TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2020-11-20, n. 202005395
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Pubblicato il 20/11/2020
N. 05395/2020 REG.PROV.COLL.
N. 05770/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5770 del 2015, proposto da
L S, rappresentata e difesa dall'avvocato V A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Casamicciola Terme, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via S. Lucia, 62;
per l'annullamento
della ingiunzione a demolire, n. 34 del 5 agosto 2015, adottata dal comune di Casamicciola Terme;
di ogni altro atto comunque connesso, preordinato e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casamicciola Terme;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2020 Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La ricorrente è proprietaria di un immobile, sito in Casamicciola Terme, al viale Paradisiello 2.
1.1. Con la ordinanza impugnata, n. 34/2015, il resistente Comune ingiungeva la demolizione delle opere abusive ivi acclarate con relazione di sopralluogo e rapporto tecnico n. 535 del 17 dicembre 2011, e in appresso puntualizzate: piano interrato, locale deposito/tecnologico di 10 mq ca., per un’altezza di mt 2,90;muratura divisoria “ con altra proprietà ” al primo piano lunga mt 8, di 1 metro di altezza, sormontata da ringhiera in ferro di 80 cm;scala a chiocciola in ferro che si diparte dal secondo livello per il raggiungimento del lastrico solare;sul lastrico solare, di poi, locale di sgombero di 9,80 mq circa, con copertura a falda di altezza variabile da mt 2,45 a mt 2,35.
1.2. Avverso detto provvedimento insorgeva parte ricorrente avanti questo TAR, a mezzi di gravame essenzialmente deducendo:
- violazione e falsa applicazione artt. 4, 7, 8 e 10 l. 47/85, 24 e 97 Cost.;violazione del giusto procedimento, stante la mancata comunicazione di avvio del procedimento e la assenza, indi, di qualsivoglia apporto partecipativo da parte della ricorrente;
- eccesso di potere per difetto di motivazione, non avendo l’Amministrazione minimamente dato conto delle precipue ragioni di pubblico interesse, concreto e attuale, legittimanti la demolizione di opere, peraltro, la cui natura era stata acclarata in epoca risalente, in data 17 dicembre 2011;
- violazione 164f31::LRCF869CD05BE34469DE0F::2008-04-09" href="/norms/codes/itatextc2jzvpf9k63v16/articles/itaart52b7w3gzullnof?version=e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LRCF869CD05BE34469DE0F::2008-04-09">artt. 136 e 167 d.lgs. 42/04 – violazione l.r. 10/82 – violazione DPR 616/77 art. 82 – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere – incompetenza, stante la mancanza del parere della commissione edilizia integrata;
- violazione art. 32 l. 1150/42 in reazione all’art. 1, lett. n), DPR 8/2 e l.r. 10/82, stante la mancata istruttoria sulla epoca di realizzazione dell’immobile e, in ogni caso, la realizzabilità delle opere “ senza alcun preventivo atto assentivo ”;
- incompetenza – violazione art. 51 l. 142/90, stante la incompetenza del responsabile del procedimento alla adozione della gravata ordinanza, che per contro avrebbe dovuto essere emanata dal Sindaco, in mancanza della indispensabile normativa regolamentare di attuazione;
- violazione art. 31 dpr 380/01 e ss.mm., ed eccesso di potere, atteso che si tratterebbe, in ogni caso, di opere di manutenzione di pertinenze, in quanto tali assoggettabili ad “ autorizzazione gratuita ” o a DIA, eventualmente comportanti al più la irrogazione della sanzione pecuniaria ex art. 37 DPR 380/01;le predette opere avrebbero, invero, le stesse caratteristiche delle recinzioni esplicitamente ammesse dall'art. 10 del RUEC, che pure contempla la realizzazione di locali tecnologici (cfr. art.5 e segg,) e recinzioni con muro e ringhiera (art.11), nel mentre il predetto fabbricato de qui si troverebbe in zona A2 del P.R.G., “ ove sono possibili tali interventi ”.
