TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-01-16, n. 202400800
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Pubblicato il 16/01/2024
N. 00800/2024 REG.PROV.COLL.
N. 02193/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2193 del 2020, proposto dal Comune di Tuscania, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Vitelleschi 26;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Solar Italy II S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Lirosi, Elisabetta Gardini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della Determinazione Regione Lazio – Direzione politiche ambientali n. G18140 del 19.12.2019 avente ad oggetto: Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale sul progetto di impianto fotovoltaico a terra denominato Campo Agrosolare Tuscia 21, nel Comune di Tuscania (VT) – proponente soc. Solar Italy II S.r.l.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e di Solar Italy II S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 ottobre 2023 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del ricorso il Comune di Tuscania impugna il provvedimento in epigrafe indicato, con cui la Regione Lazio ha adottato il Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale ed autorizzato Solar Italy II S.r.l. alla costruzione ed all’esercizio di un impianto fotovoltaico denominato Campo Agrosolare Tuscia 21, nel Comune di Tuscania., comprensivo del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto stesso.
Giova premettere che:
- la Società Solar Italy II S.r.l., ha presentato una richiesta finalizzata al rilascio del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale ai sensi dell’art. 27 bis del decreto n. 152/2006, volto alla realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra nel Comune di Tuscania;
- il progetto prevedeva inizialmente la realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra di taglia industriale del tipo grid-connected , per una estensione di circa 156 ettari con una potenza complessiva di 82 MWp, poi ridotta a 70 ettari con una potenza di 39 MWp;
- il progetto, infatti, nel corso dell’iter istruttorio ha subito significative modifiche, al fine di superare la contrarietà, espresse in particolare dal Comune ricorrente e dal Ministero della cultura (già Ministero per i beni e le attività Culturali e del turismo), e di tenere conto delle osservazioni formulate nel corso delle sedute della Conferenza di servizi dalle amministrazioni convocate.
- il Ministero, il cui parere negativo si fonda sulla tesi secondo cui il potere di controllo del dicastero si estenderebbe, oltre il dato meramente cartografico del vincolo stesso e quindi anche in assenza di vincoli, come nel caso di specie, ai territori contermini alle aree vincolate, ha proposto opposizione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso la determinazione finale della Conferenza di servizi ai sensi dell'art. 14- quinques legge n. 241/1990;opposizione respinta “ ritenuto di dover applicare il predetto articolo 30 [n.d.r. del decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77 nel frattempo varato] al presente procedimento di opposizione in quanto l’impianto fotovoltaico autorizzato dalla regione Lazio con determinazione G18139 è collocato in area contermine a quelle sottoposte a tutela paesaggistica ”.
Parte ricorrente, a dire della quale l'area individuata ricade in un territorio particolarmente sensibile, oggetto, per le sue caratteristiche, di particolari vincoli imposti dallo stesso Comune attraverso una revisione dello strumento urbanistico locale, condiviso con la Regione Lazio, oggi resistente, con l’odierno strumento di gravame deduce l’illegittimità del provvedimento autorizzativo unico n. G18140 del 19.12.2019, in quanto asseritamente illegittimo, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi di diritto:
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9 e 97 Cost.;Violazione e/o falsa applicazione dei principi e della normativa di dettaglio in materia di incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili ed installazione di impianti fotovoltaici;Violazione e/o falsa applicazione del D. Lgs n. 387/2003;Eccesso di potere;Illogicità manifesta.
La decisione autorizzativa assunta dalla Regione si porrebbe in contrasto con la normativa vigente in materia di ambiente e collocazione di centri di produzione di energia da fonti rinnovabili;l'assentibilità degli interventi in zone agricole, ai sensi dell’art. 12, comma 7, d. lgs. n. 387/2003, non può essere incondizionata, specie ove gli Enti Locali segnalino delle criticità.
II) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 9, 97, 114 e 117 Cost.;Violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di azione amministrativa, L. 241/1990;Eccesso di potere;Difetto di motivazione;Contraddittorietà
Il procedimento sarebbe stato concluso in deroga alle disposizioni urbanistiche comunali (tenuto conto delle varianti al PRG con cui sarebbe stato apposto un vincolo sui terreni agricoli interessati dai progetti, approvate dalla stessa Regione) e senza che la determinazione assunta motivi e dia conto delle ragioni che hanno consentito il superamento del dissenso espresso dall'Amministrazione Comunale in dispregio al principio di “leale collaborazione” che dovrebbe informare tutto il procedimento della Conferenza dei Servizi.
