TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2010-08-12, n. 201030787

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2010-08-12, n. 201030787
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201030787
Data del deposito : 12 agosto 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03524/2010 REG.RIC.

N. 30787/2010 REG.SEN.

N. 03524/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 3524 del 2010, proposto da:
M M, rappresentato e difeso dall’Avv. R G presso il cui studio in Roma, Via Dandolo, n. 50 è elettivamente domiciliato;

contro

il Ministero della Giustizia in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma Via dei Portoghesi, n. 12 domicilia;

per l’esecuzione


del giudicato di cui alla sentenza del TAR Lazio, sezione I quater, 27 gennaio 2003, n. 415/2003,

per il riconoscimento

del diritto del ricorrente alla restitutio in integrum della propria posizione lavorativa nel Corpo di Polizia Penitenziaria a tutti gli effetti, giuridici ed economici, a far data dal 7 gennaio 2002, data della sua indebita dimissione dal Corpo di Polizia Penitenziaria,

nonché ove occorra per l’annullamento

del provvedimento del Ministero della Giustizia – DAP, di estremi ignoti al ricorrente, comunicato con nota prot.

GDAP

0236054-2009 in data 26 giugno 2009;

e per l’annullamento di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale al medesimo oggetto, anche non conosciuto dal ricorrente;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2010 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato all’Amministrazione resistente in data 15 aprile 2010 e depositato il successivo 22 aprile, il ricorrente, nel chiederne l’esatta esecuzione, ripropone la vicenda conclusasi con la sentenza in epigrafe:

- a seguito di D.I. 12 novembre 1996 egli presentava domanda di assunzione nel Corpo di Polizia Penitenziaria, ed essendosi utilmente collocato nella relativa graduatoria, in data 8 febbraio 2001 veniva sottoposto alle visite mediche ed in data 10 febbraio 2001 avviato alla frequenza del 147° corso di formazione presso la Scuola di Portici (NA);

- In data 11 maggio 2001, dopo avere superato il corso, prestava giuramento, ed in data 22 maggio 2001, assegnato alla Casa Circondariale di Torino prendeva servizio quale Agente;

- Con provvedimento del 7 gennaio 2002 veniva dimesso dal Corpo di Polizia Penitenziaria con decorrenza giuridica ed economica dalla stessa data;

- Egli impugnava il detto provvedimento e il TAR con ordinanza n. 1546/2002 del 13 marzo 2002 accoglieva la domanda cautelare proposta con il ricorso;

- Con provvedimento dell’ 8 aprile 2002 veniva reintegrato in servizio con l’indicazione dello stipendio spettante nel livello V di appartenenza, dell’indennità pensionabile mensile e dell’indennità integrativa speciale mensile e con sentenza n. 415 del 2003 il provvedimento di dimissioni veniva annullato.

Passata in giudicato la sentenza, con atto di diffida in data 4 maggio 2009 il ricorrente chiedeva l’esatta esecuzione della sentenza, siccome comprensiva dell’integrale restitutio in integrum, ma l’Amministrazione adottava il provvedimento 26 giugno 2009 con il quale il DAP disponeva di non potere adottare alcun provvedimento perché la sentenza nulla aveva previsto in relazione alla ricostruzione giuridica ed economica.

Avverso tali atti l’interessato lamenta l’inesecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza, per come dimostrato dal certificato di non interposto appello del 7 aprile 2010 e conclude per l’accoglimento del ricorso con conseguente corretta esecuzione della sentenza di cui in epigrafe.

L’Amministrazione della giustizia si è costituita in giudizio contestando ogni pretesa e rassegnando opposte conclusioni.

Il ricorso è stato, infine trattenuto in decisione alla Camera di Consiglio del 17 giugno 2010.

DIRITTO

1.Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto nei termini di cui appresso.

2. Premesso che la sentenza in epigrafe ha disposto l’annullamento del decreto in data 7 gennaio 2002 recante le dimissioni dal servizio del ricorrente per mancanza dei requisiti di servizio, in quanto egli sarebbe stato militare di leva e non volontario congedato, questi ora pretenderebbe di far discendere dal giudicato su detta sentenza formatosi, per come dimostrato dal certificato di non interposto appello le seguenti pretese:

1. disporre l’immediata e puntuale esecuzione della sentenza n. 415 del 2003, non appellata, con restitutio in integrum della posizione lavorativa del ricorrente stesso a fini giuridici ed economici, con reintegrazione della posizione previdenziale e contributiva;