1.3. Si costituiva l’intimato Comune instando per la reiezione del gravame.
1.4. La causa, al fine, dopo che la ricorrente ulteriormente illustrava le formulate doglianze con memoria difensiva, veniva introitata per la decisione all’esito della pubblica udienza del 9 ottobre 2020.
DIRITTO
2. Il ricorso non è fondato.
2.1. Vanno in primo luogo negativamente scrutinate le doglianze che - in ossequio all’indefettibile ordo quaestionum (CdS, a.p. 5/15) che connota il processo amministrativo, a prescindere da una eventuale volontà di graduazione della parte ricorrente (volontà peraltro, nella fattispecie, non mai disvelatasi) - assumono carattere preliminare in quanto pongono questioni di incompetenza, ovvero di mancato esercizio del potere da parte dell’organo competente:
- di manifestare la volontà provvedimentale, che nella fattispecie dovrebbe essere rinvenuto nel Sindaco e non già nel dirigente;
- di rendere un parere obbligatorio, che nel caso che ne occupa dovrebbe individuarsi nella commissione edilizia integrata.
2.1.1. I mezzi non sono fondati.
2.1.2. E, invero, costituisce dato affatto ricevuto quello in virtù del quale “ L’adozione dell'ordinanza di demolizione di opere sine titulo rientra nella competenza del dirigente comunale ovvero, nei Comuni sprovvisti della qualifica, in quella dei responsabili degli uffici e servizi, dovendo ritenersi implicitamente abrogata ogni disposizione che faccia riferimento alla competenza del Sindaco in materia ”, a nulla potendo per certo rilevare la assenza di disposizioni attuative in tal senso dello statuto comunale ovvero di matrice regolamentare, discendendo tale attribuzione direttamente dalla legge, e ciò già con l’art. 2, comma 12, l. 16 giugno 1998 n. 191 (TAR Campania, IV, 4 luglio 2019, n. 3700;Id. VI, 1 febbraio 2019, n. 537;Id., id., 6 marzo 2018, n. 1416).
2.1.3. Quanto alla ulteriore censura relativa alla mancanza del parere della commissione edilizia integrata, è sufficiente quivi il richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Sezione, in forza del quale “ l'esercizio dei poteri sanzionatori in materia urbanistico-edilizia non richiede tale parere, poiché l'ordine di ripristino discende direttamente dall'applicazione della disciplina edilizia vigente, non costituendo irrogazione di sanzioni discendenti dalla violazione di disposizioni a tutela del paesaggio (in questo senso T.A.R. Campania, sez. VI, 7 giugno 2019, n. 3108, sez. IV, 21 giugno 2019, n. 2672) ” (TAR Campania, VI, 27 gennaio 2020, n. 378).
2.2. Anche il mezzo con cui si veicolano doglianze afferenti alla asserita violazione delle prerogative di partecipazione procedimentale spettanti alla ricorrente, non è fondato, atteso che, siccome si avrà modo di illustrare infra in sede di negativo scrutinio del motivo “afferente al merito”, il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.
2.2.1. La certazione giudiziale della legittimità della azione provvedimentale quivi censurata rende irrilevante la (asserita) pretermissione procedimentale, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda (TAR Campania, VI, 20 luglio 2020, n. 3210;TAR Lombardia, I, 26 settembre 2018, n. 2145).
2.2.2. La ricaduta patologica di tale lamentata violazione “formale e/o procedimentale” è quindi sterilizzata dall’applicazione dell’art. 21- octies della legge 241/90, norma che ben si attaglia anche alla omessa comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla adozione della ingiunzione a demolire.
2.2.3. D’altra parte, costituisce dato pacifico quello in forza del quale ai fini dell’adozione di provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi, stante la natura vincolata degli stessi, non è necessaria la preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento (solo da ultimo, TAR Campania, 10 agosto 2020, n. 3560;CdS, VI, 12 maggio 2020, n. 2980;CdS, VI, 11 marzo 2019, n. 1621).
