TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-03-12, n. 202404978
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Testo completo
Pubblicato il 12/03/2024
N. 04978/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01685/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1685 del 2003, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Cerbara, 64;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del provvedimento in data 27 dicembre 2002, adottato dal Comando Generale della Guardia di Finanza, con il quale è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione ai sensi degli 718BAC0B8DC6A2" data-article-version-id="0d022a1e-ae64-5f8c-9c06-08adf98171a8::LR446B6D718BAC0B8DC6A2::2012-03-12" href="/norms/laws/itatextoslwu9ik8qgk3pz/articles/itaartrp2zlsmgugdvno?version=0d022a1e-ae64-5f8c-9c06-08adf98171a8::LR446B6D718BAC0B8DC6A2::2012-03-12">artt. 70 n. 4 e 71 della legge n. 113/1954
- nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 26 gennaio 2024 il dott. M A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’odierno ricorso il Signor -OMISSIS-, all’epoca dei fatti Tenente Colonello della Guardia di Finanza, esponeva di aver subito un procedimento penale con l’accusa di aver commesso svariati reati in relazione ad una vicenda nella quale lo stesso si era adoperato per procurare al proprio superiore gerarchico un’agevolazione nella compravendita di un’autovettura, concretizzatasi nel procacciamento della somma di lire 60 milioni corrispondente al prezzo pagato per l’acquisto. Tale somma veniva ottenuta tramite un altro ufficiale della Guardia di Finanza e costituiva il provento di un’attività concussiva realizzata da quest’ultimo nei confronti di un imprenditore.
Nelle more del giudizio il Tenente Colonello veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari e l’Amministrazione lo collocava in stato di sospensione precauzionale dall’impiego a far data dal 14 aprile 1995.
A seguito della definizione del processo penale, nel quale il -OMISSIS- veniva condannato per il reato di ricettazione alla pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione, il Comando Generale della G.d.F. avviava un procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente.
Nell’ambito di tale procedimento il -OMISSIS- presentava una memoria controdeduttiva con la quale spiegava le ragioni del proprio comportamento, sottolineando di non aver ricavato alcuna utilità economica dall’intervento esercitato in favore del superiore.
In data 17 dicembre 2002 il Comando Generale G.d.F., al termine dell’istruttoria, infliggeva al -OMISSIS- “ la perdita del grado per rimozione ”.
L’Amministrazione comminava la sanzione espulsiva rilevando che “ le sentenze penali rivestono peraltro efficacia di giudicato nel presente procedimento disciplinare ” e che “ l’inquisito non ha presentato nel corso del procedimento amministrativo memorie difensive che potessero ridimensionare la valenza disciplinare dei gravi fatti oggetto di accertamento ”.
2. Avverso tale determinazione parte ricorrente proponeva ricorso deducendo i seguenti motivi di censura:
I – Violazione L. 7 febbraio 1990, n. 19, art. 9, secondo comma.
Il provvedimento impugnato è stato adottato oltre il termine perentorio-decadenziale di cui all’art. 9, secondo comma della legge n. 19/1990, ai sensi del quale il procedimento disciplinare deve concludersi entro 90 giorni dal suo avvio.
Nella fattispecie il procedimento è stato instaurato il 30 settembre 2002 e si è concluso 105 giorni dopo, precisamente in data 13 gennaio 2003 (con la notificazione del provvedimento di perdita di status ), quindi ben oltre il termine decadenziale di 90 giorni.
Ancorché il provvedimento risulta essere stato adottato il 27 dicembre 2002 (nell’ambito dei 90 giorni a disposizione dell’Amministrazione per la conclusione del procedimento), resta incontrovertibile che le sanzioni sono atti ricettizi sicché la loro efficacia ed obbligatorietà risultano condizionate dalla tempestività, oltre che dell’adozione, anche della notificazione/comunicazione al destinatario.
II – Violazione e falsa applicazione L. 10 Aprile 1954, n. 113, artt. 70, n. 4 e 71 – Violazione del principio di proporzionalità – Violazione del principio di ragionevolezza.
Dall’accertamento dei fatti avvenuto in sede penale emerge che il -OMISSIS- non ha tratto alcun vantaggio patrimoniale dalla vicenda oggetto di contestazione, essendosi limitato a favorire il proprio diretto superiore in un sia pur soggettivo e discutibile senso di rispetto della gerarchia. Inoltre, il ricorrente è stato condannato solo per il reato di ricettazione mentre le altre imputazioni inizialmente contestate in sede penale sono cadute nel corso del giudizio.
L’omessa considerazione di tali aspetti rende la determinazione assunta dall’Organo di disciplina sproporzionata, iniqua e arbitraria.
III- Violazione per disapplicazione della L. 10 Aprile 1954, n. 113, art. 87, 5° comma – Violazione del principio del contraddittorio – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e falsità di presupposto – Violazione del principio di indipendenza del giudizio disciplinare rispetto al processo penale.
