TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-07-29, n. 202415405

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-07-29, n. 202415405
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415405
Data del deposito : 29 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2024

N. 15405/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01415/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1415 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A L e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Pellicciari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento e/o per la declaratoria di nullità:

- del provvedimento dell'ANAC prot. n. 0087471, fasc. n. 3655/2021/SR, del 6 dicembre 2021, notificato via PEC in pari data, reso all'esito del procedimento USAN/NU/47223/2021/RP, di iscrizione della ricorrente nel casellario informatico (“casellario”) ai sensi dell'art. 213, c. 10, del D.Lgs. n. 50/2016 (“Provvedimento”);

- ove occorrer possa, dell'avvio del procedimento USAN/NU/47223/2021/RP, prot. n. 0073232, comunicato con PEC dell'8 ottobre 2021 (“avvio del procedimento”);

- ove occorrer possa, del Regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell'art. 213, c. 10, del D.Lgs. n. 50/2016, di cui alla delibera n. 861 del 2 ottobre 2019, modificato con decisione del Consiglio del 29 luglio 2020 (“Regolamento”) nei termini meglio precisati infra ;

- di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto;

nonché per la condanna dell'ANAC a eliminare l'annotazione dal Casellario.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2024 il dott. Dario Aragno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- espone di aver partecipato alla gara per l’affidamento dei servizi di implementazione e della gestione del “Sistema Informativo Pugliese dell’Ambiente” (“SIPA”), indetta dalla Regione Puglia, ai sensi dell’art. 6, co. 1, lett. a) del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, con bando spedito il 28 giugno 2005 e pubblicato in GUUE n. 2005/S 126-124790 il 2 luglio 2005, quale mandante in RTI insieme a -OMISSIS- (mandataria) ed a -OMISSIS- e -OMISSIS- (altre mandanti), poi risultato aggiudicatario. Premettendo che l’esecuzione del servizio prevedeva un avanzamento in 3 «fasi», la ricorrente fa presente, in punto di fatto, che dopo la stipula di un primo contratto rep. 7712 del 28 novembre 2006 per la fornitura, installazione e attivazione del SIPA, e di un secondo contratto rep. 8010 del 1 marzo 2007, per l’avvio del servizio di gestione del SIPA, si è resa necessaria la sostituzione della mandataria -OMISSIS-, in stato di decozione, con la -OMISSIS-, formalizzando la novazione soggettiva del rapporto con la stazione appaltante con il contratto rep. 9464 del 10 luglio 2008.

A seguito dei problemi finanziari ai quali è andata incontro anche la nuova mandataria, la -OMISSIS- (“-OMISSIS-”), affittuaria del ramo d’azienda di -OMISSIS- relativo al progetto SIPA, ha presentato alla Regione Puglia, il 14 dicembre 2010, istanza di subentro nei contratti, dalla quale sarebbe scaturita una «fitta corrispondenza tra la Regione e la designata mandataria in merito sia all’efficacia del subentro… sia alla riqualificazione del servizio, atteso che il progetto tecnico per la realizzazione del SIPA, a suo tempo predisposto dal RTI, necessitava di un adeguamento alle nuove tecnologie e alle correlate esigenze della Regione» , fino all’avvio di un primo procedimento di risoluzione contrattuale, nel 2013, motivato con la mancata ottemperanza della mandataria alle condizioni di subentro e mai concluso.

La stazione appaltante ha, poi, avviato, in data 22 novembre 2019, cioè a distanza di circa 6 anni dal primo, un secondo procedimento di risoluzione contrattuale, giustificato, oltre che con il perdurante inadempimento della società -OMISSIS- alle prescrizioni alle quali era subordinato il subentro, anche con il presunto «atteggiamento dilatorio e inadempiente della società -OMISSIS- … a cui sono imputabili l’intervenuta perdita di finanziamenti a valere del POR

FESR

2000-2006 per decorso dei termini di utilizzo degli stessi nonché l’intervenuta obsolescenza del progetto i cui rilasci collaudati non sono più funzionali ad alcuna ipotesi di reingegnerizzazione»
.

All’esito del contraddittorio tra le parti, culminato nell’incontro del 9 gennaio 2020, la -OMISSIS- ha presentato alla Regione Puglia una proposta di aggiornamento per il completamento del progetto e, il 9 marzo 2020, la garanzia definitiva per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, giudicate, però, insufficienti dal committente, che, con la determina dirigenziale n. 207 del 19 maggio 2021, ha disposto la risoluzione del contratto per grave inadempimento, in asserita applicazione dell’art. 16, lett. a), del contratto rep. 7712/2006 e dell’art. 136 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (“codice”).

