con la decisione 2003/530/CE sulla compatibilità con il mercato comune di aiuti che lo Stato italiano intendeva concedere agli allevatori, in via del tutto eccezionale ai sensi dell’art. 88 par. 2 terzo comma CE, statuiva :“Nel periodo dal 1995/1996 al 2001/2002, i produttori italiani di latte hanno prodotto quantitativi di latte superiori a quelli di riferimento e devono versare alla Comunità un importo pari a 1386475250 EUR a titolo del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari istituito conformemente al regolamento (CEE) n. 3950/92. A seguito di sospensioni dei pagamenti che i suddetti produttori hanno ottenuto dai tribunali amministrativi nazionali, le autorità italiane non hanno riscosso gran parte di tale importo. L'attuale situazione italiana è caratterizzata dal fatto che la riscossione del prelievo supplementare incontra una serie di difficoltà le quali hanno prodotto, in particolare, un vasto numero di cause pendenti che può continuare a ritardare gli effettivi pagamenti ancora per molto tempo. Per risolvere questo contenzioso ed eliminare le tensioni sociali attualmente esistenti, le autorità italiane prevedono di adottare misure che consentano ai suddetti produttori di latte di saldare il debito restante mediante pagamenti differiti effettuati su vari anni senza interessi. A tal fine le autorità italiane intendono concedere ai produttori in questione un aiuto statale, per cui la Repubblica italiana si sostituirebbe ai produttori nel pagamento dell'importo totale da essi dovuto alla Comunità e recupererebbe l'intera somma dagli stessi mediante i pagamenti differiti. Il governo italiano si è impegnato ad evitare in avvenire simili problemi imponendo una rigorosa applicazione del prelievo supplementare sulla base di una nuova legge per la futura gestione delle quote latte che prevede un radicale riesame e ammodernamento delle sue disposizioni di attuazione. Stando alla valutazione della Commissione, tale legge costituisce una corretta base legislativa per l'applicazione del regime e, se pienamente e correttamente attuata, consentirà un buon funzionamento del regime. Per evitare ai singoli produttori di latte italiani interessati insostenibili problemi finanziari, che sarebbero probabilmente causati da un immediato recupero globale degli importi dovuti, e quindi allentare le tensioni sociali esistenti, si riconosce l'esistenza di circostanze eccezionali che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 87 del trattato, autorizzano a considerare l'aiuto che la Repubblica italiana intende concedere ai suddetti produttori di latte, sotto forma di anticipi e pagamenti differiti, compatibile con l'organizzazione comune dei mercati, in deroga all'articolo 87 del trattato, sempreché siano rispettate le condizioni stabilite nella presente decisione.”
Ne scaturiva la cosiddetta “sanatoria” del 2003 (d.l. n.49/2003, convertito in l. n. 119/2003) cui una parte degli allevatori inadempienti decideva di aderire.
Detta sanatoria ha comunque ingenerato una procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea, in quanto lo Stato italiano, nell’attuazione delle misure di aiuto autorizzate, si è discostato dalla soluzione valutata dalla Consiglio dell’Unione;infatti coloro che avevano aderito alla rateizzazione, e avevano in corso il pagamento delle rate, si sono visti riconoscere, con d.l. n. 225/2010, la proroga nel pagamento di una rata.
Siffatta, se pur minima, ulteriore agevolazione è stata sanzionata dalla Commissione europea che, con la decisione 17.7.2013, ha stabilito, tra l’altro, che: “La proroga di pagamento della rata dei prelievi sul latte in scadenza il 31 dicembre 2010, introdotta come comma 12 duodecies all’articolo 1 del decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010 dalla legge n. 10/2011, ed illegittimamente applicata dall’Italia, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, costituisce un aiuto di Stato…”, e ne ha imposto il recupero.
In detta decisione la Commissione ha addirittura ritenuto che la modifica dei termini di pagamento di una rata avesse comportato la riqualificazione quale diverso aiuto di stato non autorizzato dell’intera rateizzazione;sul punto la decisione della Commissione è stata tuttavia riformata dalla sentenza del Tribunale III sezione 24.6.2015 anche per ragioni procedurali;la statuizione, in ogni caso, ha confermato il primo punto della decisione della Commissione, ossia la qualificazione quale aiuto di stato della proroga dei termini di pagamento.
La sanatoria del 2003, pur a fronte dei notevoli vantaggi concessi, non si è dimostrata risolutiva ai fini del recupero;l’intimazione di pagamento ex art. 8 quinquies d.l. n. 5/2009 ha comunque specificato che restano salve la rateizzazioni in corso in seguito alla sanatoria del 2003.
