TAR Genova, sez. II, sentenza 2015-05-08, n. 201500442

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2015-05-08, n. 201500442
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201500442
Data del deposito : 8 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00343/2014 REG.RIC.

N. 00442/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00343/2014 REG.RIC.

N. 00697/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 343 del 2014, proposto da:
C F, rappresentata e difesa dall'avv. M G, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. Liguria;

contro

Provincia di La Spezia, non costituita in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 697 del 2014, proposto da:
C F, rappresentata e difesa dall'avv. M G, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. Liguria;

contro

Provincia di La Spezia, rappresentata e difesa dagli avv. Veronica Allegri e Roberto Benvenuto, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. Liguria;

per l’accertamento

quanto al ricorso n. 343 del 2014:

del danno subito a seguito dell'illegittima cancellazione dagli elenchi dei lavoratori socialmente utili.

quanto al ricorso n. 697 del 2014:

del danno subito a seguito della mancata esecuzione della sentenza del T.A.R. Liguria n. 1318/2007.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di La Spezia nel ricorso R.G. 697/2014;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con un primo ricorso notificato in data 6.3.2014 e tempestivamente depositato in data 4.4.2014, assunto al numero di R.G. 343/2014 la signora F C espone: - di essere stata iscritta nell’elenco dei lavoratori socialmente utili (di seguito L.S.U.) di cui all’art. 3 del D. Lgs. n. 81/2000;
- che, con provvedimento 13.7.2001, la Provincia della Spezia disponeva la cancellazione del suo nominativo dagli elenchi delle attività socialmente utili;
- che, con sentenza 5.7.2007, n. 1318 – passata in giudicato - questo Tribunale annullava il provvedimento di cancellazione dai suddetti elenchi;
- che, con ricorso al Tribunale del lavoro della Spezia depositato in data 11.12.2009, conveniva in giudizio la Provincia della Spezia al fine di ottenere il risarcimento del danno (retribuzioni perdute, perdita di chance lavorative, danno morale) conseguente alla illegittima cancellazione dagli elenchi L.S.U.;
- che, con sentenza 18.10.2013, n. 365, il Tribunale del lavoro della Spezia dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice amministrativo.

Ripropone dinanzi a questo giudice la domanda di condanna della Provincia al risarcimento del danno, quantificato in complessivi € 533.879,94, facendo presente che, qualora non fosse stata illegittimamente cancellata dagli elenchi L.S.U., avrebbe avuto accesso ad una serie di prerogative e di contratti di lavoro (co.co.co e contratti a tempo determinato), alle fine dei quali sarebbe stata assunta a tempo indeterminato in virtù dei processi di stabilizzazione dei L.S.U. previsti dalle leggi finanziarie del 2007 e del 2008, così come accaduto per gli altri lavoratori iscritti negli elenchi.

Con un secondo ricorso notificato in data 1.7.2014 assunto al numero di R.G. 697/2014 la signora F C ripropone la medesima domanda risarcitoria nei confronti della Provincia della Spezia, questa volta – ex art. 112 commi 3 e 4 c.p.a. - sotto il profilo della mancata esecuzione del giudicato di cui alla sentenza di questo Tribunale 5.7.2007, n. 1318.

La Provincia della Spezia, benché regolarmente intimata, non si è costituita nel giudizio R.G. n. 343/2014, mentre si è costituita nel giudizio R.G. n. 697/2014, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 2015 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti dal collegio per la decisione.

Giova preliminarmente disporre la riunione dei due ricorsi, che sono relativi alla medesima causa.

Il ricorso R.G. n. 343/2014 è infondato.

Innanzitutto, del tutto priva di fondamento – alla luce del chiaro disposto di cui all’art. 4 comma 1 del D. Lgs. 28.2.2000, n. 81 (“l'utilizzo nelle attività di cui all'articolo 3 non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro”) - appare l’affermazione secondo la quale i lavori socialmente utili sarebbero in realtà “finalizzati” alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Al contrario, tra i lavoratori socialmente utili e l'ente pubblico che si avvale delle loro prestazioni non si costituisce affatto un rapporto di lavoro subordinato, ma un rapporto giuridico di carattere previdenziale fondato sull'art. 38 Cost. (così Cass., SS.UU., 3.1.2007, n. 3), sicché il danno relativo alla mancata instaurazione di un rapporto di pubblico impiego non può in nessun modo costituire – ex artt. 2056 e 1223 c.c. – una conseguenza immediata e diretta della cancellazione dagli elenchi dei L.S.U..

Donde un primo profilo di infondatezza del ricorso.

