TAR Perugia, sez. I, sentenza 2015-10-07, n. 201500450

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2015-10-07, n. 201500450
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 201500450
Data del deposito : 7 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00666/2014 REG.RIC.

N. 00450/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00666/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 666 del 2014, proposto da:
G P, rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto presso l’avv. A L in Perugia, Via Martiri dei Lager n. 120;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale dell'Umbria della Guardia di Finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici sono pure legalmente domiciliati in Perugia, Via degli Offici, 14;
Comando Interregionale dell'Italia Centrale della Guardia di Finanza, Comando Provinciale di Perugia della Guardia di Finanza;

per l'annullamento

del provvedimento della Guardia di Finanza, Centro Informatico Amministrativo Nazionale, Ufficio Trattamento Economico Personale in Servizio, Sezione Trattamento Economico Principale, Drappello ISAF, prot. 0234019/14 del 12.8.2014, notificato il 6.9.2014, avente ad oggetto : recupero somme erroneamente corrisposte , comunicazione di avvio del procedimento (doc. n. 1);
del provvedimento del Comandante del Comando Regionale Umbria della Guardia di Finanza prot. 0044350/14 del 18.6.2014, notificato in data 5.7.2014, con il quale si è dato atto : che il ricorrente “perde il grado per rimozione ed è iscritto, d’ufficio, nel ruolo dei militari di Truppa dell’Esercito Italiano senza alcun grado” ai sensi dell’art. 2141 del Codice dell’Ordinamento Militare “a decorrere, ai soli fini giuridici, ex art. 867, comma 5, del richiamato D.Lgs. 15.3.2010, n. 66 , dal 23 maggio 2013, data di adozione della sospensione precauzionale dell’impiego, a titolo obbligatorio”;
che “le sospensioni cautelari dall’impiego, a titolo obbligatorio e discrezionale, hanno termine il 24.4.2014 data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna” (doc. n. 2);
nonché, per quanto possa occorrere, di ogni altro atto, presupposto, connesso, consequenziale a quelli impugnati (anche di cui non si ha notizia), compresi il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot. 0009120/14 del 5.2.2014 (doc. n. 3), il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot. 0002931/14 del 14.1.2014 (doc. n. 4), il provvedimento del Comando Interregionale dell’Italia Centrale della Guardia di Finanza prot. 0512369/13 del 29.11.2013 (docc. n. 5 e n. 5A);
il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot. 0080132/13 del 7.11.2013 (doc. n. 6), il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot.0058483/13 dell’8.8.2013 (doc. n. 7), il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot. 0046469/13 del 19.6.2013(doc. 8), il provvedimento del Comando Provinciale Perugia della Guardia di Finanza prot. 0039407/13 del 23.5.2013 (doc.9).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2015 il Cons. S F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, maresciallo aiutante della Guardia di Finanza in servizio presso il Comando Provinciale di Perugia, Compagnia di Perugia, impugna la nota in data 12 agosto 2014 dell’Ufficio Trattamento Economico Personale in Servizio, concernente l’avvio del procedimento di “recupero somme erroneamente corrisposte”, nonché il provvedimento del Comandante del Comando Regionale Umbria del 18 giugno 2014, disponente che il ricorrente «perde il grado per rimozione ed è iscritto, d’ufficio, nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano senza alcun grado» ai sensi dell’art. 2141 del cod. dell’ordinamento militare, a decorrere ai fini giuridici dal 23 maggio 2013 (data di adozione della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio).

Premette di essere stato destinatario, in data 23 maggio 2013, di un provvedimento di custodia cautelare in carcere a seguito dell’apertura a suo carico di un procedimento penale presso il Tribunale di Perugia, al quale ha fatto seguito la sospensione precauzionale obbligatoria dall’impiego del ricorrente.

A seguito della revoca della misura cautelare ( medio tempore trasformatasi in arresti domiciliari) da parte del G.I.P. del Tribunale di Perugia, il Comando Interregionale dell’Italia Centrale ha disposto, con provvedimento del 29 novembre 2013, la sospensione precauzionale dall’impiego a titolo discrezionale dal 9 novembre precedente.

