TAR Torino, sez. II, sentenza 2019-02-01, n. 201900121

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2019-02-01, n. 201900121
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201900121
Data del deposito : 1 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2019

N. 00121/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00299/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 299 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S.A.T.A.P. - Societa' Autostrada Torino - Alessandria - Piacenza S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati M A, L F e U G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. U G in Torino, via Grassi, 9;

contro

Autorità di Regolazione dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, via Arsenale, 21;

per l'annullamento

a) con il ricorso introduttivo:

- del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23.12.2015 con il quale, ai sensi dell'art. 37. comma 6. lett. b) del D.L. 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni nella Legge 22.12.2011, n. 214, così come modificata dall'art. 36, comma 1, lett. e), n. 2 del D.L. 24.1.2012, n. 1, convertito con modificazioni nella Legge 24.3.2012, n. 27, è stata approvata, ai fini dell'esecutività, la deliberazione n. 94 del 5.11.2015 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti concernente la "Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità di Regolazione dei Trasporti per l'anno 2016";

- della suddetta deliberazione n. 94 del 5.11.2015 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti;

- di ogni ulteriore atto a questi presupposto, connesso e/o consequenziale adottati nell'ambito del procedimento di approvazione della delibera n. 94/2015 menzionati nelle premesse del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.12.2015 e di contenuto ignoto ivi compresi: 1) i pareri formulati sulla delibera ART dal Dipartimento del tesoro e della Ragioneria Generale dello Stato trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con nota prot. 23910 del 14.12.2015;
2) la nota dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti n. 8204 del 17.12.2015 recante risposta alle osservazioni formulate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze;
3) la nota dello stesso Ministero n. 1022 del 23.12.2015 recante la presa d'atto delle integrazioni fornite dall'Autorità di Regolazione dei Trasporti;


b) con motivi aggiunti depositati in data 20 maggio 2016:

- della determina n. 19 del 9 marzo 2016 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti avente ad oggetto "Definizione delle modalità operative relative al versamento e comunicazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti per l'anno 2016";

- della nota dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti prot. n. 2181/2016 del 31 marzo 2016 con la quale la suddetta Autorità ha comunicato alla S.A.T.A.P. - Società Autostrada Torino - Alessandria - Piacenza S.p.A. l'approvazione delle suddette delibere n. 94/2015 e 19/2016 ed ha richiesto il pagamento del contributo di funzionamento per l'anno 2016 indicandone le modalità di quantificazione e di versamento nonché le maggiorazioni previste per l'ipotesi di inadempimento o di tardivo adempimento.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2019 il dott. A S L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, spedito per le notifiche in data 14 marzo 2016 e depositato il successivo 25 marzo 2016, successivamente integrato da motivi aggiunti depositati il 20 maggio 2016, la società SATAP – Società Autostrada Torino-Alessandria-Piacenza s.p.a., concessionaria autostradale in forza di convenzione sottoscritta in data 10 ottobre 2007 con ANAS s.p.a., ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, concernenti la determinazione della misura e delle modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità di regolazione dei Trasporti per l’anno 2016, nonché l’individuazione della stessa ricorrente quale soggetto tenuto al pagamento del contributo in questione e la richiesta di pagamento.

Il ricorso introduttivo è stato affidato a tre motivi, successivamente estesi agli atti impugnati con i motivi aggiunti.

2. Per resistere all’impugnazione si sono costituiti in giudizio l’Autorità di regolazione dei trasporti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e delle finanze, a difesa dei quali l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino ha depositato una articolata memoria corredata da ampia documentazione.

3. La società ricorrente, a sua volta, ha depositato una memoria e una replica in vista dell’udienza del 10 gennaio 2019, in cui la causa è passata in decisione.


4. L’art. 37 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha disposto, in materia di “Liberalizzazione del settore dei trasporti”, l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti (comma 1), le cui competenze sono precisate al comma 2 e sono esercitate mediante le attività previste dal comma 3.

