TAR Bologna, sez. I, sentenza 2020-07-28, n. 202000500

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2020-07-28, n. 202000500
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202000500
Data del deposito : 28 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/07/2020

N. 00500/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00096/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 96 del 2018, proposto da
-OMISSIS- S.R.L, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G F, F G, F M, L V, F S, F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F G in Belogna, via Altabella n. 3;

contro

Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Ravenna, Area 1^ Ordine e Sicurezza Pubblica - Ufficio Antimafia, Unione dei Comuni della Romagna Faentina non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Ravenna, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Agenzia delle Dogane, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Agenzia delle Dogane - Direzione Interregionale Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Bologna, via A. Testoni 6;
Camera di Commercio di Ravenna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Maria Cantagalli, Cristina Perelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Maria Cantagalli in Bologna, via Caprarie n. 7;

per l'annullamento

- della comunicazione interdittiva antimafia ai sensi dell'articolo 88, comma 3 del D. Lgs. 159/2011;
del provvedimento della comunicazione antimafia emessa nei confronti della -OMISSIS- del 11 dicembre 2017;
della comunicazione del 18/12/2017, emesso dall'AAMS – ufficio dei Monopoli per l'Emilia Romagna, di avvio del procedimento di decadenza all'iscrizione all'elenco di cui all'art. 1, comma 533, L. 266/2005, modificato dall'art. 1, comma 82, L. 220/2010;
della comunicazione del 29/12/2017 emessa dall' Unione dei Comuni della Romagna Faentina, di avvio del procedimento di decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni, nonché divieto di prosecuzione delle attività esistenti agli atti del Suap, ai sensi dell'art. 7 L. 241/1990;
della Determina n. 4 del Segretario Generale del 8/01/2018, emessa dalla Camera di Commercio di Ravenna, per cessazione/divieto di prosecuzione dell'attività di commercio ingrosso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ufficio Territoriale del Governo Ravenna e di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Agenzia delle Dogane e di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Agenzia delle Dogane - Direzione Interregionale Emilia Romagna e di Camera di Commercio di Ravenna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2020 il dott. M M e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 84 del d. l. n° 18 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente -OMISSIS- s.r.l. – società avente sede in comune di Faenza che esercita l’attività di installazione di apparecchi da intrattenimento con vincite in denaro e gestione di sale giochi – impugna il provvedimento in data 11 dicembre 2017, con il quale U.T.G. – Prefettura di Ravenna ha adottato comunicazione interdittiva antimafia ex art. 88, comma 3, del D. Lgs. n. 159 del 2011.

La ricorrente ha inoltre impugnato gli atti e provvedimenti – tutti consequenziali all’adozione dell’interdittiva antimafia, emessi da altre amministrazioni, con i quali: a)

AAMS

Ufficio dei Monopoli per l’Emilia – Romagna, ha avviato in data 18 dicembre 2017 il procedimento di decadenza dall'iscrizione nell’elenco operatori apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro di cui alla L. n. 220 del 2010;

b) l’Unione dei Comuni della Romagna Faentina ha comunicato in data 29 dicembre 2017 l’avvio del procedimento relativo al divieto di prosecuzione dell’attività da essa esercitata;

c) la Camera di Commercio di Ravenna ha adottato la determina in data 8 gennaio 2018, con la quale si vieta alla società di proseguire l’attività di commercio all’ingrosso.

Con ordinanza collegiale n. 43 del 7 marzo 2018 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla società ricorrente, considerando che il provvedimento impugnato sia immune dai vizi di legittimità rassegnati in ricorso, specie in riferimento alla oggettiva consistenza degli elementi in base ai quali esso è motivato.

L’amministrazione dell’Interno e la Camera di Commercio di Ravenna si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso.

2. Con memoria depositata in data la ricorrente ha, tra l’altro, formulato richiesta di sospensione del presente giudizio ex art. 295 c.p.c. o, in alternativa, di rinvio dell’udienza pubblica di decisione della causa nel merito, motivando tale istanza con l’avvenuto accoglimento della domanda, dalla stessa presentata, di essere ammessa a procedura di “controllo giudiziario” di cui all’art. 34 bis, comma 7 del D. Lgs. n. 159 del 2011 e s.m. e i. per un periodo avente termine in data 8 febbraio 2021. L’istanza presentata della ricorrente a questo T.A.R. è espressamente diretta ad evitare che “…un’eventuale pronuncia del Giudice amministrativo di conferma della legittimità dell’interdittiva, produca inevitabilmente “…la cessazione di tale procedura, vanificandola, e impedendo quindi alle imprese di proseguire la propria attività – rigorosamente a determinate condizioni e sotto il controllo del Tribunale della prevenzione – con danni irreparabili.”