2.3. Nessun vizio di natura motivazionale stricto sensu intesa, di poi (cfr., quarto mezzo) può affliggere il gravato provvedimento di ingiunzione a demolire, trattandosi di atto che - certando la esistenza di un illecito, ed irrogando la relativa sanzione - necessita di giustificazione , più che di motivazione, consistente:
- nell’ acclaramento dei fatti, id est della realizzazione delle opere e degli interventi edilizi;
- nella sussumibilità di tali interventi nel novero di quelli necessitanti di un titolo abilitativo;
- nella certazione della loro realizzazione, di contro, in assenza del prescritto provvedimento abilitante.
2.3.1. Di qui il consolidato insegnamento a mente del quale i provvedimenti repressivi di abusi edilizi, in quanto espressione di actio vincolata nel contenuto, non abbisognano di specifica motivazione - intesa come estrinsecazione della scelta della preminenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’ordine giuridico infranto, all’esito di una ponderazione dei contrapposti interessi in giuoco - bensì di un supporto giustificativo, id est della certazione della esistenza di attività edilizia realizzata in dispregio delle regole (TAR Campania, VI, 10 agosto 2020, n, 3560;Id., id., 22 maggio 2020, n. 1939).
2.4. Non fondata, di poi, è parimenti la censura relativa al “merito” delle opere edilizie contestate,
E, invero, gli interventi edilizi contestati, implicano una consistente trasformazione dello stato dei luoghi con incrementi di superfici e di volumi realizzati in dispregio della normazione urbanistica e di quella paesaggistica.
2.4.1. Non conducente, in limine , è la osservazione circa il carattere “pertinenziale” delle plurime opere abusive de quibus (locale deposito di mq 10,37;muratura divisoria lunga mt 8,00 e alta mt 1, con ringhiera in ferro di 80 cm;locale di sgombero sul lastrico solare di mq 9,80).
Costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale “ Nel momento in cui un'opera è realizzata al soddisfacimento di esigenze non temporanee non è possibile beneficiare, anche quando la stessa sia stata realizzata con materiali facilmente amovibili, del regime delle opere precarie ” (CdS, VI, 10 gennaio 2020, n. 260).
2.4.2. Nella fattispecie, peraltro, il carattere stabile e duraturo delle opere de quibus è pacificamente riconosciuto dalla stessa ricorrente che apertis verbis dichiara trattarsi di opere realizzate da tempo risalente (cfr., altresì, gli accertamenti disposti dalla Amministrazione, con la nota del 20 dicembre 2011, ove si acclara la esistenza delle opere de quibus sin dal 2004, “ come si evince da ortofotopiano (…) che riprende una volata aerea del settembre 2004 ”).
2.4.3. D’altra parte, ciò che assume rilevanza nella indagine circa la esistenza di una duratura trasformazione del territorio è un criterio esegetico e valutativo di matrice teleologico-funzionale, piuttosto che di natura meramente morfologico-strutturale (CdS, VI, 1 aprile 2016, n. 1291).
2.4.4. Di talché, ai fini dello scrutinio circa la necessità del permesso di costruire, si devono valutare come opere di “ nuova costruzione ” quelle opere che comunque implichino una stabile - ancorché non irreversibile - trasformazione urbanistico-edilizia del territorio preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell'immobile, dovendosi, pertanto, da ciò logicamente inferire che se, allora, sono soggetti a titolo edilizio tutti i manufatti che, pur semplicemente aderenti al suolo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale (TAR Campania, III, 2 marzo 2020, n. 948;TAR Campania, VI, 5 agosto 2019, n. 4286).
2.5. In ogni caso, gli interventi edilizi in esame non mai sono sussumibili nel novero degli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, in quanto tali suscettibili di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01.
2.5.1. E, invero, a’ sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) e b) del DPR 380/01:
- gli “ interventi di manutenzione ordinaria ” sono “ gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti ”;
- per “ interventi di manutenzione straordinaria ” si intendono “ le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso ”.