Per garantire il funzionamento dell’Autorità il comma 6 ha previsto:

“Alle attività di cui al comma 3 del presente articolo si provvede come segue:

…….

b) mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivanti dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio. Il contributo è determinato annualmente con atto dell'Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto, possono essere formulati rilievi cui l'Autorità si conforma;
in assenza di rilievi nel termine l'atto si intende approvato;…”.

5. Il testo dell’art. 37 è stato recentemente modificato in misura significativa, per quanto qui interessa, dall’art. 16 del d.l. 28 settembre 2018 n. 109, convertito dalla legge 16 novembre 2018 n. 130. Benché i provvedimenti impugnati siano stati adottati in attuazione dell’art. 37 nel testo previgente, è comunque utile riportare di seguito le modifiche più rilevanti;
in particolare:

a) al comma 2, lettera g), dopo le parole «nuove concessioni», sono state inserite le seguenti: «nonché per quelle di cui all'articolo 43, comma 1 e, per gli aspetti di competenza, comma 2» (si fa riferimento alle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legge);

b) al comma 6 lett. b) il primo periodo è stato sostituito dai seguenti: «mediante un contributo versato dagli operatori economici operanti nel settore del trasporto e per i quali l'Autorità abbia concretamente avviato, nel mercato in cui essi operano, l'esercizio delle competenze o il compimento delle attività previste dalla legge, in misura non superiore all'1 per mille del fatturato derivante dall'esercizio delle attività svolte percepito nell'ultimo esercizio, con la previsione di soglie di esenzione che tengano conto della dimensione del fatturato. Il computo del fatturato è effettuato in modo da evitare duplicazioni di contribuzione».

6. Nel presente giudizio si controverte del “contributo dovuto all’Autorità di Regolazione dei trasporti per l’anno 2016”, oggetto dell’impugnata delibera ART n. 94/2015, che sono tenuti a versare, tra gli altri (art. 1 comma 1), i soggetti che esercitano attività di “gestione di infrastrutture di trasporto (ferroviarie, portuali, aeroportuali e autostradali)”. A norma dell’art. 2 comma 1 l’aliquota del contributo è fissata nella misura dello 0,4 per 1000 “del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato alla data di pubblicazione” della delibera;
per i soggetti operanti nei settori dell’autotrasporto e della logistica detta aliquota è peraltro ridotta allo 0,2 per 1000 (comma 2), mentre il “versamento non è dovuto per importi contributivi pari o inferiori a euro 6.000,00” (comma 7).

7. Queste, in sintesi, le censure formulate nel ricorso e ribadite nei motivi aggiunti.

7.1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 37, comma 2, lett. g) e comma 6, lett. b) del d.l. n. 201 del 2011. Eccesso di potere per contraddittorietà, falso presupposto, disparità di trattamento, illogicità manifesta, difetto di motivazione. Nell’individuare le competenze regolatorie dell’ART il citato art. 37 comma 2 lett. g) fa specifico riferimento, per quanto riguarda il settore autostradale, alle “nuove concessioni”, cioè a quelle assentite successivamente alla costituzione dell’Autorità;
ne consegue che la società ricorrente, titolare di una concessione disciplinata da una convenzione del 2007, non rientra tra i soggetti regolati e, in effetti, l’ART non ha mai esercitato attività di regolazione nei suoi confronti;
né una qualche potestà regolatoria può derivare dalle disposizioni di cui all’art. 24 comma 5bis del Codice della strada;
l’Autorità non può quindi pretendere il pagamento di nessun contributo da parte della ricorrente;
il generico riferimento ai gestori di infrastrutture autostradali è privo di motivazione, se riferito anche ai soggetti titolari di concessioni preesistenti alla costituzione dell’ART e risulta altresì viziato da violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza - nonché per contraddittorietà, illogicità manifesta, disparità di trattamento, falso presupposto e sviamento - perché accomuna soggetti sottoposti alle funzioni regolatorie dell’Autorità e soggetti ad esse estranei, tenuto anche conto del minore onere contributivo riservato alle imprese operanti nei settori dell’autotrasporto e della logistica proprio in ragione “del grado inferiore di esigenza regolatoria e di vigilanza rispetto agli altri settori sottoposti alle funzioni dell’Autorità”.