Il Tribunale ritiene preliminarmente di doversi pronunciare sulla suddetta istanza della società ricorrente. Innanzitutto il Collegio ritiene che, riguardo alla fattispecie in esame, non sussistano i presupposti per procedere alla sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., su tale punto condividendo le sentenze di questo Tribunale n° 213, 216 e 218 del 17 marzo 2020 il cui contenuto è ribadito dal collegio con riferimento alla presente fattispecie.

Infatti tra giudizio impugnatorio dinanzi al giudice amministrativo avente ad oggetto provvedimento interdittivo antimafia e procedimento con il quale un’impresa assoggettata a tale misura interdittiva è ammessa – a sua richiesta – a controllo giudiziario ex art. 34 bis, comma 7 del D. Lgs. n. 159 del 2011, non paiono sussistere i “…rigidi presupposti di pregiudizialità logica e giuridica richiesti per l’applicazione dell’art. 295 c.p.c. (v. per tutte Cass. N. 20469/2018 e Cons. St. n. 1478/13)…”.

Inoltre il Collegio osserva che i due procedimenti giudiziari in questione operano su piani tra loro del tutto diversi sia sotto il profilo dell’oggetto e delle finalità dei procedimenti stessi, sia sotto il profilo temporale. Il provvedimento interdittivo, in quanto adottato, nasce legittimo ed esso può essere riconosciuto illegittimo solo a seguito di provvedimento amministrativo di annullamento dello stesso in autotutela da parte della stessa amministrazione che lo ha adottato o, anche, mediante sentenza caducatoria del provvedimento adottata dal giudice amministrativo, a seguito di tempestiva presentazione di ricorso giurisdizionale da parte del soggetto interessato. Pertanto, in tale contesto, l’eventuale sentenza del giudice amministrativo che respinge il ricorso proposto dalla impresa assoggettata a interdittiva antimafia avverso l’adozione di tale misura non ha alcun effetto giuridico nuovo sul provvedimento, che era legittimo prima della decisione e che tale rimane anche dopo la pronuncia di reiezione del giudice amministrativo, con la conseguenza che da tale tipologia di pronunce del G.A. oggettivamente non può scaturire alcun ulteriore nuovo effetto giuridicamente rilevante anche riguardo al procedimento di “controllo giudiziale” a cui è sottoposta l’impresa già destinataria di interdittiva antimafia. D’altra parte, essendo tale ultimo procedimento finalizzato proprio a consentire all’impresa colpita da interdittiva, oltre che a proseguire – pur con limitazioni e previa autorizzazione - la propria attività, a tal fine avvalendosi della sospensione degli effetti della suddetta misura prevista dalla citata norma, anche e soprattutto a permettere alla stessa, al termine del predetto periodo di controllo e in caso di esito positivo dello stesso da attestarsi a cura dell’organo giudiziale, di inoltrare motivata e documentata istanza di aggiornamento dell’interdittiva alla competente prefettura, al fine del rientro in bonis dell’impresa e dell’attività da questa svolta. Pertanto, i commissari giudiziali effettuano il controllo su tutta l’attività dell’impresa relativamente ad un periodo necessariamente successivo all’adozione della misura antimafia e la loro valutazione riguarda l’operato e l’attività dell’impresa, proprio in quanto e se diretti al ritorno in bonis dell’attività rispetto alla situazione antecedente, quale è stata a suo tempo accertata dall’Autorità prefettizia con l’adozione dell’interdittiva. Da tali considerazioni discende conseguentemente che, anche sotto tale esaminato profilo, non sussistono i presupposti ex lege necessari per sospendere il presente giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Sulla base delle stesse ragioni dianzi esposte, nemmeno si ritiene praticabile il percorso alternativo indicato dalla difesa della ricorrente con la decisione di rinviare la trattazione della causa nel merito ad una data successiva rispetto a quella fissata per la conclusione del procedimento di controllo giudiziale.