La sanzione impugnata è motivata con riferimento all’omessa difesa dell’incolpato che, nel procedimento disciplinare, avrebbe assunto un comportamento inerte e passivo tralasciando di presentare “ memorie difensive che potessero ridimensionare la valenza disciplinare dei gravi fatti oggetto di accertamento ”.
Al contrario, nel corso del giudizio, il ricorrente ha depositato una puntuale e articolata memoria di tredici pagine con la quale ha reso spiegazione minuziosamente del proprio operato sulla base di nove documenti allegati, ridimensionandone sensibilmente la rilevanza sul piano disciplinare, dimostrando di non aver ricavato alcuna utilità economica dall’intervento esercitato in favore del suo superiore diretto per l’acquisto dell’autovettura.
In ordine a tale circostanza l’Amministrazione non ha eseguito i necessari approfondimenti istruttori, negando che l’inquisito avesse presentato memorie difensive atte a ridimensionare la valenza disciplinare dei fatti a lui ascritti.
Inoltre, il vincolo scaturente dal giudicato penale di condanna riguarda la sola materialità dei fatti oggetto del giudizio penale, restando esclusa qualsiasi preclusione all’autonomia dell’Amministrazione di valutazione dei fatti stessi in ragione dei diversi interessi tutelati dai due sistemi penale e disciplinare.
Senonché nel caso di specie un’autonoma ed effettiva valutazione non c’è stata e la sanzione espulsiva è stata adottata praticamente inaudita altera parte senza tener conto della difesa controdeduttiva dell’interessato.
Il difetto di istruttoria ridonda a pregiudizio della motivazione, non essendo la drastica sanzione inflitta supportata da adeguata giustificazione e coerente argomentazione.
IV – Violazione dell’art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 – Eccesso di potere per incongruità della motivazione.
Il provvedimento sanzionatorio impugnato si limita a rimarcare che in ordine all’episodio di ricettazione “ le sentenze penali rivestono peraltro efficacia di giudicato nel presente procedimento disciplinare ” astenendosi da ogni pur necessaria autonoma valutazione di tutte le circostanze occorrenti ad una congrua ponderazione della condotta del -OMISSIS- e a una esatta valutazione della loro rilevanza sul piano disciplinare.
V – Difetto di istruttoria sotto altro profilo – Eccesso di potere per iniquità, per manifesta ingiustizia, per illogicità, per sviamento.
L’abnormità della reazione sanzionatoria risulta evidente se si considerano i precedenti di carriera del -OMISSIS-, i titoli di servizio e benemerenze vantati nonché la circostanza che lo stesso è incensurato sia per assenza di precedenti a livello penale sia per l’assenza di precedenti sul piano disciplinare.
VI – Eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per violazione del principio di proporzionalità sotto altro profilo.
Per il medesimo episodio che ha provocato la decadenza dal servizio il ricorrente è stato sospeso precauzionalmente dal servizio per sette anni. Il lungo periodo di sospensione, rapportato all’entità dell’episodio accertato in sede penale, con tutte le conseguenze e gli effetti che vi si riconnettono sul piano dell’afflittività morale e della perdita degli emolumenti, costituisce di per sé una sanzione ampiamente remunerativa dell’infrazione ascritta.
Pertanto, l’operato dell’Amministrazione nella circostanza ha ecceduto il confine della discrezionalità, trasmodando nella spietatezza e nell’arbitrio.
3. Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza, chiedendo il rigetto del ricorso.
4. In vista dell’udienza del 26 gennaio 2024 le parti producevano documentazione e memorie. All’esito dell’udienza la causa veniva trattenuta in decisione.
5. La disamina delle censure proposte dal ricorrente conduce al rigetto del ricorso, dovendosi ritenere la loro infondatezza.
5.1 Con il primo motivo di gravame la parte privata eccepisce la decadenza del potere sanzionatorio per tardività della sanzione espulsiva, avendo l’Amministrazione notificato il provvedimento all’interessato oltre il termine decadenziale di 90 giorni previsto all’art. 9, secondo comma della legge n. 19/1990.
La doglianza non coglie nel segno.
La circostanza che la notifica del provvedimento impugnato sia stata effettuata in data 13 gennaio 2003, dopo la scadenza del termine di 90 giorni, non incide sulla legittimità del provvedimento impugnato.
Invero, ai fini del rispetto del termine decadenziale per la conclusione del procedimento disciplinare occorre considerare la data in cui il provvedimento si è giuridicamente perfezionato (ovverosia la sua adozione da parte dell’Amministrazione) e non già quella in cui lo stesso è notificato all’incolpato e ciò in quanto l’adempimento partecipativo attiene all’efficacia dell’atto nei confronti del solo destinatario ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. II, 5 settembre 2023, n. 8168).