La decisione della stazione appaltante è stata contestata dinanzi al Tribunale di Bari con atto di citazione notificato il 31 gennaio 2022;
ciò non ha impedito, in ogni caso, alla Regione Puglia di segnalare la risoluzione all’Autorità Nazionale Anticorruzione (“A.N.A.C.”), che l’8 ottobre 2021 ha notificato alle società costituenti l’RTI l’avvio del procedimento per l’iscrizione della notizia nel casellario dei contratti pubblici, ai sensi dell’art. 213, co. 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in seno al quale le stesse, in data 5 novembre 2021, hanno presentato una memoria per segnalare, in particolare, l’insussistenza sia «di una norma ratione temporis vigente in ordine al potere dell’ANAC di iscrivere la Segnalazione nel Casellario nonché dei presupposti per la risoluzione ‘unilaterale’ ex art. 136 del D.Lgs. 163/2006 ricadendo la Gara interamente sotto l’egida del D.Lgs. n. 157/1995 con conseguente inapplicabilità del D.Lgs. n. 163/2006» , sia «di qualsivoglia clausola risolutiva espressa nei Contratti [o] notifica di una previa diffida ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 c.c.» , senza, tuttavia, che sia stato consentito alle parti private né di replicare, diversamente dalla facoltà concessa ed esercitata dalla Regione Puglia, né di essere ascoltate, nonostante l’espressa istanza in tal senso.

L’A.N.A.C. ha, quindi, concluso il procedimento, disponendo, in data 6 dicembre 2021, l’annotazione nel casellario della risoluzione contrattuale nei confronti di -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS-, quali componenti dell’RTI.

2. Avverso il provvedimento dell’A.N.A.C. la -OMISSIS- ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale, chiedendo, preliminarmente, che se ne dichiari la nullità ex art. 21- septies della l. 7 agosto 1990, n. 241, per difetto assoluto di attribuzione, derivante dall’assenza, nel d.lgs. 157/1995, in vigenza del quale è stata bandita la procedura, di una norma attributiva del potere di annotazione nei confronti dell’A.N.A.C., allora previsto solo per i lavori pubblici e non anche per i servizi, ai quali è stato esteso dal d.lgs. 163/2006, a nulla rilevando che i contratti siano stati stipulati dopo l’emanazione del codice, non essendo predicabile alcuna cesura tra fase ad evidenza pubblica e fase di esecuzione, come esplicitamente statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1318/2020, con contestuale impugnazione anche dell’art. 8, co. 2, lett. b), del Regolamento per la gestione del casellario informatico dei contratti pubblici (di seguito anche “Regolamento”), «nella parte in cui non pone alcun distinguo in ragione del regime normativo applicabile ratione temporis alle vicende relative alla fase esecutiva dei contratti» .

La ricorrente ha, poi, chiesto l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sinteticamente riportati:

- illegittimità della determina dirigenziale n. 207/2021, quale atto presupposto, per la mancanza, nel d.lgs. 157/1995, di una norma che attribuisca alle stazioni appaltanti il potere di risolvere unilateralmente i contratti, analoga a quella - introdotta, per la prima volta, dal d.lgs. 163/2006 - contenuta nell’art. 136 di tale codice e per l’insussistenza dei presupposti per l’operatività della risoluzione di diritto ai sensi degli artt. 1456 e 1454 c.c., in difetto di una clausola risolutiva espressa, alla quale non sarebbe riconducibile quella di mero stile contenuta nell’art. 16, lett. a), del contratto, e di una previa diffida ad adempiere;

- difetto di istruttoria e violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, giusto procedimento, legittimo affidamento, proporzionalità e ragionevolezza, in quanto l’A.N.A.C. avrebbe omesso «una specifica valutazione sull’effettivo coinvolgimento di ogni singolo componente del RTI in relazioni ai fatti contestati dalla Regione» , addebitando indiscriminatamente l’inadempimento a tutti i componenti l’RTI, e una preliminare condivisione del «testo» dell’annotazione con le imprese interessate, nonché violato le garanzie partecipative spettanti agli operatori economici, negando l’audizione personale con «mere formule, peraltro implicite, di stile» e accordando la possibilità di replica solo alla parte pubblica e non anche a quella privata, così contravvenendo, anche per effetto di un’errata interpretazione degli artt. 13, 14 e 15 del Regolamento, comunque cautelativamente impugnati, al «principio di parità delle armi» ;

- carenza di motivazione circa l’utilità dell’annotazione, tradita dall’assoluta insensibilità della decisione dell’A.N.A.C. alle osservazioni contenute nella memoria difensiva della ricorrente e dal notevole lasso di tempo trascorso dall’indizione della gara (circa 17 anni).

