TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-06-08, n. 202207416

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-06-08, n. 202207416
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202207416
Data del deposito : 8 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/06/2022

N. 07416/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14475/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14475 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Rodolfo Jose' Mendez, elettivamente domiciliata in Roma, via Antonio Bertoloni, 55, presso lo studio dell’avv. C N;

contro

Ministero della giustizia e Consiglio superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del decreto del Ministero della giustizia-OMISSIS-con il quale la ricorrente è stata revocata e dichiarata decaduta dall'incarico di giudice onorario del Tribunale di -OMISSIS-;

- della presupposta delibera del consiglio Superiore della Magistratura-OMISSIS- comunicata in data 24.6.2016;

- della proposta di revoca del Consiglio giudiziario presso la Corte di Appello di -OMISSIS- del 15.7.2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia e del Consiglio superiore della Magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2022 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La dottoressa -OMISSIS- impugna: a) il decreto del Ministro della Giustizia-OMISSIS- con il quale è stata disposta la sua revoca dell’incarico di giudice onorario del Tribunale di -OMISSIS-, b) la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura -OMISSIS-e c) la proposta di revoca del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di -OMISSIS-.

L’odierna esponente rappresenta quanto segue:

- di aver emesso, in funzione di giudice onorario, la sentenza n. 1770/2014 a definizione di un procedimento penale, nell’ambito della quale ella disponeva statuizioni civilistiche nei confronti della persona offesa, non querelante né costituitasi parte civile, condannandola al risarcimento del danno determinato in via equitativa per euro 80.000 a fronte di una richiesta della difesa dell’imputata assolta di soli euro 10.000, concedendo inoltre la provvisoria esecuzione;

- il provvedimento era oggetto di due note riservate del Presidente della II sezione penale con le quali, pur dando conto dei dieci anni di servizio da essa diligentemente svolti, si domandava il suo trasferimento ad altro settore del Tribunale e si ritenevano abnormi le sanzioni civili contenute nella sentenza;

- con nota 4021/2015 del 7 aprile 2015, il Presidente del Tribunale di -OMISSIS- proponeva al Consiglio Giudiziario, sulla base delle segnalazioni ricevute dal Presidente di sezione, la revoca dall’Ufficio per assoluta inadeguatezza all’esercizio delle funzioni giurisdizionali;

- il Consiglio Giudiziario, nella seduta del 15 aprile 2015, dando impulso alla nota del Presidente del Tribunale di -OMISSIS-, formulava la contestazione nei confronti di essa ricorrente, e, nella successiva seduta del 15 luglio, proponeva la sanzione della revoca dall’ufficio, rilevando l’inadeguatezza del magistrato onorario per non aver svolto un controllo autocritico sul proprio operato, dando prova di scarsa diligenza, trasmettendo gli atti al Consiglio superiore della Magistratura ai sensi dell’art. 13, comma 7, della circolare-OMISSIS-;

- il Consiglio superiore della Magistratura, con il provvedimento -OMISSIS-, deliberava la revoca dall’ufficio della ricorrente per sussistenza di plurimi profili di abnormità nonché per la palese inconsistenza delle spiegazioni da lei fornite;

- con successivo decreto del Ministro della Giustizia n. -OMISSIS-si decretava la revoca dall’ufficio di essa ricorrente, dichiarandola decaduta dall’incarico.

Questi i motivi di ricorso proposti:

I - Violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per manifesta incoerenza, per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria - Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 – sexies, R.D. 12/41 e della circolare-OMISSIS- – Violazione dell’art. 3 della l. 241/90 per motivazione manifestamente carente.

II - Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 – sexies, R.D. 12/41 e della circolare-OMISSIS- e degli art. 12 e 13 del d.m. 26 settembre 2007, dell’art. 3 della l. 241/90 per motivazione manifestamente carente e incoerente, disparità di trattamento. Violazione e mancata applicazione del dl.gs 23/2/2006 n. 109 ed in particolare della graduazione della sanzione – Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti per carenza di istruttoria – Violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., del principio di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

Il Ministero della Giustizia, costituito in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 646 del 9 febbraio 2017 la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati è stata respinta per carenza di fumus boni juris .