Per ulteriormente risolvere la situazione, con il d.l. n. 5/2009 (oggetto della presente contestazione), lo Stato italiano (per altro concedendo ulteriori agevolazioni agli allevatori insolventi, quale la possibilità di pagare gli importi più rilevanti con rate trentennali, salvo la doverosa applicazione degli interessi, per non incorrere nella necessità di chiedere nuova autorizzazione a concedere aiuti di stato) ha inteso riattivare la procedura di recupero individuata come uno dei presupposti anche dell’autorizzazione concessa dal Consiglio sin dal 2003.
L’impianto del d.l. n. 5/2009 mira contestualmente ad incentivare una soluzione tra le parti, garantendo tempi certi del recupero.
L’interpretazione delle disposizioni non può, allora, che avvenire alla luce dei principi comunitari e costituzionali che vogliono lo Stato italiano, e per esso i suoi cittadini, vincolati al rispetto delle regole del mercato comunitario (nell’interesse innanzitutto degli operatori del mercato che dette regole rispettano) .
Il legislatore ha disegnato una procedura di riscossione coattiva sulla falsa riga di quella prevista in materia tributaria, tant’è che la normativa richiama espressamente il d.p.r. n. 602 del 1973.
Recita l’art. 8 quinquies del d.l. n. 5/2009:
“L'AGEA, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, intima a ciascun debitore il versamento delle somme che risultino esigibili. Sono da considerare esigibili anche le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale.
2. Il produttore interessato può presentare all'AGEA, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'intimazione di cui al comma 1, la richiesta di rateizzazione;a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del suddetto termine sono sospese le procedure di recupero per compensazione, di iscrizione a ruolo, nonché le procedure di recupero forzoso e sono interrotti i termini di impugnazione.
3. L'AGEA provvede alla tempestiva comunicazione a Equitalia Spa per gli adempimenti di competenza.
In caso di accettazione della domanda di rateizzazione di cui all'articolo 8-quater da parte del Commissario straordinario, i produttori devono esprimere la rinuncia espressa ad ogni azione giudiziaria eventualmente pendente dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi e ordinari.
4. Le sospensioni e le interruzioni di cui al comma 2 proseguono per i produttori che presentano la richiesta di rateizzazione fino alla scadenza del termine di cui al comma 6.
5. Per le somme che divengono successivamente esigibili sempreché riferite ai periodi precedenti al 2009-2010, l'AGEA procede ai sensi del comma 1;entro i sessanta giorni successivi alla ricezione dell'intimazione gli interessati possono chiederne la rateizzazione.
6.…Sulle richieste di rateizzazione il Commissario provvede entro tre mesi dalla presentazione delle richieste di rateizzazione in merito al loro accoglimento e entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione della decisione il debitore comunica l'accettazione della rateizzazione. ..
8. Per i produttori che hanno richiesto la rateizzazione, le provvidenze e gli aiuti agricoli comunitari, connessi e cofinanziati, nonché le provvidenze e gli aiuti agricoli nazionali erogati dagli organismi pagatori sono recuperati per compensazione fino alla concorrenza dell'importo della prima rata.
9. La mancata effettuazione del versamento, anche per una sola rata, determinata ai sensi del comma 6, comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione e dalle quote di cui l'interessato sia titolare assegnate ai sensi dell'articolo 8-bis, comma 2.
10. Nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di decadenza dal beneficio della dilazione l'AGEA procede alla riscossione mediante ruolo, avvalendosi, su base convenzionale, per le fasi di formazione del ruolo, di stampa della cartella di pagamento e degli altri atti della riscossione, nonché per l'eventuale assistenza nella fase di gestione del contenzioso, delle società del Gruppo Equitalia.
10-bis. La notificazione della cartella di pagamento prevista dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, e ogni altra attività contemplata dal titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e successive modificazioni, sono effettuate dall'AGEA, che a tal fine si avvale delle società del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza. Il personale di quest'ultimo esercita le funzioni demandate dalla legge agli ufficiali della riscossione.
10-ter. Le procedure di riscossione coattiva sospese ai sensi del comma 2 sono proseguite, sempre avvalendosi delle società del gruppo Equitalia ovvero del Corpo della guardia di finanza, dalla stessa AGEA, che resta surrogata negli atti esecutivi eventualmente già avviati dall'agente della riscossione e nei cui confronti le garanzie già attivate mantengono validità e grado.”
