TAR Torino, sez. II, sentenza 2024-03-14, n. 202400276
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Pubblicato il 14/03/2024
N. 00276/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00899/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 899 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati S N e E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Asti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. gen. n. -OMISSIS-, adottato in data -OMISSIS- dal Dirigente del Settore Urbanistica ed Attività Produttive del Comune di Asti, notificato il successivo -OMISSIS-, con il quale è stata respinta l'istanza di permesso di costruire per il recupero di un rustico a fini abitativi,
- nonché degli atti tutti antecedenti, preordinati, (in particolare, l'art. 27, comma 9, delle nta del Comune di Asti, nella parte in cui non consente gli interventi richiesti dalla ricorrente nei fabbricati costruiti dopo il 30 giugno 1993 e la comunicazione di non accoglimento ai sensi dell'art. 10 bis della legge n. 241/1990 in data -OMISSIS-), consequenziali e comunque connessi del procedimento;e per ogni eventuale, consequenziale statuizione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Asti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2024 il dott. Marco Costa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il compendio rurale di cui è causa – composto da un edificio residenziale ed un magazzino da destinare a ricovero dei mezzi al servizio dell’azienda - insiste in zona agricola ai sensi del PRGC del Comune di Asti ed è stato assentito con concessione edilizia n. -OMISSIS- e successive varianti ai sensi dell’art. 25 L.R. 56/1977, sulla base delle qualità soggettive del richiedente, imprenditore agricolo a titolo principale.
2. Per quanto di interesse, alla morte dell’imprenditore in data 8.7.2015 gli immobili in questione pervenivano iure successionis ai di lui eredi, tra i quali l’odierna esponente. Quest’ultima, non esercente attività agricola, riteneva di poter recuperare a fini abitativi il fabbricato destinato a ricovero dei mezzi agricoli, presentando pertinente istanza di permesso di costruire;alla base del richiesto titolo edilizio vi era la convinzione che il cambio di destinazione d’uso susseguente alla richiamata vicenda successoria – accertata quale causa di forza maggiore dalla Commissione Comunale per l’agricoltura di cui alla L.R. 63/1978 - integrasse la fattispecie di cui all’art. 25, comma 10, L.R. 56/1977, così divenendo sostanzialmente un atto dovuto, come meglio precisato in prosieguo.
3. L’esponente investiva, infatti, la richiamata Commissione Comunale per l’agricoltura di cui alla L.R. 63/1978 per ottenere il prescritto parere in merito alla sussistenza delle condizioni per la rimozione del vincolo di destinazione rurale dei fabbricati, positivamente rilasciato nella seduta del -OMISSIS-, seppure “ condizionato alla presentazione di apposita istanza per il cambio di destinazione d’uso del fabbricato e al versamento del relativo contributo di costruzione ” (doc. 4 resistente).
4. Al suddetto parere seguiva in data -OMISSIS- una differente istanza, direttamente volta al rilascio del permesso di costruire per il recupero a fini abitativi del magazzino (doc. 3 resistente);il Comune di Asti individuava in sede istruttoria plurimi elementi ostativi al relativo accoglimento, meglio dettagliati nella comunicazione di cui all’art. 10 bis L. 241/90 (doc. 3 ricorrente), cui seguivano le osservazioni dell’esponente (doc. 7 resistente). All’esito delle conseguenti valutazioni, il procedimento si concludeva con il diniego del -OMISSIS- in questa sede gravato (doc. 1 ricorrente).
5. Avverso il provvedimento negativo insorgeva l’odierna ricorrente, chiedendone l’annullamento sulla base dei motivi di ricorso come di seguito rubricati:
1) violazione di legge in relazione all’art. 25 comma 10 della legge regionale 5 dicembre 1977 n .56 e s.m.i.;eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione;contraddittorietà;illogicità;sviamento. Illegittimità derivata;
2) Violazione di legge in relazione all’art. 3 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 ed all’ art. 14 del d.lgs. 4 luglio 2014 n. 102;eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione;
3) Violazione di legge in relazione all’art. 3 della legge 3 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti. Difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione.