7.2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del d.l. n. 201/2011. Violazione e falsa applicazione dei principi di imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione degli operatori economici. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di motivazione. L’esenzione dal versamento del contributo “per importi contributivi pari o inferiori a euro 6.000,00” è illegittima perché espressiva di un potere non attribuito all’Autorità, tenuto anche conto del carattere di prestazione tributaria del contributo, riconducibile all’art. 23 Cost., per cui soggetti passivi dell’obbligazione sono tutti i soggetti operanti nel mercato di riferimento;
in ogni caso tale esenzione viola i principi di imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione di rilevanza comunitaria e non risulta in alcun modo giustificata.

7.3) In subordine: Illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6, del d.l. 201/2011 (con richiamo alle questioni sollevate da questo TAR con l’ordinanza n. 1746/2015).

Identiche censure sono state proposte nel ricorso per motivi aggiunti.


8. Deve premettersi che la questione di legittimità costituzionale posta all’attenzione del giudice delle leggi da questo Tar con ordinanza n. 1746/2015 è stata nelle more definita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 69/2017.

Ai fini che qui interessano la Corte ha stabilito:

a) con riferimento all’art. 23 Cost:

a1) quanto alla individuazione dei soggetti obbligati al versamento del contributo, che l’art. 37 comma 6 lett. b) del d.l. n. 201/2011 “fa riferimento ai «gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati», ossia a coloro nei confronti dei quali l’ART abbia effettivamente posto in essere le attività (specificate al comma 3 dell’art. 37) attraverso le quali esercita le proprie competenze (enumerate dal comma 2 del medesimo articolo). Dunque, la platea degli obbligati non è individuata, come ritiene il rimettente, dal mero riferimento a un’ampia, quanto indefinita, nozione di “mercato dei trasporti” (e dei “servizi accessori”);
al contrario, deve ritenersi che includa solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali, come del resto ha ritenuto anche il Consiglio di Stato in fase cautelare (Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 29 gennaio 2016, n. 312)”;

a2) che dal punto di vista procedimentale “la legge organizza un iter idoneo a sviluppare, attraverso la dialettica tra le autorità coinvolte, un confronto tra i vari interessi generali e settoriali, anche di ambito economico”;
il che si traduce in “un significativo argine procedimentale alla discrezionalità dell’ART e alla sua capacità di determinare da sé le proprie risorse”;
mentre il coinvolgimento da parte dell’ART delle categorie imprenditoriali interessate ”può considerarsi il portato, giuridicamente doveroso (sentenza n. 41 del 2013), di quella declinazione procedurale del principio di legalità, che è ritenuta dalla giurisprudenza amministrativa tipica delle autorità indipendenti (tra le molte, Consiglio di Stato, sesta sezione, 24 maggio 2016, n. 2182) e rappresenta un utile, ancorché parziale, complemento delle garanzie sostanziali richieste dall’art. 23 Cost.”;

a3) quanto alla misura delle risorse acquisite attraverso il contributo, che la “loro entità è correlata alle esigenze operative dell’ART e corrisponde al fabbisogno complessivo della medesima, risultante dai bilanci preventivi e dai rendiconti della gestione, soggetti al controllo della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale”;
mentre la nozione del “fatturato” come base imponibile per la determinazione del contributo è “utilizzata anche in altri luoghi dell’ordinamento” e “ben si presta a essere precisata, con riguardo allo specifico settore di riferimento, in base a criteri tecnici di carattere economico e contabile”;

a4) che, in sostanza, “il potere impositivo dell’amministrazione trova… limiti, indirizzi, parametri e vincoli procedimentali complessivamente adeguati ad arginarne la discrezionalità”;

b) con riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost:

b1) quanto alla prospettata “illegittima parificazione di un novero disomogeneo di obbligati”, che “la platea degli obbligati deve intendersi accomunata dall’essere in concreto assoggettati all’attività regolativa dell’ART. A tutti gli operatori economici che si trovano in tale posizione è imposto il contributo, il quale, pertanto, non può non essere determinato attraverso un atto generale (si veda, mutatis mutandis, la sentenza n. 34 del 1986). È poi compito del giudice comune verificare se, nella determinazione della misura dei contributi, oltre che nella individuazione dei soggetti tenuti a corrisponderli, siano stati o meno rispettati i criteri desumibili dall’intero contesto normativo che regola la materia, potendosi eventualmente trarre le naturali conseguenze nella sede giudiziaria appropriata (sentenza n. 507 del 1988)”;

