TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-05-23, n. 201700502
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Pubblicato il 23/05/2017
N. 00502/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01381/2012 REG.RIC.
N. 01096/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1381 del 2012, proposto da:
R N F e M M, rappresentati e difesi dagli avvocati G A D M e M C D M, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
contro
Comune di Mira, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M F, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia - Mestre, via F.lli Rondina, 6;
sul ricorso numero di registro generale 1096 del 2013, proposto da:
R N F, rappresentato e difeso dagli avvocati M C D M e G A D M, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
contro
Comune di Mira, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Tella, Francesco Fabris e M F, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia - Mestre, via F.lli Rondina, 6;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso n. 1381 del 2012:
- della determinazione n. 1531 del 13 agosto 2012 del Comune di Mira avente ad oggetto: "dichiarazione di avvenuta acquisizione gratuita al patrimonio comunale per effetto dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione, ai sensi dell'art. 31 del DPR 380/2011 - Noschese Ferrato Emilio, Noschese Ferrato Roberto, Manente Marta, Noschese Ferrato Francesca - fabbricato bifamigliare. Abuso edilizio posizione n. E/a2005/0983";
- dell’esito del sopralluogo presso la proprietà del Comando di polizia locale del 27 luglio 2012;
- dell’ordinanza di demolizione 8096, prot. n. 9165 del 22 marzo 2012;
B) quanto al ricorso n. 1096 del 2013:
- del provvedimento del Comune di Mira prot. n. 21811 del 16 luglio 2013 avente ad oggetto: "Occupazione immobile residenziale di proprietà comunale in Via Seriola Veneta Sx - Catasto Fabbricati Foglio n. 28, Mappale n. 2017, sub 1 - 2 e Mappale 1208, sub 1-2-3-4";
- dell’esito del sopralluogo presso immobile sito in Mira Via Seriola Veneta Sinistra in data 7 maggio 2013;
- dell’esito del sopralluogo presso la proprietà di Noschese Ferrato Emilio, Noschese Ferrato Roberto, Manente Marta, Noschese Ferrato Francesca per demolizione immobili siti in Mira via Seriola Veneta Sinistra prot. n. 23043, Vs prot. E/A 20105/0938 in data 27 luglio 2012.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mira;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il dott. S M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 7 dicembre 2004 gli odierni ricorrenti Sig.ri R N F e M M hanno presentato domanda di condono edilizio ai sensi del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, relativa alla costruzione di un’abitazione bifamiliare nel Comune di Mira.
L’istanza è stata respinta perché è stata accertata l’abusiva realizzazione dell’immobile in una data successiva a quella utile, e perché la legge regionale 5 novembre 2004, n. 21, non ammette la sanatoria per le costruzioni ad uso residenziale.
In relazione all’abusiva realizzazione dell’immobile, con sentenza 4 giugno 2007, n. 152, il Tribunale penale di Venezia ha condannato il Sig. E F N per il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), del DPR 6 giugno 2001, n. 380, e l’Ufficio esecuzioni penali della Procura ha disposto la demolizione del fabbricato.
L’ordine è rimasto inottemperato.
Il Comune di Mira nel 2011 ha a sua volta avviato un procedimento per perseguire da un punto di vista amministrativo l’abusiva realizzazione dell’immobile, disponendone la demolizione con ordinanza n. 8096 del 22 marzo 2012, ed accertando successivamente l’inottemperanza con provvedimento n. 1531 del 13 agosto 2012, con il quale è stata dichiarata l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del fabbricato e del suo sedime.
Tali provvedimenti sono impugnati con il ricorso r.g. n. 1381 del 2012 per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 31, comma 9, e 44 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, perché il Comune ha sostanzialmente duplicato il procedimento ablatorio già disposto dal giudice penale con la sentenza di condanna, assumendo un’autonoma iniziativa rispetto alla richiesta formulata dalla Procura di procedere direttamente all’acquisizione dell’immobile;
II) violazione dell’art. 44 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, in relazione all’art. 7 e del Protocollo I della Convenzione EDU, nonché del principio di proporzionalità perché l’acquisizione è stata disposta anche nei confronti dei ricorrenti che sono soggetti rimasti estranei alla pronuncia penale;
III) violazione dell’art. 31, commi 2 e 3, del DPR 6 giugno 2001, n. 380, e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché manca l’indicazione dell’esatta superfice acquisita.
Si è costituito in giudizio il Comune di Mira eccependo la tardività dell’impugnazione dell’ordinanza di demolizione notificata il 26 aprile 2012, rispetto al ricorso notificato alla fine del mese di settembre 2012, e quindi l’inammissibilità dell’impugnazione dell’ordinanza di acquisizione che è atto di natura dichiarativa che consegue in modo vincolato all’inottemperanza dell’ordine di demolizione, concludendo per la reiezione nel merito delle censure proposte.