La Regione Lazio, costituita in giudizio per resistere al ricorso, ha prodotto nel corso del giudizio con diversi depositi successivi documenti e, in vista dell’udienza di trattazione del merito, una memoria, in cui, contestando le censure ex adverso svolte, ha concluso per il rigetto della domanda di annullamento del provvedimento impugnato.
La controinteressata società, costituita in giudizio, ha a sua volta prodotto, a tutela della propria posizione, documenti e, in vista dell’udienza di discussione del merito, una memoria e una memoria di replica, con cui, oltre a dedurre l’infondatezza nel merito del ricorso, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso, che sarebbe stato proposto contro un provvedimento, in quel momento, non lesivo, vista la sospensione dell’efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi a seguito dell’opposizione proposta dal Ministero della Cultura (all’epoca Ministero per i beni, le attività culturali e del turismo) e tenuto conto che non è stato poi impugnato anche il provvedimento con cui la Presidenza del Consiglio ha rigettato l’opposizione al PAUR, non trattandosi di un provvedimento meramente confermativo del primo, di cui ha integrato la motivazione alla luce della previsione di cui all’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77 medio tempore intervenuto.
Parte ricorrente ha depositato in vista dell’udienza straordinaria una memoria e una memoria di replica in cui, respinta ogni deduzione, allegazione e produzione avversaria, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza straordinaria del 13 ottobre 2023, svolta in video conferenza ai sensi della previsione di cui all’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. , la causa è stata trattenuta in decisione.
2. – Il Collegio ritiene di poter prescindere dallo scrutinio delle sollevate eccezioni di inammissibilità/improcedibilità del ricorso, essendo il ricorso infondato nel merito.
Si controverte sulla legittimità del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale rilasciato dalla Regione Lazio alla società controinteressata, ai sensi dell’art. 27 bis del d. lgs. n. 152/2006, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune ricorrente, su terreni con destinazione d’uso agricola.
Il provvedimento unico regionale, introdotto dal d. lgs. n. 104 del 2017, è finalizzato a semplificare, razionalizzare e velocizzare la VIA regionale, nella prospettiva di migliorare l’efficacia dell’azione delle amministrazioni a diverso titolo coinvolte nella realizzazione del progetto e riunisce in unica sede decisoria, la conferenza di servizi, le diverse amministrazioni competenti e non è quindi un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto stesso (art. 27-bis del d. lgs. n. 152/2006).
Nel caso di specie, in linea con le disposizioni normative richiamate, la conferenza di servizi è stata convocata in forma simultanea e in modalità sincrona e si è svolta nel rispetto di quanto previsto dall’art.14- ter legge n. 241/90;la conferenza dei servizi, articolata in tre sedute (tenutesi nelle date del 23 luglio 2019, 3 ottobre 2019 e 24 ottobre 2019), si è conclusa nel termine di legge a cui ha fatto seguito l’emissione del provvedimento autorizzatorio unico regionale, comprensivo del provvedimento di VIA nonché di tutti i titoli abilitativi rilasciati e necessari per la realizzazione ed esercizio dell’impianto.
Il provvedimento impugnato è stato adottato all’esito della conferenza di servizi e di un iter istruttorio condotto nel rispetto dei disposti di cui all’art.27- bis : si è provveduto, infatti, con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni e enti potenzialmente interessati e competenti ad esprimersi sulla realizzazione ed esercizio del progetto, al fine di consentire agli stessi di verificare, per i profili di competenza, l’adeguatezza e completezza della documentazione prodotta.
La resistente ha rappresentato che nell’ambito delle sedute della conferenza di servizi, si è cercato di analizzare e valutare gli aspetti ambientali, territoriali, paesaggistici ed archeologici emersi, per superare i contrasti e pervenire ad una soluzione condivisa, con la conseguente richiesta alla ditta proponente di diverse integrazioni documentali e della rimodulazione dell’iniziale progetto, che è stato ridotto di oltre la metà, sia per estensione che per potenza.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dei principi e della normativa di dettaglio in materia di incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili ed installazione di impianti fotovoltaici che richiede il corretto bilanciamento tra i contrapposti interessi della tutela dell'ambiente e della conservazione del paesaggio.