Il collegio osserva altresì che l’asserita incidenza fattuale negativa sul procedimento in corso di controllo giudiziale potrebbe derivare unicamente, a tutto concedere, dalle sentenze emesse dal Consiglio di Stato, stante la definitività delle stesse, ma certamente non dalle sentenze dei T.A.R., che sono ordinariamente impugnabili dinanzi ai giudici di Palazzo Spada. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, pertanto, la richiesta della ricorrente è respinta riguardo ad entrambi gli esaminati profili.

3. Nel merito il collegio osserva che il gravato provvedimento con il quale U.T.G – Prefettura di Ravenna ha adottato misura interdittiva antimafia nei confronti della società ricorrente è immune dai vizi di legittimità rassegnati nel ricorso.

La misura impugnata è infatti supportata da sufficiente e congrua motivazione, che oggettivamente evidenzia, anche in esito all’ampia e approfondita istruttoria procedimentale svolta da Gruppo Interforze e dalle altre Forze di Polizia, la permeabilità della struttura sociale dell’impresa ricorrente a pericoli di infiltrazione da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso. Tali elementi, in sintesi sono i seguenti:

la "-OMISSIS- S.r.l." interamente di proprietà della "-OMISSIS- Holding S.r.l." avente sede legale a Castel Bolognese (RA) Via Emilia Levante n.398 sia riconducibile al -OMISSIS-.

Infatti i fratelli -OMISSIS-, figli di -OMISSIS- e -OMISSIS-, possiedono 1'84% del pacchetto azionario di "-OMISSIS-S.R.L.". La restante quota del 16% è suddivisa in parti uguali tra -OMISSIS-' (zio materno, in quanto fratello di -OMISSIS-) e -OMISSIS-, che ne era anche amministratore unico.

Inoltre, i fratelli -OMISSIS- sono proprietari della "-OMISSIS-S.R.L.", con sede in Rimini, il cui capitale sociale è diviso tra loro in parti uguali. Alla data odierna, attraverso le due holding controllano le altre aziende di seguito indicate:

"-OMISSIS-S.R.L." possiede:

1) "-OMISSIS- S.R.L."' società in liquidazione, al 52%;

2) "-OMISSIS-S.R.L., al 100%, che è a sua volta proprietaria di:

"-OMISSIS-S.R.L.", al 51%;

"-OMISSIS-S.R.L." società in liquidazione, al 48%;

"-OMISSIS-A.R.L.", all'8,72%.

"-OMISSIS-S.R.L." possiede:

1) "-OMISSIS-Srl", al 100%, a sua volta proprietaria di:

"-OMISSIS-a r.l.", al 5,81%;

2) "-OMISSIS- S.R.L.", al 100%, a sua volta proprietaria di:

° "-OMISSIS-SRL" società in liquidazione, al 52%;

"-OMISSIS-S.C.R.L.", al 0,78%;

3) "-OMISSIS- S.R.L.", al 100%;

4) "-OMISSIS-S.R.L.", al 100%;

5) "-OMISSIS-SRL", al 97%;

6) "-OMISSIS-SRL", al 50%;

7) "-OMISSIS-SRL", al 5,13%.

-OMISSIS- (n. 1941) risulta persona gravata da numerosi e gravi pregiudizi penali riferiti ai reati p. e p. dagli artt. 320 c.p. (corruzione di incaricato di pubblico servizio), 374 c.p. (frode processuale), 416 c.p. (associazione per delinquere), 486 c.p. (falso in atto privato), 582 c.p. (lesione personale), 611 c.p. (violenza o minaccia per costringere a commettere un reato), 629 c.p. (estorsione), 640 c.p. (truffa) 648 c.p. (ricettazione), 718 e 719 c.p. (esercizio di giochi d’azzardo con aggravanti);

il sig. -OMISSIS-, già in organico della suddetta società -OMISSIS- s.r.l alla data del provvedimento interdittivo, è stato anche Amministratore Delegato di -OMISSIS-s.r.l.;
egli risulta avere accertati collegamenti, unitamente ad altri dipendenti della società ricorrente, con soggetti contigui alla criminalità organizzata;

