TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-04-11, n. 202204237

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2022-04-11, n. 202204237
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202204237
Data del deposito : 11 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/04/2022

N. 04237/2022 REG.PROV.COLL.

N. 10720/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10720 del 2019, proposto da
-O-, rappresentata e difesa dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero della giustizia (Dipartimento dell'Organizzazione del personale e dei servizi-Direzione Generale Magistrati-Ufficio primo) n. VPROC/MO del 20.05.2019, relativo alla revoca della dott.ssa -O- quale Vice Procuratore Onorario, notificato in data 7 giugno 2019;

dell'allegato provvedimento del Consiglio superiore della magistratura nr. P6178/2019 del 12.4.2019 con il quale viene deliberata la revoca della dott.ssa -O- dall'incarico di Vice Procuratore Onorario della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Rimini;

della delibera del Consiglio superiore della magistratura del 10.4.2019, nella parte avente ad oggetto la revoca della dott.ssa -O- dall'incarico di Vice Procuratore Onorario della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rimini;

nonché, per quanto occorrer possa, di tutti i gli atti connessi, presupposti e conseguenziali e, nello specifico: a) la proposta di revoca deliberata in data 22.10.2018 dal Consiglio Giudiziario, Sezione autonoma per i magistrati onorari, presso la Corte d'Appello di Bologna, prot. n. 6952/2018;
b) il relativo verbale 22.10.2018 del Consiglio Giudiziario, Sezione autonoma per i magistrati onorari, presso la Corte d'Appello di Bologna;
c) il provvedimento del 5.10.2018 con il quale il Procuratore della Repubblica di Rimini ha dato corso alla sopracitata proposta di revoca, esonerando la dott.ssa -O- dall'attività di V.P.O.;
d) il successivo provvedimento del 13.12.2018, mediante il quale il Procuratore della Repubblica di Rimini ha reintegrato la dott.ssa -O- nelle proprie funzioni limitatamente alle udienze innanzi al Giudice di Pace.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe -O- ha impugnato il decreto del Ministero della giustizia che ha disposto nei suoi confronti la revoca dall’incarico di Vice Procuratore Onorario, notificato in data 7 giugno 2019, e l'allegato provvedimento del Consiglio superiore della magistratura del 12.4.2019 con il quale è stata deliberata tale revoca.

La ricorrente ha esposto che in data 27.4.2018 la sig.ra -O-, madre dell’odierna ricorrente, era stata coinvolta in un incidente stradale;
la ricorrente si era recata immediatamente sul luogo del sinistro, potendo constatare la presenza della Polizia Municipale, la quale aveva verbalizzato le dichiarazioni della sig.ra -O- e aveva provveduto a fotografare il luogo dell’incidente, nonché i soggetti e i veicoli coinvolti;
qualche giorno dopo, la ricorrente aveva appreso che la madre era stata oggetto di verbale di identificazione da parte della Polizia Municipale, che le aveva contestato il reato di cui all’art. 590 bis c.p..

La ricorrente aveva segnalato la vicenda ad alcuni dipendenti della Procura di Rimini e al dott. -O-, coordinatore dei VPO, al quale aveva rappresentato la propria incompatibilità con riferimento al fascicolo avente ad oggetto la madre;
tale questione era stata, quindi, tempestivamente sottoposta dal dott. -O- con il sostituto procuratore dott. -O-.

La dott.ssa -O-, quindi, aveva tentato di ottenere un colloquio con il magistrato da ultimo citato, al fine di chiedere un consiglio informale sulle possibili conseguenze penali in capo alla madre, ma non vi era riuscita a causa degli improrogabili impegni lavorativi di quest’ultimo.

Aveva quindi, chiesto alla dott.ssa -O-, segretaria del dott. -O-, di poter visionare il fascicolo della madre, al fine di meglio poter formulare i propri dubbi nell’ambito del futuro sperato colloquio con il magistrato;
la dott.ssa -O- l’aveva indirizzata all’assistente di Polizia Giudiziaria -O-, che le aveva messo a disposizione il fascicolo.

La ricorrente aveva quindi provveduto ad estrarre copia degli atti del fascicolo, lasciando le copie sulla scrivania del proprio ufficio all’interno del Tribunale.

Il giorno successivo, la dott.ssa -O- aveva potuto conferire con il dott. -O-, al quale aveva comunicato di aver visionato ed estratto copia del fascicolo a carico della madre.

Per tali fatti era stato avviato il procedimento disciplinare nei confronti della dott.ssa -O-, ed il Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Bologna aveva proposto al C.S.M., in data 22.10.2018, la revoca dall’incarico di V.P.O.;
la ricorrente era stata quindi esonerata dall’attività con provvedimento del Procuratore della Repubblica di Rimini del 5.10.2018.

Successivamente, tuttavia, la medesima era stata reintegrata nelle proprie funzioni con provvedimento del 13.12.2018.