In primo luogo viene dedotto il contrasto dell’operato della Regione con i principi stabiliti dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dalle Linee Guida dettate dal Ministero dello Sviluppo Economico con d.m. del 10 settembre 2010: il rilascio di autorizzazioni e l’installazione di impianti deve avere luogo nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, applicando il criterio che privilegia il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto ( brownfield ) e tenendo conto, in aree a destinazione agricola, quali quelle che rilevano nel caso di specie, della necessità di “ integrazione dell'impianto nel contesto delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale, sia per quanto attiene alla sua realizzazione che al suo esercizio ”.
In proposito, il Collegio ritiene di dover in primis evidenziare che nella vicenda in esame l’autorità procedente ha avuto di mira il contemperamento dei molteplici interessi pubblici richiamati da parte attrice, confliggenti e pariordinati – i. e. l’interesse alla produzione energetica sostenibile con quello della tutela, valorizzazione e conservazione del territorio, nella sua accezione paesaggistica, storico-artistica e socio-culturale - e lo ha perseguito attraverso il coinvolgimento di tutte le amministrazioni e enti potenzialmente interessati all’autorizzazione del progetto, in quanto preordinati istituzionalmente alla tutela dei suddetti interessi e competenti ad esprimersi sulla realizzazione ed esercizio del progetto.
A ciò si aggiunga che il progetto presentato non comporta la variazione dello strumento urbanistico, in quanto gli impianti di produzione di energia elettrica possono essere ubicati anche in zone classificate agricole, zone che mantengono tale destinazione sia durante il periodo di funzionamento dell’impianto che quando lo stesso verrà rimosso, alla fine del ciclo produttivo, a mente della previsione dell’art. 12, comma 7, del d. lgs. n. 387/2003 a tenore del quale: “ Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici ”, e considerato che l’impianto, in quanto alimentato da fonti rinnovabili non programmabili, rientra nel novero degli impianti di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) dello stesso decreto legislativo.
Tra l’altro le Linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, nell’individuare i criteri generali per l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio (par.16), consentono addirittura l’autorizzazione di progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici anche “ in zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio ”, salva solo l’esigenza che l’installazione degli impianti “ non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale ”.
E sempre a proposito dei testé richiamati criteri generali per l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, il Collegio rileva infine l’inconsistenza della doglianza sul mancato possesso di taluno dei requisiti enumerati al par.16.1 e considerati elementi per la valutazione positiva dei progetti, quale il requisito di cui alla lett. d) del riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ” e quello di cui alla lett. f) della maggiore sostenibilità degli impianti e delle opere connesse da un punto di vista dell'armonizzazione e del migliore inserimento degli impianti stessi nel contesto storico, naturale e paesaggistico .
Orbene sul punto si osserva che:
- non è richiesto il possesso di tutti i requisiti de quibus in capo al soggetto che presenta un progetto per la realizzazione di impianti da inserire nel paesaggio e nel territorio, posto che il tenore letterale dell’alinea del par. 16.1 rivela, ragionando a contrario , l’ammissibilità dell’ipotesi di mancanza di uno o più di detti requisiti (“ La sussistenza di uno o più dei seguenti requisiti è, in generale, elemento per la valutazione positiva dei progetti: …”);
- parte ricorrente prescinde dalla valutazione della sussistenza nel progetto di esame di taluno degli altri requisiti in questione, che invece la controinteressata rivendica;
- è contestabile nel caso di specie la predicata assenza del requisito di cui alla lettera d), visto che il progetto in ogni caso riguarda un’area già degradata da attività antropiche pregresse, dove insiste infatti una sottostazione elettrica di Terna, che rappresenta, come rimarcato nelle premesse motivazionali della determinazione impugnata, “ interruzione della continuità paesaggistica di pregio rispetto alle visuali dalla S.P. 3 ”, e considerando che la realizzazione del progetto autorizzato con la prevista mitigazione a verde, oltre a schermare lo stesso, impedisce per larga parte la visuale della sottostazione Terna, ricostituendo anzi parzialmente una continuità paesaggistica di pregio rispetto alla prospettiva dalla S.P. 3.
Detta circostanza rappresenta un elemento qualitativo del progetto, che dimostra, contro la tesi attorea, proprio il possesso dei requisiti di cui il ricorso lamenta l’insussistenza, e in particolare di quello di cui alla lettera d) che riguarda altresì “ la minimizzazione delle interferenze derivanti dalle nuove infrastrutture funzionali all'impianto mediante lo sfruttamento di infrastrutture esistenti e quello di cui alla lettera f) della “ maggiore sostenibilità degli impianti e delle opere connesse da un punto di vista dell'armonizzazione e del migliore inserimento degli impianti stessi nel contesto storico, naturale e paesaggistico ”.
