TAR Trieste, sez. I, sentenza 2020-07-22, n. 202000280
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Pubblicato il 22/07/2020
N. 00280/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00383/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 383 del 2018, proposto da
Azienda Querinuzzi Alberto, Cristian e Gionata s.s., Azienda Agricola G di G Lucio e Stefano s.s. e Clocchiatti Pierina, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e;
contro
Agea Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura non costituita in giudizio;
per l'annullamento
delle intimazioni di prelievo supplementare latte di seguito indicate:
- G: comunicazione Agea INL33 04480638 P di data 5.10.2018 intimante l’importo di € 661.417,77 di cui € 215.148,67 di interessi moratori
- Querinuzzi: comunicazione Agea INL33-04480675-P di data 5.10.2018 intimante l’importo di € 15.130,74 di cui € 4.522,62 di interessi moratori
- Clocchiatti: comunicazione Agea INL 33-04480623 P di data 5.10.2018 intimante l’importo di € 39.506,57 di cui € 12.814,58 di interessi moratori;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge con modificazioni dalla l. 24 aprile 2010, n. 27, e l’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore nell'udienza pubblica telematica del giorno 14 luglio 2020 la dott.ssa Manuela Sinigoi e letta la nota d’udienza dimessa dalle ricorrenti ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1, penultimo periodo, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso collettivo spedito per la notifica il 29 novembre 2018 e depositato il successivo 20 dicembre 2018, le Aziende agricole ricorrenti, tutte “produttrici” titolari di quote latte, hanno impugnato cumulativamente, invocandone l’annullamento, le comunicazioni in epigrafe indicate e relativi allegati, con le quali l’AGEA ha comunicato ad ognuna di esse i presunti ed asseriti debiti relativi alle quote latte (prelievi supplementari) individuati come esigibili in relazione alle campagne lattiere dal 1997/1998 al 2000/2001 (G e Clocchiatti) e 2001/2002 (Querinuzzi) e ne ha intimato il pagamento aggravato da interessi.
A sostegno della richiesta avanzata hanno dedotto:
1. “Insussistenza del presunto credito azionato da AGEA. Prescrizione del credito”
2. “Nullità-inefficacia-infondatezza ed invalidità assoluta del provvedimento sanzionatorio qui impugnato per palese erroneità ed illegittimità nel calcolo della quota di interessi con peculiare riferimento ai dedotti e contestati <interessi moratori>- errata applicazione dei tassi di interesse richiesti – violazione artt. 8, -ter, - quater, -quinquies, l. 33/09 e dell’art. 3 l. 241/90”
3. “Nullità-illegittimità-invalidità-inefficacia dei prelievi esigibili notificati per ammissione da parte dell’ente preposto degli errori eccepiti circa l’applicazione dei corretti e vigenti tassi di interesse e in generale nel computo degli interessi – insussistenza di un diritto a procedere in executivis”
4. “Nullità dei provvedimenti sanzionatori e del quantum azionato per omessa contabilizzazione della operazione di <compensazione atecnica>effettuata a priori tra il prelievo supplementare asseritamente insoluto ed i crediti degli allevatori e produttori per gli aiuti comunitari e per la PAC, violazione di legge ex artt. 83,84,306 c.p.c. atteso che non è intervenuto alcun previo accertamento circa la debenza delle somme oggetto di cartella - erroneità nel quantum della sorte capitale del presunto credito azionato e intimato - necessità di ricalcolo e rideterminazione”
5. “Esistenza di indagini penali circa la alterazione e/o la indeterminatezza e l’erroneità insanabile e totale del dato produttivo utilizzato da AGEA”.
L’Agea non si è costituita in giudizio.
Dopo un primo rinvio della trattazione dell’istanza cautelare dettata dalla, in quel momento, ritenuta esigenza di effettuare approfondimenti istruttori (ord. coll. n. 10 in data 10/1/2019), la ricorrente ha, poi, rinunciato all’istanza formulata (ord. caut. di presa d’atto n. 25 del 10/4/2019).