Espone che il Tribunale di Perugia, con sentenza in data 9 gennaio 2014, ha applicato al ricorrente la pena di anni tre e mesi cinque di reclusione, comminandogli altresì, ai sensi degli artt. 29 e 33 n. 3 del c.p.m.p., la sanzione accessoria della rimozione.

Hanno fatto seguito ulteriori provvedimenti del Comando Provinciale del gennaio e febbraio 2014 che hanno disposto la sospensione precauzionale a titolo obbligatorio dall’impiego del ricorrente.

All’esito sono intervenuti i provvedimenti oggetto di gravame, ed in particolare quello del Comando Regionale Umbria del 18 giugno 2014 disponente la perdita del grado per rimozione.

Avverso detto provvedimento deduce i seguenti motivi di diritto :

1)Violazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990;
eccesso di potere per carenza di istruttoria ed arbitrarietà manifesta, lamentando che il provvedimento di perdita del grado per rimozione dal 23 maggio 2013 (con cessazione delle sospensioni cautelari dal 24 aprile 2014, data del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna) è stato adottato senza previa comunicazione di avvio del relativo procedimento nei confronti del ricorrente, che, pure, ne è destinatario degli effetti diretti.

2)Violazione degli artt. 28, 29 e 33 del c.p.m.p. e degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961;
eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità;
in subordine, eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 28, 29 e 33 del c.p.m.p., e degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961, in relazione agli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.

Il provvedimento gravato ha ritenuto di poter disporre la destituzione automatica del ricorrente sulla base della mera applicazione, da parte del giudice penale, della pena accessoria della rimozione (ex artt. 29 e 33 del c.p.m.p.), senza dunque aprire alcun procedimento disciplinare. Tale soluzione è però illegittima, in quanto l’art. 5 della legge n. 97 del 2001 stabilisce il principio per cui nel caso sia pronunziata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti, ancorchè a pena condizionalmente sospesa, l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata solamente a seguito di procedimento disciplinare. L’art. 29 del c.p.m.p., laddove sancisce, quale conseguenza della rimozione del grado, l’attribuzione al militare condannato della condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe, non comporta necessariamente la risoluzione del rapporto di impiego per cessazione del servizio permanente (differentemente, la degradazione, prevista dall’art. 28 del c.p.m.p., comporta la perdita della qualità di militare, e quindi la risoluzione definitiva del rapporto di servizio con l’Amministrazione).

Tale principio trova conferma nel’art. 9, comma 1, della legge n. 19 del 1990 che ha espunto dall’ordinamento la destituzione di diritto del pubblico dipendente in seguito a condanna penale, richiedendo sempre lo svolgimento del procedimento disciplinare, al fine di assicurare la gradualità sanzionatoria. Le considerazioni che precedono sono estensibili all’art. 2141 del codice dell’ordinamento militare, che riproduce, in sostanza, il contenuto dell’art. 29 del c.p.m.p.

Una diversa interpretazione del descritto quadro normativo pone in luce l’illegttimità costituzionale della disciplina di settore, ed in particolare degli artt. 29 e 33 del c.p.m.p. e degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961 per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.

3) Violazione degli artt. 2136 e 867 del d.lgs. n. 66 del 2010 e degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961;
eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità, contestandosi in via subordinata l’illegittimità del provvedimento gravato nella parte in cui dispone la retrodatazione degli effetti giuridici della rimozione alla data di applicazione della sospensione precauzionale dal servizio. Al contrario, il provvedimento di perdita del grado per rimozione spiega i propri effetti dal momento della notifica dello stesso all’interessato, od, a tutto concedere, dal momento del passaggio in giudicato della sentenza penale. E’ peraltro infondato l’assunto secondo cui sarebbe applicabile al caso di specie l’art. 864, comma 5, del d.lgs. n. 66 del 2010, norma non contemplata dal successivo art. 2136, relativo alla Guardia di Finanza. Conseguentemente la decorrenza degli effetti giuridici della perdita di grado resta disciplinata dall’art. 41 della legge n. 833 del 1961, che fa coincidere la decorrenza con l’adozione del provvedimento (e dunque dal 18 giugno 2014, o, meglio dal 5 luglio 2014, data di comunicazione dello stesso);
in ulteriore subordine la decorrenza può essere rinvenuta nella data di passaggio in giudicato della sentenza (24 aprile 2014).