Successivamente il Comune con nota prot. n. n. 21811 del 16 luglio 2013, ha invitato i ricorrenti ad ottemperare alla prescrizione di liberare e sgomberare entro 90 giorni l’immobile dai materiali depositati all’interno dell’edificio e nello scoperto di pertinenza.
Tale nota è impugnata con ricorso r.g. n. 1096 del 2013, per illegittimità derivata e per il vizio proprio di difetto di presupposti, perché l’atto adottato costituisce un titolo esecutivo atipico non riconducibile a quelli previsti dal codice di procedura civile, né a quelli autoritativi propri delle normativa relativa alla repressione degli illeciti edilizi di cui all’art. 31 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, e di cui all’art. 92 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61.
Anche in questo ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Mira eccependone l’inammissibilità per carenza di interesse in quanto l’atto impugnato è privo di effetti lesivi, e concludendo nel merito per la sua reiezione.
Alla pubblica udienza del 27 aprile 2017, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Disposta la riunione dei ricorsi, soggettivamente ed oggettivamente connessi, relativamente al ricorso r.g. n. 1381 del 2012, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esaminare le eccezioni in rito, in quanto il medesimo è infondato nel merito.
Quanto al primo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano che illegittimamente il Comune avrebbe duplicato il procedimento penale, va osservato che per costante giurisprudenza vi è un’autonomia funzionale tra l’ordine di demolizione impartito dal giudice penale e dall’Autorità amministrativa (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. I, 2 ottobre 2008, n. 8716;Tar Campania, Napoli, 5 dicembre 2007 n. 15771) e che pertanto “l'intervenuta emissione dell'ordine di demolizione da parte del giudice penale non priva affatto l'amministrazione del potere di disporre l'acquisizione dell'immobile al proprio patrimonio per finalità di pubblico interesse, ben potendo il relativo provvedimento intervenire anche in un momento successivo alla statuizione penale (purché, ovviamente, prima della sua esecuzione)” e “vi è piena compatibilità e autonomia fra l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale in uno con la sentenza di condanna e l'eventuale provvedimento di acquisizione adottato dal Comune” (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. II, 11 settembre 2014, n. 4887;ex pluribus Cass. Pen., Sez. III, 28 aprile 2010, nr. 32952;id., 31 gennaio 2008, nr. 4962;id., 23 gennaio 2007, n. 1904;id., 29 novembre 2005, nr. 43294).
Il primo motivo, non potendosi configurare la dedotta illegittima duplicazione di procedimenti, e non avendo la sentenza penale effetti preclusivi rispetto all’applicazione delle sanzioni di tipo ripristinatorio autonomamente irrogate dall’Amministrazione comunale, deve pertanto essere respinto.
Il secondo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano che gli effetti acquisitivi in favore del Comune non possono prodursi in loro danno in quanto gli stessi sono rimasti estranei alla condanna penale e risultano meri proprietari dell’immobile deve parimenti essere respinto.
Infatti, come sopra precisato, l’acquisizione nel caso all’esame non è disposta in esecuzione della condanna penale, ma dell’autonomo procedimento amministrativo avviato dal Comune e, come è noto, il proprietario di un immobile che sia incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, ove voglia sfuggire all'effetto dell'acquisizione conseguente all’inottemperanza all'ordine di demolizione, deve provare la sua completa e palese estraneità all'abuso (ex pluribus cfr. Tar Puglia, Lecce, Sez. III, 4 novembre 2016, n. 1653;Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 maggio 2015, n. 2211), condizione questa del tutto incompatibile con l’avvenuta presentazione della domanda di condono da parte degli stessi ricorrenti con la quale si sono dichiarati autori dell’abuso.
Anche il secondo motivo, poiché l’acquisizione dell’immobile risulta correttamente rivolta anche nei loro confronti, deve pertanto essere respinto.
Il terzo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano la mancata individuazione dell’area da acquisire, risulta infondata in fatto, in quanto l’ordinanza di demolizione rinvia alla planimetria catastale ad essa allegata nella quale l’area è compiutamente delimitata.
Il ricorso r.g. n. 1381 del 2012, deve pertanto essere respinto.
Il ricorso r.g. n. 1096 del 2013 deve invece essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, perché l’atto impugnato si sostanzia in un mero invito, privo di natura provvedimentale e non autonomamente lesivo, rivolto ai ricorrenti al fine di ottenere in modo spontaneo lo sgombero dell’immobile già acquisito al patrimonio comunale.
Per il principio della soccombenza le spese di giudizio sono poste a carico dei ricorrenti nella misura indicata in dispositivo.