TAR Napoli, sez. III, sentenza 2015-12-22, n. 201505874
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N. 05874/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05812/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5812 del 2013, proposto da:
Liccarblock Sas di L N &C., rappresentata e difesa dall'avv. F L, con domicilio eletto presso F L in Napoli, Via Caracciolo N.15;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domiciliato in Napoli, Via Diaz, 11;
per l'annullamento
del decreto n.prot. 2944 del 2013 con cui viene disposta revoca di agevolazioni finanziarie in favore dell'impresa ricorrente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2015 il Consigliere A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con il gravame in epigrafe, regolarmente proposto, la ricorrente impugna il D.M. n. 29444 del 29.10.2013 con il quale il Ministero dello sviluppo economico ha disposto la revoca dei finanziamenti concessi con precedenti decreti del 9.4.2001 e del 24.11.2004, sul presupposto che la Prefettura di Napoli, con prefettizia riservata del 6.10.2011 informava la P.A. che aveva ravvisato nella società ricorrente beneficiaria della provvidenza, pericoli di infiltrazione mafiosa in grado di condizionarne gli indirizzi e le scelte imprenditoriali.
1.2. Si costituiva il Ministero intimato mediante deposito documentale a mezzo dell’Avvocatura erariale del 4.2.2014 nell’ambito del quale consta una corposa relazione di servizio della Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali dell’intimato Ministero del 27.1.2014.
La ricorrente produceva memoria per il merito il 3.11.2015.
Alla pubblica Udienza del 3 dicembre 2015 sulle conclusioni delle parti la causa è stata ritenuta in decisione.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente, rubricando violazione di diverse disposizioni di legge ed eccesso di potere per svariati profili, lamenta che l’ipotetica situazione di astratto pericolo su cui fonda l’informativa prefettizia assunta a base dell’impugnata revoca dei finanziamenti è cessata poiché con atto notarile del 6.12.2011 il L M socio accomandatario della società ricorrente ha ceduto la sua quota sociale e la società ha mutato anche ragione sociale, divenendo nuovo socio amministratore L N e tutti gli altri soci sono incensurati.
Ha poi presentato alla Prefettura di Napoli istanza di aggiornamento dell’informativa e sul relativo silenzio il Tribunale ha emesso sentenza n. 1147/2013 con cui ha ordinato alla P.A. di definire il relativo procedimento.
Si duole inoltre che il Ministero non poteva con l’impugnato decreto valutare gli effetti dell’informativa ed asserire l’irrilevanza della cennata trasformazione societaria per essere stati i finanziamenti percepiti negli anni 2004 – 2005 quando il L M rivestiva ancora la qualità di accomandatario.
Assume inoltre che, avendo impugnato con ricorso numero di registro generale 2050/2012 la presupposta nota prefettizia, il Ministero avrebbe dovuto sospendere la determinazione di revoca fino all’esito del giudizio.
2.1. Le ricostruite censure non colgono nel segno e vanno disattese.
Come esattamente denotato dal Ministero nell’impugnato provvedimento di revoca, non rileva l’illustrata cessione di quote sociali da parte del L, effettuata con rogito del 6.12.2012, atteso che siffatto fenomeno societario è stato determinato proprio dall’intervenuta informativa del 6.10.2012, essendo stata effettuata due mesi dopo.
Il che non toglie che all’epoca della percezione dei finanziamenti, corrente dal 2001 al 21.2.2005 il L rivestiva il ruolo di socio accomandatario, che com’è noto è figura che nella s.a.s. esercita la funzione di amministratore.
Ragion per cui alcun rilievo legittimante può annettersi all’intervenuta variazione societaria siccome postuma all’epoca di erogazione della provvidenza de qua.
2.3. Né, per altro verso, può seguirsi l’argomentare della deducente in ordine all’impossibilità che il Ministero erogante valuti gli effetti dell’informativa.
Invero, osserva il Collegio come alcuna valutazione di questo tipo sia stata operata dal decreto gravato, che sul punto si è limitato a valutare non l’informativa bensì l’invocata variazione societaria e la relativa cessione di quote, giustamente giudicandola ininfluente a motivo della sua collocazione temporale successiva di anni al periodo di percezione delle somme erogate.