5.2 Con il terzo e il quarto motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, il ricorrente lamenta che l’Amministrazione avrebbe negato la presentazione da parte dell’inquisito di memorie difensive atte a ridimensionare la valenza disciplinare dei fatti a lui ascritti. Inoltre, l’Amministrazione avrebbe recepito acriticamente le risultanze del giudizio penale, rinunciando a svolgere quell’attività di autonoma valutazione cui invece sarebbe stata tenuta. Tali mancanze evidenzierebbero un difetto di istruttoria del procedimento disciplinare con conseguente inadeguatezza della motivazione.
Anche tali censure risultano infondate.
In primo luogo, dalla lettura del provvedimento impugnato si rileva che l’Amministrazione non ha ignorato la produzione di controdeduzioni difensive ma, pur considerandole, le ha valutate non idonee a ridimensionare la valenza disciplinare dei fatti oggetto di accertamento alla luce dei caratteri dell’illecito e in considerazione del grave nocumento arrecato dal comportamento dell’ufficiale all’immagine e al prestigio del Corpo.
Invero, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, dalla documentazione in atti si evince che l’Amministrazione non si è limitata a prendere atto dell’efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare ma ha istruito una formale inchiesta a carico del -OMISSIS- e compiuto autonomi apprezzamenti sulla condotta tenuta dall’ufficiale al fine di determinare una sanzione idonea a tutelare e garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione nonché le specifica funzione cui è deputato il Corpo della Guardia di Finanza.
La motivazione dell’atto, al riguardo, risulta congrua e adeguata nella misura in cui nel decretare la perdita del grado per rimozione l’Autorità di vertice del Corpo ha tenuto conto, oltre che della gravità del fatto e della violazione dei doveri di correttezza e lealtà assunti con il giuramento prestato, dell’anzianità di servizio del -OMISSIS-, del suo ruolo di ufficiale superiore con funzioni di comando, della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e tributaria rivestita all’epoca dei fatti, dell’avere lo stesso commesso il fatto in concorso con altri militari, della chiara intenzionalità delle azioni, della risonanza che la vicenda giudiziaria ha avuto sugli organi di stampa.
Inoltre, l’Amministrazione ha ritenuto che il comportamento del militare evidenziasse gravissime carenze nelle qualità morali e di carattere e che un eventuale mantenimento nelle proprie fila di un ufficiale responsabile di condotte così gravi avrebbe determinato ulteriori effetti lesivi all’immagine e al prestigio del Corpo.
Dagli atti di causa, dunque, si evince che l’Amministrazione ha valutato puntualmente le circostanze della vicenda e la rilevanza della condotta del -OMISSIS- sul piano disciplinare alla luce dei doveri propri di un ufficiale appartenente al Corpo della Guardia di Finanza. Allo stesso tempo, la determinazione finale risulta essere stata adottata previa ponderazione degli interessi pubblici e privati in gioco, all’esito della quale l’Amministrazione, per le ragioni su esposte, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico a che il ricorrente non continuasse a prestare servizio presso il Corpo della Guardia di Finanza rispetto all’interesse personale del militare a continuare a prestarvi servizio.
5.3 Con il secondo, il quinto e il sesto motivo di gravame il ricorrente deduce la mancanza di proporzionalità della sanzione, in considerazione del mancato conseguimento di vantaggi patrimoniali dalla vicenda, dei lusinghieri precedenti di carriera del -OMISSIS- nonché della sua qualità di incensurato per assenza di precedenti sia a livello penale che disciplinare. Inoltre, la sanzione espulsiva sarebbe fuori misura in ragione del lungo periodo di sospensione precauzionale che ne ha determinato l’allontanamento dal servizio nei sette anni precedenti.
Anche tali censure non risultano meritevoli di positivo apprezzamento.
Al riguardo, il Collegio intende richiamare il consolidato orientamento secondo cui, in assenza di particolari ragioni di segno contrario, è incontestabile l’ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell’Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate ( ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 123/2015).
Su tali premesse, non appare né illogica né irragionevole la scelta di irrogare una sanzione destitutoria all’ufficiale della Guardia di Finanza il quale, al fine di procurare al proprio superiore gerarchico un profitto - consistente nel reperire la somma di lire sessanta milioni pagata dallo stesso per l’acquisto di una autovettura – risulti essersi procurato tale somma tramite altro ufficiale della Guardia di Finanza, quale provento dell’attività concussiva posta in essere da quest’ultimo nei confronti di un imprenditore.
Infatti, deve ritenersi che la condotta accertata, realizzata in violazione dei doveri inerenti la qualità di ufficiale della guardia di Finanza, sia idonea ad infrangere irrimediabilmente il rapporto fiduciario che necessariamente deve sussistere tra un militare e l’Istituzione di appartenenza e rende non dirimenti le contestazioni della parte privata.
In ragione di quanto sopra, nel caso di specie la sanzione irrogata appare immune da evidenti sintomi di abnormità e dunque non sindacabile in questa sede.
6. In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va respinto.
6.1 Le circostanze del caso consentono la compensazione delle spese.