TAR Venezia, sez. III, sentenza 2011-05-03, n. 201100742
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N. 00742/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01232/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1232 del 2010, proposto da:
-O- rappresentati e difesi dall'avv. D B, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R.;
contro
Comune di -O-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E R in Venezia, Santa Croce, 312/A;
per sentire accogliere le seguenti conclusioni:
l’annullamento:
- della nota prot. n. 2404 dell’8 marzo 2010 firmata dal Segretario generale del Comune di -O-;
- dell’atto istruttorio avente pari data dell’ufficio assistenza del Comune di -O-;
- del presupposto regolamento comunale “per la disciplina delle modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate ed ai contributi economici assistenziali” approvato con deliberazione consiliare n. 6 del 28 febbraio 2005;
e per l’accertamento:
- del diritto della Sig.ra -O-, persona invalida e ultra sessantacinquenne, ospite presso la casa di riposo -O-dal settembre 2007 al 4 agosto 2009, all’integrazione economica da parte del Comune di -O- della retta di ricovero (diritto trasmessosi agli eredi);
e per la condanna:
- del Comune di -O- al pagamento a favore degli attuali ricorrenti della somma corrispondente all’integrazione della suddetta retta di ricovero che si ottiene dalla differenza tra il costo complessivo chiesto dalla casa di riposo -O-e ai suoi congiunti e quanto la Sig.ra -O-ha invece percepito come indennità di accompagnamento nel medesimo periodo, dopo avere previamente detratto il 50% del reddito minimo di inserimento;
- del medesimo Comune al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla Sig.ra -O-e dai suoi congiunti attualmente corrispondenti agli interessi moratori pagati da questi ultimi alla Casa di soggiorno-O-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -O-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Sig.ra -O- totalmente invalida ed ultra sessantacinquenne è stata ospitata presso la struttura residenziale per anziani “-O-dal mese di settembre 2007 fino al giorno della morte avvenuta il 4 agosto 2009.
Al momento del ricovero il marito Sig. -O-, il figlio -O-hanno sottoscritto un atto con il quale si sono obbligati in solido al pagamento delle rette.
Con lettera del 29 ottobre 2008 il Sig. -O- ha dichiarato al Comune di -O-, che è il Comune di ultima residenza della Sig.ra -O- prima del ricovero presso la casa di riposo, e alla -O-di ritenere il Comune obbligato ad integrare la retta richiamandosi all’art. 3, comma 2 ter, del decreto Dlgs. 31 marzo 1998, n. 109, aggiunto dall’art. 3 del Dlgs. 3 maggio 2000, n. 130, revocando l’impegno a versare le rette assunto con la casa di riposo.
Il Comune con nota del 6 novembre 2008 ha affermato di respingere le affermazioni del Sig. -O- perché i relativi oneri devono intendersi a carico dei familiari.
Con successiva lettera del 25 novembre 2008, i Sig.ri -O-hanno ribadito di non ritenersi obbligati al pagamento delle rette, e il Comune con nota del 4 dicembre 2008 ha nuovamente affermato di ritenere obbligati i familiari.
Dalla documentazione versata in atti (cfr. docc. da 7 a 17 allegati al ricorso) risulta che è intercorsa tra l’ufficio del Difensore civico regionale e il Comune una fitta corrispondenza, con la quale il Difensore civico ha sollecitato e diffidato il Comune a farsi carico del pagamento delle rette.
Con nota di controdeduzioni del Segretario comunale dell’8 marzo 2010, indirizzata al solo Difensore civico, il Comune ha precisato di non considerarsi obbligato anche alla luce degli artt. 9, 32 e 33 del regolamento comunale “per la disciplina delle modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate ed ai contributi economici assistenziali” approvato con deliberazione consiliare n. 6 del 28 febbraio 2005, ritenuto compatibile con la vigente normativa di rango primario.
I Sigg.ri -O-, ritenendosi lesi dalla nota di controdeduzioni inviata dal Comune al Difensore civico regionale in risposta alla diffida da questo formulata, con il ricorso in epigrafe impugnano la predetta nota e il regolamento comunale, chiedendo l’accertamento del diritto della Sig.ra -O-, deceduta, all’integrazione economica, e la condanna del Comune alla restituzione di quanto dagli stessi indebitamente versato in favore della casa di riposo.