6. Si costituiva il Comune intimato, articolando le proprie difese e concludendo per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
7. All’udienza pubblica del 23 gennaio 2024 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con la prima censura l’esponente propone una ricostruzione del tessuto normativo alternativa a quella sottesa al diniego comunale, ritenendo che l’art. 25 della L.R. 56/1977 - disciplinante gli interventi in area agricola - contenga due distinte fattispecie astrattamente riconducibili agli immobili rurali di cui è causa, contraddistinte dalla differente platea soggettiva di riferimento:
a) la prima, disciplinata dal comma 2 lett. e), facoltizzante l’Amministrazione comunale alla individuazione di edifici rurali non più in uso ai fini del relativo recupero per usi diversi, indipendentemente dalla relativa titolarità;
b) la seconda, disciplinata dai commi 10 e 11, attributiva della potestà in capo a determinati soggetti di domandare il cambio di destinazione d’uso dei fabbricati ex rurali in caso di cessazione dell’attività agricola ivi svolta per devoluzione dei beni mortis causa o altra causa di forza maggiore.
Ritenendo l’ipotesi ut supra , lett. b) espressamente richiamata a sostegno dell’istanza denegata e comunque alla stessa applicabile, ad avviso della ricorrente al cambio di destinazione d’uso così prospettato dovrebbe conseguire in via diretta e automatica il rilascio del titolo richiesto;a tal fine, non sarebbero ammesse deroghe o limitazioni da parte degli strumenti urbanistici locali, con conseguente illegittimità per diretto contrasto con la richiamata normativa regionale della disciplina di cui all’art. 27 delle NTA del Comune intimato, nella parte in cui limita la possibilità di recupero a fini abitativi dei soli edifici esistenti al 1993, con conseguente illegittimità derivata degli atti gravati.
Il motivo è infondato.
La ricostruzione normativa proposta non può trovare accoglimento, laddove sostanzialmente ritiene che il cambio di destinazione d’uso degli immobili rurali, ove richiesto dagli eredi ai sensi dell’art. 25 comma 10 della L.R. 56/1977, non tolleri limitazioni da parte degli strumenti urbanistici locali. L’invocato operare dei commi 10 e 11 dell’art. 25 L.R. 56/77, infatti, interviene garantendo la conservazione di immobili la cui edificazione risultava assentita in ragione delle particolari qualità soggettive in capo agli originari, relativi richiedenti (comma 3, ibid.) e dell’impegno da parte di questi ultimi al mantenimento della destinazione a servizio dell’attività agricola di quanto realizzato (comma 7, ibid.), sebbene gli eredi risultino sprovvisti dei richiamati requisiti soggettivi posseduti dal de cuius e non intendano ivi proseguire le pertinenti attività. Ove letta in tale chiave prospettica, la norma certamente consente che i fabbricati de quibus conseguano, rispettivamente, la destinazione residenziale e di deposito uso “civile” in luogo dei corrispondenti “rurali” posseduti in origine nell’ambito dell’azienda agricola (TAR Piemonte, II, 14.6.2019. n. 687, richiamata in TAR Piemonte, II, 10.2.2022 n. 112). Le tratteggiate premesse, tuttavia, non implicano il ritenere sottoposta alla potestativa volontà dell’erede titolare dei beni - divenuti ad uso civile in applicazione della disposizione normativa richiamata – l’ulteriore e differente trasformazione di questi ultimi, con cambio di destinazione d’uso da magazzino civile a residenza.
Su tale autonomo profilo, infatti, legittimamente interviene la potestà pianificatoria del Comune resistente, come tale connotata da amplissima discrezionalità, in quanto afferente alle scelte di fondo circa la destinazione dei suoli, non soggetta a sindacato avanti al giudice adito se non in ragione di vizi di violazione di legge ovvero macroscopica irragionevolezza, illogicità o travisamento del fatto (Cons. Stato, IV, 11.10.2017, n. 4707). Nel caso di specie, l’art. 27 comma 9 delle NTA del PRGC comunale limita gli interventi di cambio di destinazione d’uso ai soli edifici rurali esistenti alla data del 30.6.1993 (data di approvazione dello strumento urbanistico da parte della Regione Piemonte), senza che tale scelta si ponga in contrasto con la normativa regionale invocata dall’esponente ovvero manifesti alcuno dei profili di macroscopica illegittimità paventati.
La natura plurimotivata dell’atto impugnato (ex multis, Cons. Stato, IV, 30.8.2021 n. 6115) e la maggiore pregnanza logica del profilo negativamente scrutinato consentono di ritenere che il presente ricorso non possa trovare accoglimento.