In data 3.1.2019 la ricorrente aveva inviato al CSM le proprie deduzioni difensive, rappresentando la scarsa rilevanza del fatto ai sensi dell’art. 3 bis d.lgs. 109 del 2006, ma il CSM aveva deliberato la revoca dall’incarico, ritenendo la condotta idonea a compromettere il prestigio delle funzioni svolte, in quanto la mancata comunicazione al di fuori del Tribunale di Rimini del contenuto degli atti di indagine non attenuava la gravità del fatto, l’appropriazione dei citati documenti non era giustificata da ragioni d’ufficio, ma da ragioni personali, la necessità di avere un confronto con il dott. -O- non poteva fungere da giustificazione ma, all’opposto, doveva interpretarsi come il tentativo di un’illecita interferenza con la funzione inquirente e il fatto che la condotta era stata posta in essere nel Tribunale in cui prestava servizio quale VPO aveva “ragionevolmente determinato un’insanabile frattura del rapporto fiduciario tra l’interessata e gli altri magistrati dell’ufficio”.

Alla delibera del CSM aveva fatto seguito il decreto del Ministero della Giustizia del 20.5.2019.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1) Incostituzionalità ex art. 76 Cost. dell’art. 21 d.lgs. n. 116 del 2017 per violazione dei principi fissati dall’art. 2 co. 11 lett. b) l. n. 57 del 2016.

L’art. 2 co. 11 della legge delega n. 57 del 2016 prevedeva espressamente che “Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera l), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: […] b) prevedere le sanzioni disciplinari dell'ammonimento, della censura, della sospensione dal servizio da tre a sei mesi e della revoca dell'incarico”.

Tale specifica previsione legislativa era stata disattesa dall’art. 21 d.lgs. 116/2017.

Infatti, il decreto legislativo disponeva unicamente la sanzione della revoca, senza quindi sancire la graduazione delle pene espressamente dettagliata dall’art. 2 co. 11 l. 57/2016.

2) Incostituzionalità dell’art. 21 d.lgs. n. 116 del 2017, nonché dell’art. 42 sexies co. 2 R.D. n. 12/1941, per contrarietà al combinato disposto dell’art. 7 Cedu e dell’art. 117 Cost..

La sanzione della revoca disciplinare doveva ritenersi rientrare nell’ampio concetto di “sanzione penale” rilevante ai sensi dell’art. 7 CEDU. Com’è noto, infatti, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo integrava la citata nozione ogni sanzione, anche di natura amministrativa, che assuma un particolare grado di incisività in relazione alla posizione del suo soggetto passivo.

La sanzione della revoca dall’incarico prevista dall’art. 21 d.lgs. n. 116 del 2017 e dall’abrogato art. 42 sexies co. 2 R.D. n. 12/1941 era sicuramente grave, comportando l’esclusione dalla possibilità di svolgere l’incarico di Vice Procuratore Onorario, con un rilevante danno morale e materiale in capo all’incolpata;
essa aveva, inoltre, una finalità repressiva, essendo volta a prevenire condotte contrarie all’incarico pubblico assegnato.

3) Violazione di legge.

A quanto sopra espresso con riferimento ai profili di illegittimità costituzionale dell’art. 21 d.lgs. n. 116 del 2017 conseguiva l’annullabilità – previa declaratoria di incostituzionalità della citata disposizione – dei provvedimenti impugnati per violazione di legge;
in alternativa, l’art. 21 d.lgs. n. 116 del 2017 avrebbe dovuto essere disapplicato per la rilevata contrarietà all’art. 7 CEDU.

4) Eccesso di potere per motivazione incompleta, inadeguata e approssimativa circa la concreta compromissione al prestigio dell’ordine giudiziario che sarebbe derivata dalla condotta posta in essere dalla ricorrente, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, ingiustizia grave e manifesta.

Si sono costituiti il CSM e il Ministero della Giustizia resistendo al ricorso.

Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2019 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare, rilevando che il Consiglio superiore della Magistratura aveva correttamente apprezzato e valutato le risultanze istruttorie e non ricorrevano i profili di incostituzionalità prospettati dalla ricorrente.

All’udienza pubblica del 26 gennaio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con riguardo ai primi tre motivi, con i quali è stata dedotta l’incostituzionalità e la contrarietà all’art. 7 della CEDU della disciplina della revoca dell’incarico nei confronti dei giudici onorari, deve rilevarsi che le disposizioni di cui al d.lgs. n. 116/2017 si sottraggono alle censure proposte. Come evidenziato dalla difesa erariale, infatti, la relazione illustrativa al decreto legislativo delegato chiarisce le ragioni del mancato esercizio della delega per le situazioni di cui alle lettere g) e l) dell’art. 1 della legge delega, ossia i trasferimenti ad altro ufficio e la responsabilità disciplinare, e della previsione esclusiva della revoca dell’incarico: tale opzione trova fondamento nella necessità di evitare di prevedere e regolamentare “ambiti… che possano in qualche modo intaccare il carattere onorario dell’incarico, delineando indici rivelatori di un sostanziale incardinamento in un ufficio”.