Le considerazioni che precedono consentono anche di affermare la conformità del progetto al Piano Energetico Regionale del Lazio, invece contestata dal ricorrente, nella parte relativa alla collocazione degli impianti fotovoltaici in cui si propugna possibilità di installazione di impianti a terra solo in contesti caratterizzati dalla necessità di recupero a fine energetico di aree già degradate da attività antropiche.
Della coerenza ratione temporis dell’impianto al PER si è occupato anche il delegato del RUR regionale che ha richiamato il D.M. “ Burden Sharing ” che stabilisce per la Regione Lazio l’obiettivo vincolante dell’11,9% di energia da fonti rinnovabili sui consumi finali lordi di energia entro il 2020.
Ancora parte ricorrente censura il PAUR anche alla luce dei criteri per l’inserimento delle fonti energetiche rinnovabili rispettosi del territorio e delle vocazioni ambientali, economiche e sociali, individuati dalle Linee Guida regionali, di cui al D.G.R. n. 517/2008, come modificata dalla Deliberazione n. 16/2010, che, tra l’altro, auspicano la massima partecipazione degli enti locali al procedimento autorizzativo e pongono dei limiti ponendo dei limiti alla Superficie Agricola Utilizzabile (“SAU”) per l'installazione di impianti in ciascun Comune (considerando critica un’occupazione di suolo dei lotti in cui sono ubicati gli impianti fotovoltaici per una percentuale superiore al 2% della superficie agricola).
Quanto al predicato pregiudizio del requisito della massima partecipazione, il Collegio osserva che esso non trova conferma nei fatti, non potendosi in alcun modo addebitarsi alla Regione un mancato coinvolgimento dell’autorità comunale nel procedimento, né una mancata valutazione delle ragioni sottese al parere negativo espresso per il tramite del responsabile dell’Area Edilizia, Ambiente e Servizi Esterni (che tra l’altro non può essere considerato il Rappresentante Unico del Comune) nella prima seduta della Conferenza del 23 luglio 2019.
Il predetto parere negativo è stato oggetto di valutazione da parte di apposita Conferenza dei servizi interna indetta dalla Regione Lazio e la sua considerazione ha indotto la proponente, al fine di superare le criticità evidenziate, a rimodulare il progetto, dandone contezza nella seconda seduta del 3 ottobre 2019 della conferenza, rappresentando che dagli originari 156 ha si era scesi a 70 ha e che l’originaria potenza dell’Impianto pari ad 82 MWp era stata ridotta a 39 MWp.
A questa seduta e alla successiva seduta finale del 24 ottobre 2019 il Comune non ha partecipato, per cui la Regione procedente, richiamando il parere non favorevole espresso dal Comune e preso atto dell’assenza del rappresentante unico del Comune, ai sensi dell’art. 14- ter della legge n. 241/1990 ne ha acquisito l’assenso, attestando il rilascio del parere positivo da parte della conferenza dei servizi rispetto alla realizzazione ed esercizio dell’Impianto sulla base delle posizioni prevalenti.
Alla luce dei rilievi che precedono, deve concludersi che vi è stata adeguata ponderazione del parere del Comune - espresso, si badi, non dal Rappresentante Unico del Comune e solo sulla prima versione del progetto e non anche sulla versione definitiva, drasticamente modificata, oggetto della determinazione impugnata - tanto da addivenire ad un ridimensionamento considerevole dei parametri quali-quantitativi del progetto, laddove la mancata partecipazione al procedimento alla seconda e terza seduta della Conferenza è imputabile allo stesso ente locale pur ritualmente invitato.
Quanto alla presunta violazione delle Linee Guida in relazione alla destinazione delle aree contigue all’Impianto e del SAU, invece, si rileva l’omessa dimostrazione da parte del ricorrente del superamento della soglia critica di occupazione di suolo dei lotti superiore al 2% della superficie agricola utilizzabile (SAU) del territorio comunale.
La mancata allegazione di elementi probatori a sostegno della tesi ne preclude radicalmente la possibilità di un favorevole apprezzamento;a ciò si aggiunga che, al contrario, detto rischio sembra non avvertito dallo stesso Comune ricorrente laddove in sede di formulazione del parere contrario alla realizzazione del progetto del 23 luglio 2019 ha proposto, in senso collaborativo, di spostare la collocazione degli impianti in aree differenti.