All’odierna udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, a seguito dell’approfondimento, tipico della fase di merito, della questione oggetto di controversia, ritiene di confermare in toto gli orientamenti espressi da questo Tribunale con l’ordinanza n. 646/2017, pronunciata all’esito della fase cautelare del presente giudizio, non appellata da parte ricorrente.

La delibera del Consiglio Superiore della Magistratura che ha disposto la revoca della ricorrente dall’incarico di giudice onorario ha rilevato come “ Pacifica l’abnormità delle statuizioni adottate […] ritiene il Consiglio di dovere sottolineare la sottovalutazione da parte del magistrato onorario delle conseguenze prodotte dalla propria negligenza e dall’inosservanza degli obblighi derivanti dal servizio svolto. La dott.ssa -OMISSIS-, lungi dal prendere atto del carattere abnorme dei provvedimenti adottati, si è limitata ad affermare che ai suoi eventuali errori poteva farsi fronte con gli ordinari rimedi impugnatori. Tale affermazione [...] evidenzia come [...] non abbia compreso gli addebiti alla stessa mossi e non abbia svolto alcun controllo autocritico del suo operato ”, rilevando, di seguito, l’evidente erroneità di alcuni degli argomenti giuridici utilizzati dalla ricorrente nelle deduzioni difensive, tali da manifestare la non conoscenza di principi basilari del processo civile, e la mancata comprensione, da parte della stessa, del disagio arrecato al funzionamento e all’immagine dell’Ufficio di appartenenza.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente sostiene l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per aver il CSM attribuito rilievo non già all’emanazione del provvedimento abnorme (unico nella sua lunga carriera), ma alla giustificazione da essa successivamente adottate, ciò che non potrebbe integrare violazione dei doveri inerenti alla funzione, trattandosi di condotta successiva alla pretesa violazione.

Neppure si sarebbe stata adeguatamente valutata la circostanza che la sentenza, l’emanazione della quale aveva l’illecito disciplinare ad essa contestato, era suscettibile di rimozione a mezzo dell’esperimento degli ordinari rimedi impugnatori.

Il Consiglio non avrebbe neppure considerato le ragioni per le quali la statuizione medesima era stata assunta (sanzionare la gravità dei fatti a carico del denunciante), né avrebbe tenuto alcun conto dell’ottimo stato di servizio della ricorrente.

Non ricorrerebbe, da ultimo, la ritenuta pluralità di illeciti, fittiziamente rappresentata al fine di giustificare l’adozione della sanzione espulsiva.

La prospettazione non può essere condivisa.

L’art. 42 sexies del regio decreto 12/41 prevede, al comma 3, che “ il giudice onorario del tribunale è revocato dall’ufficio in caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo ”.

La revoca, pertanto, è l’unica sanzione prevista dalla legge nei confronti del giudice onorario.

L’art. 13 della circolare-OMISSIS- disciplina la procedura per la decadenza e revoca di detti magistrati onorari.