2.4. Del pari non convince la tesi in ordine alla necessità della sospensione della determinazione di revoca a motivo dell’interposizione del ricorso avverso l’informativa antimafia negativa.
Contraddice infatti tale linea difensiva il contegno processuale assunto dalla ricorrente in seno al ricorso n. 2050/2012, laddove alla Camera di consiglio del 12.9.2012 la ricorrente anziché coltivare l’istanza cautelare ha formalmente rinunciato alla medesima chiedendo la cancellazione della causa dal ruolo degli affari cautelari come risulta dal verbale di Udienza.
Orbene, se la parte che maggiore interesse aveva alla decisione cautelare ha rinunciato alla stessa, non si vede perché il Ministero avrebbe dovuto sospendere il procedimento di revoca a fronte di un provvedimento presupposto valido e non sospeso dal Tribunale.
3.1. Con il secondo motivo la deducente si duole che la revoca non sia stata rispettosa dei principi scolpiti all’art. 21 – quinquies L. n. 241/1990 che definisce i presupposti che devono assistere il generale potere di revoca dei provvedimenti amministrativi, lamentando, in particolare, che sia mancata la motivazione sul prevalente interesse pubblico idoneo a ledere l’aspettativa creata dal lungo lasso di tempo intercorso tra l’erogazione dei finanziamenti ed il loro ritiro;nonché la violazione del termine ragionevole di adozione degli atti di ritiro e l’omessa valutazione degli interesse dei destinatari.
3.2. Anche tali doglianze si prospettano infondate e vanno pertanto respinte.
Alcuna motivazione ed esternazione di interessi pubblici prevalenti e contrari è dato infatti predicare a carico del provvedimento di revoca dei finanziamenti pubblici che nella sostanza si atteggia ad atto di annullamento per acclarata insussistenza dei requisiti di legge.
Va infatti rammentato al riguardo che il ritiro di provvidenze pubbliche a seguito della scoperta di controindicazioni antimafia costituisce atto dovuto, non godendo l’amministrazione di alcuna discrezionalità una volta che riceva un’informativa antimafia negativa, l’interesse pubblico essendo in re ipsa e dovendo essere individuato nella necessità che i fondi pubblici vengano erogati a soggetti immuni da pregiudizi di polizia e aventi un profilo morale scevro da ogni sospetto.
La giurisprudenza è invero costante nell’affermare i tracciati aspetti di doverosità dell’agere amministrativo in subiecta materia avendo precisato che “La "facoltà" di revoca o di recesso dal contratto di appalto della p.a. - prevista dall'art. 11, comma 3, D.P.R. n. 252/1998 nell'ipotesi in cui, successivamente alla stipula del contratto, il Prefetto accerti la sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa - rappresenta specificazione della fattispecie più generale della sopravvenienza di elementi incompatibili con il prosieguo della sua esecuzione;incompatibilità sulla quale la legge non attribuisce alcun sindacato all' amministrazione appaltante, stante il divieto di stipulare o approvare i contratti e i subcontratti previsto dall'art. 10, comma 2, allorché, a seguito delle verifiche disposte dal Prefetto, emergano elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 2013 n. 4467).
Deve infatti ritenersi che sull'Amministrazione grava un onere motivazionale soltanto qualora si determini per il mantenimento degli effetti ampliativi (che costituisce l'eccezione), che, come detto, si risolve nella rinuncia alla condizione risolutiva, e non il contrario.
In altri termini, a giustificare la revoca della concessione (quale determinazione conseguente alla perdita di efficacia del provvedimento ampliativo per effetto dell'avversarsi della condizione risolutiva) è sufficiente il rinvio alla stessa informativa (Cfr..T.A.R. Reggio Calabria 8 novembre 2012 n. 664 e 23 marzo 2011 n. 211;T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 31 gennaio 2005 , n. 574 e T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 8 luglio 2010 , n. 16618;T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, 15.2.2013 n. 119 ).