Sulla scorta delle considerazioni formulate il primo motivo di ricorso deve essere respinto perché infondato.
Con il secondo motivo di ricorso, la parte lamenta innanzi tutto un difetto di motivazione per non avere assicurato l’effettiva partecipazione del Comune al procedimento, visto che non si dà conto delle ragioni che hanno spinto a superare il parere contrario espresso dall’ente locale nella prima seduta della Conferenza di servizi.
In proposito, oltre a rinviare a quanto sopra osservato in ordine alla partecipazione del Comune e alle iniziative concretamente intraprese e perseguite nell’ambito della Conferenza per tenere adeguatamente conto delle criticità evidenziate dal ricorrente nel parere del 23 luglio 2019, più in generale deve essere osservato che la giurisprudenza prevalente ritiene che tale determinazione sia assoggettata ad un obbligo di autonoma e specifica motivazione solo nell'ipotesi in cui disattenda in tutto o in parte le risultanze della conferenza di servizi e le posizioni prevalenti emerse in quella sede;di converso, laddove, la determinazione recepisca le risultanze della conferenza, l'onere di motivazione ben può dirsi soddisfatto per relationem , mediante il semplice richiamo ai verbali della conferenza stessa ovvero ai pareri resi dalle amministrazioni partecipanti ( ex plurimis , T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 16 settembre 2020, n. 9588;T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 5 febbraio 2021, n. 123). Si tratta di un postulato che nel caso di specie concorre ad escludere la predicabilità di un vizio della motivazione, tenuto conto del richiamo puntuale nelle premesse motivazionali della determinazione regionale sub iudice ai lavori della conferenza, nonché agli atti adottati e ai pareri espressi dai diversi soggetti coinvolti nel corso della stessa.
Inoltre, con il secondo motivo di ricorso si deduce il contrasto dell’autorizzata localizzazione degli impianti con la regolamentazione urbanistica del territorio comunale, in particolare con la Deliberazione n.60 del 2014 e successiva Delibera n. 52/2018 del Comune di Tuscania, recanti l’apposizione di veri e propri vincoli, vista l’istituzione di aree di notevole interesse agricolo ed ambientale, con la conseguente preclusione di realizzarvi gli impianti fotovoltaici e l’individuazione di zone in cui collocare gli impianti fotovoltaici.
Anche detta doglianza è priva di consistenza in quanto al momento della valutazione dell’intervento la disciplina paesaggistica vigente non presentava vincoli nelle aree interessate dalla installazione dell’impianto fotovoltaico.
Il ricorrente infatti fa riferimento ad atti, come dedotto dalla Regione resistente, non efficaci né vincolanti ai fini urbanistici, non essendosi concluso il relativo iter approvativo e non potendo trovare applicazione il principio del silenzio-assenso, in quanto si tratta di varianti normative o zonizzative al PRG, soggette alla disciplina prevista dall’art 10 della legge n. 1150/1942 (che prevede una istruttoria, da sottoporre all’esame del Comitato Tecnico Regione e alla conseguente approvazione della Giunta Regionale) e non alla procedura prevista dall’art 4 che, in linea generale, riguarda l’approvazione di piani attuativi in variante.
Il Collegio ritiene invece di non poter tenere conto del richiamo alla delibera comunale n. 11/2021, con cui il Comune di Tuscania tenta di invocare l’operatività delle misure di salvaguardia di cui all’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 (“ le misure di salvaguardia mirano a conservare l’assetto urbanistico del territorio per evitare che possano essere autorizzate, durante il procedimento di modifica del P.G.T., iniziative edificatorie incompatibili con la volontà del Comune di configurare in modo nuovo lo stesso territorio comunale ” – cfr. T.A.R. Lombardia, 5 marzo 2021, n. 613), visto che emerge che lo strumento urbanistico, come modificato, è stato solo adottato ed è pendente l’approvazione da parte della Regione.
In proposito, senza considerare la criticità derivante dal carattere postumo dell’atto ivi evocato rispetto all’adozione della determinazione impugnata, il Collegio ritiene assorbente l’eccezione di inammissibilità formulata dalla controinteressata – che ha rifiuto qualunque contraddittorio nel merito - in relazione alla deduzione irrituale del vizio introdotto con memoria difensiva.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.
Sussistono giustificate ragioni, tenuto conto della complessità della vicenda trattata, per disporre la compensazione delle spese di lite.