In particolare, la disposizione, nel testo vigente al momento dei fatti, prevedeva che “ nell’ipotesi in cui la decadenza sia determinata per le ragioni previste dalle lettere a), b) e c) del comma 1 e a) e b) del comma 2 dell’articolo precedente, poiché si tratta di prendere atto dell’accadimento di un fatto al quale la legge ricollega automaticamente determinati effetti, il Consiglio superiore della magistratura dispone la immediata decadenza del magistrato onorario appena la condizione si verifica senza disporre ulteriori accertamenti. Nelle ipotesi, invece, di decadenza determinate dal venir meno di uno dei requisiti necessari o dal sopravvenire di una causa di incompatibilità (art.12 lett.c) e di revoca per inosservanza dei doveri inerenti all’ufficio (art.12 comma 3), il Presidente del tribunale che abbia avuto notizia di un fatto che possa dar luogo alla decadenza o alla revoca per le ragioni sopraindicate, può, in ogni momento, proporre al Consiglio giudiziario integrato, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l. n. 374/91, da cinque avvocati designati dai consigli dell’ordine degli avvocati del distretto di Corte d’appello, la revoca o la decadenza del giudice onorario. Il Consiglio giudiziario integrato, dovrà formulare la contestazione indicando succintamente i fatti suscettibili di determinare l’adozione dei provvedimenti indicati, le fonti da cui le notizie dei fatti sono tratte e l’avvertimento che, entro il termine di quindici giorni dal ricevimento dell’atto, l’interessato può presentare memorie e documenti o indicare circostanze sulle quali richiede indagini o testimonianze. Ove debba procedersi ad accertamenti, il Consiglio giudiziario ne affida lo svolgimento ad uno dei componenti. Il Consiglio giudiziario, anche all’esito degli accertamenti effettuati, se la notizia si è rivelata infondata, dispone l’archiviazione del procedimento;
se, in caso contrario, la notizia non si è rivelata infondata viene notificato tempestivamente all’interessato il giorno, l’ora ed il luogo fissati per la deliberazione, avvertendolo che ha facoltà di prendere visione degli atti relativi alla notizia dalla quale è scaturito il procedimento e degli eventuali accertamenti svolti. L’interessato è avvertito, altresì, che potrà comparire personalmente, che potrà essere assistito da un difensore scelto tra i magistrati, anche onorari, appartenenti all’ordine giudiziario o tra gli avvocati del libero Foro e che se non si presenterà senza addurre un legittimo impedimento si procederà in sua assenza. La data fissata per la deliberazione deve essere notificata almeno dieci giorni prima del giorno fissato. Ciascun membro del Consiglio giudiziario ha facoltà di rivolgere domande all’interessato sui fatti a lui riferiti. Questi può presentare memorie e produrre ulteriori documenti che dimostri di non aver potuto produrre in precedenza. Il Presidente dà la parola al difensore, se presente, ed infine all’interessato che la richieda. All’esito di tale attività il Consiglio giudiziario invierà la proposta motivata di decadenza o di revoca al Consiglio superiore della magistratura. In quanto titolare del potere decisionale, il Consiglio superiore della magistratura potrà accogliere la proposta del Consiglio giudiziario, ovvero, nel caso in cui la stessa non sia condivisa, modificarla, procedendo, se necessario, a richiedere chiarimenti al Consiglio giudiziario stesso o all’espletamento di ulteriore attività istruttoria. La cessazione, la decadenza o la revoca dall'ufficio è dichiarata o disposta con decreto del Ministro della giustizia, in conformità con la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura
”.

Dalla lettura della disposizione (comma 3) emerge come al giudice onorario assoggettato alla procedura disciplinare è data la possibilità di presentare memorie e documenti atti a fornire spiegazioni circa l’operato oggetto della contestazione.

Le dette dichiarazioni e memorie, come condivisibilmente sostenuto dalla difesa erariale, rientrano, nella valutazione effettuata dal Consiglio giudiziario e dal Consiglio superiore della magistratura, atteso che il comma 7 del citato articolo 13, riconduce la proposta motivata del Consiglio giudiziario a tutta l’attività istruttoria svolta fino a quel momento.

Nel caso in esame, pertanto, come diffusamente illustrato nelle due delibere impugnate, i detti organi hanno legittimamente tenuto in debito conto, oltre ai diversi profili di illegittimità che affliggevano la sentenza, in ragione della statuizione abnorme adottata, anche le gravi criticità che emergevano dalle argomentazioni giuridiche utilizzate dalla ricorrente per sostenere la legittimità della decisione adottata, sintomatiche di una non adeguata preparazione, e la mancata comprensione, da parte della stessa, della gravità dei fatti occorsi e delle ripercussioni degli stessi sulla funzionalità e sul prestigio dell’Ufficio, tali da integrare grave violazione dei doveri di correttezza e diligenza propri della funzione.

Ne discende che le dichiarazioni rese in sede difensiva dalla ricorrente sono state legittimamente valutate, unitamente alle ulteriori risultanze istruttorie e in conformità a criteri di ragionevolezza e proporzionalità, in senso ad essa sfavorevole, essendo state in sostanza apprezzate come circostanze aggravanti di una condotta già di per sé illegittima.

Con riferimento alla condotta posta in essere mediante redazione della sentenza, peraltro, ritiene il Collegio che, diversamente da quanto ritenuto in gravame, non vi sia stata alcuna artificiosa frammentazione di un fatto unico in una pluralità di condotte al solo fine di legittimare l’adozione del provvedimento di decadenza.