E’ stata, quindi, fissata per la trattazione del merito la pubblica udienza del 14 luglio 2020 (così ricalendarizzata a seguito di rinvio imposto dalle misure adottate in ottemperanza all’art. 10, comma 17, del d.l. 2 marzo 2020, n. 9 e dalla sospensione dei termini, dall’9 marzo al 15 aprile 2020, poi prevista dall’art. 84, comma 1, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID19), in vista della quale la ricorrente non ha dimesso ulteriori memorie di difesa, limitandosi unicamente a depositare in prossimità della stessa brevi note d’udienza ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 4, comma 1, penultimo periodo, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 25 giugno 2020, n. 70.
Celebrata l’udienza su indicata in via telematica ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2010, n. 27, mediante utilizzo della piattaforma Microsoft Teams, la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione ai sensi del precedente comma 5 dell’articolo citato, come modificato dalla legge di conversione (“successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 31 luglio 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, … sia in udienza pubblica, passano in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso…”).
Il ricorso è inammissibile per le ragioni già sinteticamente rappresentate alle ricorrenti nel corso delle udienze camerali del 10 gennaio 2019 e del 10 aprile 2019 e riportate nei relativi verbali.
Le odierne ricorrenti, così come hanno fatto in precedenti ricorsi anche altre aziende agricole produttrici di latte destinatarie di intimazioni di pagamento del prelievo supplementare non deducono, infatti, concreti, specifici e diretti effetti a loro danno dai vizi denunciati, che asseritamente inficerebbero le intimazioni di pagamento impugnate. Non è dato mai sapere, invero, se e come detti vizi abbiano concretamente prodotto effetti compressivi sulla loro sfera giuridica, dato che le medesime nulla hanno dedotto con riferimento ad eventuali e specifici errori commessi nella assegnazione e/o nella compensazione e imputazione del prelievo supplementare per la parte di rispettivo e personale interesse e/o nel calcolo dei quantitativi e/o degli interessi addebitati.
Basti pensare, ad esempio, che laddove, con il primo motivo di ricorso, hanno invocato l’intervenuta prescrizione del credito si sono limitate a dedurre che “si eccepisce in via assorbente l’intervenuta prescrizione del credito riferito a campagne lattiere dal 97/98 in poi”.
Doglianza decisamente troppo generica per consentire a questo giudice di apprezzarne l’eventuale fondatezza, non solo in considerazione del fatto che l’annata a decorrere dalla quale dovrebbe essersi verificata la prescrizione non rileva per tutti i ricorrenti (n.d.r. il ricorrente Querinuzzi impugna l’intimazione di pagamento riferentesi alla sola annata 2001/2002), ma anche e soprattutto perché, in assenza di più precise allegazioni, non v’è motivo di dubitare della veridicità e correttezza degli atti con effetti “interruttivi” del termine di prescrizione decennale [n.d.r. il diritto di recupero delle somme dovute per le eccedenze produttive nel settore lattiero-caseario annotate nel Registro Nazionale dei Debiti tenuto da Agea ex art. 8 ter L. n. 33/2009 è soggetto al termine di prescrizione decennale sia in riferimento alla sorte capitale che agli interessi, che sono geneticamente collegati all’obbligazione principale ai sensi della stessa legge n. 33/2009 (ex multis Tar Lombardia, Brescia, II, 27 maggio 2020, n. 400;Tar Lazio, II-ter, 30 gennaio 2020, n. 1320;id., 4 dicembre 2018, n. 11776)], i cui estremi sono indicati negli allegati alle intimazioni di pagamento gravate (vedi all. 002, 003 e 004 fascicolo doc. ricorrente), ragione per cui il Collegio ha ritenuto di poter soprassedere dall’insistere nell’ordine istruttorio emesso, rimasto inevaso.