3. In data 16 e 24 febbraio 2022 si sono costituite rispettivamente, l’A.N.A.C. e la Regione Puglia, con memoria di stile.

4. Con ordinanza istruttoria del -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, il Presidente della Sezione ha ordinato all’A.N.A.C. il deposito di una dettagliata relazione sui fatti di causa «contenente in allegato la documentazione pervenuta da parte dell'amministrazione autrice della segnalazione» , prevedendo, in subordine, che i chiarimenti potessero essere forniti anche dalla ricorrente o dalla stazione appaltante.

5. In data 28 ottobre 2022, adempiendo all’ordinanza presidenziale, la Regione Puglia ha depositato una relazione con la quale:

- ricostruisce, innanzitutto, la genesi della progettualità SIPA, l’andamento della procedura di affidamento, a partire dalla pubblicazione del bando nella G.U.U.E. in data 2 luglio 2005, la pianificazione delle diverse «fasi» di attuazione del progetto, le modificazioni soggettive dell’RTI, che «determinavano ritardi nella esecuzione e completamento della FASE A» , per i quali «all’RTI veniva comminata una penale di 642.597,32 euro, al netto dell’IVA» , e le vicende successive all’autorizzazione al subentro nell’RTI rilasciata alla -OMISSIS-, che «a distanza di un anno dalla determina dirigenziale di autorizzazione [n. 113 del 3 luglio 2012] non aveva ottemperato alle condizioni di subentro [conferimento di un mandato collettivo speciale con rappresentanza da parte delle mandanti alla -OMISSIS- e variazione del contraente/assicurato nella polizza a garanzia del contratto] così impedendo la validità ed efficacia dello stesso, innescando la catena di ritardi che avrebbero reso irrealizzabile il progetto» , fino all’avvio, in data 22 novembre 2019, del procedimento di risoluzione;

- tratteggia i momenti salienti del contraddittorio instauratosi con le imprese dell’RTI, soffermandosi, in particolare, sull’incontro del 9 gennaio 2020, sull’acquisizione, in data 24 febbraio 2020, di «una [loro] proposta tecnica di reingegnerizzazione…e di completamento del progetto SIPA unitamente al cronoprogramma» , sul parere - rectius «rapporto di ispezione» - negativo del 7 dicembre 2020 dell’Agenzia Regionale Strategica per lo Sviluppo Ecosostenibile del Territorio (“ASSET”), interpellata per la valutazione di fattibilità del progetto a causa della carenza di professionalità interne alla stazione appaltante, e sulle ragioni alla base della decisione di risolvere i contratti, di cui è stata informata anche la Giunta regionale e oggetto di segnalazione all’A.N.A.C.;

- contesta la presunta carenza di un potere unilaterale di risoluzione del contratto, sostenendo che il d.lgs. 157/1995 si applicherebbe alla sola fase ad evidenza pubblica, che le disposizioni del d.lgs. 163/2006, in vigore al momento della stipula dei contratti, avrebbero integrato il regolamento contrattuale, e, in ogni caso, che «il richiamo all’art. 136 del 163/2006 si è tradotto esclusivamente nella procedimentalizzazione del percorso di risoluzione, con concessione di ulteriori garanzie per l’appaltatore» ;

- opina, comunque, per l’esistenza di una clausola risolutiva espressa nell’art. 16 del contratto rep. 7712/2006;

- segnala la tempestività della trasmissione all’A.N.A.C. della determina dirigenziale di risoluzione n. 207/2021, avvenuta il 14 giugno 2021, sulla quale non inciderebbero le successive integrazioni documentali;

- insiste sul rispetto delle «scansioni procedimentali previste dall’art. 136 del D.lgs 163/2006» .