Tale scelta appare coerente con la formulazione di un nuovo statuto unitario della magistratura onoraria che prevede che tale magistrato svolga le proprie funzioni rigorosamente a tempo parziale e limitato nel tempo, con ciò escludendosi qualsiasi assimilazione a funzionari pubblici dipendenti o magistrati togati.

In ossequio a tale finalità il legislatore ha previsto esclusivamente la revoca del magistrato onorario e la sua mancata conferma, quali misure di natura amministrativa e non disciplinare, a fronte della violazione dei suoi doveri professionali.

Per le medesime considerazioni il procedimento di revoca non può essere assimilato al procedimento disciplinare dei magistrati ordinari, pienamente giurisdizionalizzato e devoluto alla Sezione disciplinare, del tutto autonoma rispetto all’istituzione nella sua composizione plenaria.

Tenuto conto di tale configurazione del ruolo del magistrato onorario la soluzione legislativa non può dirsi irragionevole né presenta aspetti di contrasto con le disposizioni costituzionali e della CEDU, con conseguente infondatezza delle censure spiegate sotto tale profilo.

Con il quarto motivo la ricorrente ha contestato il difetto di motivazione del provvedimento di revoca impugnato.

In merito si osserva che l’art. 21 del d.lgs. n. 116/2017 prevede esplicitamente la possibilità di revocare l’incarico al magistrato onorario, qualora il magistrato onorario “tenga in ufficio o fuori una condotta tale da compromettere il prestigio delle funzioni attribuitegli” (art. 21, comma 5, d.lgs. 116/2017).

Nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento di revoca dell'incarico, il giudice amministrativo deve limitare il proprio sindacato ad un esame estrinseco della ragionevolezza della misura adottata dall'organo di autogoverno della magistratura alla luce dei presupposti considerati, non potendo sostituire una propria valutazione, in ordine ai fatti contestati, alla complessiva vicenda professionale del magistrato onorario interessato, oppure al valore da attribuire ai singoli elementi negativi emergenti a suo carico, ovvero alla comparazione di questi con eventuali elementi positivi, se non nei limiti in cui il giudizio svolto dal CSM si snodi secondo un iter non supportato da idonea motivazione ovvero affetto da eccesso di potere per illogicità (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2466;
Tar Lazio, sez. I, 10 dicembre 2020, n. 13312;
24 maggio 2017, n. 6137).

E invero, le valutazioni del C.S.M., ai fini della revoca dell’incarico di giudice onorario, costituiscono frutto di un apprezzamento discrezionale globale che, peraltro, nel caso di specie, appare immune da vizi di palese irragionevolezza o travisamento dei fatti o insufficiente istruttoria, essendo fondate su dati di fatto oggettivi e documentati. Nella delibera impugnata è compiutamente dato atto dei fatti ascritti alla ricorrente, e delle ragioni per le quali all'accertamento degli stessi è seguita la sanzione disciplinare della revoca.

Dall'istruttoria effettuata è emerso che la stessa, senza essere autorizzata, ha ottenuto l’accesso al fascicolo d’ufficio concernente il sinistro in cui era rimasta coinvolta sua madre, estraendone copia e violando il segreto istruttorio, il tutto avvalendosi del proprio ruolo professionale che ne consentiva l’accesso presso gli Uffici di Procura;
ciò al fine di acquisire informazioni e documenti sul procedimento penale e documenti appartenenti al fascicolo del pubblico ministero, coperti da segreto di indagine.

Alla stregua di tali risultanze, deve ritenersi correttamente motivato l’apprezzamento dei fatti condotto dall’Organo di autogoverno, il quale ha considerato che le condotte sopra descritte - incontestate nella loro materialità - fossero idonee a giustificare l’adozione del provvedimento di revoca, in particolare, con riguardo alla necessaria imparzialità ed all'immagine e al ruolo di terzietà.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha quindi correttamente ritenuto opportuno evitare che la permanenza del magistrato onorario nel ruolo e nelle funzioni sopra richiamate determinasse ulteriori gravi conseguenze per l'amministrazione della giustizia, risultando compromessa la possibilità di svolgere le predette funzioni con la dovuta credibilità.

Dunque, non si rinviene alcun profilo di illogicità manifesta o erroneità nei presupposti, in relazione a quanto sostenuto dal C.S.M., che ha riportato e considerato i dati emergenti dal contesto probatorio, ritenendo, inoltre, e sulla base di un percorso logico che appare coerente e scevro da vizi, la posizione della ricorrente incompatibile con il rispetto dei doveri di ufficio che su di essa inderogabilmente gravano.

Pertanto, la delibera all’odierno esame risulta sufficientemente argomentata con riferimento alla documentazione richiamata in atti e, conseguentemente, le censure mosse dalla parte ricorrente sono destituite di fondamento.

Il ricorso va quindi respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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