è’ stato accertato il ruolo di -OMISSIS-, unitamente ai suoi figli, quale principale finanziatore di -OMISSIS-;
tale fatto appare sintomatico, visti anche i precedenti penali del -OMISSIS-, del rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nella società ricorrente, al fine del possibile reinvestimento di capitali frutto di attività criminali nelle imprese che, come la ricorrente, operano nel settore imprenditoriale dell’installazione e noleggio di macchine da gioco con vincite in denaro;

ad ulteriore supporto di quanto affermato al punto precedente, la Prefettura di Ravenna ha accertato che la famiglia -OMISSIS- deteneva importanti quote sociali nelle suddette società del gruppo -OMISSIS- e, nello specifico: -OMISSIS- Holding detiene azioni per il 2,6% di -OMISSIS- s.p.a. mentre -OMISSIS-partecipa al capitale sociale di -OMISSIS- s.p.a. per una quota pari al 40% di esso;

a completare il quadro di cointeressenze economiche ed intrecci di quote sociali al fine del controllo, da parte della famiglia -OMISSIS-, di plurime attività commerciali di installazione di macchine da gioco e punti di raccolta di gioco anche per diverse agenzie dei Monopoli di Stato, è stato accertato che due società riconducibili al -OMISSIS-, ovvero -OMISSIS-s.r.l. e -OMISSIS- s.r.l. partecipavano al capitale sociale del Consorzio di operatori del settore “-OMISSIS-. sc. a r.l.” rispettivamente con quote pari al 5,7% e 8,6%. A sua volta detto Consorzio, che tra i gestori e amministratori annoverava anche il -OMISSIS- e il figlio -OMISSIS- (fino al 30/8/2013), risulta avere rilevanti quote azionarie pari al 24% in -OMISSIS- s.p.a.;

ulteriore fatto emblematico della rilevanza se non della predominanza, all’interno del suddetto gruppo di società, della figura di -OMISSIS- è stato accertato dall’Autorità procedente con riferimento ad una riunione del Consiglio di Amministrazione di -OMISSIS- convocata per la nomina delle cariche sociali. A tale riunione ha infatti partecipato – su invito del Presidente di -OMISSIS-- il -OMISSIS-, ancorchè quest’ultimo non avesse alcun titolo né carica sociale per parteciparvi.

Ulteriori probanti elementi raccolti dall’amministrazione prefettizia nel corso dell’istruttoria procedimentale evidenziano i collegamenti delle società di fatto gestite dal -OMISSIS- con la criminalità organizzata di tipo mafioso. Tali elementi sono individuati come segue: la gestione della sala VLT in Biella di cui l’-OMISSIS- ha chiesto l’autorizzazione, poi negatagli dalla competente Questura, doveva essere di fatto affidata congiuntamente a due società facenti capo alla famiglia -OMISSIS-, vale a dire -OMISSIS-s.r.l. e -OMISSIS- s.r.l., il cui rappresentante legale -OMISSIS- (n. 1958), risulta coniugato con -OMISSIS- figlia -OMISSIS- che, a sua volta, è cugino dell’omonimo boss mafioso siciliano;
anche i figli di -OMISSIS-: -OMISSIS- (cl. 1956), -OMISSIS- (cl. 1965) e -OMISSIS- (cl. 1969) risultano inseriti in consorterie criminali e hanno pregiudizi penali per reati di oggettiva gravità quali assocazione per delinquere, rapina, estorsione, spaccio di stupefacenti etc…);
-OMISSIS- e i suoi fratelli risultano avere solidi ed abituali rapporti con la famiglia -OMISSIS-anche con riferimento a comuni interessi commerciali di gestione delle citate società. -OMISSIS- risulta partecipare alla gestione di -OMISSIS-, società costituita nel 2007 dai fondatori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e la di lui moglie -OMISSIS-, con compagine sociale poi modificata nel 2012, ove le quote sociali sono state ripartite tra -OMISSIS- (75%) e -OMISSIS- (25%);
sempre -OMISSIS- risulta avere collegamenti anche con la -OMISSIS-s.r.l., come è dimostrato dalle frequentazioni con -OMISSIS-, già dipendente di -OMISSIS-, poi passato alle dipendenze di -OMISSIS-s.r.l. e dalle frequentazioni con -OMISSIS-, rappresentante di -OMISSIS-per la zona Piemonte orientale;
-OMISSIS-, legale rappresentante di -OMISSIS- s.r.l. in data 16/3/2012 ha stipulato con -OMISSIS-s.r.l. contratto di affitto di azienda per la somma di E. 180.000,00 e tre giorni dopo tra le due società è stato stipulato un contratto di associazione in partecipazione;
a loro volta, sia il Consorzio -OMISSIS-. sia -OMISSIS- s.p.a. risultano avere rapporti e collegamenti con soggetti contigui alla criminalità organizzata, quale è il -OMISSIS- (cl. 1952), già consigliere e membro del Comitato esecutivo del Consorzio e ritenuto contiguo alla famiglia mafiosa facente capo a -OMISSIS-. A carico del suddetto si segnalano denunce e arresti risalenti al 2000 per associazione mafiosa e per associazione per delinquere di tipo mafioso, nel procedimento penale n. 648/05 viene indicato come in grado di influenzare una persona dipendente dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato di Messina, mentre nel 2009 il -OMISSIS- è stato condannato a 4 anni di reclusione relativamente ai fatti di cui all’operazione giudiziaria denominata “Atlantide Mercurio” diretta a sgominare il clan mafioso operante nel territorio di Gela, facente capo a -OMISSIS-. Sempre nel 2009, il -OMISSIS- è destinatario di ordinanza di custodia cautelare emesa dal G.I.P. di Caltanissetta, ove si evidenzia la sua contiguità al clan mafioso dei Santapaola di Catania;
ulteriori elementi d’indagine hanno evidenziato ulteriori rapporti tra il -OMISSIS- e il clan della n’drangheta calabrese dei Femia attraverso rapporti di finanziamento di -OMISSIS-, a sua volta socio di -OMISSIS-.