Giova, in ogni caso, rammentare che la giurisprudenza, non solo di questo TAR, ha già avuto modo di rilevare, anche con specifico riguardo alle questioni inerenti le c.d. quote latte, che il processo amministrativo non è posto a garanzia oggettiva della legalità, ma, piuttosto, finalizzato alla tutela specifica di posizioni giuridiche soggettive lese, con correlato onere a carico della parte ricorrente di dedurre specifici errori a proprio danno (vedi TAR Piemonte, sez. II, nn. 1062 e 1125 del 2012;TAR Piemonte, sez. I, n. 3265 del 2009). In nessun caso è, quindi, possibile rivendicare un non tutelabile interesse alla correttezza oggettiva e generalizzata del procedimento (così TAR Piemonte, sez. II, 27 marzo 2014 n. 523).
Oltre a ciò, pare, tuttavia, dirimente al Collegio, come già in alcuni precedenti di questo Tribunale Amministrativo Regionale (ex multis n. 203 in data 22 giugno 2020, n. 219 in data 25 giugno 2018 e n. 39 in data 14 febbraio 2018) la considerazione che la proposizione di ricorso in forma collettiva e/o cumulativa rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione. La proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è, infatti, subordinata al rispetto di stringenti requisiti, essendo richiesto, oltre all’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, che le posizioni azionate dai ricorrenti siano omogenee sia con riferimento al petitum, che alle doglianze dedotte e all’interesse perseguito (Consiglio di Stato, IV, 27 gennaio 2015, n. 363;nonché, III, 21 marzo 2016, n. 1120;IV, 29 dicembre 2011, n. 6990;V, 24 agosto 2010, n. 5928;T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 12 dicembre 2016, n. 2403;T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 ottobre 2016, n. 1800;T.A.R. Campania, Napoli, VII, 28 gennaio 2016, n. 507).
In particolare, per quanto riguarda il ricorso cumulativo, può derogarsi alla regola dianzi indicata, e dunque ammettersi in via d’eccezione l’impugnazione con un unico ricorso di più provvedimenti, solo qualora tra gli stessi sussista una connessione di tipo procedimentale o funzionale. Tale tipo di connessione sussiste quando i provvedimenti gravati «siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica», e quando «con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati» (così, C.d.S., Sez. V, sentenza n. 2543/2016).
E’ stato, infatti, autorevolmente sostenuto che nel processo amministrativo impugnatorio “la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i vizi – motivi si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5;altresì, IV, 26 agosto 2014, n. 4277;V, 27 gennaio 2014, n. 398;V, 14 dicembre 2011, n. 6537).
Nel caso di specie, come già nei precedenti dianzi richiamati, non sussistono, però, i su indicati requisiti.
I ricorrenti hanno, infatti, impugnato più provvedimenti che, come si è visto, riguardano annate lattiere diverse, che, tra l’altro, assumono rilievo anche in relazione alle singole doglianze svolte, come si è già avuto modo di evidenziare con riguardo all’eccezione di prescrizione formulata con il primo motivo di ricorso.
E’, dunque, evidente che, nel caso in esame, questo Collegio sarebbe costretto a vagliare separatamente le posizioni delle ricorrenti, con conseguente ed evidente compromissione di quelle esigenze di semplificazione e sinteticità, alla cui soddisfazione la proposizione in forma collettiva/cumulativa dei ricorsi, eccezionalmente ammessa, dovrebbe essere, invece, preordinata.
Può, pertanto, affermarsi che, oltre ad essere pacifica l’insussistenza di qualsivoglia connessione procedimentale o funzionale tra le intimazioni impugnate, accomunate unicamente da una (del tutto) casuale identità di contenuto, manca, nel caso specifico, anche quella necessaria omogeneità “nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati”, già rilevata nel corso delle udienze camerali.
In definitiva, il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a..
La mancata costituzione in giudizio dell’Agenzia intimata vale ad esimere questo giudice dallo statuire in ordine alle spese di lite.