b2) quanto al profilato “turbamento… della libertà individuale di iniziativa economica”, che l’insieme delle norme che disciplinano i poteri dell’ART “smentisce l’asserita imprevedibilità degli oneri contributivi”, posta a fondamento della tesi prospettata;

b3) quanto al rischio di “cattura” del regolatore da parte degli operatori, che “all’interno della cornice normativa di cui si è ripetutamente detto, il coinvolgimento delle categorie imprenditoriali nel procedimento di determinazione del contributo non riduce, ma invece accresce imparzialità, obiettività e trasparenza dell’azione amministrativa”.

Premesso quindi che risulta ad oggi pacificamente superata la prospettata questione di legittimità costituzionale (terzo motivo di ricorso), avendo la Corte, tra l’altro, ritenuto la disposizione normativa come originariamente formulata sufficientemente rispettosa del principio di legalità in materia di prestazioni patrimoniali imposte, la disciplina del contributo imposto dall’Autorità deve oggi essere interpretata alla luce dei principi sopra esposti, con la precisazione che l’astratta riconducibilità della ricorrente all’interno delle categorie soggette a regolazione da parte dell’ART non è di per sé sufficiente ai fini della sottoponibilità a contribuzione in quanto la platea degli obbligati al versamento del contributo “deve ritenersi includa solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali”;
in altre parole “la platea degli obbligati deve intendersi accomunata dall’essere in concreto assoggettati all’attività regolativa dell’ART”.

9. Sostiene la ricorrente di essere anche astrattamente estranea alla platea degli obbligati in quanto l’attività regolatoria evincibile dal d.l. n. 201/2011 nei confronti dei gestori di infrastrutture autostradali (cui pacificamente appartiene la ricorrente) sarebbe limitata ai concessionari divenuti tali in forza di concessioni stipulate successivamente all’entrata in funzione della Autorità.

La tesi proposta non è condivisibile, in quanto muove da un presupposto errato.

9.1. La parte assume, pur senza esplicitarlo, che la regolazione sia indirizzata a soggetti individualmente considerati anzicchè, come fisiologico per una attività di regolazione che si esplicita innanzitutto per atti generali, ad un settore di mercato, cui senza dubbio la società appartiene, e quindi indistintamente a tutti i players di quel mercato.

Volendo seguire sino in fondo il ragionamento di parte ricorrente, come evidenziato dalla difesa ART ed alla luce delle indicazioni interpretative dettate dalla Corte Costituzionale, dovrebbe concludersi che, poiché l’applicazione del contributo richiede una “concreta” oltre che una astratta regolazione, l’Autorità potrebbe reclamare il contributo solo dai soggetti destinatari di specifici provvedimenti individuali, posto che solo questi ultimi concretizzano l’attività nei confronti di soggetti particolari.

La conseguenza, incongruente con la stessa struttura della regolazione, meglio evidenzia l’erroneità del presupposto argomentativo da cui muove la ricorrente.

9.2. La parte sostiene che la propria interpretazione restrittiva troverebbe supporto nell’art. 37 co. 2 lett. g) del d.l. n. 201/2011 che, con specifico riferimento alle concessioni autostradali, nella versione vigente all’epoca di adozione dell’atto impugnato recitava: “g) con particolare riferimento al settore autostradale, a stabilire per le nuove concessioni sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione dell'indicatore di produttività X a cadenza quinquennale per ciascuna concessione;
a definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione;
a definire gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni;
a definire gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e stimolare la concorrenza per confronto”.

L’articolo è stato, come detto, modificato dal d.l. n. 109/2018 ed oggi recita:

“g) con particolare riferimento al settore autostradale, a stabilire per le nuove concessioni nonché per quelle di cui all'articolo 43, comma 1 e, per gli aspetti di competenza, comma 2 sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione dell'indicatore di produttività X a cadenza quinquennale per ciascuna concessione;
a definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione;
a definire gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni;
a definire gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e stimolare la concorrenza per confronto.”