2. disporre la datazione dell’inquadramento ad agente effettivo alla data del 22 maggio 2001 con ogni ulteriore conseguenza in ordine alla promozione alla qualifica superiore di agente scelto;

3. condannare l’Amministrazione al pagamento delle retribuzioni maturate nel periodo compreso fra il 7 gennaio 2002 (data di dimissione e congedo dal Corpo) e l’8 aprile 2002 (data della riammissione) nonché al pagamento – per differenza – degli importi fra quanto effettivamente percepito a far data dal 22 maggio 2001 ad oggi e quanto il ricorrente avrebbe avuto diritto di percepire se non fosse stato illegittimamente interrotto il rapporto di pubblico impiego, con la maggiorazione degli interessi e della rivalutazione monetaria su tali somme.

4. ove occorra dichiarare illegittimo il provvedimento in epigrafe, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

3. In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione, con cui l’Amministrazione oppone che il provvedimento dell’8 aprile 2002 sarebbe oramai divenuto inoppugnabile per decorso dei termini per impugnarlo, mentre il provvedimento del 26 giugno 2009, impugnato in questa sede, sarebbe meramente confermativo del precedente ora citato, sicchè attualmente il ricorrente non si può dolere della conferma delle decorrenze giuridica ed economica da esso recate. Per l’esattezza vi sarebbe una interruzione per il periodo dal 7 gennaio 2002 all’8 aprile 2002, data nella quale egli è stato riammesso in servizio, interruzione non recuperata neppure con il provvedimento di riammissione in servizio.

L’eccezione non può proprio essere condivisa.

In linea di massima la giurisprudenza ritiene inammissibile l'impugnativa di un atto adottato dall'amministrazione in sede di esecuzione ad un'ordinanza cautelare del giudice amministrativo, nella considerazione che essa è destinata a regolare “medio tempore” la situazione in attesa della definitiva disciplina della fattispecie derivante dalla emananda decisione di merito sulla controversia e che l’atto adottato in sua esecuzione sia sprovvisto di autonomia provvedimentale. (costante: TAR Lombardia, Brescia, sezione I, 5 novembre 2009, n. 1917;
TAR Puglia, Bari, sezione I, 13 marzo 2009, n. 580).

Peraltro gli atti adottati in esecuzione dell’ordinanza cautelare sono destinati ad un differente esito a seconda dell’accoglimento o della reiezione del ricorso: “con l'emanazione della sentenza che definisce il giudizio con un rigetto, l'ordinanza cautelare di accoglimento e gli atti ad essa collegati vengono meno con effetto retroattivo perdendo ab initio il loro fondamento giuridico.”(Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 17 luglio 2009 , n. 605), mentre “…ove invece sopravvenga una sentenza favorevole al ricorrente, gli atti adottati medio tempore restano assorbiti negli effetti propri della sentenza e nel giudicato che sulla stessa si viene a formare acquisendo il carattere della stabilità, ferma naturalmente l'ammissibilità dell'impugnativa per gli autonomi profili di illegittimità che dovessero eventualmente viziarli.” (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 15 luglio 2008 , n. 354).

Ed è questo il caso in esame, dove rimanendo consolidata per effetto del giudicato la decorrenza giuridica della riammissione in servizio disposta col provvedimento dell’8 aprile 2002, proprio il consolidarsi di tali effetti ne fa emergere la censurabilità sotto il profilo dell’inesatta esecuzione del giudicato, laddove prima di esso la statuizione aveva un’efficacia meramente interinale e perciò non impugnabile, in base ai principi generali sopra accennati.

La circostanza, poi, che col provvedimento del 26 giugno 2009 l’Amministrazione abbia confermato quelle decorrenze giuridica ed economica recate dal provvedimento dell’8 aprile 2002 non appare impeditiva altresì di una valutazione della correttezza del nuovo provvedimento sotto il profilo della ridetta esatta esecuzione del giudicato, proprio perché basato su un presupposto diverso da quello adottato in esecuzione della pronuncia interinale e cioè perché adottato in esecuzione del giudicato.

Nella considerazione dunque che il nuovo provvedimento non sia una conferma del precedente, ma consista in un atto del tutto nuovo perché basato su presupposti sostanziali e processuali diversi la situazione da esso statuita può formare oggetto di valutazione da parte del giudice dell’ottemperanza, con conseguente reiezione della eccezione proposta dall’Amministrazione.