Il Collegio ritiene comunque che le successive censure possano comunque essere delibate, stante la relativa infondatezza.
2. Con il secondo mezzo di gravame l’esponente contesta l’applicazione della disciplina di cui all’ art. 3 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 e dell’art. 14 del d.lgs. 4 luglio 2014 n. 102, ritenendo il provvedimento censurato altresì affetto da eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti nonché per carenza ovvero insufficienza di istruttoria e di motivazione. In sostanza, la parte privata ritiene che, qualificando l’intervento edilizio quale ristrutturazione ai sensi della richiamata disciplina, non dovrebbe porsi alcuna preclusione alla relativa assentibilità, non risultando più imposto il rispetto della sagoma preesistente, cui ben potrebbe aggiungersi l’ampliamento “per adeguamento delle costruzioni” consentito dall’art. 14 delle NTA del PRGC, logicamente implicante una maggior superficie e, pertanto, altresì un maggior volume come nel caso di specie;militerebbe altresì per la legittimità della soluzione proposta la generale e premiale deroga ai parametri dimensionali preesistenti – anche in deroga agli strumenti urbanistici – conseguente all’ottenimento di un risparmio energetico dall’attività edilizia posta in essere, applicabile ogni qual volta si renda necessaria una copertura di maggior spessore e consistenza, con conseguente maggior ingombro verticale.
Il Collegio reputa di precisare che al rigetto del primo motivo di ricorso consegue la legittimità del diniego opposto dal Comune resistente al cambio di destinazione d’uso da magazzino a residenza dei volumi in parola, il cui ulteriore precipitato priva l’esponente dell’interesse alla pronuncia sulla seconda doglianza: la trasformazione in sopraelevazione richiesta ha infatti come presupposto proprio la necessità di adeguare i locali al suddetto utilizzo residenziale (doc. 7 resistente, controdeduzioni parte privata, pag. 12).
Ciò premesso, in ogni caso la censura si dimostra infondata nel merito, non risultando in alcun modo provata la correlazione tra il progettato maggior ingombro verticale e gli asseriti vantaggi in termini di conseguito risparmio energetico e salubrità della costruzione.
Quanto ai rilevati contrasti con la disciplina locale in tema di soppalchi (doc. 9 resistente, Regolamento Edilizio Comunale, art. 55) e alla riscontrata incompletezza documentale, lo stesso Ente locale ha ritenuto già in sede procedimentale che i relativi profili – sebbene ribaditi nel provvedimento finale - non fossero meritevoli di ulteriore considerazione alla luce della – pregiudiziale - impossibilità di assentire il cambio di destinazione d’uso da magazzino a residenza oggetto dell’istanza, superando così le argomentazioni di parte ricorrente sviluppate in sede di controdeduzioni e osservazioni (doc. 7 resistente, pagg. 12-13).
I richiamati ultimi elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza non risultano peraltro oggetto di espresse e specifiche censure, comunque implicitamente desumibili dal generico tenore contestativo delle doglianze di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, risultando per le ragioni esposte parimenti privi del sotteso interesse, stante la relativa dipendenza logica dalla qui negata assentibilità alla trasformazione residenziale dei locali.
3. Con la terza censura l’esponente lamenta l’assunzione della determinazione gravata in violazione dell’art. 3 della l. 241/1990 n. 241, ritenendo altresì l’atto viziato da eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, nonché per difetto ovvero insufficienza di istruttoria e di motivazione.
Il Comune si sarebbe infatti determinato ignorando le articolate osservazioni rese dalla parte in sede procedimentale in replica al preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis L. 241/90.
La censura non merita accoglimento.
Il provvedimento in questa sede gravato, infatti, contiene un succinto ma completo esame delle osservazioni dell’esponente, quantomeno ove queste ultime si pongono quale pertinente contestazione degli elementi ritenuti dal Comune ostativi all’accoglimento dell’istanza, ed escluse, pertanto, le ultronee argomentazioni sviluppate nella relativa premessa.
In particolare, ciascuno dei 4 punti trattati nelle osservazioni risulta valutato e richiamato in motivazione, con succinta conferma delle argomentazioni già rese in sede di preavviso di diniego, corredate dai corrispondenti fondamenti normativi, consentendo al Collegio di ritenere priva di pregio la censura – peraltro carente di specificità - laddove ritiene le osservazioni di parte radicalmente ignorate.
4. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.