La ricorrente evidenzia che la previgente versione dell’articolo effettuava esplicito riferimento alle sole “nuove concessioni” e proprio la recente modifica normativa, che ha esplicitamente inteso demandare all’ART poteri regolatori riferiti anche alle concessioni già in essere, confermerebbe la pregressa esclusione dei “vecchi concessionari” dal potere regolatorio.

9.4. L’assunto non si condivide e prova troppo.

La previsione dell’art. 37 co. 2 lett. g) attribuisce all’ART un potere particolarmente invasivo di incidenza sugli equilibri delle concessioni autostradali, che in linea di principio sono equilibri contrattuali;
il potere ART disegnato dalla disposizione infatti abbraccia tanto la fase della gara (definizione di bandi ed ambiti ottimali), quanto l’aspetto economico- contrattuale in senso stretto (individuazione secondo parametri oggettivi del “giusto prezzo” della concessione). Trattasi dunque della facoltà di amministrare gli aspetti economici delle concessioni in un contesto in linea di principio liberalizzato, sintomatica di una incidenza particolarmente forte dell’Autorità di regolazione in materia.

Proprio per la particolare incidenza di questa tipologia di intervento regolatorio il legislatore la ha dovuta esplicitare limitandola, dapprima, alle sole concessioni non ancora in essere (i cui destinatari non sono quindi soggetti individuati nè individuabili a priori);
in seguito ai noti fatti di Genova, che hanno palesato l’esigenza di maggiore regolazione, nel contesto del d.l. n. 109/2018 “ disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze ”, il potere di intervento è stato esteso anche ad ogni aggiornamento o revisione delle concessioni in essere, con attribuzione di un potere puntuale di incidenza su equilibri contrattuali in essere.

La peculiarità del potere attribuito all’ART in materia, non esclude affatto che l’Autorità regoli (e regolasse in precedenza) il settore di mercato nella sua generalità ed al di là di questa puntuale disposizione.

La predisposizione dei bandi di gara e l’individuazione degli ambiti ottimali di gestione è certamente una regolazione del segmento di mercato in termini generali;
né la società, che è concessionaria, può atomisticamente predicarsi estranea a tale mercato. Tanto meno rileva sostenere, come si legge in ricorso, che, così ragionando, posto che i partecipanti alle future gare ben potrebbero essere soggetti che all’attualità non gestiscono concessioni autostradali, tutti potrebbero essere chiamati a contribuire. I soggetti che all’attualità non gestiscono concessioni autostradali, oltre a non essere neppure identificabili, sono, sempre all’attualità, estranei al segmento di mercato regolato e, come tali, certamente estranei alla contribuzione.

Ancora l’art. 24 comma 5 bis del d.l.vo n. 285/1992 stabilisce: “Per esigenze di sicurezza della circolazione stradale connesse alla congruenza del progetto autostradale, le pertinenze di servizio relative alle strade di tipo A) sono previste, secondo le modalità fissate dall'Autorità di regolazione dei trasporti, sentita l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali di cui all'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dai progetti dell'ente proprietario ovvero, se individuato, del concessionario e approvate dal concedente, nel rispetto delle disposizioni in materia di affidamento dei servizi di distribuzione di carbolubrificanti e delle attività commerciali e ristorative nelle aree di servizio autostradali di cui al comma 5-ter dell'articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, e successive modificazioni, e d'intesa con le regioni, esclusivamente per i profili di competenza regionale.” Non vi è nessuna ragione per accedere alla interpretazione restrittiva proposta da parte ricorrente che sostiene che la norma abbia come soli destinatari i concessionari futuri, tanto più che la disposizione offre argomento letterale contrario là dove indirizza l’attività di regolazione anche, “se individuato” (e dunque già in essere), al concessionario. La complessiva disciplina dunque attribuisce, come fisiologico, alla regolazione la vocazione a regolare il “mercato”, senza artificiose segmentazioni tra singoli soggetti che vi appartengono.