6. In vista dell’udienza pubblica del 16 luglio 2024:

- l’A.N.A.C. ha depositato, in data 25 giugno 2024, il provvedimento e gli atti del procedimento di annotazione, tra i quali l’integrazione apportata all’iscrizione in data 2 febbraio 2022 con i riferimenti al presente contenzioso e a quello incardinato dinanzi al Tribunale di Bari avverso la determina di risoluzione;

- la -OMISSIS- ha depositato, in data 28 giugno 2024, memoria ex art. 73 c.p.a., insistendo per l’accoglimento del ricorso;

- la Regione Puglia ha depositato, in pari data, memoria ex art. 73 c.p.a., con la quale rappresenta, tra l’altro, che la causa dinanzi al giudice civile è stata rinviata all’udienza del 22 novembre 2024 per la precisazione delle conclusioni e ribadisce «la piena correttezza e legittimità della condotta tenuta dall’Amministrazione regionale nel procedere…alla segnalazione all’ANAC» , alla luce dell’art. 8 del Regolamento, l’insussistenza dei presupposti per l’archiviazione della segnalazione per «manifesta infondatezza» ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. a), del Regolamento, in conformità all’interpretazione datane da questo Tribunale, e la legittimità del provvedimento di risoluzione, che trova «copertura» sia nel d.lgs. 163/2006, subentrato al d.lgs. 157/1995 prima della stipula dei contratti, sia nella clausola risolutiva espressa ivi contenuta, concludendo per la sicura «utilità» dell’inserimento della notizia nel casellario;

- anche l’A.N.A.C. ha depositato, in pari data, memoria ex art. 73 c.p.a., con la quale rivendica, in applicazione del principio tempus regit actum , fatto proprio, tra l’altro, con la Determinazione n. 54 del 7 dicembre 2000, la titolarità del potere di annotazione rispetto alla vicenda in esame, che costituirebbe un «fatto» sopravvenuto e indipendente dalla disciplina bandizia, sicché « [n] ell’evenienza di procedimenti che possono essere frammentati in segmenti sub-procedimentali o in una pluralità di procedimenti connessi, ognuno di essi è regolato dal diritto vigente nel momento in cui è svolto il singolo segmento procedimentale» ;
difende la finalità pubblicitaria e l’utilità della notizia inserita, «funzionale a rendere disponibile alle stazioni appaltanti proprio quel patrimonio informativo necessario alla semplificazione del processo valutativo dell’affidabilità del contraente» , in conformità alle coordinate ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza amministrativa a proposito del casellario dei contratti pubblici;
afferma di avere osservato «tutte le garanzie partecipative previste nel procedimento di annotazione» , rammentando la facoltatività dell’audizione personale prevista dall’art. 15 del Regolamento;
nega che l’annotazione abbia arrecato alla ricorrente un qualsiasi pregiudizio;

- la -OMISSIS- ha depositato, in data 5 luglio 2024, memoria di replica, sottolineando, ancora una volta, che «soltanto con l’art. 7, c. 10, del D.Lgs. n. 163/2006 e con la disciplina attuativa di cui all’art. 8, c. 4, del D.P.R. n. 207/2010, il Casellario ha trovato estensione anche agli appalti di forniture e servizi» , che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1318/2020, avrebbe escluso, in linea con il dettato normativo contenuto negli artt. 213 e 216 del d.lgs. 50/2016, «la possibilità di distinguere tra normativa applicabile alla fase di scelta del contraente e normativa applicabile alla fase di esecuzione del contratto, fissando quale termine unico di riferimento il momento di indizione della procedura di gara» , con conseguente impossibilità per l’A.N.A.C. di annotare la risoluzione di contratti affidati sulla base di normative precedenti l’istituzione del casellario, e che, comunque, la Regione Puglia non avrebbe potuto disporre unilateralmente la risoluzione del contratto, stante l’ «assoluta inapplicabilità, nella specie, dell’art. 136 del D.Lgs. n. 163/2006» e l’inesistenza di una clausola risolutiva espressa.

7. All’udienza pubblica del 16 luglio 2024, la causa è passata in decisione.

8. Prima di esaminare il merito della controversia, questo Collegio ritiene necessario riqualificare la domanda di accertamento della nullità del provvedimento per «difetto assoluto di attribuzione» ex art. 21- septies l. 241/1990, inserita come primo motivo di ricorso, come domanda di annullamento ex art. 29 c.p.a., ai sensi dell’art. 32, co. 2, c.p.a., secondo il quale «Il giudice qualifica l'azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali» .