Il Tribunale ha da tempo precisato che “Il provvedimento di revoca dell'affidamento di un contratto è sufficientemente motivato con la presupposta informativa antimafia” (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, 9 luglio 2012 n. 3280 ) . Si era del resto già espresso siffatto avviso affermandosi che “l'atto di ritiro è da ritenersi sufficientemente motivato con il richiamo alla comunicazione prefettizia, atteso che il tassativo divieto di contrarre con soggetti sprovvisti della certificazione antimafia (id est gravemente indiziati di infiltrazione mafiosa) implica anche il divieto di prosecuzione del rapporto eventualmente già instaurato in caso di sopravvenuta informativa prefettizia sfavorevole” ((T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 9 novembre 2005 n. 10892 )
Quanto all’invocata tutela dell’affidamento, intanto pone in luce il Collegio che esso è stato prevalutato ex ante dal legislatore e contemperato con l’interesse pubblico primario alla concessione di provvidenze soltanto a soggetti scevri da pregiudizi di polizia e immuni da sospetti di infiltrazioni malavitose.
Trattasi dunque di normativa di carattere speciale per la quale non valgono i generali principi sul potere di autotutela dettati dalla legge sul procedimento.
La giurisprudenza ha di recente enunciato il delineato avviso precisando che “lo scopo precipuo della prevenzione, che si sostanzia nell'informativa antimafia e nei suoi effetti interdittivi, non è accertare l'attuale appartenenza alla criminalità organizzata di un determinato complesso imprenditoriale, bensì solamente la sussistenza di un rischio che quest'ultimo sia esposto ad influenze della prima.
Trattandosi di prevenire rischi e non di sanzionare condotte illecite, il sistema normativo mediante il richiamato art. 11 appresta un meccanismo di protezione fondato sulla contemperazione degli opposti interessi in gioco, da un lato, la tutela dell'affidamento del beneficiario e, dall'altro, la tutela dell'ordine pubblico, prevedendo che, una volta accertato ex post, rispetto all'avvenuta erogazione di una provvidenza economica, il rischio di ingerenze della criminalità organizzata nell'impresa, siano revocate le agevolazioni concesse” (T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, 15.2.2013 n. 119 ).
Rimarca inoltre il Tribunale che nessun affidamento meritevole di tutela può ragionevolmente predicarsi in capo a chi versi in situazioni di illiceità penale, della quale evidentemente è perfettamente a conoscenza.
Conclusivamente, quanto alla pretesa violazione del termine ragionevole entro il quale, in generale, deve essere assunto un provvedimento di ritiro in autotutela di precedente provvedimento ampliativo, va ricordato che la giurisprudenza condivisibilmente ritiene operante nel settore dell’annullamento o revoca dei finanziamenti pubblici, specie a causa di sopravvenute interdittive antimafia, una deroga al principio del ragionevole termine, affermando che esso non opera laddove la P.A. si debba determinare a revocare contributi pubblici per accertata insussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge.
Si è invero condivisibilmente statuito che “sono legittimi i provvedimenti di autotutela (revoca e annullamento) di contributi pubblici anche se adottati a notevole distanza di tempo dal momento della loro attribuzione, considerato che, trattandosi di pubblico denaro, interesse al recupero è intrinseco (…) e non può venire di per sé meno a causa del lungo decorso del tempo” (T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. II, 3.11.2005, n. 4573).
Il Consiglio di Stato aveva già espresso il cennato avviso, stabilendo che “ La revoca del contributo concesso in assenza delle condizioni di legge costituisce oggetto di un puntuale dovere dell’amministrazione (…) il mero decorso di un lasso temporale anche consistente non è di per sé preclusivo dell’operatività della citata disposizione! (Consiglio di Stato, Sez. VI, 1.3.2002, n. 1262).
Anche la giurisprudenza del tribunale milita nei delineati sensi avendo precisato che “Sono legittimi i provvedimenti di autotutela (revoca e annullamento) di contributi pubblici anche quando adottati a notevole distanza di tempo considerato che, trattandosi di erogazione di pubblico denaro, l'interesse al recupero è intrinseco nella natura stessa del finanziamento e non viene meno per il lungo decorso del tempo, rimanendo impregiudicato il diritto dell'amministrazione di far rientrare nelle proprie casse il denaro non più rispondente allo scopo per il quale era stato erogato” (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V 18 dicembre 2003 n. 15468).
In definitiva, a lume delle considerazioni fin qui svolte il ricorso si profila infondato e va conseguentemente respinto.
Le spese possono essere compensate per essersi la difesa erariale limitata ad un deposito documentale.