E’ infine documentato che, nel 2016, l’ART ha concretamente e reiteratamente operato per definire gli ambiti ottimali della gestione del mercato delle concessioni autostradali, e alcuni bandi per le relative gare. In particolare, la deliberazione n. 70/2016, preceduta da ampia consultazione degli operatori del settore, con la quale sono stati definiti gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, ha definito la generale attività dei concessionari autostradali;
trattasi di deliberazione che, seppure successiva alla deliberazione impugnata, attiene al periodo oggetto di contribuzione e si pone quale esito finale di una specifica e complessiva attività di regolazione demandata all’ART. Inoltre, già con le delibere 23/2014 e 45/2015, l’Autorità ha predisposto schemi di bandi di gara e di concessione che, come già sottolineato, si indirizzano necessariamente “al mercato” cui la ricorrente appartiene.

Ritiene in definitiva il collegio che sussistano i presupposti per la sottoposizione della ricorrente al contributo qui censurato in quanto innegabilmente soggetto attore del complessivo mercato delle concessioni autostradali, già oggetto di regolazione da parte dell’ART nell’anno in questione.

9.5. Sempre con il primo motivo di ricorso la parte lamenta inoltre la presunta discriminazione dei concessionari autostradali in rapporto agli operatori della logistica e dell’autotrasporto, per i quali l’ART avrebbe fissato una aliquota contributiva inferiore in ragione delle minori esigenze regolatorie, soluzione che ben avrebbe dovuto portare a differenziare anche i concessionari già in essere rispetto a quelli nuovi, in ragione della diversa incidenza della regolazione, almeno alla luce delle disposizioni vigenti all’atto di approvazione della delibera impugnata.

Rileva il collegio innanzitutto come la disposizione normativa in tema di contribuzione ART risulti particolarmente sintetica e si limiti, di fatto, ad individuare una aliquota massima da applicarsi al fatturato, demandando alla discrezionalità dell’Autorità la concreta definizione del contributo. Siffatta previsione è già stata ritenuta sufficientemente definita dal giudice delle leggi, che ha precisato come fisiologicamente la discrezionalità del regolatore interverrà a puntualizzarne i contenuti. E’ quindi fisiologico e costituzionalmente legittimo che l’Autorità individui le aliquote, fermo il rispetto del limite massimo, con scelte di elevata discrezionalità tecnica sindacabili solo là dove palesemente abnormi.

Tanto premesso e tenuto conto che siffatta palese abnormità non è neppure dedotta in ricorso, si ritiene che anche i termini di paragone invocati non siano corretti. La ricorrente infatti invoca una distinzione tra concessionari vecchi e nuovi all’interno dello stesso mercato dei concessionari autostradali, così ribadendo la propria – già qui non condivisa – impostazione di segmentare l’unitario mercato delle concessioni autostradali;
pertanto la distinzione fatta da ART ed invocata quale termine di paragone postula una distinzione di mercati mentre quella invocata in ricorso è una distinzione tra “soggetti”, non coerente con le caratteristiche generali della regolazione.

Il primo motivo di ricorso deve quindi essere respinto.

9.6. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente censura la deliberazione impugnata nella parte in cui ha individuato una soglia de minimis pari a 6000,00 € di contributo, al di sotto della quale l’Autorità ha ritenuto che gli operatori del mercato, pur regolato e quindi soggetto a contribuzione, ne siano esentati.

Richiamate le considerazioni già espresse circa la ritenuta sufficiente tassatività della disposizione normativa applicabile in sede costituzionale, si ritiene che, anche in tal caso, la scelta operata sia coerente con la discrezionalità tecnica con la quale l’Autorità può intervenire a concretamente definire l’obbligo. La giurisprudenza invocata da parte ricorrente in nessun punto esclude la legittimità della individuazione di una soglia de minimis del contributo da parte di una Autorità indipendente, limitandosi ad evidenziare che il contributo assume le caratteristiche di una prestazione patrimoniale imposta gravante “sul mercato”, soggetto al divieto di discriminazione e slegato da vincoli di stretta corrispettività con singoli atti di regolazione.