Da ultimo la Commissione europea in data 26 febbraio 2015 ha deferito l'Italia, nell’ambito della procedura di infrazione 2013-2092, alla Corte di giustizia europea per il mancato recupero, su un totale di 2,265 miliardi di euro, di 1,395 miliardi di multe dovuti dai produttori di latte che nelle campagne dal 1995 al 2009 avevano superato le rispettive quote di produzione. La lentezza della gestione della stessa procedura di riscossione configurata nel 2009 sta dunque esponendo lo Stato italiano ad ulteriori sanzioni in sede comunitaria.
La procedura disegnata nel 2009 individua chiaramente tre fasi: una prima fase di accertamento (meglio sarebbe definirla “ri-accertamento”, visto che trattasi dell’ennesimo accertamento in contraddittorio inerente crediti oggetto di plurime pregresse iscrizioni a debito, nonché di crediti spesso già oggetto di contenzioso giurisdizionale, conclusosi sfavorevolmente per i ricorrenti), con la quale l’AGEA intima definitivamente il pagamento di somme esigibili (l’intimazione reca analitico elenco dei crediti, del periodo di riferimento, delle pronunce rese in sede contenziosa, dei criteri di calcolo utilizzati);una fase eventuale volta all’ottenimento della rateizzazione, da attivare negli stessi termini previsti per il pagamento;una fase di riscossione pura di quanto accertato con l’intimazione di pagamento.
In sostanza l’intera procedura, oltre che di impianto autoritativo-esecutivo, prevede anche reciproci vantaggi al fine evidente di comporre l’annosa questione, da un lato consentendo una rateizzazione fino a trenta anni di debiti, dall’altro richiedendo una rinuncia all’ulteriore procrastinazione del contenzioso, per porre termine all’evidente esposizione sanzionatoria dello Stato italiano.
All’udienza di discussione è stato rilevato d’ufficio che parte ricorrente risulta avere già proposto, per le identiche annate casearie oggi in contestazione, altro contenzioso presso il TAR Lazio, definito con sentenza passata in giudicato n. 5620/2013, con la quale le pretese della ricorrente sono state accolte limitatamente alla decorrenza degli interessi per le annate casearie 1997-1998 e 1998-1999;la sentenza è passata in giudicato. Del parziale accoglimento l’impugnata intimazione tiene conto poiché la decorrenza degli interessi ivi indicata corrisponde a quanto statuito in sentenza.
Rispetto all’annata 2002/2003 il contenzioso intentato dalla ricorrente risulta definito con decreto di perenzione n. 1176/2012.
Premesso che, a fronte dell’analitico contenuto dell’intimazione impugnata, sarebbe stato onere della ricorrente contestare analiticamente gli elementi ivi indicati (producendo i provvedimenti e dando atto dei relativi giudizi pendenti o definiti), è pacifico che tanto il giudicato che la decadenza siano rilavabili d’ufficio.
In tema di giudicato si legge ad esempio in Cass. sez. V, 15.6.2007, n. 14014: “I principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice, anche in sede di legittimità, di rilevare d'ufficio l'esistenza di un eventuale giudicato esterno. Tale rilievo, in ragione del preminente interesse pubblico sotteso dai princìpi costituzionali sopra ricordati, deve avvenire anche prescindendo da eventuali allegazioni in tal senso delle parti, e - qualora il giudicato si sia formato in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione - facendo ricorso, se necessario, agli strumenti informatici ed alle banche dati elettroniche interne all'ufficio ove siano archiviati i ricorsi e le decisioni”.
E’ infatti del tutto evidente che la reiterazione di analoghe vertenze urta contro i principi fondamentali del giusto processo (impegnando ingiustificatamente la risorsa giustizia in reiterate questioni aventi il medesimo oggetto ed imponendo una disfunzionale gestione dei paralleli contenziosi, eventualmente ignorati dai vari giudici) tutelati dall’art. 111 della Costituzione.
D’altro canto, a livello sovranazionale, è pacifica giurisprudenza della Corte EDU che costituisca abuso del processo ogni comportamento che possa essere di ostacolo al buon andamento del procedimento, inclusa ogni condotta che consista nel sottacere informazioni essenziali riguardanti i fatti di causa, l’uso eccessivo dei procedimenti giudiziari o la mancata indicazione di collegamenti tra cause (in tal senso la Corte Europea dei diritti dell’uomo nelle decisioni: B