Come infatti emerge dalla lettura del provvedimento gravato, il CSM ha motivatamente ravvisato, nella statuizione adottata la violazione di distinte e autonome previsioni processuali, ravvisando, in sostanza, una condotta plurioffensiva.

La ricorrente non può essere seguita neppure laddove afferma che il Consiglio, nel disporre la revoca dall’Ufficio, non avrebbe tenuto conto degli anni di servizio da essa svolti senza dare adito a rilievi.

Dalla lettura complessiva dell’atto, infatti, emerge come la circostanza, pur valutata, non è stata ritenuta idonea ad elidere la gravità dei fatti che avevano dato origine al procedimento, gravità diffusamente illustrata, come visto, nel corpo della delibera.

Ne discende l’infondatezza dell’intero motivo di doglianza, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in sede di ricorso avverso il provvedimento di revoca dell'incarico di giudice onorario, il giudice amministrativo deve limitare il proprio sindacato ad un esame estrinseco della ragionevolezza della misura adottata dall'organo di autogoverno della magistratura alla luce dei presupposti considerati, non potendo sostituire una propria valutazione, in ordine ai fatti contestati, alla complessiva vicenda professionale del magistrato onorario interessato, oppure al valore da attribuire ai singoli elementi negativi emergenti a suo carico, ovvero alla comparazione di questi con eventuali elementi positivi, se non nei limiti in cui il giudizio svolto dal CSM si snodi secondo un iter non supportato da idonea motivazione ovvero affetto da eccesso di potere per illogicità (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2466;
Tar Lazio, sez. I, 24 maggio 2017, n. 6137).

E infatti, le valutazioni del C.S.M., ai fini della revoca dell’incarico di giudice onorario, costituiscono frutto di un apprezzamento discrezionale globale che, nel caso di specie, appare immune da vizi di palese irragionevolezza o travisamento dei fatti o insufficiente istruttoria, essendo fondate su dati di fatto oggettivi e documentati.

La giurisprudenza ha infatti precisato come qualsiasi comportamento o avvenimento comunque riferibile al giudice onorario, che sia idoneo a ledere il prestigio connesso alla funzione, costituisce sintomo dell'inidoneità del medesimo a svolgere sia l'incarico di coordinatore dell'ufficio sia le stesse funzioni giurisdizionali onorarie (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 28.7.2005 n. 3450);
d’altra parte, “dovendo istituzionalmente prevenire ogni situazione pregiudizievole per la funzione da affidare", [… ]"il Consiglio può tenere conto di ogni elemento suscettibile di determinare una effettiva ripercussione sfavorevole sull'immagine del magistrato onorario: in tale ottica il diniego di conferma non richiede dunque la prova piena dell'avvenuta compromissione del bene tutelato, trattandosi di strumento utilizzabile anche quando il prestigio dell'Ufficio sia soltanto messo in pericolo" (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2944).

Con il secondo motivo di ricorso, la dott.ssa Cremaschini, premessa l’omogeneità di funzioni esercitate dal giudice ordinario professionale e dal giudice onorario, atteso che entrambi esercitano la giurisdizione ordinaria, sostiene l’illegittimità dell’esistenza di due distinte discipline sanzionatorie.

Tanto avrebbe in concreto comportato un’illegittima disparità di trattamento della sua posizione rispetto a quanto statuito dal Consiglio superiore in diverse decisioni adottate in fattispecie similari su identici illeciti posti essere da giudici togati.

La prospettazione non può essere condivisa, alla luce del fatto che il rapporto di pubblico impiego è ravvisabile solo in capo ai magistrati ordinari, mentre gli incarichi dei giudici onorari sono connotati della temporaneità, nonché in considerazione del fatto che solo il procedimento disciplinare relativo ai magistrati ordinari ha natura giurisdizionale, mentre quello relativo ai giudici onorari presenta la natura di procedimento amministrativo.

Ne discende la legittimità del diverso trattamento normativo in punto di varietà e gradazione delle sanzioni (su cui, da ultimo, cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 11 aprile 2022, n. 4237”) e la consequenziale non configurabilità, nella fattispecie concreta, della lamentata disparità di trattamento con deliberazioni assunte dalla sezione disciplinare del Consiglio.

Per le ragioni complessivamente esposte il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti del presente giudizio.

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