La giurisprudenza ha chiarito, in proposito, che «le modalità di redazione del ricorso giurisdizionale non possono costituire un limite alla tutela giurisdizionale, allorquando esse siano tali da consentire comunque al giudice, sia pur attraverso una operazione più o meno complessa d'interpretazione del testo, la precisa individuazione del bene giuridico cui l'interessato tende ed ingiustamente negato dall'attività amministrativa e le ragioni a fondamento della pretesa, sempreché con tale operazione ermeneutica il giudice non si sostituisca al richiedente, integrando la domanda giudiziale stessa (cfr. Cons. St., sez. V, 22 settembre 2011, n. 5345). Ed invero, il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, ora codificato dall'art. 112 cod. proc. civ., comporta il divieto di attribuire un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ed è da ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi identificativi dell'azione, cioè il petitum e la causa petendi, attribuendo quindi un bene della vita diverso da quello richiesto ovvero ponga a fondamento della propria decisione fatti o situazioni estranei alla materia del contendere, ma non anche quando procede alla qualificazione giuridica dei fatti e della domanda giudiziale ovvero alla sua interpretazione (Cons. St., sez. IV, 10 gennaio 2006, n. 27)» (Cons. Stato, Ad. Pl., 19 aprile 2013, n. 7).

Nel caso in esame, la ricorrente chiede la «cancellazione» dell’iscrizione nel casellario informatico, in ragione, innanzitutto, dell’inesistenza di un potere in tal senso dell’A.N.A.C., abilitata ad inserire nel casellario fatti relativi a servizi e forniture solo dall’art. 7, co. 10, del d.lgs. 163/2006 e, quindi, successivamente all’indizione della procedura, avvenuta sotto la vigenza del d.lgs. 157/1995, all’origine dei contratti poi risolti dalla Regione Puglia con la determina n. 207/2021, cioè l’accertamento di uno «straripamento» del potere esercitato dall’Autorità dagli argini entro i quali il legislatore dell’epoca ha inteso confinare il potere di annotazione.

La fattispecie delineata sembra rientrare, pertanto, piuttosto che nell’ipotesi del «difetto assoluto di attribuzione» in quella indicata come «carenza di potere in concreto» da quella consolidata giurisprudenza secondo la quale «con la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 septies, il legislatore, nell'introdurre in via generale la categoria normativa della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia il solo difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c.d. "carenza in astratto del potere", cioè l'assenza in astratto di qualsivoglia norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con ciò facendo implicitamente rientrare nell'area della annullabilità i casi della c.d. "carenza del potere in concreto", ossia del potere, pur astrattamente sussistente, esercitato senza i presupposti di legge" (Cons. Stato, 4, 17 novembre 2015, n. 5228, cfr. anche Cons. Stato, 4, 18 novembre 2014, n. 5671;
Cons. Giust. Amm. Sic., 21.07.2015, n. 571;
Cons. Stato, 5, 10.01.2017, n. 45). Per contro, quando mancano, nel caso concreto, i requisiti fissati dalle norme per l'esercizio del potere formalmente attribuito alla Pubblica Amministrazione, ricorre una violazione di legge che mette in discussione la legittimità dell'atto e il corretto esercizio del potere amministrativo»
(Cass. civ., Sez. Un., 5 marzo 2018, n. 5097).

La ricorrente, infatti, non contesta, a ben vedere, l’astratta esistenza di un potere di annotazione - attribuito dall’art. 27 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici nel solo settore delle opere pubbliche, poi devoluto dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. 163/2006 all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con contestuale estensione a tutte le tipologie di appalto, e, infine, trasferito all’A.N.A.C. dall’art. 19, co. 2, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90 - bensì la sua concreta utilizzabilità nel caso concreto, a causa dei limiti derivanti dalla norma transitoria di cui all’art. 253, co. 1, del d.lgs. 163/2006, a mente del quale «…le disposizioni di cui al presente codice si applicano alle procedure e ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore…» , così denunciando l’arbitrarietà della scelta dell’Autorità di avvalersi di un potere, effettivamente detenuto, ma non idoneo a inglobare, per questioni connesse alla successione di norme, la vicenda segnalata dalla Regione Puglia e, quindi, contestando, di fatto, una «specifica» e «contingente» carenza di potere, rientrante nella più ampia categoria della «violazione di legge, che mette in discussione la legittimità dell'atto e il corretto esercizio del potere amministrativo» (Cass. civ., Sez. Un., 5 marzo 2018, n. 5097).

9. Può ora passarsi allo scrutinio del merito del ricorso, a cominciare dal primo motivo, riqualificato nei termini sopra indicati.

Il motivo è fondato, per le seguenti ragioni.