4) Violazione degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961;
eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità, contestandosi l’art. 2 del provvedimento, nella parte in cui dispone la cessazione della sospensione precauzionale dall’impiego, e quindi del rapporto di lavoro del ricorrente (per rimozione) a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna (24 aprile 2014). Ed infatti gli effetti (economici e consequenziali, oltre che giuridici) della rimozione (e dunque anche della cessazione del rapporto di lavoro) decorrono dal momento della notifica del provvedimento al maresciallo P (ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 241 del 1990), ovvero dalla data di adozione del provvedimento. Il provvedimento di rimozione (e dunque di cessazione del rapporto) è infatti un atto recettizio e produce effetti solamente nel momento in cui viene comunicato al destinatario (5 luglio 2014). Fino a tale data sono dovuti al ricorrente tutti i conseguenti emolumenti economici derivanti dall’esistenza di un rapporto di lavoro.

5) Con riguardo alla nota in data 12 agosto 2014, di comunicazione dell’avvio del procedimento di recupero di somme corrisposte : violazione degli artt. 40 e 41 della legge n. 833 del 1961;
eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità.

Discende da quanto esposto in ordine alla decorrenza di ogni effetto giuridico ed economico della rimozione del ricorrente l’illegittimità derivata della comunicazione di avvio del procedimento di recupero delle somme corrisposte in modo asseritamente indebito dal 24 aprile 2014. Il ricorrente ha diritto a conservare le competenze stipendiali corrispostegli almeno fino al 5 luglio 2014.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate controdeducendo alle censure avversarie e chiedendone la reiezione.

All’udienza del 29 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Con il primo motivo si lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento che ha portato all’adozione del provvedimento del Comandante del Comando Regionale Umbria in data 18 giugno 2014, disponente la perdita del grado per rimozione del ricorrente e la di lui iscrizione nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano, senza alcun grado.

Il motivo non appare meritevole di positiva valutazione.

Nella prospettiva dell’Amministrazione, infatti, il provvedimento di perdita del grado è conseguenza della sanzione accessoria della rimozione, irrogata in sede di condanna penale, connotandosi pertanto alla stregua di atto vincolato, tale da rendere inutile l’apporto collaborativo anche ai sensi dell’art. 21- octies , comma 2, della legge n. 241 del 1990.

Eventualmente, dunque, il problema si sposta sulla applicabilità della pena accessoria, e soprattutto sul contenuto di siffatta pena, come dedotto nelle successive censure.

Giova peraltro aggiungere che il codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010), all’art. 1349, comma 3, esclude l’applicazione, tra l’altro, del capo III della legge n. 241 del 1990 (che è quello sulla partecipazione al procedimento) agli ordini militari. Sebbene la giurisprudenza si sia principalmente concentrata, nella perimetrazione di tale norma, sui trasferimenti d’autorità, non è peregrino ritenere che anche un provvedimento di perdita del grado per rimozione partecipi di tale natura, attenendo gli ordini alla disciplina ed alle modalità di svolgimento del servizio.

2. - Con il secondo motivo si contesta poi la disposta destituzione derivante dall’applicazione della pena accessoria della rimozione, senza attivazione di un autonomo procedimento disciplinare, anche nell’assunto che la rimozione del grado, ai sensi dell’art. 29 del c.p.m.p., come pure dell’art. 2141 del d.lgs. n. 66 del 2010, non comporta l’automatica risoluzione del rapporto di impiego, a pena dell’illegittimità costituzionale della disciplina di settore, anche in comparazione con la normativa generale di cui alla legge n. 19 del 1990.

Anche tale motivo non appare meritevole di positiva valutazione.

Anzitutto, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, dal combinato disposto degli artt. 29 e 33 del c.p.m.p. si evince che la perdita del grado da parte del militare, quale che ne sia la ragione, e quindi anche a titolo di sanzione penale accessoria, comporta sempre la cessazione del servizio permanente effettivo, sussistendo un’ontologica incompatibilità tra perdita del grado e possibilità di permanere in servizio permanente effettivo (Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4292;
T.A.R. Bolzano, 19 aprile 2012, n. 149). Né sembra coerente e compatibile con la ratio della pena accessoria “convertire” l’ultimo grado della tabella, consistente in una posizione di ferma breve, nell’ultimo grado della carriera di servizio permanente effettivo.