Ciò posto, si osserva inoltre che, ai sensi dell’art. 30 comma 3 c.p.a., “nel determinare il risarcimento [per lesione di interessi legittimi, n.d.r.] il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

Si tratta di una norma ricognitiva di principi generali già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva dell'art. 1227 comma 2 c.c. e, come tale, operante anche in relazione a danni sorti precedentemente all'entrata in vigore del c.p.a. (così Cons. di St., VI, 18.2.2015, n. 820;
id., 24.11.2011, n. 6202;
nello stesso senso T.A.R. Sardegna, II, 24.10.2012, n. 879, e T.A.R. Puglia-Lecce, I, 25.1.2012, n. 130).

Orbene, nel caso di specie tutti i danni lamentati dalla ricorrente, derivanti dalla illegittima cancellazione dagli elenchi delle attività socialmente utili disposta con il provvedimento 13.7.2001 del Centro per l’impiego di Sarzana della Provincia della Spezia, bene avrebbero potuto essere evitati richiedendo tempestivamente a questo Tribunale - ex art. 21 comma 8 della legge 6.12.1971, n. 1034 – l’emanazione di idonee misure cautelari nell’ambito del ricorso R.G. 1370/2001, mediante la sospensione dell’esecuzione del provvedimento di cancellazione dagli elenchi L.S.U..

La giurisprudenza ha già riconosciuto che, tra gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, della cui tempestiva attivazione è onerato colui che si afferma danneggiato da un provvedimento amministrativo, rientra a pieno titolo anche la domanda - in sede cautelare - di sospensione degli effetti dell’atto, tutte le volte in cui la sua non implausibile concessione possa escludere o limitare i danni (T.A.R. Abruzzo-Pescara, I, 22.7.2014, n. 354;
T.A.R. Sicilia, I, 2.11.2011, n. 1953).

Vero è che, secondo un risalente orientamento giurisprudenziale - comunque precedente l’introduzione del citato art. 30 comma 3 c.p.a. - sarebbero escluse dall'ambito dell’ordinaria diligenza le attività che comportano per il danneggiato notevoli rischi o spese, quali l'avvio di una gravosa controversia giurisdizionale.

Tuttavia, una volta che l’interessato si sia già risolto – come nel caso di specie - ad impugnare il provvedimento amministrativo in sede giurisdizionale, la proposizione anche della domanda incidentale di sospensione in via cautelare non costituisce certo, in termini di rischio e di spese, uno sforzo supplementare eccedente l’ordinaria diligenza: sicché, nel caso di specie, il comportamento inattivo dell'interessata integra certamente una condotta valutabile, ex art. 30 comma 3 c.p.a., alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà.

Inoltre, qualora la ricorrente avesse tempestivamente agito – ex art. 33 comma 5 della legge n. 1034/1971 - per l’esecuzione della sentenza n. 5.7.2007, n. 1318, ella avrebbe sicuramente ottenuto – pressoché immediatamente – il reinserimento negli elenchi delle attività socialmente utili, ed avrebbe pertanto potuto usufruire di tutte le successive chance lavorative di cui oggi lamenta la lesione.

Orbene, da un lato la ricorrente non ha provato di aver tempestivamente richiesto, nel ricorso R.G. 1370/2001 - conclusosi con l’accoglimento – una idonea misura cautelare, la cui concessione avrebbe sicuramente evitato la decadenza da tutti i benefici connessi all’iscrizione negli elenchi L.S.U.;
dall’altro, ella non ha provato di avere tempestivamente richiesto alla Provincia la reiscrizione negli elenchi L.S.U., né di avere a tal fine tempestivamente agito per l’esecuzione della sentenza n. 1318/2007, risolvendosi ad attivare il giudizio di ottemperanza soltanto a distanza di sette anni, e soltanto per chiedere il risarcimento della lesione di pretese chance lavorative, nella esorbitante misura di € 533.879,94.

Donde – anche sotto tale concorrente profilo - l’infondatezza del ricorso.

Stessa sorte tocca alla domanda introdotta con il ricorso R.G. n. 697/2014, in sede di giudizio di ottemperanza.

La circostanza che la stessa domanda sia stata introdotta – ex art. 112 commi 3 e 4 c.p.a. - anche mediante giudizio di ottemperanza, non toglie che il giudice debba fare applicazione delle medesime norme che disciplinano il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo, norme che – come detto - postulano sia l’esistenza di un rapporto immediato di causa-effetto tra la condotta e l’evento di danno, sia l’impiego – da parte del danneggiato - dell’ordinaria diligenza al fine di evitare il danno, mediante l’utilizzo di tutti gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento.

Requisiti che però, nel caso di specie, difettano.

Stante la contumacia della Provincia, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio R.G. 343/2014, mentre, relativamente al giudizio R.G. n. 697/2014, sussistono i presupposti di legge per disporne l’integrale compensazione tra le parti.

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