Deve premettersi che l’Autorità ha esplicitamente giustificato la propria scelta nella delibera impugnata, in cui si legge: “per finalità di semplificazione degli adempimenti cui sono tenuti gli operatori, da un lato, e ragioni di efficienza ed economicità delle attività amministrative di verifica e riscossione inerenti l’applicazione del prelievo, dall’altro, che il versamento non sia dovuto per importi contributivi – calcolati in base a quanto previsto dalla presente delibera – pari od inferiori ad € 6000,00.”

La soluzione, da un lato, contrariamente a quanto assunto in ricorso, non ha caratteristiche discriminatorie né distingue situazioni identiche;
essa infatti è trasversale a tutti i soggetti regolati ed instaura una distinzione non ancorata a profili soggettivi bensì oggettivi, il dato di fatturato la cui diversa entità è sintomatica di diversa condizione oggettiva di mercato;
dall’altro la scelta è accompagnata da una esplicita e coerente giustificazione tecnica propria della discrezionalità dell’Autorità.

L’imposizione del contributo, seppure in linea di principio obbligatoria e certamente non discriminatoria né arbitraria, può ragionevolmente perseguire esigenze di efficienza;
si intende dire che il contributo, per quanto svincolato da vincoli di corrispettività con singoli interventi di regolazione ed assimilabile ad un tributo, è comunque sempre perimetrato - in termini assoluti - dalle necessità di finanziamento dell’ART e della sua concreta attività, cui peraltro la Corte costituzionale lo ha ancorato.

Qualora tuttavia gli oneri di verifica e riscossione indotti in capo all’Autorità, a fronte di importi di contribuzione minima, possano risultare superiori al gettito del contributo, pare al collegio che, nel quadro complessivamente delineato, rientri nei poteri discrezionali dell’ART esercitati coerentemente alla funzione del contributo stesso quello di individuare una soglia de minimis ;
altrimenti opinando ne discenderebbe che l’Autorità dovrebbe imporre al mercato un onere inefficiente, e quindi finalizzato solo a se stesso, più che all’oggettivo sostegno dell’attività di regolazione.

D’altro canto, come osservato dall’ART, molti sistemi di regolazione prevedono la individuazione di soglie de minimis , così come lo stesso sistema tributario conosce le cosiddette “no tax area”;
inoltre, alla luce della norma concretamente applicabile, la Corte Costituzionale ha ricordato, nella sentenza n. 69/2017, che, in materia di prestazioni patrimoniali imposte, pur non essendo ammessi interventi dell’amministrazione del tutto liberi e quindi arbitrari (non rinvenibili nel caso di specie), l’intervento complementare dell’amministrazione può attingere “la specificazione quantitativa (e, qualche volta, anche qualitativa) della prestazione” e che “l’eventuale indeterminatezza dei contenuti sostanziali della legge può ritenersi in certa misura compensata dalla previsione di talune forme procedurali aperte alla partecipazione di soggetti interessati ed organi tecnici”, nonché dalla superiore approvazione dell’atto censurato da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, circostanze puntualmente verificatasi nel caso di specie.

Né da ultimo pare al collegio che la recente modifica normativa apportata dal d.l. n. 109/2018, che ha esplicitamente previsto nell’art. 37 il potere dell’Autorità di individuare soglie di esenzione dal contributo deponga nel senso di un divieto di tale misura per il periodo antecedente.

Le modifiche apportate all’art. 37 paiono piuttosto in generale volte a positivizzare le indicazioni ermeneutiche già dettate dalla Corte costituzionale (quale il riferimento all’assoggettabilità al contributo dei soggetti “concretamente” regolati) in continuità con l’interpretazione costituzionalmente orientata delle pregresse disposizioni;
esse al più sembrano voler esplicitamente sciogliere residui dubbi interpretativi che hanno dato luogo a contenzioso ma che, non per questo, non possono essere risolti anche per quanto concerne il periodo pregresso, secondo ordinari criteri di interpretazione sistematica che necessariamente governano la lettura della disposizione.

Anche il secondo motivo di ricorso deve quindi essere respinto.


10. In definitiva tanto il ricorso introduttivo che il ricorso per motivi aggiunti non possono trovare favorevole valutazione.

11. La novità delle questioni giustifica la compensazione delle spese di lite.

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