Per tale motivo la perdita del grado per rimozione comminata come pena accessoria dall’Autorità giudiziaria è intesa dalla giurisprudenza prevalente come avente un carattere meramente dichiarativo e vincolato (Cons. Stato, Sez. IV, 31 maggio 2005, n. 2566).

Tali considerazioni consentono ora di affrontare il collegato problema del “collocamento in congedo” senza procedimento disciplinare.

Anche sotto tale profilo, appare condivisibile l’indirizzo secondo cui, anche dopo la riforma del procedimento disciplinare operata dall’art. 9 della legge n. 19 del 1990, debbono ritenersi vigenti ipotesi di destituzione automatica, quali quelle conseguenti all’inflizione in sede penale di pene accessorie di tipo perpetuo (tra cui la rimozione a seguito di perdita di grado ex art. 29 del c.p.m.p.), in quanto la disciplina del 1990 non ha abolito tutte le norme contrastanti con il divieto di automatica destituzione, ma solo quelle indicate dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 ottobre 1988, n. 971.

Al contempo, osserva il Collegio come sia manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata da parte ricorrente, secondo quanto può desumersi dalla stessa giurisprudenza, che, chiamata ad affrontare un’analoga problematica connessa alla sanzione della degradazione automatica, ha evidenziato come l’esclusione della destituzione automatica per i dipendenti civili non comporta un’irrazionale disparità di trattamento, trattandosi di situazioni differenti e non comparabili, atteso che la pena accessoria, applicata in esito automatico a certi tipi di condanna, è tipizzata in funzione della qualità di militare del condannato, con la conseguenza che analoga sanzione non sarebbe ipotizzabile per un impiegato civile dello Stato, o di altra Amministrazione (in termini Cass. pen., Sez. I, 26 giugno 2001, n. 25908).

3. - Con il terzo mezzo si deduce, in via subordinata, l’illegittimità del provvedimento nella parte in cui dispone la retrodatazione degli effetti giuridici della rimozione alla data di applicazione della sospensione precauzionale dal servizio (23 maggio 2013), laddove avrebbe dovuto tenersi conto della data di comunicazione del provvedimento in ragione della sua natura recettizia, od almeno del momento del passaggio in giudicato della sentenza penale.

Il motivo è fondato, nei termini che seguono.

Non può effettivamente essere invocata la disposizione dell’art. 867, comma 5, del codice dell’ordinamento militare (secondo cui la perdita del grado decorre, ai soli fini giuridici, dalla data di applicazione della sospensione precauzionale), per la semplice ma essenziale ragione che tale norma non rientra tra quelle che il successivo art. 2136 ritiene applicabili al personale della Guardia di Finanza.

Deve dunque ritenersi che la perdita del grado per rimozione, connotandosi come pena accessoria dell’Autorità giudiziaria, sì che il relativo provvedimento ha carattere meramente dichiarativo e vincolato, decorre, agli effetti giuridici, dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna penale (24 aprile 2014).

4. - Analogo ordine di ragioni induce a ritenere che anche agli effetti economici il provvedimento di perdita del grado per rimozione decorra dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna, con conseguente legittimità dell’art. 2 del provvedimento gravato. Ciò comporta che debba essere disatteso il quarto motivo di ricorso.

5. - Deve invece ritenersi inammissibile il ricorso con riguardo all’impugnativa della comunicazione di avvio del procedimento di “recupero somme erroneamente corrisposte”, censurato con il quinto mezzo, in conformità della consolidata giurisprudenza, secondo cui la comunicazione di avvio del procedimento non è atto autonomamente impugnabile, in quanto emesso nell’ambito di un iter che è suscettibile di definizione non necessariamente sfavorevole nei confronti dell’interessato (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 791).

Non è del resto ravvisabile un’immediata lesività dell’atto in questione, risalente al 12 agosto 2014, di cui non risulta agli atti del giudizio che sia stato concluso.

6. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere in parte respinto, in parte accolto, ed in parte dichiarato inammissibile.

Le spese di giudizio, compensate per la metà, sono poste a carico nella restante misura del ricorrente, in applicazione della regola della soccombenza, e liquidate nel dispositivo.

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