2.5.2. Agli specifici fini che ne occupano è dunque necessario che gli interventi:
- siano funzionali al rinnovamento e alla sostituzione di parti anche strutturali dell’edificio, anche realizzando o integrando servizi sanitari e tecnologici;
- non modifichino la volumetria complessiva dell’edificio o la sua destinazione d’uso.
2.5.3. Ora la realizzazione ex novo di un locale deposito al piano interrato, di un locale di sgombero sul lastrico solare, e di un muretto divisorio implicano ictu oculi ulteriori utilità per essi locali abitativi, formando parte funzionalmente integrante dell’abitazione stessa, ed incrementando evidentemente la superficie dello stabile, in quanto tale assentibile con permesso di costruire, e non con la sola SCIA.
2.5.4. Al riguardo è ben noto il discrimine tra gli interventi manutentivi o di restauro, per i quali la SCIA, con possibilità di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01, e un intervento edilizio necessitante di permesso di costruire.
Il citato discrimine si sostanzia nel fatto che i primi son diretti a conservare l'edificio nel rispetto della sua tipologia, forma e struttura, senza alcun inserimento di elementi innovativi sotto l’aspetto della migliore e più ampia fruizione (anche se sostitutivi di quelli precedenti), mentre la seconda ottiene il risultato di modificare l'originaria consistenza fisica dell'edificio, grazie, tra le altre cose, ad una nuova e migliore redistribuzione funzionale (o, il che è lo stesso, una nuova destinazione d’uso) di superfici altrimenti utilizzate come mera copertura.
2.5.5. Di talchè, nella fattispecie non possono dirsi in alcun modo soddisfatte le due condiciones negative supra tratteggiate ai fini della riconducibilità degli interventi nel novero di quelli suscettibili di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01, consistenti nella assenza: i) di un incremento volumetrico; ii) di un mutamento di destinazione d’uso.
2.6. Così che –quanto alle opere realizzate sul terrazzo al primo livello- se è vero che “ la concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo jus excludendi alios ”, è di contro pacifico che “ occorre, invece, la concessione, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica ” (CdS, IV, 15 dicembre 2017, n. 5908);priva di qualsivoglia supporto probatorio, di poi, si appalesa la asserzione relativa alla natura “sostituiva” (di una preesistente scala in ferro) della scala a chiocciola pure ivi realizzata.
2.7. Anche il locale realizzato sul lastrico solare, la cui effettiva consistenza non è quivi in discussione, non può ascriversi alla categoria delle opere di manutenzione straordinaria, non essendo rinvenibili i requisiti costituiti dalla necessità che i lavori siano diretti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell’edificio, nonché dal divieto di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari o di mutare la loro destinazione ( ex multis, CdS, sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3270).
2.7.1. Sul punto, le allegazioni di parte ricorrente circa la presunta epoca di realizzazione del locale (prima del 1967), in quanto deprivate di un adeguato conforto probatorio, non valgono ad incrinare l’impianto istruttorio su cui fonda il gravato provvedimento.
2.7.2. La carenza financo di un principio di prova - che non può per certo essere rinvenuto nella aerofotogrammetria versata in atti, da cui non è dato evincere la effettiva esistenza e consistenza del manufatto de quo in data antecedente al 1967 - depriva di concreta significanza le censure di parte ricorrente.
2.7.3. E, invero, la allegata “preesistenza” al 1967 - in quanto funzionale a contrastare il gravato provvedimento - deve riferirsi al manufatto in sé, nelle dimensioni e nella consistenza di poi acclarata all’esito dei sopralluoghi effettuati dal Comune.
2.7.4. Orbene, è tale allegazione ad essere sfornita di prova, non essendo riversati negli atti di causa documenti dai quali sia possibile evincere:
- la effettiva esistenza nell’area del locale prima del 1967 ;
- la sua concreta natura, consistenza e conformazione, siccome in allora delineate.