L’istituzione del casellario anche per i contratti di servizi e forniture è, infatti, avvenuta con il d.lgs. 163/2006, che, all’art. 253, co. 1, prevede espressamente l’applicazione di tutte le sue norme, fatte salve alcune eccezioni non di interesse per la decisione della presente causa, alle procedure e ai contratti individuati sulla base di un preciso criterio temporale, cioè la pubblicazione del bando o dell’avviso in data successiva all’entrata in vigore del d.lgs. 163/2006, coincisa, ai sensi dell’art. 257, con il sessantesimo giorno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale n. 100 del 2 maggio 2006.

Lo stretto intreccio tra fase pubblicistica e fase di esecuzione di un contratto pubblico, che «deve rispecchiare e rispettare l’esito della gara condotto secondo le regole della trasparenza, della non discriminazione e della concorrenza» (Cons. Stato, Ad. Pl., 2 aprile 2020, n. 10), osta, infatti, alla possibilità di suddividere un procedimento unitario, quello di affidamento di una commessa pubblica, in diversi sub-procedimenti, al fine di parcellizzare la disciplina applicabile ad una sequenza di eventi - teleologicamente avvinti dalla tensione verso il «risultato» finale, costituito dalla complessiva realizzazione dell’intervento (arg. ex art. 1 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) - sulla base del quadro normativo vigente al momento dell’avvio di ogni fase.

Tale principio è, del resto, chiaramente enunciato nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1318/2020, citata dalla ricorrente, che muove dall’analisi delle disposizioni contenute negli artt. 213 e 216 del d.lgs. 50/2016, confermando l’inscindibilità tra fase di affidamento e fase di esecuzione ai fini dell’individuazione del quadro regolatorio applicabile.

D’altra parte, non può negarsi che l’annotazione nel casellario esplichi effetti ablatori, comunque pregiudizievoli per l’operatore economico segnalato, gravato, una volta inserito nel casellario, dell’ «onere di vincere una presunzione di inaffidabilità» (T.A.R. Roma, I- Q , 23 febbraio 2024, n. 3626) e di «convincere» le stazioni appaltanti che si imbattono nell’annotazione dell’insussistenza dell’illecito professionale ascrittogli, facendosi carico del non facile compito di offrire una ricostruzione dei fatti diametralmente opposta e più persuasiva rispetto a quella fatta propria dall’amministrazione committente con il provvedimento, sia questo di esclusione, decadenza dall’aggiudicazione o di risoluzione contrattuale, tanto da indurre la giurisprudenza, già da tempo, a riconoscere all’annotazione la capacità di incidere «…comunque in maniera mai “indolore” nella vita dell’impresa, anche nella forma che non prevede l’automatica esclusione o la conseguente interdizione dalla gare pubbliche, perché comunque rilevante sia sotto il profilo dell’”immagine” sia sotto quello dell’aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche…» (T.A.R. Roma, III, 29 marzo 2013, n. 3233).

L’annotazione, infatti, generando «nei committenti il “sospetto” circa la serietà e la professionalità del segnalato» (T.A.R. Roma, I- Q , 23 febbraio 2024, n. 3626) e condizionando significativamente l’esercizio del potere discrezionale delle stazioni appaltanti sia nella scelta degli operatori ai quali ricorrere per affidamenti diretti o formulare un invito per le procedure negoziate sia nella valutazione dell’affidabilità dei candidati a procedure aperte o ristrette, finisce per ridurre inevitabilmente le chance di aggiudicazione dei contratti pubblici e, quindi, la competitività dell’impresa, sicché la capacità dell’Autorità di comprimere l’interesse privato all’integrità della propria immagine nel mercato delle commesse pubbliche esige un solido fondamento normativo e, quindi, una rigorosa applicazione del principio di legalità, contraria a qualsiasi interpretazione estensiva o analogica delle disposizioni attributive del corrispondente potere amministrativo da cui possa derivare l’attrazione nel campo di azione dell’Autorità di fattispecie non espressamente previste dal dato legislativo.

Poiché, alla data di pubblicazione del bando per l’affidamento del SIPA, il casellario operava solo per gli appalti di lavori e non anche per quelli di forniture e i servizi, l’A.N.A.C. non avrebbe dovuto annotare la risoluzione di un contratto stipulato a valle di quella procedura, ancorché medio tempore fosse sopravvenuto il d.lgs. 163/2006, disciplinando quest’ultimo solo i contratti simbioticamente connessi a procedure bandite dopo la sua entrata in vigore.

In conclusione, quindi, il provvedimento di annotazione contestato è illegittimo, in quanto adottato al di fuori del perimetro di efficacia del casellario normativamente stabilito dal d.P.R. 34/2000, applicabile ratione temporis .

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