Nel ricorso (cfr. il punto 7 in diritto a pag. 13 e 14) si afferma che l’azione proposta rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici relativi all’assistenza socio sanitaria, ai sensi dell’art. 33 del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall’art. 7, comma1, lett. a) della legge 21 luglio 2000, n. 205, e che la situazione giuridica fatta valere è il diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche della Sig.ra -O-, trasmessosi agli eredi (cfr. pag. 4 della memoria depositata in prossimità della pubblica udienza).
Si è costituito in giudizio il Comune di -O- chiedendo l’integrazione del contraddittorio sia con la figlia della Sig.ra -O-, la Sig.ra -O-, anch’essa al pari dei ricorrenti erede ed obbligatasi solidalmente al pagamento delle rette, che con la casa di riposo -O-di San Polo di Piave.
Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese, il Presidente ha indicato alle parti, dandone atto a verbale, come prevede l’art. 73, comma 3, del cod. proc. amm., la possibile rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. per fattispecie analoghe Tar Veneto, Sez. III, 16 novembre 2010, n. 6023 e 6041;Tar Sardegna, Sez. I, 8 settembre 2009 , n. 1472).
Infatti è pacifico che i ricorrenti non ricorrono secondo lo schema impugnatorio proprio di una controversia proposta avverso un atto autoritativo di diniego dell’attribuzione di contributi o risorse pubbliche, in quanto agiscono avverso una nota del Comune di controdeduzioni al Difensore civico regionale che non ha carattere autoritativo - provvedimentale e che non è adottata nell’ambito di un procedimento amministrativo di cui essi siano i destinatari.
La giurisdizione di legittimità non può ritenersi sussistente neppure per il fatto che la controversia investe, quale atto presupposto, anche il regolamento comunale “per la disciplina delle modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate ed ai contributi economici assistenziali” approvato con deliberazione consiliare n. 6 del 28 febbraio 2005, atteso che manca l’impugnazione di un atto qualificabile come provvedimento applicativo capace di incidere direttamente sulla sfera individuale dei ricorrenti, e resta ferma la possibilità, eventualmente anche per il giudice ordinario, ai sensi dell’art. 5 dell’Allegato E della legge 20 marzo 1865, n. 2248, di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi la cui efficacia condiziona l'esistenza ed il contenuto del diritto sostanziale costituente l'oggetto del processo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3226, su fattispecie in parte analoga a quella in esame).
Secondo il noto criterio del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, nel caso di specie deve constatarsi che la posizione giuridica soggettiva fatta valere è di diritto soggettivo.
Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, non può ritenersi che la controversia rientri in una delle materie per le quali vi è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La pretesa fatta valere nel ricorso si incentra infatti sul riconoscimento del diritto a non essere obbligati a prestazioni patrimoniali al di fuori dei casi previsti dalla legge, e alla correlata attribuzione al Comune degli obblighi di integrazione economica relativi alle rette di degenza derivanti dalla legge in modo immediato e diretto, con richiesta di restituzione delle somme che si ritengono indebitamente corrisposte.
Anche individuando nella fattispecie un servizio pubblico, inteso come servizio a domanda individuale di assistenza a soggetto non autosufficiente erogato dalla casa di riposo con la quale i ricorrenti si sono contrattualmente obbligati al pagamento delle rette, la controversia non inerisce a provvedimenti autoritativi adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ma a uno dei “rapporti individuali di utenza” (cfr. le già citate sentenze Tar Veneto, Sez. III, 16 novembre 2010, n. 6023 e 6041;Tar Sardegna, Sez. I, 8 settembre 2009 , n. 1472) esclusi dall’area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. e) del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, esclusione che ha trovato conferma sia nella sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, con la quale si è stabilito che la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo soltanto se l’Amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo, che nell'art. 133, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo, per il quale devono tutt’ora ritenersi sottratte dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernenti i servizi pubblici concernenti il singolo rapporto del servizio con l’utente (cfr. Tar Piemonte, Sez. II, 29 ottobre 2010, n. 3936).
In definitiva il Collegio ritiene di dover declinare la giurisdizione indicando, ai sensi dell’art. 11 del cod. proc. amm., l’Autorità giudiziaria ordinaria come giudice fornito di giurisdizione, innanzi alla quale il processo potrà essere riproposto entro i termini prescritti dalla norma citata.
Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l'integrale compensazione fra le parti, considerata la peculiarità della questione giuridica affrontata.