2.7.5. Ora, costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale, l'onere della prova circa la effettiva natura ed entità dei lavori, nonché circa il tempus di loro ultimazione, grava in capo al soggetto che allega di avere realizzato essi lavori, nella cui sfera di signoria, quale responsabile dell’abuso o proprietario, ricade la condotta (TAR Campania, VI, 26 giugno 2020, n. 2680;CdS, II, 30 aprile 2020, n. 276;CdS, VI, 24 gennaio 2020, n. 588, in tema di prova della data di ultimazione dei lavori ai fini della fruizione del beneficio del condono).
2.7.6. E ciò anche in ossequio al cd. “ principio di vicinanza della prova ”, in forza del quale è ragionevolmente esigibile da chi ha posto in essere le opere la produzione di evidenze documentali atte a comprovare la natura delle stesse, anche attraverso riferimenti alla effettiva consistenza dell’immobile, sia ex ante che ex post (TAR Campania, VI, 28 maggio 2020, n. 2043;TAR Lombardia, I, 26 settembre 2018, n. 2143).
2.8. Infine, non fondate si appalesano altresì le censure della ricorrente relative al locale posto al piano interrato, comechè asseritamente integrante volume tecnico. E, invero, in disparte il profilo urbanistico, assume significanza dirimente la collocazione dell’immobile de quo agitur in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
2.8.1. Valga, all’uopo, il richiamare l’ordito normativo in cui pure si inscrive la fattispecie in esame:
- l’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede che “ I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157 (…) hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato (…) L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi ”;
- l’art. 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004 testualmente statuisce che “ L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati (…) Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni ”.
2.8.2. D’altra parte, la ratio della introduzione di vincoli paesaggistici generalizzati (in base a tipologie di beni) risiede nella valutazione che l’integrità ambientale è un bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va, pertanto, salvaguardato nella sua interezza (Corte costituzionale, sentenze n. 56 del 2016, n. 247 del 1997, n. 67 del 1992 e n. 151 del 1986;ordinanze n. 68 del 1998 e n. 431 del 1991).
2.8.3. Di qui:
- la regola generale (art. 146) che vieta il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione degli immobili o delle aree sottoposti a vincolo paesaggistico;
- la previsione eccettuativa , che tale autorizzazione postuma consente unicamente per interventi che “ non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati ”, id est per abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato (cfr., TAR Liguria, I, 14 marzo 2015, n. 281). In passato, per ogni intervento edilizio soggetto a previa autorizzazione paesaggistica, l’autorizzazione costituiva condizione di efficacia, non di validità del permesso di costruire, non potendo ritenersi precluso il rilascio del titolo edilizio pur in assenza di un nulla-osta efficace. Ma, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 42/2004, non possono essere più rilasciate né autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria, né condoni, né certificazioni di assenza di danno ambientale per opere realizzate in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, per le quali dunque dovranno essere irrogate le sanzioni amministrative previste dall’art. 167 menzionato. Tenuto conto del testo e della ratio dell'art. 167 citato, nella prospettiva della tutela del paesaggio, il legislatore ha inteso escludere la possibilità generalizzata di rilascio ex post dell'autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati e ha, invece, stabilito che tale valutazione sia consentita soltanto per abusi di minima entità, ferma restando la necessità, in caso di accesso alla procedura, di valutare in concreto l'effettiva compatibilità paesaggistica dell'opera realizzata.
2.8.4. E’ evidente, nella fattispecie, che l’intervento edilizio realizzato dalla ricorrente ha determinato una creazione di volumi, per la quale:
- non può trovare applicazione la regola eccettuativa di cui all’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/04;
- si riespande la lex generalis , costituita dalla insanabilità dell’opera.
2.8.5. Va quivi riaffermato che, per un verso, il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume (TAR Campania, VI, 3 agosto 2020, n. 3455;CdS, VI, 9 gennaio 2013, n. 62;Id., id., 19 settembre 2018, n. 5466;CdS, IV, 5 agosto 2013, n. 4079) e che, per altro verso, l’art. 167, comma 4, preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (a nche interrati ), rendendo necessitata la demolizione delle opere ed il ripristino dello status quo ante .
3. Le spese di lite, giusta le regole generali, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.