Il Collegio conclusivamente ritiene che tutti i suddetti elementi – valutati nel loro complesso e contestualizzati all’attività imprenditoriale svolta dalla società ricorrente, per numero, oggettiva consistenza e rilevanza, univocamente convergano in un giudizio di piena condivisibilità dell’operato della Prefettura di Ravvena che porta detta Autorità a concludere che i “…rapporti di parentela e di frequentazione con figure di spicco della criminalità organizzata sono da ritenersi idonei a sostenere in via autonoma la verosimiglianza dell’ipotesi di contiguità “compiacente” e dunque di connivenza, desumibile dai rapporti e dagli incarichi societari, che denotano un chiaro ed evidente intreccio di interessi economici…”, con conseguente accertata permeabilità della società ricorrente da più che possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso.

Né il Collegio ritiene di potersi determinare con diverso e opposto esito della controversia in ragione dei motivi evidenziati nel ricorso. Innanzitutto preme rilevare che tutte le considerazioni svolte dalla ricorrente riguardo al recente mutamento delle cariche sociali e delle partecipazioni detenute dalla società ricorrente e alle vicende connesse ad altri organismi citati nella gravata interdittiva antimafia, all’evidente fine di rilevare il venir meno dell’attualità della misura adottata da U.T.G. – Prefettura di Ravenna, non inficiano in alcun modo il provvedimento impugnato, ben potendo, semmai, costituire, tali elementi, oggetto di eventuale istanza della ricorrente volta ad ottenere l’aggiornamento dell’interdittiva. Inoltre, a fronte del complessivo, consistente e rilevante quadro indiziario raccolto dall’Autorità procedente, risultano poco significativi e frammentari i motivi di ricorso diretti a contrastare non già tale complessivo ed unitario quadro indiziario, bensì i diversi, singoli elementi che lo compongono.

Per quanto concerne la rilevata carenza di motivazione, il Collegio ritiene palese l’infondatezza della censura, a tal fine non potendo che richiamare i plurimi, circostanziati e diversificati elementi indiziari che, come sopra si è accertato, forniscono sufficiente e congruo apparato motivazionale al provvedimento interdittivo.

In ultimo, il Tribunale ritiene di dovere ulteriormente osservare che, secondo quanto affermato dal consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa in materia, non vi è necessità che l’interdittiva debba essere motivata sulla base di condanne penali subite per reati di mafia da parte di amministratori o familiari di amministratori della società, con conseguente inconsistenza e comunque infondatezza della relativa censura rassegnata in ricorso.

L'azione impugnatoria è pertanto infondata.

Dall'infondatezza dell'azione impugnatoria consegue altresì l'infondatezza della domanda risarcitoria.

La condanna alle spese segue la soccombenza ed è liquidata come da dispositivo, tenendo conto della diversa attività defensionale svolta dalle amministrazioni resistenti.

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