4. Ciò posto tuttavia pare che il ricorrente intenda far discendere dal giudicato effetti maggiori di quelli che esso può avere, dovendosi osservare che l’annullamento disposto dal TAR ha coinvolto il solo provvedimento di dimissioni del 7 gennaio 2002 del quale è stata rinvenuta la completa illegittimità a causa della ridetta circostanza per cui è stato adottato non “in ogni fase degli accertamenti” e “fino all’immissione in ruolo” come disposto dal decreto interministeriale del 12 novembre 1996, ma quando il ricorrente era già in servizio in qualità di Agente di polizia penitenziaria, dal 23 maggio 2001, avendone prestato il relativo giuramento a fine Corso in data 10 maggio 2001, Corso al quale era stato ammesso in data 10 febbraio 2001.

Al riguardo la sentenza di cui si chiede l’esatta esecuzione rappresenta che: “Ne consegue che lungi dal potere essere inquadrato alla stregua di un atto di semplice “esclusione” da una graduatoria (o da un concorso), il provvedimento impugnato si connota – non ostante il nomen juris – come un vero e proprio atto destitutorio (o di “licenziamento”, secondo la terminologia civilistica), e dunque “unilateralmente interruttivo di un rapporto di lavoro ormai in corso, adottato senza le relative garanzie procedimentali.”

Di conseguenza la sanzione di illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, per come richiesto in ricorso, può estendere i suoi effetti dal 10 febbraio 2001 data in cui il ricorrente è stato avviato al Corso di Formazione, fino alla data del provvedimento di cd. “dimissioni” del 7 gennaio 2002 in cui il ricorrente si è trovato allontanato dal servizio, non per sua scelta, ma in virtù di tale attività amministrativa non conforme a legge, proprio perchè la questione risolta dalla sentenza riguardava la tardiva valutazione operata dall’Amministrazione sulla circostanza che egli non apparteneva ad una delle qualifiche cui il concorso era destinato.

Ma per effetto della sentenza anche il periodo dal 7 gennaio 2002 all’8 aprile 2002 va riconosciuto a tutti gli effetti giuridici ed economici, non potendo il ricorrente risultare penalizzato a causa di detta illegittima attività dell’Amministrazione, come sanzionata dalla sentenza n. 415 del 2003.

Per effetto delle superiori osservazioni le domande del ricorrente vanno accolte come segue:

- vanno confermate l’anzianità nella qualifica di appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria alla data del 10 febbraio 2001 ed all’inquadramento ad agente in data 22 maggio 2001;

- il medesimo ha diritto alla integrale restituito in integrum sia ai fini giuridici che economici, (Consiglio di Stato, sezione V, 23 marzo 2004, n. 1529), per il periodo dal 7 gennaio 2002 all’8 aprile 2002, come se l’interruzione non si fosse mai verificata e di conseguenza gli va corrisposta la sole voce stipendiale per quel periodo, detratte le somme eventualmente nelle more del giudizio corrisposte a tale titolo, maggiorati di interessi legali e di rivalutazione monetaria. Quest’ultima soltanto nella misura in cui superi la voce interessi legali ai sensi dell’articolo 22, comma 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. e fino al soddisfo.

- va ricostruita la posizione contributiva e previdenziale per i quattro mesi mancanti, qualora l’Amministrazione non vi abbia già provveduto.

Non può essere accolta la richiesta di determinazione della promozione ad agente scelto, dal momento che non risulta disposta dall’Amministrazione al momento della presentazione dell’attuale ricorso per l’esecuzione del giudicato e che, ancorchè attuabile a ruolo aperto mediante scrutinio per merito assoluto, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 443 del 1992, si basa su una valutazione di natura discrezionale da parte dell’Amministrazione, nella quale il giudice non può sostituirsi, neppure nella sede dell’ottemperanza, per come letteralmente richiesto da parte ricorrente.

5. A quanto sopra dovrà ottemperare l’Amministrazione resistente entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della presente sentenza per provvedere alla sua esecuzione, dandone comunicazione al ricorrente e a questo Tribunale.

Per il caso di ulteriore inadempienza viene sin d’ora nominato commissario ad acta il Prefetto di Roma o un funzionario suo sostituto, individuato con provvedimento formale, che dovrà provvedere a quanto sopra specificato entro l’ulteriore termine di sessanta giorni decorrente dalla richiesta della parte.

Dei provvedimenti adottati il Commissario ad acta dovrà dare comunicazione all’interessato e a questo Tribunale.

Viene sin d’ora fissato il compenso del commissario che dovrà essere liquidato in Euro 1000,00 comprensivo delle eventuali spese di trasferta a carico del bilancio del Ministero della Giustizia – DAP.

6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

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